Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi
Archivio di notizie sulla storia della città e del suo territorio dal 1796 ad oggi. Con riferimenti bibliografici, link, immagini.
-
27 giugno 1811La Camera Primaria di Commercio nel Palazzo della MercanziaIn forza del Regio Decreto 27 giugno 1811 la Camera Primaria di Commercio del Dipartimento del Reno è insediata nel Palazzo della Mercanzia. L’edificio fu costruito tra il 1384 e il 1391, sul luogo della vecchia Dogana, dall’architetto Antonio di Vincenzo (1350-1402), al quale si devono a Bologna i progetti di vari palazzi e della Basilica di San Petronio. Fu sede del Foro dei Mercanti e di alcune corporazioni. Un giudice e cinque Consoli, estratti a sorte e in carica per sei mesi, erano incaricati di risolvere le controversie. Con l’insediamento della Camera di Commercio il Tribunale e la Cancelleria vengono trasferiti al piano inferiore. L’insufficienza dei locali renderà necessario l‘affitto di alcune sale del vicino Palazzo Sampieri. Il Palazzo della Mercanzia sarà più volte restaurato nel corso dell'Ottocento. Dal 1888 al 1890 Alfonso Rubbiani e Alfredo Tartarini apporteranno varie modifiche, con l’obiettivo di ripristinarne l‘aspetto originario.dettagli
-
1830Evitata la distruzione del Compianto di Niccolò dell'ArcaUn professore dell'Accademia riesce ad impedire la distruzione del Compianto di Nicolò dell'Arca, meraviglia della scultura che D'Annunzio chiamerà “l'urlo di pietra”. L'Amministrazione degli Ospedali è infatti intenzionata a distruggere il capolavoro, malamente conservato in un oscuro corridoio di via Drapperie, di fianco alla chiesa di Santa Maria della Vita. Ricoperte da diverse mani di "orribile" vernice, nella luce incerta dell'androne, le Marie piangenti sono diventate le "burde", cioè le streghe, che turbano i sogni dei bambini bolognesi. Sarà però solo alla fine dell'800, dopo la scoperta della firma autentica dell'artista, sul cuscino dove posa la testa del Redentore, e dopo gli interventi a difesa dell'opera di Alfonso Rubbiani e Corrado Ricci, che sarà avviato un vero restauro a cura dello scultore Montaguti e della ditta di ceramiche Minghetti.dettagli
-
28 novembre 1847La chiesa di San Francesco riaperta al cultoL'Ufficio di Ornato municipale promuove notevoli opere di ripristino in San Michele in Bosco e in Sant'Ignazio, sede dell'Accademia di Belle Arti. Il 28 novembre viene riaperta al culto la chiesa di San Francesco, già dei Minori Conventuali, dopo un discutibile restauro “cosmetico” da parte dello scenografo Francesco Cocchi di Budrio, discepolo del Basoli, tornato a Bologna dopo un lungo soggiorno in America. Le volte sono dipinte di azzurro e simulano il cielo stellato, mentre le pareti, a giudizio di un cronista dell'epoca, assomigliano “né loro piccoli dettagli e né colori ad un paravento”. Il tempio, che dal 1800 ha ospitato magazzini e uffici doganali, ora trasferiti nel vicino Borghetto di San Francesco (poi via de' Marchi), è stato restituito ai frati nel 1842. In occasione della riapertura, Gioachino Rossini compone un Tantum ergo per due tenori, basso e orchestra. Nel 1866 la chiesa tornerà ad essere magazzino militare e sarà definitivamente riaperta al culto solo nel 1886. Diverrà da allora “il bel San Francesco”, oggetto di un lungo e radicale restauro a cura di Alfonso Rubbiani e della sua Gilda di artisti.dettagli
-
10 febbraio 1860La Regia Deputazione di Storia PatriaIl governatore dell'Emilia Luigi Carlo Farini (1812-1866) istituisce, su proposta del Ministro dell'Istruzione Pubblica Antonio Montanari (1811-1898), la Regia Deputazione di Storia Patria per le Provincie Romagnole, con sede a Bologna. Essa ha il compito di segnalare e registrare i luoghi "ove esistono le raccolte di antichi documenti" e scegliere quelli che "possono concorrere ad illustrare la Storia Patria". Primo presidente è lo storico e archeologo Giovanni Gozzadini (1810-1887). Le riunioni si svolgono inizialmente nel teatro anatomico dell'Archiginnasio e in seguito nel Palazzo Boncompagni, in via Del Monte. Giosue Carducci (1835-1907) sarà segretario dal 1865 e quindi a sua volta presidente dal 1887. Faranno parte di questa benemerita istituzione il bibliotecario Luigi Frati (1815-1902), il poeta Luigi Mercantini (1821-1872), Alfonso Rubbiani (dal 1883), esperto di restauro, Raffaele Faccioli (1836-1914), titolare della nuova Soprintendenza ai monumenti, e inoltre l'archeologo e storico dell'arte ravennate Corrado Ricci (1858-1934). Attraverso spunti storici, "suggestioni epico-letterarie", interventi architettonici, la Deputazione si impegnerà nella rivalutazione della storia e delle tradizioni medievali delle provincie romagnole: San Marino, Polenta, Gradara, Pomposa saranno tra i luoghi di interesse, spesso legati al soggiorno dantesco. Con decreto n. 116 del 20 giugno 1935 l’istituto si chiamerà R. Deputazione di storia patria per l'Emilia. Nel 1937 la sua sede sarà trasferita da Casa Carducci nel palazzo Malvasia in via Zamboni. Ogni anno pubblicherà un volume di Atti e memorie contenente studi sulla regione emiliana.dettagli
-
1863L'attività dei cattolici conservatoriIl gruppo dei cattolici bolognesi intransigenti diventa punto di riferimento nazionale nella lotta contro il nuovo Stato italiano, nato dal Risorgimento. Essi si dedicano con impegno alla organizzazione del "partito pontificio", che si batte per la difesa del potere papale. Secondo un rapporto sulle condizioni politiche della provincia di Bologna “tutta la opposizione al Governo Nazionale dal partito clericale deriva: numeroso qui più che altrove perché dominò sovrano”. Animatore di primo piano del gruppo cattolico è l'avvocato Giambattista Casoni (1830-1919), attorniato da una combattiva schiera di laici, che si definiscono "cattolici conservatori" o "cattolici col Papa". Insieme fonderanno nel 1863 il giornale "L'Eco delle Romagne", poi divenuto "Il Patriota Cattolico" e costituiranno nel 1866 l'Associazione per la difesa della libertà della Chiesa in Italia. Nel 1865 la Questura di Bologna terrà sotto controllo tredici cattolici "scomodi", debitamente schedati. Tra essi vi sono Giobatta Marcon, "noto come il centro del clericalismo e dei retrogradi", l'avvocato Casoni, che "si gettò a corpo morto in braccio ai preti" e il giovanissimo Alfonso Rubbiani (17 anni), il cui padre, impiegato comunale, devoto al vecchio regime, ha rifiutato di giurare al re e si è dimesso.dettagli
-
1865Aperto un varco nelle mura di porta GallieraPer facilitare il traffico verso la nuova stazione ferroviaria, realizzata nel 1859, è aperto un varco nelle mura di cinta, di fianco a porta Galliera. L'area sarà oggetto nel 1888 di un concorso pubblico, al quale parteciperanno gli ingegneri più in vista della città. Prevedendo la demolizione dell'antica porta, le soluzioni proposte per il nuovo piazzale saranno osteggiate da Alfonso Rubbiani. Il piazzale sarà in realtà definito dalla costruzione, in tempi successivi, di vari edifici attorno alla porta, compresa la vasta scalea del Pincio, che sale alla Montagnola. Il 16 aprile 1909 esso sarà intitolato Piazza XX Settembre (1870).dettagli
-
2 maggio 1868Il giornale cattolico "L'Ancora"Alfonso Rubbiani (1848-1913), esponente della Gioventù Cattolica, fonda, con Giambattista Casoni e Ugo Flandoli, il giornale “L'Ancora”, assolutamente intransigente: Abbiamo scritto sulla nostra bandiera Ordine, Religione, Moralità. Noi cattolici vogliamo rispetto alla libertà, all'indipendenza, alle proprietà, alle ragioni e ai diritti di tutti ... Ci sottomettiamo alle leggi, ma vogliamo salva la nostra intangibile coscienza di cattolici. Non siamo amici per niente del Governo che regge la Penisola, ne siamo avversari, ma avversari leali che discutono, che reclamano, che protestano e nulla più. Proclamiamo l'assoluta infallibilità del Pontefice Sommo. Nato come foglio settimanale, l' "Ancora" diverrà quotidiano e raggiungerà una notevole tiratura. Futuro protagonista del revival medievale a Bologna, Rubbiani parteciperà nel 1870 alla difesa di Roma contro le truppe del Regno d'Italia.dettagli
-
10 settembre 1870Rubbiani e i "zampitti" bolognesi in difesa del PapaMentre in Vaticano è in corso il Concilio, l'esercito italiano, nonostante le promesse fatte dal ministro degli Esteri Visconti Venosta, invade le province pontificie e si appresta alla conquista di Roma. In varie città si festeggia “il sospirato avvenimento”, ma a Bologna la notizia è tenuta a lungo nascosta dal Prefetto. A difesa del Papa accorrono alcune centinaia di volontari. Tra essi una colonna di ragazzi bolognesi appartenenti alla neonata Gioventù cattolica. Il popolino romano li chiama "zampitti", come i ciociari del corpo ausiliario creato da Pio IX per la repressione del brigantaggio (che vestono, appunto le tipiche calzature montanare chiamate ciocie o zampitti). Li guida il segretario della Società, Alfonso Rubbiani (1848-1913), un giovane "di animo generosissimo, impulsivo, colto", convinto che il potere temporale del Papa sia una garanzia del suo potere spirituale. La presenza di questi giovani sarà soprattutto simbolica. Durante la presa di Porta Pia non spareranno un solo colpo. Pio IX escluderà in generale una difesa violenta: "Non si dica mai che il Vicario di Gesù Cristo, quantunque ingiustamente assalito, abbia ad acconsentire a qualunque spargimento di sangue". La capitolazione del 20 settembre sarà soprattutto uno scontro a colpi di cannone, risolto in poche ore, attorno alle mura aureliane. Due anni dopo Rubbiani ricorderà con queste parole l'origine della sua avventura: Un giorno del 1870 leggevo le opere di Ugo Foscolo; una pagina mi fece grande impressione. Cominciava così: "Gli Italiani devono volere e volerlo fino all'ultimo sangue che il Papa resti in mezzo all'Italia, a Roma, venerato, onorato e difeso dagli Italiani". Chiusi il libro e partii per Roma.dettagli
-
1871Francesco Orsoni esplora la grotta del FarnetoFrancesco Orsoni (1849-1906), giovane autodidatta appassionato di geologia, poi allievo non laureato di Giovanni Capellini all'Istituto Geologico dell'Alma Mater, individua e inizia ad esplorare la grotta del Farneto, situata nella vena del gesso a dieci chilometri da Bologna, sulla destra del torrente Zena. Tra il 1881 e il 1888, dopo una serie di esperienze di lavoro fallimentari in Italia e all'estero, si dedicherà, investendo tutto il suo patrimonio, ad una indagine rigorosa della grotta, spingendosi fino a duecento metri all'interno - dove troverà alcuni vasi interpretati come urne cinerarie - e abbassando il piano di scavo di sei metri rispetto alle prime ricerche del 1871. L'avventuroso ricercatore individuerà sei strati archeologici, con resti di insediamenti risalenti a varie epoche, dall'età del rame all'età del bronzo recente. Tra gli oggetti rinvenuti, piuttosto numerosi, vi sono tazze-attingitoio con ansa sopraelevata o con manico nastriforme, scodelle carenate, decorate con solcature e motivi geometrici, ceramiche forate per la lavorazione dei latticini. Nel 1888 la grotta del Farnè (o Farneto) riceverà la visita di illustri personaggi, quali Rubbiani, Panzacchi, Zanichelli e Carducci. L'onorevole Baccarini la vedrà, accompagnato da Orsoni, dopo aver presenziato al congresso dei cooperatori e a quello dei ragionieri. Nel 1890 Orsoni, ormai senza mezzi economici, abbandonerà gli scavi, lasciando la documentazione archeologica al Museo civico bolognese. La sua attività sarà proseguita da Brizio tra il 1899 e il 1900, da Tusa, Bermond e Radmilli Montanari tra il 1948 e il 1951. Tra le più importanti del sistema carsico bolognese, la grotta del Farneto è lunga più di un chilometro, con un dislivello di circa 50 metri. Nel 1915 sarà dichiarata monumento nazionale e considerata la più importante stazione preistorica della regione Emilia-Romagna.dettagli
-
1874Demolizione del portico di San DomenicoSu iniziativa del Comune viene demolito il portico davanti alla basilica medievale di San Domenico, che alcuni anni dopo sarà restaurata da Alfonso Rubbiani. Il luogo era, fino ad alcuni anni prima, il teatro delle gesta dei “biricchen del scol pei”, i bambini particolarmente vivaci e rumorosi che frequentavano le vicine scuole elementari. Appena fuori dalla scuola, essi davano spettacolo di “scapparlà e sgabbanà”, trasformando - secondo la testimonianza di Alfredo Testoni - piazza San Domenico in un campo di battaglia. In questo periodo il vicino convento è in gran parte occupato da una caserma di cavalleria.dettagli
-
1876Restauri in Santo StefanoIl restauro dell'antico santuario delle Sette chiese (Santo Stefano) era stato invocato da Giovanni Gozzadini (1810-1887) subito dopo l'Unità. Nel 1876 i lavori iniziano sotto la direzione dell'ing. Raffaele Faccioli (1836-1914), ispettore del Governo, sulla base del principio di demolire più che si può “le moderne sovrapposizioni e aggiunte”, di eliminare tutto ciò che crea “discordanza di stile rispetto alla vagheggiata forma originaria degli edifici” (Fanti). Comincia così un “doloroso iter degradativo” (A. Emiliani) delle chiese di Santo Stefano, che già avevano perso all'inizio dell'Ottocento le decorazioni nella cupola della chiesa del Calvario, opera di Marco di Berlinghiero, considerate dal Lanzi le migliori pitture di Bologna. In questa fase i lavori di "ripristinamento" riguardano soprattutto l'antica Basilica (Chiesa di San Pietro) e il battistero (Chiesa del S. Sepolcro), con ricostruzioni romaniche arbitrarie, affidate alla "valentia" dell'architetto (Gozzadini), il quale demolisce anche la cappella di Santa Giuliana del XVIII secolo, "tutt'altro che disprezzabile" (Zucchini). Durissimo è il commento alle manomissioni da parte di Cesare Masini, segretario dell'Accademia di Belle Arti, che fa stampare manifesti pagati in proprio con questo testo: "Mentre infin col piccone e col martello si demolisce e si rifan cose che il tacere è bello". Poi il cantiere si ferma per diversi anni e anche Carducci si adopera, con un Manifesto ai Bolognesi, per nuovi finanziamenti. Nel 1881 intanto, su progetto di Faccioli, si eseguono lavori di sistemazione della piazza antistante. La seconda fase dei restauri inizierà nel 1919 e privilegerà la chiesa della Trinità. I cantieri saranno diretti da mons. Giulio Belvederi e da Edoardo Collamarini (1863-1928), allievo di Rubbiani, e porteranno alla definitiva configurazione del complesso stefaniano. Il risultato delle molteplici e ripetute operazioni di restauro è riassunto nelle parole di Zucchini: "Lo studioso non riesce a raccapezzarsi e a distinguere quanto vi sia di vero e quanto di falso".dettagli
-
13 gennaio 1876La Commissione Conservatrice dei MonumentiSi riunisce la Commissione Conservatrice dei Monumenti e Oggetti d'Arte e Antichità per la provincia di Bologna, istituita con R.D. n. 2920 serie seconda del 13 gennaio 1876. Il 14 novembre 1875 è stata abolita la precedente Commissione per la conservazione dei lavori pregevoli di belle arti nell’Emilia. Del nuovo istituto, presieduto dal Prefetto, fanno parte sei commissari (pochi mesi dopo diventeranno otto), tre eletti dal Governo e tre dall‘amministrazione provinciale. Tra essi vi sono professori dell‘Accademia come Luigi Busi e Salvino Salvini o studiosi quali Enrico Panzacchi e Giuseppe Scarabelli. Nel 1876 entrerà Luigi Frati, direttore della Biblioteca dell'Archiginnasio. Nel 1879 sarà la volta di Giovanni Gozzadini, presidente della Deputazione di Storia Patria. Dal 1889 farà parte della Commissione il restauratore Alfonso Rubbiani e dal 1901 il conte Francesco Cavazza. Anche l’ing. Antonio Zannoni sarà membro per molti anni. Nel 1885 l'ingegnere-architetto Raffaele Faccioli sarà eletto Delegato Regionale per i Monumenti Nazionali. Nel 1891 lo stesso diventerà direttore del nuovo Ufficio Tecnico Regionale per la Conservazione dei Monumenti. La prima Soprintendenza ai Monumenti di Bologna sarà retta, dal 1911 al 1913 dall'ing. Ottavio Germano.dettagli
-
1877Restauro di Casa IsolaniIn occasione della Decennale della parrocchia di San Bartolomeo, Raffaele Faccioli cura il restauro della medievale Casa Isolani in Strada Maggiore. Durante i lavori vengono scoperti quattro archi al pianterreno, alcune finestre all'ammezzato e una serie di bifore al piano nobile, prima non visibili. Due delle bifore sono copiate dal Faccioli da una più antica, dotata di una colonnetta marmorea con capitello “corinto” (Gozzadini), scoperta dietro un pietrinfoglio. Nel soffitto dell'alto portico in legno sono infisse “per burla” (Rubbiani cit. da Zucchini) alcune frecce, che saranno erroneamente considerate testimonianza delle sanguinose guerre medievali.dettagli
-
6 ottobre 1877L'edificio della Cassa di Risparmio di Giuseppe MengoniAlla presenza del principe Umberto di Savoia è inaugurato il nucleo principale del nuovo palazzo della Cassa di Risparmio, fortemente voluto dal suo presidente, il marchese Carlo Bevilacqua, e costruito in via Farini sulle rovine del teatro Zagnoni. La posa della prima pietra è avvenuta il 12 agosto 1868. Il sontuoso edificio, aspramente criticato da molti per l'eccessivo lusso e per l'enorme costo di due milioni di lire, è stato realizzato come un grande palazzo rinascimentale, con ornamenti di marmi policromi - forniti dalla ditta Davide Venturi - e moderne strutture in ferro. E' opera prestigiosa di Giuseppe Mengoni (1829-1877), uno dei più importanti architetti dell'800. Originario di Fontanelice, ha completato la sua formazione artistica a Bologna come studente e insegnante dell'Accademia. In città è conosciuto anche come autore di Palazzo Poggi Cavazza e per il progetto, a livello urbanistico, della piazza interna di Porta Saragozza. Nel 1859 ha vinto il concorso bandito dal comune di Milano per la sistemazione della zona di Piazza Duomo. La Galleria "Vittorio Emanuele II", concepita nella sua casa di via San Vitale 36, gli darà grande fama, ma anche la morte, avvenuta nel 1877 per un tragico incidente di cantiere, alla vigilia dell'inaugurazione del grande arco d'ingresso. La residenza della Cassa di Risparmio si pone come modello di una "nuova architettura", ispirata allo stile eclettico di John Nash e della Scuola di Chicago. L'interno ospita decorazioni di Luigi Samoggia e sculture di Giuseppe Pacchioni, Stefano Galletti, Arturo Colombarini. Per Alfonso Rubbiani essa rappresenta un "ardito" tentativo di ripresa delle tradizioni architettoniche dei primi tempi del Rinascimento, cioè dello stile che, liberamente reinterpretato, avrebbe dovuto connotare tutte le costruzioni moderne.dettagli
-
14 novembre 1877Prima italiana dell' "L'Olandese volante" di Wagner al Teatro ComunaleDopo l’Aida di Verdi, messa in scena in ottobre, al Teatro Comunale viene allestito l’Olandese Volante (Der fliegende Hollander o Il Vascello Fantasma) di Richard Wagner (1813-1883), “con grande giubilo dei wagneriani più che mai accesi e persistenti nella loro devozione al nuovo idolo” (Giacomelli). E’ la quarta opera del maestro tedesco rappresentata a Bologna in prima italiana, dopo Lohengrin (1871), Tannhauser (1872) e Rienzi (1876). Viene diretta da Marino Mancinelli (1842-1894), maestro concertatore, direttore d'orchestra e compositore, fratello maggiore di Luigi Mancinelli (1848-1921), futuro direttore artistico del Teatro Comunale e del Liceo musicale. I principali ruoli sono eseguiti da Maria Durand, prima donna soprano assoluta, dal baritono Gustavo Moriani (l’Olandese) e dal basso Franco Novara (Dalando). Nel ruolo di tenore si alternano Angelo De Sanctis e Carlo Carpi. A parere di Alfonso Rubbiani anche in questo lavoro “si riconosce trionfante il genio potente disciplinatore delle grandi masse, dei grandi cori, dei grandi tumulti per cui Wagner ha incontrastabile primato”. Ma per i più l’opera “ha sorti poco liete”. Silenzio al primo atto, qualche applauso al Coro delle Filatrici, alla ballata e soprattutto al duetto e al terzetto finale. Alla fine dello spettacolo la messa in scena viene contestata.dettagli
-
24 dicembre 1878Il giornale "L'Unione"Promosso da Giovanni Acquaderni (1839-1922), esce il giornale "L'Unione", destinato a soppiantare "L'Ancora" di Alfonso Rubbiani come organo portavoce dei cattolici intransigenti. Pubblica gli atti e i comunicati della segreteria generale dell‘Opera dei Congressi cattolici in Italia. Giambattista Casoni (1830-1919), futuro segretario dell'Opera, ne è il consulente politico. Nel primo numero si afferma: "Un pensiero a Dio e uno sguardo al Papa: ecco il segreto della nostra forza". Il giornale, spesso sequestrato per offese alle istituzioni nazionali e allo stato, sarà pubblicato fino al 31 ottobre 1896 e poi sostituito da "L'Avvenire", di impostazione più conciliante e progressista.dettagli
-
1879Cattolici conciliatoristi e clericali intransigentiCresce a Bologna un movimento di cattolici "transigenti", che sostengono la partecipazione politica nel nuovo stato italiano. I "conservatori nazionali" hanno come leader locali Alfonso e Francesco Malvezzi Campeggi e Alfonso Rubbiani e dal 1879 pubblicano il giornale "La Pace". Ad essi si contrappongono, con forza ancora maggiore, gli intransigenti guidati da Giovanni Acquaderni e Giambattista Casoni, raccolti attorno al nuovo vescovo, il cardinale Lucido Maria Parocchi. Il gruppo si distingue per una notevole mobilitazione religiosa - pellegrinaggi, raccolte di obolo, esaltazione della Sede apostolica - e per autonome iniziative nella società: dalla Lega O'Connel per la difesa dell'insegnamento religioso nelle scuole, alle biblioteche cattoliche, dalle "cucine economiche" all'assistenza domiciliare ai poveri. Parocchi non ottiene l'exequatur - e quindi la possibilità di insediarsi sulla cattedra vescovile - e il movimento intransigente si radicalizza sempre più. La penetrazione capillare ottenuta con i comitati parrocchiali porterà, nel 1882, a oltre 5.000 i militanti nelle organizzazioni clericali a Bologna.dettagli
-
1879La nuova facciata della chiesa di San MartinoL'architetto Giuseppe Modonesi (1821-1891) restaura la facciata quattrocentesca della chiesa di San Martino, inserendo nella fronte elementi d'imitazione trecentesca. Si tratta in realtà di un vero e proprio rifacimento, che tradisce il concetto originario: “una fredda composizione, ove nulla è di antico” (Zucchini). Il nuovo disegno è comunque lodato da Alfonso Rubbiani (1848-1913), che lo giudica condotto "selon les regles d'une bonne critique". Il fianco sud della chiesa, su via Marsala, sarà invece restaurato nel 1919 dall'architetto Edoardo Collamarini (1864-1928). Modonesi è il primo a Bologna a studiare l'architettura medievale con metodo scientifico. E' autore di un progetto molto apprezzato per il completamento della facciata di San Petronio e nel 1883 porrà mano alla “vecchia facciata disadorna” della chiesa di San Procolo.dettagli
-
1880Alfredo Tartarini vince per la seconda volta il premio CurlandeseAllievo di Tomaselli e Azzolini, il pittore ornatista Alfredo Tartarini (1845-1905) vince per la seconda volta - la prima è stata nel 1877 - il premio Curlandese di prospettiva. La fama di ornatista lo porterà nel 1888 all'incarico per il gonfalone dell'VIII Centenario dell'Università. Sarà assiduo collaboratore di Alfonso Rubbiani per i restauri nel palazzo della Mercanzia, in San Francesco e in San Petronio. Nel 1903 curerà l'allestimento della sala emiliana alla Biennale di Venezia. Dello stesso anno è la decorazione del suo atelier in via Castiglione, con motivi tratti dal mondo vegetale.dettagli
-
1881L'Istituto per i ciechiGuglielmo Garagnani, esperto di telegrafia, riunisce nel periodo delle vacanze scolastiche un gruppo di ciechi nelle scuole di Piazza San Domenico e impartisce loro qualche nozione, utilizzando dapprima l'alfabeto Morse e quindi il Braille. Di lì a poco dopo coinvolge nell'impresa il giovane conte Francesco Cavazza (1860-1942) e altri suoi amici, quali il conte Luigi Salina, il marchese Antonio Scarselli, l'avvocato Arrigo Franchi. Alla Scuola Asilo per fanciulli ciechi poveri, che avrà come primo, improvvisato maestro il giovane cieco Oreste Alvisi, seguirà - grazie alla dotazione del conte Felice Cavazza, padre di Francesco, e di altri benefattori - l'Istituto dei ciechi di Bologna, eretto in Ente Morale nel 1886 e dotato di statuto organico per il suo funzionamento. Esso accoglierà giovani non vedenti residenti nella provincia di Bologna, impartendo loro una istruzione di base e avviandoli ad alcuni mestieri, come l'impagliatura di sedie, l'accordatura dei pianoforti e la confezione di scope e spazzole. Avrà tra i suoi allievi i musicisti Carlo Grimaldi, Antonio Belletti, Alberto Mignani e i letterati Giuseppe Fabbri e Giuseppe Tognoli. Il suo "massimo generoso campione" sarà il prof. Augusto Romagnoli (1879-1946), che dedicherà la sua vita "all'elevazione intellettuale e sociale di tutti i ciechi d'Italia". Dal 1888 la sede dell'Istituto sarà in via Castiglione, in un palazzo la cui facciata è attribuita a Edoardo Collamarini. L'inaugazione del nuovo edificio avverrà l'8 maggio di quell'anno alla presenza dei reali italiani. Nel 1931 l'Istituto dei ciechi di Bologna verrà intitolato al conte Francesco Cavazza (1860-1942), sodale e sostenitore di Rubbiani nel restauro di edifici medievali, uno degli uomini più ricchi e munifici della città. (A Bologna un tempo si diceva: "Non sono mica Cavazza", per dichiarare la propria modestia economica). Animatore della vita culturale cittadina, ricoprirà tra l'altro importanti incarichi politici: consigliere comunale a Bologna, sindaco di Minerbio, deputato del III Collegio. Nell'ultima parte della sua vita venderà gran parte del suo patrimonio, dedicandosi a studi e beneficenza.dettagli
-
3 settembre 1881Il teatro comunale di CrevalcoreIl 3 settembre si inaugura con il Trovatore di Verdi il nuovo teatro di Crevalcore. Sostituisce una precedente struttura in legno situata all'interno della residenza municipale, opera del XVIII secolo di Giacomo Monari, allievo di Ferdinando Galli Bibiena. Per il nuovo edificio teatrale erano stati presentati - e in seguito accantonati - vari progetti, giudicati troppo moderni o troppo costosi (Antonio Cipolla, Luigi Ceschi, Fortunato Lodi). Nel 1874 finalmente è stato scelto, con pieno accordo della municipalità e dei palchettisti, il disegno dell'ingegnere Antonio Giordani di Cento (1813-1897): una semplice cavea a ferro di cavallo con tre ordini di palchetti dalla foggia tradizionale, senza gallerie sovrapposte. Il modesto progetto di Giordani è stato in seguito arricchito da Gaetano Lodi (1830-1886), “ornatista ordinario della Real Casa”, coinvolto dal 1877 nella commissione per la costruzione del teatro. Il professore, originario del paese, è anche autore della decorazione interna, svolta con una “rutilante composizione floreale”, che invade i palchi, il foyer e soprattutto il soffitto della sala principale, “ottenedo così un assai gradevole effetto d'insieme” (Bortolotti). Si tratta della prima “felice invenzione nel campo della decorazione teatrale” di un artista bolognese dai tempi di Antonio Basoli. Nel suo teatro Lodi riesce a riportare “quelle doti di freschezza e sciolta capacità immaginativa che sembravano ormai perse negli stanchi e ripetuti moduli della decorazione bolognese dei decenni centrali dell'Ottocento” (Farioli). La sua pittura anticipa lo stile floreale, che si affermerà pochi anni dopo a Bologna, grazie agli artisti della gilda di Alfonso Rubbiani. Il sipario, dipinto da Raffaele Faccioli (1845-1916), raffigura lo scienziato Marcello Malpighi (1628-1694) alla corte del Granduca di Toscana. La scena principale è circondata da un ricco ornamento, simile ad un arazzo antico, con i ritratti di altri crevalcoresi illustri. Per il giornalista Bassini, presente il giorno dell'inaugurazione, entrando nella elegante sala di Crevalcore “pare di entrare in un sogno”.dettagli
-
1883Rubbiani e Azzolini restaurano il castello di San Martino in SoverzanoIl conte Francesco Cavazza (1860-1942) incarica l'ingegnere e architetto Tito Azzolini (1837-1907) del restauro del castello di San Martino in Soverzano, detto dei Manzoli, presso Minerbio, dimora aristocratica costruita nel XV secolo attorno a una torre medievale degli Ariosti. Parte dei rifacimenti sono realizzati sulla base di alcuni manoscritti del '500 di tale G.B. Bombello, che descrivono il grande edificio nei minimi dettagli. Ai lavori partecipano anche Achille Casanova (1861-1948), autore delle decorazioni all'interno - stemmi del re di Francia e Imprese - e Alessandro Scorzoni (1858-1933), che nel 1886 dipingerà in affresco l'episodio dell'elemosina di San Martino. Ma l'artefice maggiore della rinascita del castello, colui che lo trarrà “fuori dalla decadenza” (Beseghi), è Alfonso Rubbiani (1848-1913), che in questo cantiere figura come assistente apprendista dell'Azzolini. Egli applica qui per la prima volta i principi del francese Eugène Viollet-le-Duc (1814-1879), che teorizza un restauro non solo conservativo, ma anche integrativo delle parti mancanti. E' l'avvio di un revival neogotico, che caratterizzerà Bologna nell'età umbertina, a partire dagli interventi nella basilica di San Francesco (1886-1906) e vedrà coinvolti diversi artisti e artigiani nella proposizione di una sorta di art nouveau in versione emiliana.dettagli
-
1884Restauri nel Santuario di MontovoloIl Santuario della Beata Vergine della Consolazione di Montovolo, nel comune di Grizzana, è oggetto di un ampio intervento in stile neo-medievale. Da alcuni anni è sotto l'attenzione di restauratori quali Alfonso Rubbiani e Raffaele Faccioli. La chiesa nei pressi di Monte Vigese, il cui portale è datato 1211, è stata costruita dopo un incendio che ha distrutto un edificio più antico, che dal 1054 apparteneva ai canonici della cattedrale di Bologna. Fino all'edificazione del Santuario della BV di San Luca quello di Montovolo è il centro devozionale più importante della diocesi. Accanto ad esso sorge l'Oratorio di Santa Caterina, ex voto dei crociati bolognesi. Il sito che comprende questi sacri edifici è considerato una imitazione del Monte Sinai, allo stesso modo in cui le chiese di Santo Stefano a Bologna sono una imitazione dei luoghi santi di Gerusalemme. Nel 1847 l’interno del Santuario è stato verniciato a strisce chiare e scure, come molte chiese romaniche toscane. Nel 1865 è stato rimosso l'antico pronao. Nel 1884, in occasione dell'incoronazione della Madonna collocata sull'altare maggiore, è realizzato un intervento più organico. Del restauro è protagonista anche l'amministratore del Santuario, il conte Cesare Mattei (1809-1896), autore della bizzarra rocchetta di Riola e “maniaco signore dei luoghi”.dettagli
-
maggio 1884La chiesa di San Domenico diventa basilica minorePapa Leone XIII eleva la chiesa di San Domenico, che custodisce le spoglie del santo fondatore dell’Ordine dei Frati Predicatori, alla dignità di basilica pontificia minore. Tra il 1909 e il 1910 la chiesa sarà restaurata sotto la direzione di Alfonso Rubbiani, con la riapertura nella facciata di un grande rosone in stile gotico a imitazione di quello originale.dettagli
-
1885Restauro e decorazione del palazzo comunale di BudrioTra il 1879 e il 1881 l'antico Palazzo Benni, affacciato sulla piazza principale di Budrio, è ristrutturato dall’ing. Luigi Menarini (1838-1898) in stile neogotico. Con lo stesso stile, nel 1871, il progettista ha rinnovato "di forma col disegno e coll'opera gratuita” la vecchia Torre della Guardia donata nel 1859 al Comune dal locale Consorzio dei Partecipanti, aggiungendovi anche un grande orologio. Nel 1885 il restauratore Alfonso Rubbiani (1848-1913) cura la sistemazione degli uffici e della sala del Consiglio nel Palazzo comunale. Suo è il disegno degli arredi di legno e delle cancellate in ferro battuto, le vetrate e le epigrafi alle pareti, rievocanti le vicende storiche di Budrio dalla preistoria all'800, mentre gli stemmi e lo sfondo floreale con gli steli di canapa, vanto dell'agricoltura budriese, sono del pittore Achille Casanova (1861-1948). Rubbiani è in questi anni impegnato direttamente nell'amministrazione della cittadina: tra il 1879 e il 1888 ricopre i ruoli di consigliere comunale, assessore e vicesindaco. Tra il 1883 e il 1885 è anche attivo come restauratore nel vicino castello dei Manzoli, a San Martino in Soverzano, assieme a Tito Azzolini (1837-1907).dettagli
-
3 aprile 1885Rubbiani e Azzolini restaurano il Palazzo dei Capitani di VergatoIl Palazzo dei Capitani della Montagna di Vergato viene ricostruito in forme medievaleggianti su progetto di Alfonso Rubbiani (1848-1913) e dell'architetto Tito Azzolini (1837-1907). Nel suo diario intimo, Rubbiani racconta che la notte del Venerdì Santo si reca sul cantiere e depone un sasso, una sorta di prima pietra, con inciso il nome della sua amata: "In un sasso ho inciso il nome della mia amica, la data e le parole: questo nome d'amore sia fondamento a questa casa di libertà del popolo". Il palazzo comunale di Vergato è il monumento storico più significativo dell'alta valle del Reno. Gli stemmi murati sulla facciata rievocano gli uomini che lottarono come funzionari del libero Comune bolognese contro i feudatari dell'Appennino. Gli stemmi araldici saranno restaurati tra il 1992 e il 1994. Nel 1998 la Sala del Consiglio Comunale sarà impreziosita da quattro vetrate multicolori dell'artista internazionale Luigi Ontani, originario di Vergato.dettagli
-
3 giugno 1886Alfonso Rubbiani restaura la basilica di San FrancescoDopo che il Comune ha ricevuto dal Governo - e ceduto alla Curia - l'antica chiesa di San Francesco, dal 1866 ridotta a magazzino della Dogana, la Commissione istituita dal cardinale Arcivescovo Battaglini affida ad Alfonso Rubbiani (1848-1913) i lavori di restauro, secondo il progetto di massima già presentato dallo studioso e approvato dalle Belle Arti di Roma. Il modello del restauratore è l'opera dell'architetto Antonio di Vincenzo (1350-1402), che alla fine del Trecento ha progettato a Bologna la Loggia dei Mercanti, il Palazzo dei Notai e la basilica di San Petronio e che in San Francesco ha costruito uno dei campanili. Egli è anche uno studioso assiduo degli scritti di Viollet-le-Duc, che a Parigi ha restaurato Notre-Dame. Poche settimane dopo l'incarico, l'editore Zanichelli pubblica La chiesa di San Francesco in Bologna, con un atlante illustrativo a cura di Edoardo Collamarini, con fotografie di Pietro Poppi: Rubbiani vi espone le ricerche d'archivio effettuate, che giustificano le ricostruzioni previste. I lavori cominciano sul fianco settentrionale della chiesa, dove sono demolite alcune cappelle del XV-XVI secolo, poi proseguono verso l'abside. Intanto si procede all'interno, eliminando innanzitutto le decorazioni del Cocchi, risalenti al 1848. Dopo una lunga battaglia burocratica, nel 1890 saranno demoliti i fabbricati demaniali che coprono l'abside, rendendo possibile il recupero dei resti delle tombe di Accursio, Odofredo e Rolandino dei Romanzi: con molte integrazioni verranno ricostruite le arche dei Glossatori, risalenti al XIII secolo. L'operazione di restauro di Rubbiani riceverà intanto l'avvallo di Carducci: "Oggi ... i lividori spariscono alla luce della libertà, la maschera casca e la biacca si spasta. E le bellezze di Bologna sorridono al sole". Nel cantiere di San Francesco si forma quella Gilda di artigiani e artisti - tra essi Alfredo Tartarini (1854-1905), Augusto Sezanne (1856-1935), Achille Casanova (1861-1948) il fratello Giulio (1875-1961), Giuseppe De Col (1863-1912), Alberto Pasquinelli (1872-1928) - che parteciperà poi a tutti i successivi interventi restaurativi curati da Rubbiani. Guido Zucchini li definirà “uomini dall'anima moderna, innamorati dell'antico, tenaci nelle idee, assidui nell'azione, poeti e giambardi nell'arte” Dal 1895 il gruppo, sotto la guida di Achille Casanova, sarà impegnato nell'allestimento e decorazione delle cappelle absidali, con l'intento “di innestare su quel vecchio tronco di chiesa gotica germogli di una nuova arte piena di idee, di simboli, di allegorie in veste semplice e naturale”. Vi emergerà l'ideologia della ricostruzione in base ad esempi di monumenti sincroni e affini e quella dell' "abbellimento" del monumento attraverso un collage di soluzioni di gusto liberty. In preparazione dei lavori di decorazione, infatti, Rubbiani, Casanova e Tartarini visiteranno numerose chiese italiane, copiando i motivi delle antiche policromie del XIII secolo e riportandole poi sui bordi dei costoloni delle volte e nelle finte stoffe dell'abside del San Francesco. La cappella centrale, un tempo dei Malvezzi, sarà consacrata alla pace fra i popoli e verrà inaugurata nel 1899 all'apertura della Conferenza internazionale dell'Aja. Le decorazioni absidali, compresi i nuovi esperimenti di arte simbolica e allegorica - Povertà, Castità, Obbedienza francescane, la serenata alla Madonna, ecc. - portati avanti dal Casanova e dalla sua bottega, saranno aspramente criticati dai Professori dell'Accademia. Il restauro della facciata della chiesa sarà completato nel 1905, mentre i lavori all'interno si protrarranno fino al 1928, dopo la morte di Rubbiani. "Il bel San Francesco" è, secondo G. Coccolini, il suo capolavoro, "pur con qualche errore veniale, dovuto all'immaturità del concetto di restauro in fervida evoluzione dalla metà del XIX secolo in poi". La chiesa sarà riaperta al culto nel 1919 e Rubbiani sarà sepolto nella cappella centrale dell'abside, "solo, nell'immensità della basilica che tanto amò con la fede del cuore, con l'intelletto d'artista e con quella passione che rimane nell'anima per le vittorie conquistate con tenacia e ardore" (Beseghi).dettagli
-
25 giugno 1887Muore Giovanni Gozzadini "padre" dei VillanovianiMuore ail senatore Giovanni Gozzadini (1810-1887), insigne storico e archeologo, già Senatore del Regno, presidente della Deputazione di Storia Patria e direttore del Museo civico di Bologna. Nel 1848 aveva acquistato l’eremo di Ronzano, sui colli bolognesi. L’antica chiesa e il convento annesso, malamente manomessi in epoca napoleonica, erano stati da lui restaurati. Villa Gozzadini era diventata in seguito un centro di vita culturale e sociale, attorno alla figura della moglie Nina (Maria Teresa Serego Alighieri, 1812-1881), ospitando di frequente personaggi quali Giosue Carducci, Marco Minghetti, Enrico Panzacchi, Alfonso Rubbiani. Gozzadini ha legato il suo nome alla scoperta della civiltà villanoviana. Durante gli scavi effettuati fra il 1853 e il 1856 nel podere Camposanto di sua proprietà, nei pressi della Chiesa di Santa Maria di Caselle, tra Castenaso e San Lazzaro, furono rinvenuti i resti di una grande necropoli, con tombe a inumazione e a incinerazione. Il nome dell'antica civiltà fu ispirato al Gozzadini dalla località della scoperta, Villanova di Castenaso.dettagli
-
20 ottobre 1887Concorso per il completamento della facciata di San PetronioE' bandito un concorso per il completamento della facciata di San Petronio, che suscita notevoli polemiche. Favorevole all'operazione è l'ing. Giuseppe Ceri, autore nel 1879 di un primo progetto - commentato all'epoca con entusiasmo dal Rubbiani - e promotore nel 1881 di un Comitato Esecutivo dell'Opera della facciata di San Petronio. La Deputazione di Storia Patria, invece, attraverso le parole del presidente Carducci, si dichiara contraria al alterare "quell'ardua fronte ciclopica cui questa grande intelligenza borghese vorrebbe appiccicare la maschera bianca di una facciata", considerando "opportuno e lecito lasciare l'insigne monumento nello stato suo presente che risulta dalle vicende della storia, del pensiero e dell'arte italiana". I disegni della nuova facciata presentati al concorso, “una profusione di esercitazioni neo-gotiche” (Landucci), confermano le perplessità della Deputazione. Molti sono in stile nordico flamboyant, tra i quali "una specie di castello incantato, che potrebbe adattarsi senza danno a far la gloria di un pasticciere". La commissione giudicatrice non riterrà alcun progetto degno di esecuzione, limitandosi ad assegnare due premi di incoraggiamento a quelli dell'ing. Ceri e dell'arch. Collamarini. Il polemico Ceri giudicherà così, sul suo giornaletto "La Striglia", il disegno di Collamarini e Rubbiani, presentato fuori concorso il 20 ottobre 1887: "somiglia (allo stile) di San Petronio, come io a un melo granato". Tra i pareri contrari all'operazione vi sarà anche quello, autorevole, del direttore del British Museum, di passaggio a Bologna: "Spero - avrà a dire - che non rovineranno S. Petronio con una facciata come pur troppo hanno fatto altrove per altri monumenti".dettagli
-
marzo 1888Pietro Poppi e la Fotografia dell'EmiliaNella ricorrenza dell'VIII Centenario dell'Università, Corrado Ricci cura una pubblicazione commemorativa sui monumenti sepolcrali dei lettori dello Studio nei secoli XIII-XV, corredandola con 31 stampe fotografiche all'albumina, incollate su cartoncino, che la rendono particolarmente pregevole. Autore delle foto è Pietro Poppi (1833-1914), titolare della Fotografia dell'Emilia, in via d'Azeglio 19, uno degli studi fotografici italiani più importanti del periodo, secondo forse solo a quello degli Alinari di Firenze. La ditta ha fatto pubblicare sul "Carlino" la dichiarazione di essere "l'unica concessionaria del Comitato esecutico per le riproduzioni fotografiche che riguardano l'Esposizione". Poppi collabora in questo periodo anche con Alfonso Rubbiani, impegnato, sempre per il Centenario, al restauro delle tombe degli antichi glossatori (Accursio, Odofredo e Rolandino dé Romanzi) nell'area dell'antica basilica di San Francesco. Nel corso del 1888, è anche fotografo ufficiale della grande Esposizione Emiliana. Nei primi mesi dell'anno fa stampare il Catalogo generale della Fotografia dell'Emilia, in cui sono elencate oltre duemila immagini di città italiane. Al termine della manifestazione gli verrà conferita una medaglia d'oro per l'importanza del suo stabilimento e per la “perfetta riproduzione di oggetti artistici”.dettagli
-
6 maggio 1888La Grande Esposizione EmilianaI Giardini Margherita ospitano dal 6 maggio la prima Grande Esposizione Emiliana, evento di importanza nazionale. Presidente del comitato esecutivo è il deputato imolese Giovanni Codronchi (1841-1907), già sindaco di Imola e leader dell'Associazione costituzionale delle Romagne. All'inaugurazione presenziano il re Umberto I, la consorte Margherita di Savoia e il Presidente del Consiglio Francesco Crispi, arrivati a Bologna “prima del tocco” e accolti da una città “imbandierata e animatissima”. "Nessuno dei viventi ricorda a Bologna una giornata come questa", scrive un cronista; una giornata che riunisce "l'entusiasmo popolare e la pompa ufficiale più solenne". Nel salone in cui si svolge l'incontro inaugurale vi sono 2.500 invitati, tra i quali 340 sindaci e innumerevoli Società della provincia, intervenute con bandiera e fanfara. Nel parterre "la bellezza impera" e "son cento e cento i volti seducenti e gli occhi ammaliatori". L'ingresso principale della manifestazione è a porta Santo Stefano: due eleganti padiglioni sorgono ai lati di una barriera semicircolare. I pilastri del cancello sono sormontati dalle statue dell'Agricoltura e dell'Industria, opere del Golfarelli. Nel grande piazzale di fronte all'ingresso lo scultore Diego Sarti (1859-1914) ha costruito una fontana monumentale: una vasca elissoidale ornata di quattro gruppi di statue, due di animali e due di sirene. L'opera desta qualche scalpore per le inedite nudità femminili, ma sarà comunque apprezzata e conservata anche dopo il termine della manifestazione. Qualche anno più tardi verrà ricollocata in Montagnola. L' Esposizione delle Provincie dell'Emilia in Bologna si articola in tre settori: Musica, Industria e Agricoltura, Belle Arti. Le costruzioni, immerse nel verde, in uno stile ricco di richiami naturalistici ed esotici, costituiscono quasi una città-giardino, piacevole e invitante, più luogo di villeggiatura che di affari. I palazzi dell'Industria e della Musica, “prodotti della stagione dell'eclettismo bolognese”, sono stati realizzati dall’ing. Filippo Buriani (1847-1898), impiegando “rudimentali sistemi di prefabbricazione metallica” (Cresti). Il padiglione principale illustra i nuovi indirizzi agricoli e industriali delle provincie emiliane, orientate verso le colture intensive, l’allevamento e il settore caseario. Sono esposti tra gli altri i macchinari dell’Officina Calzoni. Una "immane, smisurata, simbolica" mortadella di 150 chilogrammi fa bella mostra nel "tempio consacrato al dio maiale" allestito dalla ditta Breventani di Modena, coadiuvata dal “sacro collegio sacerdotale di Bologna” rappresentato da aziende quali Zappoli, Romagnoli, Forni. La Esposizione Nazionale di Belle Arti è ordinata da Enrico Panzacchi (1840-1904) nelle sale della Villa Reale di San Michele in Bosco. Per l'occasione sono stati sospesi i lavori iniziati nel 1886 per lo Stabilimento ortopedico voluto da Francesco Rizzoli. Vi si possono ammirare opere di Giovanni Segantini, Gaetano Previati e di artisti della gilda di Alfonso Rubbiani, quali Achille Casanova e Augusto Sezanne. Il trionfatore sarà il modenese Giovanni Muzzioli (1854-1894) con I funerali di Britannico, opera assai ammirata dalla critica. Nell'antico monastero olivetano è allestita anche una mostra di cimeli risorgimentali e le rassegne speciali di Didattica, Previdenza e Beneficenza, su una superficie espositiva di 6.000 mq, che comprende una grande galleria temporanea costruita sulla facciata dell'edificio. La direzione del progetto del Palazzo della Musica è affidata a Arrigo Boito (1842-1918), con Giuseppe Verdi presidente onorario. La preziosa architettura in stile quasi liberty, dotata di un'ottima acustica, vanta una sala per i concerti sinfonici da 1.500 posti e una più piccola per la musica da camera. Nel palazzo è allestita anche una mostra di strumenti antichi, manoscritti e rare edizioni musicali. In alcune sezioni biografiche si ammirano cimeli di Rossini, Donizetti, Wagner e altri. Per tutta la durata dell'esposizione saranno eseguiti concerti polifonici e capolavori della musica sinfonica tedesca, diretti da Giuseppe Martucci e Franco Faccio e inoltre Concerti Popolari e di complessi bandistici. Particolarmente ricco è anche il programma del Teatro Comunale, con opere di Bellini, Cimarosa, Wagner, Gluck e Verdi. La Commissione Operaia fa costruire ai Giardini delle cucine popolari, con una mensa a basso costo per i visitatori meno abbienti, mentre nella caserma di via Santa Margherita sono allestiti alloggi per comitive operaie. Queste usufruiscono anche di sconti ferroviari e ingressi gratuiti nei musei cittadini. Grande attrattiva dell'Esposizione, che durerà sei mesi e avrà oltre 500 mila visitatori, sono le ascensioni in aerostato. Ma si contano altri innumerevoli eventi mondani: "il ballo Al Felsineo, le corse al trotto, il tiro al piccione", i discorsi, "lo scoprimento dei monumenti" interessano e qualche volta entusiasmano tutta la città (F. Barbanti Brodano). Durante la manifestazione esce per 42 numeri un Bollettino di grande formato, estremamente ricercato nella grafica e nelle illustrazioni. La scrittrice Matilde Serao (1856-1927), presente in veste di giornalista, pubblicherà in un libro i resoconti delle feste cittadine. Ne parleranno inoltre ben cinque quotidiani bolognesi: "La Gazzetta dell'Emilia", "Il Resto del Carlino", "La Stella d'Italia", "L'Unione" e "La Patria". In questi mesi è ripetuto l'esperimento dell'elettricità: vengono illuminate la piazza Vittorio Emanuele II, le logge del Pavaglione, le vie Santo Stefano, Farini e Indipendenza. I grandi padiglioni di Buriani saranno smontati al termine della rassegna secondo il patto stipulato dal Comune con la contessa Tattini, perchè, a detta del Testoni, disturbano la vista sulle sue proprietà. Spariranno inoltre il bel chiosco della Buton disegnato da Tito Azzolini, la Ferrovia Russa, la birreria Finzi, il "lavoriero" per la pesca delle anguille allestito dal Municipio di Comacchio nel laghetto dei giardini e la capanna del Club Alpino Italiano. La fontana del Sarti sarà invece trasferita alla Montagnola. Nonostante l'alto numero dei visitatori l'Esposizione non sarà un grande successo: se si escludono le prime settimane, la media dei biglietti venduti si manterrà sotto i mille al giorno. Già una settimana prima della chiusura (11 novembre) il periodico "Bononia Ridet" scriverà: "Nessuno da un pezzetto si accorge più che a Bologna vi sia una Esposizione Internazionale".dettagli
-
1889Proposta di restauro nel Palazzo del PodestàDopo la riapertura dei finestroni nel Palazzo del Podestà, coperti da tempo, l'impresario Eugenio Guazzaloca monta un modello al vero di cornicione in pietra macigno di Marradi (ditta Callisto Neri), sovrastato da una imponente merlatura. E' stato suggerito dal restauratore di monumenti antichi Alfonso Rubbiani (1848-1913). L'operazione susciterà notevoli dubbi e discussioni fino al 1906, quando prevarrà la scelta di lasciare l'edificio incompiuto. Tra i più accaniti oppositori dei restauri di completamento, giudicati "troppo interpretativi", è l'avvocato Giuseppe Bacchelli (1849-1914), presidente dell'Associazione Francesco Francia. Nel 1910, ormai nel pieno delle polemiche, pubblicherà l'opuscolo Giù le mani dai nostri monumenti antichi, sostenendo che Rubbiani, dai "bei primi tempi" del recupero di San Francesco, in seguito si è messo intorno una "gilda o ghilda di artefici", che lo hanno spinto "fuori dai confini del ristauro", laddove "la precisione storica è sostituita dalla visione arbitraria di una bellezza romantica e scenografica".dettagli
-
1889Rubbiani restaura il castello dei Bentivoglio al Ponte PoledranoIl marchese Carlo Alberto Pizzardi (1850-1922) commissiona a Alfonso Rubbiani (1848-1913) il restauro del castello al Ponte Poledrano sul canale Navile, la domus jocunditatis di Giovanni II Bentivoglio, da tempo in totale abbandono: La gran corte piena di erbe, di bucati al sole, di attrezzi rustici, di bambini; attorno e dentro la rocca un fitto addossarsi di catapecchie per concerie di pelli, torchi da olio, brillatoi da riso; e su la vetta della torre merlata il fumaiolo di una macchina a vapore. (Rubbiani) L'intervento lo terrà impegnato per dieci anni, assieme a Achille Casanova (1861-1948). L'antico edificio viene riprogettato sulla base di un documento del 1735, con profonde ricostruzioni delle strutture e degli interni. Vengono rimossi gli intonaci e completate le decorazioni sulla base delle poche tracce superstiti dei disegni originali. La collaborazione di Pizzardi e Rubbiani a Bentivoglio produrrà altri progetti non però realizzati: una chiesa e una residenza municipale. Il marchese farà costruire, nei pressi del castello, il moderno edificio di Palazzo Rosso, decorato in stile liberty da Augusto Sezanne (1856-1935). Alla sua morte nel 1922 lascerà il suo patrimonio, compreso il castello di Ponte Poledrano, agli ospedali di Bologna.dettagli
-
30 aprile 1889Interventi di restauro nel Palazzo della MercanziaAlfonso Rubbiani (1848-1913) è incaricato da Cesare Zucchini, Presidente della Camera di Commercio di Bologna, del restauro del trecentesco Palazzo della Mercanzia, già rimaneggiato nel 1841 dall'ing. Carlo Scarabelli. Il 30 aprile Raffaele Faccioli, ispettore del Governo, giudica il suo progetto "degno in tutto di approvazione". Rubbiani opera sulla base di una incisione del Settecento raffigurante l'edificio. Fa rimuovere le aggiunte di Scarabelli, in particolare la seconda porta d'accesso al pian terreno. Successivamente, assieme a Alfredo Tartarini (1854-1905), rinnova la policromia della facciata, inserendo sul portale principale un pittoresco orologio, disegnato a somiglianza di quello del Palazzo della Signoria a Siena, che sostituisce quello installato nel 1857 da Camillo Franchini. Nel 1897 farà demolire l'atrio ovale del piano terra, da lui considerato costruzione "deforme ed indecorosa", sostituituendolo con un altro quadrangolare in stile bentivolesco. Le ricerche di Rubbiani e Tartarini, preliminari all'intervento sulla Mercanzia, saranno pubblicate in un volume e una cartella di grande formato, editi da Zanichelli.dettagli
-
1891Il restauro delle tombe dei Glossatori in San FrancescoPer opera di Alfonso Rubbiani e Edoardo Collamarini è completata la sistemazione delle tombe dei Glossatori, poste dietro l'abside della basilica di San Francesco e oramai ridotte a ruderi. Il loro restauro è stato deciso dalla Deputazione di Storia Patria, su richiesta del suo presidente Giovanni Gozzadini, nell'ambito delle celebrazioni dell'VIII centenario dell'Università. I lavori sono stati ostacolati dalla presenza nell'area di un fabbricato dell'Intendenza di Finanza. La prima tomba appartiene ad Accursio e al figlio Francesco; quella con doppio colonnato a Odofredo, la terza, con le colonnine sostenute da quattro leoni, a Rolandino dei Romanzi, morto nel 1284. Le arche saranno realizzate successivamente, con molte integrazioni, e completate nel 1992, in concomitanza dei lavori di ristrutturazione delle cappelle radiali della basilica.dettagli
-
1892Restauro della Casa Stagni in Canton dé FioriPer opera di Augusto Sezanne (1856-1935) viene restaurata la Casa Stagni (già Scappi, sec. XV) in Canton dé Fiori, all'incrocio tra la piazza del Nettuno e la nuova via Indipendenza (in cui fino al Settecento si faceva, appunto, mercato di fiori). Rimane pressoché intatto il portico - gli affreschi, presto sbiaditi, sono sempre di Sezanne - dove era l'antico Caffè degli Stelloni, mentre è rifatta completamente la parte superiore, con decorazioni a fogliami e fiori parlanti dipinti da Achille Casanova (1861-1948) "secondo i gusti poetici degli antichi decoratori del Quattrocento". Sotto il portico saranno installati nuovi fanali a gas più luminosi dei precedenti, “un superamento del becco Auer in attesa della luce elettrica”. E' l'esordio del liberty in città. Alfonso Rubbiani definisce Casa Stagni la prima dimora borghese "pittoresca" a Bologna. Secondo lui, i palazzi di via Indipendenza, destinati a inquilini piccolo-borghesi, avrebbero dovuto conformarsi a questo stile libero e inventivo, moderno ed eclettico, piuttosto che agli esempi accademici "vestiti con ordini" e derivati dai trattati del Vignola o del Bramante. Pittore e decoratore di estrazione accademica, Sezanne sarà insegnante di ornato a Bologna e a Venezia. Membro di Aemilia Ars, disegnerà illustrazioni di libri e manifesti pubblicitari. Oltre a Casa Stagni, realizzerà la decorazione della sala consiliare di Rovereto e la palazzina Majani in via Indipendenza.dettagli
-
1893Restauro della facciata dell'oratorio dello Spirito SantoLa Banca Popolare di Credito affida a Alfonso Rubbiani il restauro della facciata della piccola chiesa dello Spirito Santo in via Val d'Aposa, ricca di decorazioni in terracotta del sec. XV. Il ripristino dell'antica policromia, sulla base di tracce rinvenute nel paramento murario, attirerà a Rubbiani le ire del prof. Angelo Gatti, docente dell'Accademia di Belle Arti. La parete dello Spirito Santo apparirà, alla stampa locale, rossa "più di vergogna che di colore".dettagli
-
1894Le sculture di Giuseppe Romagnoli nel castello di BentivoglioGiuseppe Romagnoli (1872-1966), giovane artista allievo del Collegio Venturoli, realizza per la cappella del castello di Bentivoglio due sculture a grandezza naturale in terracotta policroma. Ritraggono “con grande finezza“ (Matteucci) gli ultimi signori di Bologna, Giovanni II Bentivoglio e Ginevra Sforza, inginocchiati e in atto di preghiera. Vengono collocate ai lati dell'altare. L’opera ricorda certi dipinti di autori del Rinascimento - ad esempio Piero della Francesca, Lorenzo Costa - in cui due personaggi, di solito i committenti, sono ritratti di profilo e testimonia il gusto neo-medievale del periodo. Il castello di Ponte Poledrano è restaurato in questi anni da Alfonso Rubbiani e Achille Casanova.dettagli
-
21 gennaio 1894L'Associazione per le Arti "Francesco Francia"Composta di pittori e scultori, è fondata a Bologna l'Associazione “Francesco Francia”, in sostituzione della disciolta Promotrice di Belle Arti. Il conte Francesco Cavazza (1860-1942) è nominato presidente, il pittore Raffaele Faccioli (1836-1914) funge da segretario. Tra i primi soci vi sono artisti quali Paolo Bedini, Enrico Barberi, Tullo Golfarelli, i conti Fava-Ghisilieri, Isolani e Salina-Amorini, il restauratore Alfonso Rubbiani. Dal 1895 l'Associazione prenderà a organizzare la mostra annuale di primavera, che rappresenterà fino agli anni della guerra la principale occasione espositiva per gli artisti locali. Nel 1907 si farà tramite per la partecipazione di Adolfo De Carolis al Concorso per la decorazione murale del Salone dei Trecento nel Palazzo del Podestà.dettagli
-
1896Rubbiani restaura le cappelle laterali di San PetronioTra il 1896 e il 1910 Alfonso Rubbiani (1848-1913) guida il restauro di dieci cappelle laterali in San Petronio, con l'aiuto del conte Francesco Cavazza (1860-1942) e dei pittori Achille Casanova (1861-1948) e Alfredo Tartarini (1845-1905). Vengono demoliti i muri che tamponano le finestre, ridipinti gli zoccoli delle pareti, realizzate numerose vetrate, colonnine di terracotta, recinti di ferro battuto. Nella cappella di San Vincenzo si esegue l'ornamento delle pareti e della balaustra (1896). In quella di San Girolamo il paramento delle pareti (1897) Nella cappella di Sant'Ambrogio è rifatta la decorazione del basamento (1900). Nella cappella dei Notai (1907) viene eliminata l'ancona in legno dorato del XVII secolo. Il tabernacolo e il paliotto dell'altare sono rifatti a cura di Casanova. La chiusura in pietra con inferriata è replicata nella cappella di San Bernardino (1909). Nella cappella di San Rocco (1909), Casanova disegna i tondi delle vetrate e dipinge a stoffa le pareti. Nella chiusura in pietra sono utilizzate alcune colonnine del XV secolo tolte dalla chiesa del Calvario in Santo Stefano. Gli interventi di Rubbiani e della sua gilda potranno dirsi conclusi solo intorno alla metà del Novecento con la decorazione della cappella dell'Immacolata.dettagli
-
28 giugno 1896Inaugurazione dell'Istituto ortopedico Rizzoli a San Michele in BoscoDal lascito del chirurgo Francesco Rizzoli vengono tratte le sostanze per l'acquisto del complesso olivetano di San Michele in Bosco. La trasformazione in ospedale è opera dell'avv. Giuseppe Bacchelli (1849-1914), presidente della Deputazione provinciale, che si avvale della collaborazione degli architetti Giachi, Collamarini e Rubbiani e della consulenza del prof. Panzeri, direttore dell'Istituto Rachitici di Milano. Il 28 giugno 1896 l'Istituto Ortopedico Rizzoli, "nave della scienza ortopedica", è inaugurato da re Umberto I e dalla regina Margherita. Di grande effetto è la sfilata delle carrozze, che nel pomeriggio sale da via D'Azeglio lungo la via Panoramica, tra due ali di folla. La visita dei Reali è guidata, dopo una "brillante orazione" inaugurale, da Giuseppe Bacchelli e dai dottori Panzieri e Grillini. Gli ospiti rimangono colpiti da alcuni allestimenti del nuovo ospedale: i bagni turchi decorati in stile pompeiano e rivestiti di marmi multicolori, la bianca sala operatoria "con tavoli di vetro grossissimo", la sterilizzatrice, in grado di uccidere "i baccilli di qualunque età e razza". L'ospedale dei "rachitici" sarà all'inizio malvisto dai benpensanti bolognesi, preoccupati dell'arrivo di "storpi" da ogni parte d'Italia. Ma nel tempo l'istituto acquisterà prestigio nazionale e internazionale, grazie anche all'opera dei direttori Alessandro Codivilla e Vittorio Putti.dettagli
-
3 dicembre 1898Aemilia ArsUn gruppo di nobili, raccolti intorno ad Alfonso Rubbiani e al conte Francesco Cavazza, fondano la Aemilia Ars, Società per azioni “protettrice di arti e industrie decorative nella regione emiliana”, con un capitale iniziale di 10.500 lire. Il sodalizio si ispira all'esperienza inglese delle Arts and Crafts di William Morris.Ne fanno parte gli artisti della “gilda” di Rubbiani, impegnati in questi anni nel cantiere di San Francesco: Achille e Giulio Casanova, Giuseppe Romagnoli, Augusto Sezanne, Alfredo Tartarini e altri.L'intento è quello di creare un centro di promozione stilistica collegato ai migliori artigiani della regione, coinvolti attraverso concorsi annuali. Il 31 gennaio 1899 esce il primo bando di 24 concorsi a premio.In particolare la società mira a procurare buoni modelli artigianali e disegni, anche attraverso ricerche filologiche e storiche, avendo alla base l'attenta osservazione e lo studio dell'arte medievale, come della natura, dalla quale si attingono “eleganti figurazioni zoomorfe” di derivazione liberty (Riguzzi).Offre il proprio patronato e un magazzino per l'esposizione permanente e la commercializzazione a produzioni che vengono giudicate conformi agli scopi associativi.Il successo dell'iniziativa sarà notevole, per quanto effimero: già nel 1900 la società aprirà un centro di vendita in via Ugo Bassi. Il cartello Aemilia Ars merletti e ricami annuncerà la produzione e vendita di “Dentelles et broderies, laces, Stickercien und Spitzen”.Nel 1901 la contessa Lina Bianconcini Cavazza (1861-1942), moglie di Francesco, assieme alla contessa Carmelita Zucchini Solimei e a Maria Chautré Bedot, avvia la sezione merletti e ricami, con lo scopo di insegnare un mestiere a ragazze senza istruzione e insieme educarle al gusto artistico. Viene usato il “punto antico” o “reticello”, tipico dei pizzi bolognesi ad ago del Rinascimento.Le lavoranti fanno capo a una sede centrale, che fornisce i disegni e distribuisce i lavori, allestisce mostre e organizza la partecipazione alle esposizioni del settore. E' l'unica parte di Aemilia Ars che avrà una attuazione duratura.dettagli
-
25 dicembre 1898"Il Natale della Lira"Per il Natale del 1898 l'Accademia degli “scapigliati” bolognesi, che fa capo ad Alfredo Baruffi (1873-1948) e agli artisti di Palazzo Bentivoglio (I Giambardi della Sega), dà alle stampe un volumetto di cento pagine - con altrettante illustrazioni in bianco e nero e in stile art nouveau - intitolato Il Natale della Lira. Ispirandosi al catalogo della I Mostra della Secessione viennese (maggio 1898), di cui riprende il formato e l'impaginazione, la pubblicazione bolognese ospita, oltre ai contributi dei Giambardi, anche scritti di personaggi “ufficiali”, come Carducci, Panzacchi, Rubbiani, Stecchetti, Federzoni e disegni di affermati pittori come Majani, Casanova, Faccioli, Scorzoni. Lo stile d'insieme è dato dalla grafica innovativa di Baruffi, Bompard, De Col e altri giovani, che dimostrano il loro desiderio di rompere con la tradizione accademica e di cercare i loro modelli soprattutto fuori dall'Italia.dettagli
-
31 dicembre 1898L'Eden KursaalAlla presenza delle autorità cittadine viene inaugurato l'Eden Kursaal, “ristorante, caffè, teatro, birreria” con sala dedicata al caffè concerto (o café chantant). Presto si affermerà come il tempio dei viveur e dei biassanot (masticanotte, “tiratardi”) bolognesi e diventerà il locale più in voga della città, il più lussuoso. Ospiterà le vedettes internazionali del varietà. Il locale è allestito in palazzo Maccaferri, all'inizio di via Indipendenza, progettato nel 1896 dall'ing. Attilio Muggia (1861-1936), autore della coeva sistemazione del Pincio della Montagnola. All'esterno l'edificio appare neo-rinascimentale, mentre nelle decorazioni interne accoglie le novità stilistiche del liberty. La struttura è espressione di tecniche costruttive moderne: è il primo palazzo a Bologna in cemento armato, è stato completamente elettrificato dalla ditta tedesca Ganz ed è dotato di un innovativo sistema di riscaldamento. Gli apparati illuminotecnici in ferro battuto all'interno del palazzo, progettati dallo stesso Muggia, sono realizzati da Sante Mingazzi (1867-1922), un artigiano della cerchia di Alfonso Rubbiani. Nell'ampia sala, adibita a teatro e ristorante, "una miriade" di sedie, disposte in file e attorno a tavolini, creano "una calda e festosa accoglienza" e i grandi specchi sulle pareti consentono di godersi lo spettacolo, senza per forza voltarsi. Sul palcoscenico dell'Eden si esibiranno i grandi protagonisti del varietà del '900, da Petrolini alla Belle Otero. Al piano superiore è aperto un enorme ristorante con terrazze affacciate sulla Montagnola e funzionano a pieno ritmo sale da gioco e da biliardo. Nei locali del cafè concert è allestita anche la prima pista di skating a Bologna. Il nuovo sport del pattinaggio a rotelle è ritenuto meno pericoloso e più vario di quello su ghiaccio. Consente “evoluzioni retrograde” e ghirigori particolari. Non ultimo vantaggio, permette alla donna di volteggiare “senza nemmeno bisogno di appoggio maschile”.dettagli
-
5 maggio 1899Il Comitato per Bologna Storica e ArtisticaSi costituisce il 5 maggio il Comitato per Bologna Storica e Artistica (BSA), un ente privato sussidiato dal Comune, che ha come scopo “di vigilare, favorire e promuovere quanto giovi alla tutela e all'intelligente restauro degli edifizi pubblici e privati, onde conservare alla città il suo carattere storico ed artistico”. Tra i soci fondatori vi sono il conte Francesco Cavazza (1860-1942), l'ing. Tito Azzolini (1837-1907) e altri notabili e professionisti bolognesi. Alfonso Rubbiani (1848-1913) funge consulente artistico. Primo presidente è l'ex sindaco Gaetano Tacconi (1829-1916). Cavazza gli succederà dal 1907 al 1942. In occasione dei tradizionali Addobbi delle Parrocchie - festa decennale che comporta la ripulitura dei palazzi e delle strade dei quartieri cittadini - il Comitato studia preventivamente quali edifici sono bisognosi di restauro artistico e offre gratuitamente ai proprietari l'opera dei propri artefici, concorrendo spesso anche alle spese. Compie, inoltre, attività di propaganda presso i proprietari e le ditte incaricate dei restauri, perché questi siano effettuati con criteri di buon gusto e secondo la tradizione. Oltre che il restauro di una cinquantina di edifici storici, tra i più importanti della città, il Comitato curerà - a partire dal 1928 - la "Strenna Storica Bolognese", preziosa raccolta di studi storici sulla città. Farà collocare numerose lapidi in città a ricordo di uomini illustri e di fatti notevoli della storia cittadina. Il primo socio onorario del benemerito sodalizio sarà, nel 1901, il poeta Giosue Carducci.dettagli
-
1 ottobre 1899IX Congresso degli ingegneri e architetti italianiDal 1° all'8 ottobre si tiene a Bologna, presso la Sala dei Notai e la Scuola di Applicazione degli Ingegneri, il IX Congresso degli ingegneri e architetti italiani. Tra i 450 iscritti vi sono i maggiori esponenti emiliani, quali Alfonso Rubbiani, Edoardo Collamarini, Attilio Muggia, Leonida Bertolazzi, Gaetano Rubbi. Ma vi sono anche assenze significative, come quella dell’ing. Paolo Sironi, autore del quartiere di villette in stile liberty fuori porta Sant’Isaia. A nome del Collegio degli Ingegneri ed Architetti Bolognesi, Rubbiani dedica al congresso il suo saggio su La chiesa di S. Francesco e le tombe dei glossatori in Bologna (Zamorani e Albertazzi, 1999). Tra le deliberazioni conclusive vi è la promozione dell'insegnamento artistico nelle scuole d'applicazione d'ingegneria. Il diploma di Accademia non ha, infatti, valore legale per l'esercizio della professione. La Scuola Superiore d'Architettura, che diverrà in seguito Facoltà di Architettura, sarà aperta solo nel 1919. Durante il congresso vengono effettuate escursioni a Bologna, presso la Scuola Comunale di Porta Galliera, il Mercato bestiame, l'Istituto Ortopedico Rizzoli; ai “superbi monumenti antichi di Ravenna” e nella provincia ferrarese, con visite a Pomposa, alle bonifiche e agli stabilimenti di Codigoro e Marozzo, alla Botte sul Panaro di Bondeno. Degna di nota è anche l'Esposizione di Architettura e d'Arte Applicata aperta per l'occasione, notevole “in riguardo specialmente ai lavori architettonici esposti da valenti giovani architetti”.dettagli
-
1900Restauro della chiesa di Santa Maria degli AngeliLa facciata della chiesa di Santa Maria degli Angeli, risalente al XV secolo, è restaurata tra il 1899 e il 1900 dall'arch. Collamarini, che progetta due finestre ad arco tondo ai lati della porta d'ingresso. Dopo la sua partenza, il lavoro è portato a termine da Alfonso Rubbiani. Secondo Guido Zucchini il risultato finale è elegante, ma le parti di imitazione superano quelle indicate dalle tracce ritrovate. Edoardo Collamarini (1863-1928) è uno degli artefici più apprezzati del periodo. E' stato collaboratore di Rubbiani in San Francesco. Già insegnante all'istituto Aldini Valeriani, è ora all'Accademia di Parma. Passerà in seguito a quella bolognese, della quale diventerà direttore nel 1913. Tra le sue opere vi sono i nuovi istituti universitari di via Irnerio, il palazzo delle provincie di Romagna e soprattutto la chiesa del Sacro Cuore e l'istituto salesiano fuori porta Galliera.dettagli
-
1901"Rettificato" il ponte di San RuffilloLa carreggiata a schiena d'asino dell'antico ponte di San Ruffillo viene rettificata. A questa operazione, ritenuta indispensabile per consentire lo svolgersi del traffico moderno, si è opposto invano Alfonso Rubbiani (1848-1913). In un articolo pubblicato sul “Resto del Carlino”, il noto restauratore di monumenti ne ha sostenuto l'origine romana - era sul tracciato della via Flaminia Minor - o quanto meno medievale. Ne ha quindi perorato la conservazione integrale, proponendo di affiancargli un manufatto più moderno. Con i suoi tre fornici e i due barbacani di rinforzo, il ponte è senz'altro più antico della chiusa sul Savena (1177). Nel 1361, nei pressi di esso, i bolognesi riportarono una fondamentale vittoria contro le truppe di Barnabò Visconti. Fu rinforzato nel XVI secolo, allargato in periodo napoleonico e ancora consolidato nel 1878. Sarà fatto saltare dai Tedeschi in ritirata nella notte tra il 20 e il 21 aprile 1945, per rallentare l'avanzata degli Alleati su Bologna. Verrà quindi ricostruito fedelmente dall'Azienda Autonoma Statale della Strada (AASS) a partire dall'agosto di quello stesso anno.dettagli
-
1901Primo consiglio del Comitato per Bologna storica e artisticaPresieduto dal conte Gaetano Tacconi, si tiene il primo consiglio direttivo del Comitato per Bologna storica e artistica, fondato il 5 maggio 1899 da Alfonso Rubbiani e Francesco Cavazza. Il sodalizio è dedito ai restauri architettonici e alla realizzazione dei risanamenti e abbellimenti previsti dalla tradizionale festa degli Addobbi. Nel primo decennio del secolo il Comitato parteciperà con successo a varie esposizioni internazionali. In seguito si impegnerà nella valorizzazione e promozione della storia e della cultura locale, nella tutela dei monumenti cittadini, nella conservazione della memoria dei bolognesi illustri.dettagli
-
6 ottobre 1901La chiesina di Rubbiani a Sibano di Pian di VenolaLa prima domenica di ottobre è aperta al culto la chiesina di San Giuseppe (a Sibano di Pian di Venola, nei pressi di Marzabotto (BO), di proprietà dell'Opera pia Davia Bargellini. E' l'unica costruzione nuova progettata e realizzata da Alfonso Rubbiani (1848-1913). Edificata "secondo lo stile della Rinascenza bolognese", periodo in cui, secondo Rubbiani, l'arte "fu tutta giovane e nuova", la costruzione rimane stretta tra la strada Porrettana e la linea ferroviaria Bologna-Pistoia. Una parte di essa - l'ampio vano a volte al piano sotterraneo - è adibito a magazzino di legname. Come è avvenuto nel cantiere di San Francesco, anche qui Rubbiani ha chiamato a collaborare diversi artisti: Angelo Minghetti (1822-1885) ha eseguito l'ancona in ceramica dell'altare, alla maniera dei Della Robbia, mentre Achille Casanova (1861-1948) ha dipinto sulla volta un cielo stellato. La chiesina giungerà al secondo dopoguerra senza il tetto e parzialmente diroccata. Nel 1967 la decisione dell'Opera pia di procedere alla sua demolizione sarà parzialmente bloccata dalla Soprintendenza ai Monumenti dell'Emilia.dettagli
-
1902Achille Casanova decora la Sala dei matrimoni in Palazzo d'AccursioIl pittore Achille Casanova (1861-1948) realizza le decorazioni della Sala Verde dei matrimoni in Palazzo d'Accursio, con tralci di fiori d'arancio, garofani e rose, motivi che alludono all'amore, alla bellezza e alla fecondità. Ex allievo del Collegio Venturoli, Casanova è uno dei grandi interpreti del liberty a Bologna. Negli anni precedenti ha curato la decorazione della Cappella Votiva per la pace dei popoli nella chiesa di San Francesco, dove sarà sepolto il suo mentore artistico, Alfonso Rubbiani (1848-1913). E' anche autore dei cicli decorativi del palazzo del marchese Carlo Alberto Pizzardi (1850-1922) e di quello dei conti Cavazza, animatori, assieme ad Alfonso Rubbiani, dell'Aemilia Ars (salotto degli Ireos o dei Pavoni e salotto dei Melograni). A parte una importante commessa per la basilica di S. Antonio a Padova, la sua attività professionale si svolgerà interamente a Bologna. Sarà anche insegnante dei corsi serali dell'Accademia di Belle Arti e del Collegio Venturoli.dettagli
-
20 gennaio 1902Demolizione delle mura cittadineInizia, tra le polemiche, l'abbattimento delle mura del Trecento. Il 20 gennaio i lavori sono avviati a porta Santo Stefano e a porta Lame e continueranno poi a porta Castiglione e a porta San Mamolo. Tra le motivazioni delle demolizioni, contrastate solo da Alfonso Rubbiani e da pochi altri “conservatori”, vi sono: una maggiore circolazione d'aria - e quindi salubrità - per la città, la costruzione di nuove abitazioni decorose, l'opportunità di lavoro per i disoccupati del settore edilizio. La cancellazione della circla è considerata, inoltre, "il primo e l'unico partito da adottarsi" per conseguire il fine dell'ampliamento urbano. La scelta dell'Amministrazione è definita, invece, "igiene farisaica" da Rubbiani: Bologna è infatti ancora priva di un sistema fognario decente. I disoccupati impegnati nella demolizione delle mura sono 494. Lavorano per 2 lire al giorno, dalle 7,30 alle 16,30. Le pietre ricavate servono a colmare il fossato, che corre lungo i viali di circonvallazione. Al termine dei lavori della cinta antica rimarranno solo pochi tratti "sbrecciati e malinconici", comprese alcune "cancelle", ovvero gli archi, che sostenevano internamemente il cammino di ronda usato dagli armati di guardia. Questi archi servivano come riparo per i senzatetto o come luogo per i giochi dei monelli, mentre i terrapieni erano usati dalle lavandaie per asciugare i panni.dettagli
-
10 maggio 1902Successo di Aemilia Ars all'Esposizione Internazionale di TorinoLa Società Aemilia Ars, dedita alla produzione di oggetti artigianali con la consulenza degli artisti della gilda di Alfonso Rubbiani, ottiene un grande successo all'Esposizione Internazionale, che si tiene a Torino dal 10 maggio all'11 novembre 1902, organizzata dallo scultore Leonardo Bistolfi e dal critico Enrico Thovez. Nella sala decorata da Raffaele Faccioli, vengono molto ammirati i merletti, le rilegature in cuoio, le ceramiche, i ferri battuti, i gioielli. Sono apprezzati i cartelloni di Marcello Dudovich e Luigi Bompard, gli ex libris e le rilegature in cuoio sbalzato di Alfredo Baruffi, le sculture di Giuseppe Romagnoli. Spiccano inoltre i cancelli in ferro di De Col, Tartarini e Casanova, eseguiti da fabbri artigiani quali Maccaferri e Sante Mingazzi, abili forgiatori di gusto raffinato. I mobili invece sono giudicati troppo decorati. La Società è premiata con un diploma d'onore e la motivazione dettata da Vittorio Pica è assai impegnativa: "Nella storia del movimento novatore dell'Arte Decorativa, l'Aemilia Ars tiene, rispetto all'Italia, il posto medesimo che occupa l'Inghilterra di faccia al mondo". I modelli di decorazione degli artisti bolognesi sono pubblicati in questo periodo in prestigiose riviste nazionali: ad esempio i pannelli di Achille Casanova e le vetrine di Alfredo Tartarini appaiono su "Arte italiana Decorativa e Industriale".dettagli
-
1903Nuovi istituti universitariIn virtù della prima convenzione tra Università, Stato e Enti locali per la realizzazione del piano di edificazione del quartiere universitario, divenuto legge nel 1899, è avviata la costruzione di vari istituti. Per opera di Flavio Bastiani - e su progetto di Alfonso Rubbiani - nei pressi di porta Zamboni sono edificati l'Istituto di Anatomia e quello di Fisica. I due stabili sono caratterizzati dall'uso massiccio di decorazioni in terracotta, ispirate a quelle dei palazzi bolognesi del Quattrocento. I lavori termineranno nel 1907. Inizia anche, su progetto di Pasquale Penza e Flavio Bastiani, la costruzione dell'Istituto di Mineralogia, grande edificio porticato in stile neo-rinascimentale disposto ad angolo tra via Irnerio (in costruzione) e via Zamboni.dettagli
-
1903Chiude Aemilia Ars. Rimane solo la sezione merletti e ricamiSi scioglie la Aemilia Ars, società artistica promossa dall'architetto e restauratore Alfonso Rubbiani e dal conte Francesco Cavazza nel 1898. La sua produzione ha da poco ottenuto un lusinghiero successo all'Esposizione Internazionale di Torino. Il fallimento è probabilmente dovuto “a una base finanziaria esigua e ad un mercato limitato” (Riguzzi). Ispirandosi alle Arts and Crafts di William Morris, negli anni precedenti la società ha prodotto gioielli, sculture, arredi in ferro battuto, mobili e ha fornito alle industrie e ai laboratori artigiani modelli tratti dal repertorio antico. La commercializzazione avveniva nel negozio Aemilia Ars di via Ugo Bassi. Quasi tutti gli oggetti saranno liquidati, nel gennaio 1904, presso l'hotel Baglioni di Firenze. Rimane in esercizio solo il settore merletti e ricami, promosso dalle nobildonne Lina Bianconcini Cavazza (1861-1949) e Carmelita Zucchini, nato con lo scopo di procurare una "industria sussidiaria" alle lavoratrici precarie, "senza distoglierle dalla famiglia". L'attività di ricamo si basa sulla raccolta di numerosi modelli di trine antiche, tratti anche da fonti bolognesi, quali il Libro dei lavorieri di Aurelio Passerotti (1591) e i Vari disegni del merletto di Bartolomeo Danieli (1639). Utilizza inoltre i motivi decorativi di alcuni artisti della gilda di Rubbiani (Casanova, Tartarini e altri). Nel 1905 la società della Cavazza sarà trasformata in cooperativa di lavoro femminile: sarà in grado di continuare una prospera attività fino al 1936, partecipando a varie esposizioni internazionali.dettagli
-
1903Rubbiani restaura vari edifici pubblici e privatiAlfonso Rubbiani fa eseguire restauri in stile nella casa Ricci-Curbastro in via San Vitale e in un altro edificio in via Begatto. Nel 1904 interviene sulle case Tacconi in piazza Santo Stefano. Nel 1905 sarà oggetto dei suoi interventi e del Comitato per Bologna Storica e Artistica soprattutto la zona di via San Donato, con il restauro delle Scuderie dei Bentivoglio e l'abbattimento del portico nella piazza del Teatro, a liberare un tratto della cerchia muraria del Mille. Nella chiesa del Corpus Domini intanto, Rubbiani, assieme all'Azzolini, fa rimodellare le terracotte rovinate della facciata. Dal 1906, mentre sono iniziati i lavori più importanti in palazzo Re Enzo, il restauratore opera in varie dimore private: casa Bertoni in via Galliera, casa Belluzzi in via Santo Stefano, le case Zorzi e Gioannetti in Strada Maggiore. Quest'ultima verrà dotata di una vistosa merlatura in stile, del tutto ipotetica.dettagli
-
22 aprile 1903La Sala emiliana alla V Biennale d'Arte di VeneziaLa V Biannale di Venezia cambia il criterio espositivo - finora mutuato dai Salon parigini - e istituisce delle sale regionali, ordinate da commissioni di artisti delle regioni stesse, che scelgono le opere e insieme preparano l'arredo e le decorazioni. La commissione emiliana è composta da Alfonso Rubbiani, Alfredo Tartarini, Augusto Sezanne, Achille Casanova e Giuseppe Romagnoli. Sono essi i protagonisti della stagione floreale bolognese, la “gilda amichevole” formatasi attorno a Rubbiani “all'ombra dei campanili di San Francesco”. Il fulcro dell'allestimento deciso dalla commissione è il fregio allegorico che decora la sala dell'esposizione: un inno alla natura e all'arte. E' opera di Casanova e probabilmente di Rubbiani (per la scelta della simbologia), mentre Tartarini e Sezanne forniscono i disegni per le altre parti (incorniciature e piedistalli decorati con motivi floreali, ornamentazione delle lampade e della specchiera, ecc.). I quadri scelti evidenziano i limiti del gruppo bolognese, sospeso tra il retaggio dell'Ottocento accademico e l'arte nuova. A parte alcune opere di Sezanne e Romagnoli e tre dipinti di Mario de Maria (Marius Pictor), la sala emiliana risulta “quasi una dedica alla memoria di Luigi Serra”. Il talentuoso pittore bolognese, morto nel 1888 a soli 42 anni, è celebrato con un buon numero di quadri, tra i quali il bozzetto del celebre Irnerio intento alla lettura e altri di soggetto storico.dettagli
-
1904Porta Maggiore rimaneggiataL'Ufficio Tecnico comunale fa demolire all'inizio del 1904 gli innalzamenti settecenteschi dell‘ arch. Carlo Francesco Dotti (1670-1759) sulla porta Maggiore, una delle principali della città, situata sulla via Emilia in direzione di Imola e della Romagna. Scongiurato l'abbattimento completo, il progetto di restauro è affidato nel 1907 ad Alfonso Rubbiani (1848-1913). La porta è ricostruita in stile medievale, a partire dai monconi rimasti del XIII secolo. Viene realizzata peraltro una "ricostruzione parziale", ben lontana dal restauro sognato da Rubbiani.dettagli
-
8 maggio 1904Chiude il Caffè delle ScienzeChiude il Caffè delle Scienze, tradizionale ritrovo della Bologna bene in via Farini, uno dei locali più in vista nel periodo della Belle Epoque, con annessa fiaschetteria. Secondo Testoni non vi era personaggio insigne, di passaggio a Bologna, "poeta, conferenziere, autore drammatico, maestro di musica", che non fosse condotto alle Scienze. La vita intellettuale cittadina "era tutta là dentro". Vi si svolgevano discussioni letterarie seguite dalla migliore gioventù. La sala interna, frequentata dagli artisti e dai poeti, era chiamata l'enfer, come la sezione dei libri proibiti della Bibliothèque Nationale di Parigi. Alle Scienze si riunivano i Celestini, "confraternita di capi scarichi senza statuti e senza pensieri", composta da studenti di legge. Di notte Luigi Illica, in compagnia di Luigi Lodi e Giuseppe Barbanti Brodano vi scriveva gli articoli del battagliero "Don Chisciotte" e Olindo Guerrini scarabocchiava sui tavolini di marmo sonetti licenziosi, che un vecchio cameriere pazientemente cancellava con un panno umido. In una celebre caricatura di Nasica, che raffigura l'interno del Caffè, si riconoscono AlfredoTestoni, Alfredo Oriani, Corrado Ricci, Alfonso Rubbiani, Giuseppe Bacchi della Lega e Olindo Guerrini.dettagli
-
5 luglio 1904Rubbiani disegna la strada verso i Giardini MargheritaIniziano i lavori di costruzione della “via direttissima” che dai Tribunali conduce ai giardini Margherita attraverso un'area occupata ancora in gran parte da orti. E' l'unico tra i progetti urbanistici di Alfonso Rubbiani che andrà in porto. Sua intenzione è di "conquistare a Bologna un pò di quella bellezza sana e allegra che di verso i colli la natura sembra offrirle". La strada rappresenta l'applicazione di una nuova estetica urbana "fondata sul movimento, sull'assimmetria e sugli effetti di contrasto visivo" (Penzo), proposta dal movimento internazionale dell'Arte Urbana di Camillo Sitte (1843-1903). La sistemazione del viale, dall'andamento sinuoso e fiancheggiato da fabbricati in stile liberty ed eclettico, verrà approvata definitivamente dal Comune nel 1907, ma non sarà completata che negli anni Venti inoltrati. La strada sarà inaugurata nel 1909 - 50° anniversario del definitivo abbandono di Bologna da parte delle truppe austriache - e intitolata al XII giugno (12 giugno) 1859.dettagli
-
1905I controversi restauri di Rubbiani a palazzo Re EnzoIl Municipio delibera di ripristinare parzialmente palazzo Re Enzo, antica rimessa “del Carroccio e delle macchine balistiche del Comune glorioso” (Rubbiani), divenuto, con i pesanti interventi del Sei-Settecento, un “onesto nido di osti e liquoristi”. Nel 1908 Rubbiani presenta, assieme al Comitato per Bologna Storica e Artistica, il progetto per la demolizione del vecchio fabbricato del 1572, giudicato "privo di ogni valore storico e privo di un'organica idea architettonica". Sceglie, tra l'altro, di coronare l'edificio con dei merli gigliati, per i quali si attira gli strali di Giuseppe Ceri (1839-1925), suo abituale oppositore. Questi critica soprattutto l'inclinazione del muro alla sommità dell'edificio: "i merli in pendenza" sono, per l'implacabile ingegnere, "più atti a riparo di amoreggianti gatti che di combattenti soldati". Rubbiani risponde secondo la sua visione di moderno restauratore seguace dei dettami di Viollet Le Duc: “mancandone le tracce, può essere sufficiente il consiglio offerto dall’esperienza storica e dall’analogia degli esempi”. Nel 1910 comunque l'enorme facciata di piazza Nettuno verrà abbattuta - assieme saranno distrutti il palazzo degli Uditori di Rota e il voltone della Corda - e due anni dopo sarà ricostruito un cortile interno, separato dalla piazza da un basso muro di mattoni. Nel 1912 sarà invece restaurata la cappella di S. Maria dei Carcerati, da tempo ridotta a bottega e sarà messo in luce lo stemma del cardinale Anglico, che la fece costruire. Nel 1913, infine, saranno demoliti gli edifici rimasti tra le vie Rizzoli, Accuse e Canepa. In pieno '900, ormai da tempo terminati i lavori di restauro, nel muro a settentrione, prospiciente via Rizzoli, saranno ritrovate le finestre originali del palazzo: bifore con archetti a sesto acuto, molto diverse dalle trifore con archetti a sesto pieno proposte da Rubbiani nella facciata occidentale sulla base dell' "analogia degli esempi" di altri palazzi coevi.dettagli
-
25 gennaio 1905Giuseppe Bacchelli presidente della Associazione "Francesco Francia"Giuseppe Bacchelli (1849-1914), già Presidente della Deputazione provinciale, viene eletto alla guida dell'Associazione per le Arti “Francesco Francia” e provvede in breve a svecchiarne la fisionomia. Il 25 gennaio 1905 è approvato un nuovo statuto: l'esposizione annuale è aperta agli artisti non bolognesi. Vengono istituiti due premi, per la pittura e la scultura. E' bandito un concorso per il manifesto dell'esposizione. I soci dell'Associazione sono 225: tra essi figurano i principali artisti bolognesi e alcuni dei protagonisti della cultura cittadina, quali gli architetti Edoardo Collamarini e Attilio Muggia, il marchese Carlo Alberto Pizzardi, lo scrittore Alfredo Testoni e lo storico e restauratore cav. Alfonso Rubbiani.dettagli
-
1906Esordio del pittore Roberto FranzoniAll'Esposizione annuale della Società “Francesco Francia” è all'esordio il giovane Roberto Franzoni (1882-1960), allievo di Domenico Ferri e Enrico Barberi all'Accademia di Belle Arti e di Alfredo Tartarini al Collegio Venturoli. Sotto la sua guida - e assieme a quella di Alfonso Rubbiani e Achille Casanova - diverrà uno dei migliori interpreti del liberty a Bologna. Oltre che di varie imprese decorative, tra le quali la cappella della famiglia Rizzi alla Certosa nel 1908, sarà autore, negli anni successivi, di numerose affiches, disegni per arazzi e persino francobolli in stile floreale. Lavorando isolato, senza partecipare a mostre e concorsi nazionali, Franzoni rimarrà sempre fedele alle idee giovanili, a uno stile caratterizzato “dalla linea sinuosa avvolgente, dal gusto dei contorni definiti e perentori”, con una coerenza “spinta fino all'anacronismo” (Contini).dettagli
-
27 novembre 1906Pascoli succede a Carducci sulla cattedra di Letteratura italianaGiovanni Pascoli succede a Carducci sulla cattedra di letteratura italiana all'Università di Bologna. Il 27 novembre commemora il Maestro leggendo la sua ode Cadore e ricordando il suo impegno per l'istruzione del popolo. Pascoli, che considera il prestigioso incarico bolognese un risarcimento per i torti subiti nella sua vita - innanzitutto l'assassinio impunito del padre - terrà l'insegnamento universitario fino alla morte, avvenuta nel 1912. Nel 1908-9 dedicherà a Bologna una raccolta storica, Le canzoni di Re Enzio, ispirata anche all'opera di restauro di Alfonso Rubbiani.dettagli
-
1907Gli affreschi di Adolfo De Carolis nel Palazzo del PodestàLa Società “Francesco Francia”, presieduta da Giuseppe Bacchelli, bandisce un concorso per la decorazione del Salone dei Quattrocento nel Palazzo del Podestà, con l'obiettivo di dare finalmente una degna sistemazione a questo storico locale. La grande sala al primo piano dell'antico palatium vetus fu utilizzata in passato per le assemblee comunali. Nella seconda metà del Cinquecento divenne il primo teatro pubblico a Bologna, con tre ordini di palchi. Vi si giocava, inoltre, al pallone e vi si svolgevano giostre, tornei, esibizioni di istrioni e giocolieri. Nel Settecento l'attività teatrale entrò in crisi e il vasto spazio divenne un granaio, prima di servire come palestra per le esercitazioni dei pompieri. Il primo premio del concorso è ottenuto dal progetto Savena dell'architetto Alfredo Brizzi e del pittore Adolfo De Carolis (1874-1928), ex allievo dell'Accademia bolognese sotto la guida di Domenico Ferri. L'artista marchigiano, divenuto famoso come illustratore delle opere di Pascoli e D'Annunzio, si propone di "riassumere in forma d'arte la storia e i fasti della città di Bologna" in uno stile eclettico e aulico, che fonde spunti dell'art nouveau con la tradizione della grande arte del passato. I lavori inizieranno nel 1911 e proseguiranno oltre la morte dell'artista, nel 1928. L'opera sarà portata a termine da Ferruccio Pasqui e dai suoi collaboratori. La vittoria del progetto di De Carolis rappresenta una battuta d'arresto dell'egemonia artistica della Gilda di Rubbiani e dello stile floreale caratteristico di questo periodo.dettagli
-
1907Il restauro di Palazzo Sanuti BevilacquaIl magnifico palazzo Sanuti Bevilacqua in via San Mamolo (poi via D'Azeglio) è restaurato tra il 1907 e il 1908 a cura di Alfonso Rubbiani (1848-1913). Fu fatto costruire nel XV secolo da Nicolò Sanuti, conte della Porretta, sgomberando l'area di vecchi edifici e seguendo in parte lo stile toscano introdotto a Bologna da Lapo Portigiani. Dal 1547, per volere di papa Paolo III, ospitò alcune sedute del Concilio di Trento e fu scelto nel periodo napoleonico come sede provvisoria del parlamento della Cispadana. Ha una caratteristica facciata con tasselli a punta di diamante, tra i quali si apre un portone sormontato da un balconcino, “cinto da una ringhiera di ferro battuto lieve come una trina” (U. Beseghi). La corte a doppio loggiato, con colonne scanalate e fregi che richiamano il portico bentivolesco di San Giacomo, venne edificata, dopo la morte di Nicolò Sanuti, dalla moglie Nicolosia, amante di Sante Bentivoglio. L'intervento di Rubbiani dona alle sale del palazzo “la stessa nobiltà impressa dal primo costruttore” e ridà vita e splendore alla corte, di cui vengono ripristinati gli archi e rifatto il ricco soffitto a cassettoni della loggia. Per quest'ultimo intervento i pittori Achille Casanova e Alfredo Tartarini utilizzano i resti della decorazione originale.dettagli
-
1907Progetto di restauro della basilica di San Giacomo MaggioreIl Comitato per Bologna Storica Artistica concede nel 1907 un contributo di 4.000 lire per un progetto di restauro della facciata della chiesa di San Giacomo Maggiore. Il ministro Luigi Rava autorizza l'intervento. Il Comitato sfrutta l'occasione del rifacimento del tetto per recuperare anche le vecchie volte a vela del Brensa, risalenti al XV secolo, che in origine erano scoperte. Non erano cioè nascoste dal tetto a due falde sovrapposto in seguto, ma semplicemente rivestite di tegole e squame. A questo fine Rubbiani fa preparare a Edoardo Collamarini, "col suo magistrale disegnare", un'immagine della chiesa come sarà a copertura ultimata (1909). L'intervento su San Giacomo sarà realizzato nel 1914, dopo la morte di Rubbiani, e concluso nel 1916 da Guido Zucchini.dettagli
-
22 aprile 1907La fronda contro i "professori della foglia"Alla Biennale di Venezia è di scena il Simbolismo. Ad esso si ispira la sala internazionale L'Arte del Sogno, allestita dal toscano Galileo Chini (1873-1956), assieme a Plinio Nomellini, Gaetano Previati e Edoardo De Albertis. Attorno al Padiglione centrale cominciano a sorgere i nuovi padiglioni stranieri: saranno già sette prima della grande guerra. Tra breve Klimt e Cézanne susciteranno interesse presso i giovani artisti italiani. Anche a Bologna c'è aria di fronda: collegati a Venezia tramite la personalità chiave di Ugo Valeri (1873-1911), entrano nel dibattito culturale i nuovi allievi dell'Accademia, in primis i giovani Athos Casarini e Alfredo Protti. Essi scelgono come luogo di convegno la Trattoria dello Studente in via Zamboni, condotta dal padre di Casarini, e iniziano una polemica senza esclusione di colpi contro i “professori della foglia”, seguaci dello stile floreale, liberty. Sono presi di mira, in particolare, gli artisti della gilda di Alfonso Rubbiani, che hanno riempito Bologna di "merli e merletti", soffocando le istanze più vive di modernità e le aperture all'arte europea.dettagli
-
1908Il restauro del Palazzo dei NotaiIl Comitato per Bologna Storica e Artistica effettua studi e rilievi per il restauro di Palazzo dei Notai, sede dal tardo Medioevo al 1873 della più potente tra le arti cittadine e opera di Antonio di Vincenzo (1350-1401), lo stesso architetto di San Petronio e del Palazzo della Mercanzia. Dopo l'acquisto dell'edificio, ormai in condizioni precarie, il Municipio affida i restauri al Comitato, che incarica Alfonso Rubbiani (1848-1913). Questi propone l'integrazione delle bifore della facciata, inventandole in parte. Distrugge inoltre il sopralzo settecentesco di Francesco Tubertini (1759-1831), recuperando i resti degli affreschi del '400 di Bartolomeo da Rimini. Il ricco soffitto a cassettoni dipinti e dorati è invece realizzato su disegni di Achille Casanova (1861-1948), in base a documenti del XVI secolo. Il restauro sarà completato nel 1908, con l'applicazione al centro della facciata di un rilievo dipinto con le insegne dell'antica Società dei Notai. Verrà inoltre murata una lapide con la memoria del restauro: "Antiqua societas notariorum sedes inst. et insignia renovata ann. MCMVIII".dettagli
-
1908Le "Canzoni di Re Enzio" di PascoliE' pubblicata La canzone dell'Olifante, prima parte del poema storico Le Canzoni di Re Enzio di Giovanni Pascoli. L'opera, prevista in cinque parti, è ambientata a Bologna durante la lunga prigionia del figlio dell'imperatore Federico II. Pascoli la descrive come "tentativi e saggi epici ricavati dalla nostra fiera storia medievale", che hanno soprattutto "un fine di cultura". Dopo l'Olifante seguiranno: il Carroccio (settembre 1908) e il Paradiso (ottobre 1909), dedicato alla solenne liberazione degli schiavi da parte del comune bolognese nel 1257. Il ciclo, che rimarrà incompiuto alla morte del poeta, è ispirato, tra l'altro, alla Etnologia bolognese di Alfonso Rubbiani, autore in questo periodo del discusso restauro di Palazzo Re Enzo. Nello stesso anno è pubblicata la Miscellanea Tassoniana, volta a celebrare la vittoria di Fossalta del 1249. E’ curata da Tommaso Casini (1859-1917), studioso di antichi testi della letteratura italiana e collaboratore della rivista filologica “Il Propugnatore”.dettagli
-
1908Le Scuole Elementari di BudrioViene inaugurato l'edificio delle Scuole Elementari di Budrio, iniziato nel 1903 dalla Cooperativa Operai Braccianti, diretta dall'ing. Attilio Evangelisti. E' ornato da un suggestivo fregio a colori in stile liberty, che abbraccia tutta la costruzione con due fasce. A metà delle pareti sono dipinte delle ninfee, sotto il tetto si intrecciano fiori e frutti di melograno. I disegni del fregio, realizzato tra il 1905 e il 1908 da Oreste Arturo Dal Buono e da Achille Casanova, sono di Alfredo Tartarini (1845-1905), esponente del gruppo Aemilia Ars, che fa capo ad Alfonso Rubbiani. Nel 1999 il palazzo sarà completamente restaurato, nell'ambito di un progetto europeo di salvaguardia del liberty. Nel 2005 le Scuole Elementari saranno intitolate alla prof. Fedora Servetti Donati, autrice di numerose opere storiche su Budrio e il suo territorio.dettagli
-
1908Proposta la ricollocazione della statua di Bonifacio VIII sulla facciata del palazzo comunaleA nome del Comitato per Bologna storico artistica Alfonso Rubbiani propone la ricollocazione, sulla facciata del Palazzo comunale, della statua in bronzo del papa Urbano VIII, forse il primo monumento pubblico della città. Essa fu costruita dopo l'assegnazione ai bolognesi, grazie a un lodo del Pontefice, dei castelli di Bazzano e Savignano. Prevista in un primo tempo in marmo, fu poi realizzata in bronzo fuso e rame sbalzato e messa in opera nel 1300, anno del Giubileo. Rimase sopra la ringhiera della Biada, protetta da un padiglione, per quasi 500 anni e venne solo rimossa, ma non distrutta, durante l'occupazione napoleonica. L'idea di Rubbiani non avrà seguito e il bell' "idolo babilonese" sarà custodito nel Museo civico medievale di via Manzoni. Prima di diventare uno dei più potenti e controversi papi del medioevo, Benedetto Caetani (1230-1303) fu studente all'Università di Bologna, dove si laureò in diritto canonico. Oltre che per le accuse di eresia, simonia e sodomia, rimase famoso per il cosiddetto "schiaffo di Anagni" - clamoroso oltraggio al Papa da parte del re di Francia - e proprio per l'istituzione dell'Anno Santo o Giubileo.dettagli
-
1909Rubbiani restaura la facciata della basilica di San DomenicoSeguendo il progetto dell’arch. Raffaele Faccioli (1836-1914) del 1894, Alfonso Rubbiani (1848-1913) avvia, per conto del Comitato per Bologna Storica e Artistica, il restauro della facciata della basilica di San Domenico, già “mutilata” nel 1874 con l'abbattimento del portico antistante (C.F. Dotti, 1756). Ottenuta l'approvazione del nuovo Ufficio Regionale della Soprintendenza ai Monumenti dell'Emilia, completa il rosone centrale a colonnette binate di marmo veronese, aggiunge la cuspide, mette in luce la cornice ad archetti e integra le parti mancanti del portale. Inoltre fa abbassare il tetto della navata centrale sopraelevato nel XVIII secolo. L’anno successivo verrà restaurata anche la Cappella Ghisilardi, aggiunta da Baldassarre Peruzzi (1481-1536) al corpo principale della chiesa in epoca rinascimentale.dettagli
-
6 giugno 1909Progetti di Rubbiani e Pontoni per il nuovo centro di BolognaAlfonso Rubbiani elabora, assieme a Gualtiero Pontoni (1875-1941), il progetto per una via direttissima tra la piazza e le due torri e un’altra tra le due torri e la stazione ferroviaria. Esso modifica radicalmente la logica (alla Haussmann) degli sventramenti, seguiti da nuove "colossali costruzioni", insita nel Piano Regolatore del 1889. Questi e quelle, secondo Rubbiani, non hanno più ragione d'esistere: i rettifili e le "odiose moli" non sono più nei pensieri di chi ha imparato ad avere soggezione e rispetto per il passato. La riforma della viabilità nelle zone centrali va fatta camminando per le vie e osservando le singole case e strade, invece che tracciare linee sulla carta. Occorre unire i vicoli e le stradine in strade più ampie, ma egualmente pittoresche, in cui domina la diagonale e l’assimmetrico e in cui è conservato gran parte dell'antico abitato. Questi concetti rispecchiano dibattiti e fermenti dell'epoca, ma sembrano anche anticipare le teorie dell'urbanistica estetica e del "diradamento edilizio" (Giovannoni), che si affermeranno alcuni anni più tardi nel dibattito nazionale. Il 6 giugno 1909 agli artisti riuniti nel Palazzo dei Notai Rubbiani presenta il suo "progetto di via alternativa fra le Due Torri e le piazze centrali", che sarà da tutti approvato, ma ignorato dall'Amministrazione comunale.dettagli
-
luglio 1910I contestati restauri di Rubbiani nel palazzo del PodestàLa Soprintendenza ai Monumenti concede ad Alfonso Rubbiani di far coronare con merli il Palazzo del Podestà. Una prova di cornicione merlato è esposta nel Salone dei Quattrocento. E' prevista anche la sostituzione della balaustra di pietra sul fronte dell'edificio con transenne di ferro battuto, ad evocare l'antica ringhiera, alla quale venivano appesi i condannati a morte. Il “saggio di merlatura e nuove finestre”, messo in opera in esterno, verso piazza Nettuno, nel luglio 1910, incontra l'ostilità dei cittadini e scatena la polemica del deputato liberale Giuseppe Bacchelli. Questi pubblicherà il libello Giù le mani dai nostri monumenti antichi, criticando i falsi storici di Rubbiani: "La precisione storica è sostituita dalla visione arbitraria di una bellezza scenografica!". I monumenti restaurati da Rubbiani "per divinazioni, per analogie", assomigliano a "un vecchio ritinto e ringiovanito". Secondo il presidente della "Francesco Francia" non vi è niente di meno rispettabile di questo. Per Guido Zucchini, invece, se Rubbiani avesse potuto portare a termine il suo progetto di restauro, l'incongruenza stilistica del Palazzo si sarebbe ridotta: "Le critiche acerbe ed inconsulte, le frequenti sospensioni dei lavori, le richieste di referendum, di commissioni locali e di commissioni ministeriali, l'arcano intervento di incompetenti, l'aculeo insistente di pubblicazioni contrarie al restauro lo circondarono fin dal nascere quasi per soffocarlo".dettagli
-
1912I "marzocchini" di Rubbiani in San FrancescoAlfonso Rubbiani disegna i leoni in bronzo destinati ad ornare la cancellata delle tombe dei Glossatori, dietro l'abside della basilica di San Francesco. La sagoma dei “marzocchini” (marzuchen in dialetto bolognese) è ispirata al simbolo della città di Firenze. Un celebre Marzocco, scolpito da Donatello, è conservato al Bargello e, in copia, in piazza della Signoria.dettagli
-
26 settembre 1913Muore Alfonso RubbianiMuore Alfonso Rubbiani (1848-1913), influente e controverso intellettuale, autore di un piano di recupero e valorizzazione della città antica senza precedenti. Impegnato in gioventù nell'attività politica, nelle file del movimento cattolico - fu tra i difensori di Roma nel settembre 1870 - si dedicò in seguito con grande passione al restauro di molti monumenti bolognesi, ispirandosi alle teorie e al metodo di Eugène Violet-le-Duc (1814-1879). Fu titolare dell'Aemilia Ars e animatore, assieme al conte Francesco Cavazza, del Comitato per Bologna Storica e Artistica. Durante il restauro della basilica di San Francesco, a partire dal 1886, riunì attorno a sè una gilda di artisti, che lo seguì poi in altre imprese volte a recuperare il volto medievale e rinascimentale della città: dalle piccole chiese di Santa Maria degli Angeli e dello Spirito Santo, ai palazzi della Mercanzia e dei Notai, al palazzo di Re Enzo. Nell'ultimo suo scritto (Bologna riabbellita, 1 gennaio 1913) enunciò chiaramente - quasi un testamento spirituale - le motivazioni del suo operato: "Restituire alle antiche architetture guaste dal tempo e dagli uomini, la pristina integrità nei modi e nei limiti suggeriti dagli avanzi di lor forme e dai documenti". La sua attività di "ricreazione in stile" provocò notevoli polemiche tra i cultori delle Belle Arti. Suo acerrimo nemico fu l'ing. Giuseppe Ceri - letteralmente buttato fuori dalla chiesa durante il funerale di Rubbiani - che lo chiamava il “malfattore petronico”, impegnato a "falsificare il falsificabile". Di tutt'altro avviso era il parere di Vittorio Pica, curatore dell'Esposizione di Torino del 1902, che lo considerava un mistico della bellezza, "dotato di fervida fantasia inventiva".dettagli
-
1914L'officina di ferri battuti di Sante MingazziIn occasione della Decennale eucaristica della parrocchia di San Giovanni in Monte, Sante Mingazzi (1867-1922), artista del ferro battuto, confeziona una elaborata insegna per la sua officina, aperta da alcuni anni in via Santo Stefano n. 28. Allievo di Giorgio Pasolini a Ravenna, sua città natale, e di Maccaferri a Bologna, Mingazzi si è orientato fin dall'inizio della sua attività verso moduli espressivi floreali, affiancando il gusto per lo stile art nouveau a una rigorosa osservazione della natura. I suoi lavori si distinguono “per un'abilità esecutiva che riesce a dare a un materiale particolarmente rigido una sorprendente eleganza e mobilità”. Sono testimonianza di una scuola di gusto raffinato, che predilige la forgiatura a freddo alla fucina. Nella prima parte della carriera la produzione di Mingazzi si inserisce pienamente nell'alveo del liberty bolognese, influenzato dalle idee di Alfonso Rubbiani e degli artisti di Aemilia Ars, con i quali partecipa all'Esposizione di arti decorative e industriali di Torino del 1902. Col tempo dimostra di poter “creare in proprio, senza bisogno di servirsi di disegni altrui, i progetti per le proprie opere”. La sua mano si osserva in numerosi manufatti in ferro battuto presenti nel centro di Bologna e nel cimitero della Certosa: orologi, insegne, lampade, ghirlande. Tra le sue opere migliori vi sono: la grande lampada votiva per la cappella della Pace in San Francesco e gli elementi decorativi per i villini dell'arch. Sironi costruiti tra via Saragozza e via S. Isaia tra il 1905 e il 1910. Inoltre il lampadario della profumeria Goselli in Palazzo Ronzani (1915), i lampadari e gli arredi del café-chantant Eden Kursaal, la pensilina della pasticceria Rovinazzi (poi Zanarini) in via d'Azeglio.dettagli
-
3 aprile 1914La sala degli artisti bolognesi alla Seconda Secessione romanaIl Consiglio Direttivo della Seconda Secessione romana decide di dare spazio a gruppi locali e affida l'allestimento agli artisti stessi. Per Bologna vengono proposti 14 pittori e 28 opere. Tra essi Protti, Fioresi, Pizzirani e Scandellari e, per la prima volta, Giorgio Morandi, con uno studio dal titolo Nevicata. La pittrice e illustratrice Emma Bonazzi (1881-1959), detta Tigiù, allieva di Domenico Ferri, espone il dipinto Bambola. Quasi tutti gli artisti bolognesi fanno parte di un gruppo che rifiuta il decorativismo della scuola di Rubbiani e si affida a un verismo originato dall'esperienza dei macchiaioli e degli impressionisti francesi. In un articolo sull'"Avvenire d'Italia", Sebastiano Sani sottolinea la sincerità, la genialità e l'estro di questi giovani, che si pongono con coraggio fuori dai circuiti commerciali.dettagli
-
1916L'istituto di chimica "Giacomo Ciamician"Nel nuovo quartiere universitario inizia, a cura del Genio Civile, l'edificazione dell'istituto di chimica generale, che sarà intiitolato al prof. Giacomo Luigi Ciamician (1857-1922), chimico organico, scienziato dai molteplici interessi e insegnante all'Alma Mater dal 1889 al 1922. Le “belle ceramiche della decorazione esterna” e l'elegante cancellata in ferro battuto sono il frutto della collaborazione tra Edoardo Collamarini (1863-1928) e Achille Casanova (1861-1948), nel solco della proposta artistica e della poetica di Alfonso Rubbiani. Lo scalone dell'edificio è sorretto da colonne in macigno, provenienti dal cinquecentesco Palazzo Lambertini, progettato nel XVI secolo da Baldassarre Peruzzi e demolito durante lo sventramento del Mercato di Mezzo. Interventi dell'ing. Collamarini, stretto collaboratore di Rubbiani, si segnalano anche nell'istituto di Botanica (1915-16) e per il gruppo di edifici dell'Istituto di Medicina Veterinaria.dettagli
-
marzo 1919Abbattimento delle torri Artenisi, Guidozagni e RiccadonnaL'allargamento del Mercato di Mezzo e la costruzione di nuovi lotti di edifici, comporta l'abbattimento di antichi edifici e torri. Tra esse le tre torri Artenisi, Guidozagni e Riccadonna, situate nei pressi del Palazzo della Mercanzia. L'operazione, giustificata per motivi di sicurezza e viabilità, è oggetto di lunghe discussioni e polemiche tra "conservatori" e "demolitori", dopo l'isolamento nel 1916 delle parti restanti, a seguito del parere del Consiglio Superiore di Belle Arti. Per la conservazione si schierano il Comitato per Bologna storico-artistica, la Commissione per la conservazione dei monumenti dell'Emilia e la Società Francesco Francia. Il professore di filosofia Giorgio Del Vecchio lancia una petizione popolare, con l'appoggio dell'amico D'Annunzio. Un piano viario alternativo, proposto da Rubbiani e Pontoni nel 1909, con l'intento di salvaguardare le torri e gli edifici di via Orefici e del Mercato di Mezzo, viene respinto dall'Amministrazione comunale. La prima torre ad essere demolita, nell'aprile del 1917, è la Guidozagni, in cattive condizioni. Entro il marzo 1919, anche la Riccadonna e l'Artenisi seguiranno la stessa sorte.dettagli
-
28 maggio 1919Restaurate le "sette chiese" di Santo StefanoProfondi restauri - compresi in un periodo che va dal 1911 al 1925 - interessano il complesso delle Sette chiese di Santo Stefano. Fanno seguito a quelli, altrettanto radicali, dell’Ottocento condotti soprattutto dall’ing. Raffaele Faccioli (1836-1914). Gli interventi appaiono ispirati “da un malinteso senso archeologico”, che ha come obiettivo quello di “disseppellire, con scavi e demolizioni, le mitiche tracce paleocristiane” (Fanti) del complesso. I lavori nelle chiese della S.S. Trinità e in quella del Crocifisso sono promossi da mons. Giulio Belvederi e condotti dall’ing. Edoardo Collamarini (1863-1928), allievo e seguace di Rubbiani. Il progetto è definito dal Soprintendente alle Belle Arti Corsini “geniale” dal punto di vista ricostruttivo, ma “dannoso” dal punto di vista dell’archeologia e della storia, per la soppressione di molte vestigia, databili tra il XIV e il XVIII secolo. La commissione ministeriale, incaricata di autorizzare la prosecuzione dei lavori, sarà comunque messa di fronte al fatto compiuto delle ricostruzioni. I restauri del complesso si concluderanno nel 1925, con l’apposizione nel chiostro romanico di 64 lapidi ai caduti della grande guerra, realizzate con il contributo della Casa Reale e di vari enti pubblici e privati.dettagli
-
1920Il foglio "Pittura"Nino Bertocchi (1900-1956) e Ferruccio Giacomelli (1897-1987) sono i redattori del foglio “Pittura”, numero unico dedicato alle arti. Vi sono presentati i migliori esponenti della pittura bolognese dell'ultima generazione: Giorgio Morandi, Athos Casarini, Mario Pozzati, Alfredo Protti, Carlo Corsi, Giovanni Romagnoli, Guglielmo Pizzirani. E' esplicita invece la condanna contro la tradizione liberty dell'Associazione Aemilia Ars, i restauri di Alfonso Rubbiani, le mostre della Associazione "Francesco Francia". Pittore postimpressionista, seguace di Spadini, dal 1931 al '34 Giacomelli sarà assistente di Augusto Majani sulla cattedra di Pittura dell'Accademia bolognese. Bertocchi è pittore appartato e legato alla tradizione, oltre che architetto e critico d'arte. Dal 1940 sarà a sua volta insegnante all'Accademia sulla cattedra di Scenografia.dettagli
-
1921Restauro della rocchetta della torre AsinelliIl Comune restaura la rocchetta della torre Asinelli, secondo un progetto messo a punto nel 1912 da Alfonso Rubbiani e dal Comitato per Bologna Storica e Artistica (C.B.S.A.). Si tratta di un lavoro, secondo gli stessi ideatori, che allea "le ragioni storiche con quelle dell'arte".dettagli
-
1922Restaurato il Compianto in Santa Maria della VitaTra il 1914 e il 1922 le statue del Compianto di Santa Maria della Vita, mirabile opera in terracotta policroma di Niccolò dell'Arca (sec. XV), sono restaurate e completate delle parti danneggiate. L'operazione è a cura di A. Orsoni e A. Rubbiani. Il forte espressionismo delle figure colpì il giovane Gabriele D'annunzio, che nei suoi scritti autobiografici ricorda l' "agitazione impetuosa di dolore", lo "schianto di passione selvaggia" delle Marie, incontrate nel buio di un sottoscala, durante una visita alla chiesa assieme al padre nel 1878. Dopo il restauro, il Compianto è ricollocato davanti a un fondale dipinto a finto panneggio, protetto da una cancellata in ferro battuto forgiata dalla Cooperativa Metallurgica di Bologna in stile "Rinascimento Emiliano". Rimosse durante la seconda guerra mondiale, le statue saranno restaurate da O. Nonfarmale nel 1982-1985 e a lungo esposte alla Pinacoteca Nazionale, prima di tornare, negli anni Novanta, alla loro sede originaria.dettagli
-
24 settembre 1923Progetto per il monumento ai caduti a palazzo Re EnzoE' bandito un concorso pubblico per l'edificazione del monumento ai caduti in guerra, da collocarsi nel cortile tra il palazzo del Podestà e palazzo Re Enzo. Vi partecipano 31 artisti. I bozzetti pervenuti entro il 31 marzo 1924 sono esposti presso l'Istituto Aldini Valeriani in via Castiglione. La giuria, presieduta dallo scultore Leonardo Bistolfi e composta da Marcello Piacentini, G.U. Arata e Augusto Sezanne, seleziona sei progetti e propone un concorso di secondo grado. Tra i prescelti i lavori di Silverio Montaguti, Felice Nori, Ercole Drei, Giovanni Michelucci e quello, che risulterà vincitore, del giovane Giuseppe Vaccaro con lo scultore Prini. Alla fine comunque il monumento non sarà realizzato, per il veto del Ministero delle Belle Arti, che farà prevalere, con il sollievo di molti, il criterio della intangibilità dei due palazzi storici, da poco restaurati da Rubbiani.dettagli
-
1924I restauri di Guido Zucchini e del Comitato per Bologna Storica e ArtisticaSotto la guida di Guido Zucchini (1882-1957) prosegue l'attività del Comitato per Bologna Storica e Artistica, associazione fondata per reagire alle demolizioni e agli sventramenti attuati a seguito del PRG del 1889. Fra il 1924 e il 1928 l'ingegnere Zucchini, già collaboratore e poi continuatore dell'opera di Alfonso Rubbiani, sovrintende al restauro delle medievali case Figallo, Reggiani, Seracchioli-Pasi e Rodondi in piazza della Mercanzia. Qui sono ripristinate le facciate originali, compresi i portici in legno. La colonna nel lato orientale del portico di casa Pasi non è in realtà di legno, ma in cemento armato rivestito: infatti non crollerà come il vicino portico della Mercanzia, quando, nel 1943, un incauto artificiere tedesco farà brillare nella piazza una bomba d'aereo inesplosa. Il balconcino in stile, aggiunto in casa Pasi, ha il compito di proteggere le decorazioni parietali ritrovate. Nella casa Figallo il pittore Achille Casanova (1861-1948) dipinge un fregio con i nomi dei grandi personaggi transitati nella storia per strada Maggiore. Negli anni successivi gli interventi del Comitato e di Zucchini saranno ancora numerosi: Palazzo Ghiselli-Vaselli in via Santo Stefano, la Cà Grande dei Malvezzi in Largo Trombetti, il Palazzo Comunale e Palazzo Pepoli Vecchio, “considerato da molti il miglior recupero eseguito a Bologna dell'intero secolo” (Degli Esposti).dettagli
-
13 marzo 1924La pieve romanica di Sala BologneseIl 13 marzo il cardinale arcovescovo Giovan Battista Nasalli Rocca consacra la Pieve di Santa Maria Annunziata e San Biagio a Sala Bolognese. La chiesa, edificata nel 1096 in sostituzione di un edificio paleocristiano del IV secolo, è stata riportata all'aspetto originario da profondi restauri iniziati nel 1920 su iniziativa dell'Arciprete don Gaetano Botti. Il canonico si è avvalso dell'aiuto dell'architetto Giuseppe Rivani (1894-1967), allievo di Rubbiani e docente all'Accademia di Belle Arti. Studioso dei monumenti bolognesi, tra il 1927 e il 1931 curerà anche il restauro della Pieve di Santa Maria a Monteveglio. La Pieve di Sala è uno degli edifici di culto in stile romanico-lombardo più notevoli della provincia di Bologna. L'elemento di maggiore interesse architettonico è l'abside, nella quale è presente una galleria cieca risalente al XII secolo, unico esempio in tutto il territorio bolognese. L'interno è a pianta basilicale a tre navate, con soffitto in legno a capriate. Da un'ampia scala centrale si accede al presbiterio, dove è l'altare maggiore. Sulla mensa, protetta da un ciborio ricostruito in stile, è scolpita la testa di una divinità pagana, forse Giove Ammone. La cripta sottostante è stata ripristinata da Rivani come era in antico. Accanto alla porta di ingresso è conservato l'antico fonte battesimale a immersione. Sulla facciata, a sinistra del portale, è murata una lapide che ricorda il restauro. Nel 1926, sul lato destro della Pieve, sarà edificata una torre campanaria intonata allo stile romanico della chiesa, con una cappella dedicata ai caduti della grande guerra.dettagli
-
1925Interventi di restauro e decorazione nella chiesa di Santa Maria dei ServiNel corso degli anni Venti vengono effettuati interventi di restauro architettonico e decorativo nella chiesa di Santa Maria dei Servi in Strada Maggiore. Nel 1925 si interviene sulla volta e sulle pareti della cappella maggiore, dove vengono inserite nuove vetrate colorate su disegno di Achille Casanova, Giuseppe Cassioli, Antonio Maria Nardi, Guido Cadorin. Le cappelle absidali sono decorate tra il 1910 e il 1928 da Giovanni Costa e Pompeo Fortini. Alcune vetrate absidali sono da attribuire a Casanova. Da segnalare sono anche la lampada votiva nella cappella del Crocifisso e i lampadari in ferro battuto della navata. Il restauro di Guido Zucchini da all'abside e al campanile "i loro originali e mirabili lineamenti". Fra il portico e il convento dei Servi vengono abbattuti alcuni "edifici volgari" ed è ricavato un piccolo giardino, che aggiunge al luogo "una nota di leggiadria" (Beseghi). In queste esperienze decorative sembra sopravvivere lo spirito Aemilia Ars promosso tra i due secoli da Alfonso Rubbiani.dettagli
-
21 novembre 1925Muore Giuseppe CeriMuore Giuseppe Ceri (1839-1925), singolare figura di ingegnere e architetto di origine toscana, che pretendeva di sapere tutto e occuparsi di tutto. “Strambo, bizzoso, attaccabrighe, tenacissimo negli odi, incrollabile nelle convinzioni” (Cristofori), fu acerrimo nemico di Alfonso Rubbiani, il conservatore della Bologna medievale, e fautore, invece, di abbattimenti e sventramenti. Entrò in Comune come applicato nell’Ufficio tecnico diretto da Coriolano Monti. Fu collaboratore di Giuseppe Mengoni. Nel 1859 vinse il premio di architettura del Concorso Curlandese e si laureò all’Alma Mater in matematica e in ingegneria e architettura. Per molti anni agitò dibattiti e polemiche velenose, attraverso il periodico “Melodie Tedescose”, poi chiamato “La Striglia”, da lui scritto interamente e anche venduto personalmente per beneficenza durante la grande guerra. Fu autore di alcuni progetti per il completamento della facciata di San Petronio e disegnò la chiesa di San Paolo di Ravone, fuori porta S.Isaia. In via Indipendenza fu autore di alcuni palazzi “misurati ed eleganti” (Orlandi). È ricordato anche per l’inno L’ombelico di Venere, sulla leggendaria invenzione dei tortellini bolognesi. Verso la fine della vita ha avuto simpatie per il fascismo, pur giudicando negativamente la limitazione della libertà di stampa.dettagli
-
1927Giuseppe Rivani restaura la pieve di MonteveglioTra il 1927 e il 1931 l'architetto Giuseppe Rivani (1894-1967), allievo di Alfonso Rubbiani, docente dell'Accademia di Bologna e studioso dei monumenti antichi, cura il restauro della Pieve abbaziale di Santa Maria Assunta a Monteveglio nella Valle del Samoggia. Costruita in stile romanico su una chiesa preesistente del V secolo, la pieve fu affidata nel 1455 ai Canonici Lateranensi di San Giovanni in Monte. In seguito pervenne ai Francescani. Rivani opera seguendo i dettami di Rubbiani, ma in modo più equilibrato, rinunciando alle invenzioni e alle ricostruzioni in stile. Persegue il recupero dell'edificio originario, eliminando le parti aggiunte nei secoli successivi. All'esterno gli interventi sono più radicali, con la distruzione del battistero e del portico sull'ingresso laterale. All'interno viene modificata la cripta ed è riaperta la loggia superiore del chiostro quattrocentesco. Nell'abside e nel presbiterio si recuperano le monofore originali. L'architetto bolognese deve inoltre riparare i danni del terremoto che nel 1929 ha devastato la Valle del Samoggia. I lavori di restauro riprenderanno tra il 1932 e il 1934 nel chiostro romanico e nel convento. In quest’ultimo Rivani lascerà anche due quadretti di sua mano, raffiguranti la Madonna col bambino e S. Antonio da Padova.dettagli
-
1928Chiude il caffè della BarchettaChiude uno dei locali storici di Bologna: il caffè della Barchetta. Situato in via dei Libri (poi via Farini n. 4), all'angolo con via D'Azeglio, ha ospitato nelle sue sale cittadini illustri come il restauratore Alfonso Rubbiani e l'avvocato Giuseppe Ceneri, il chimico Giacomo Ciamician e il poeta Enrico Panzacchi. Soprattutto d'estate vi accorrevano professionisti e commercianti, per consumare "una frettolosa ma squisita colazione alla forchetta" (Giacomelli). Il nome era dovuto all'insegna di una bottega di merceria, raffigurante in stile carraccesco la Sacra Famiglia "in barca veleggiante". Il portico davanti al caffè aveva un parapetto, per il notevole dislivello con la strada, Da quel parapetto fu fatto precipitare un giorno un soldato austriaco.dettagli
-
25 settembre 1928Muore Edoardo CollamariniL'architetto Edoardo Collamarini (1863-1928) era “un ometto grassottello, dal volto roseo”. Lo chiamavano non senza ironia “al Bamben Gesò” (il Bambin Gesù). Ma era considerato il maggiore architetto emiliano del Novecento. Nato nel 1863, si era diplomato nel 1884 all'Istituto di Belle Arti, dove aveva riportato alte valutazioni e vinto medaglie. All'inizio della sua attività fu molto vicino ad Alfonso Rubbiani (1848-1913), che ne condizionò notevolmente la personalità artistica. Il "costruttore di illusioni" ne apprezzava le grandi qualità di disegnatore, come nel caso dell'atlante pubblicato per i restauri della basilica di San Francesco. Nel 1887 partecipò al discusso concorso per la facciata di San Petronio e l'anno seguente a quello bandito dal Comune per la sistemazione del piazzale di Porta Galliera, per il quale ottenne un premio di incoraggiamento. In questi progetti si rivelano le sue tendenze costruttive: "il restauro stilistico e la progettazione eclettica", conseguenze "di una preparazione accademica rigida più che rigorosa, unilaterale più che conformista". Fu insegnante a Roma e a Parma e dal 1908 professore di architettura all'Istituto di Belle Arti di Bologna, di cui divenne direttore nel 1917 e presidente nel 1924. Tra i suoi studenti vanno annoverati alcuni giovani progettisti, che parteciperanno al movimento moderno: da Giuseppe Vaccaro a Antonio Sant'Elia, da Gian Luigi Giordani a Alberto Legnani, a Enrico De Angeli. Da un punto di vista stilistico Collamarini rimase legato a un linguaggio eclettico e all'uso di materiali tradizionali. Nel 1897 cominciò la costruzione dell'Istituto Salesiano, presso il quale sorse più tardi quella che è considerata la sua opera maggiore: la chiesa del Sacro Cuore, con la sua "bestiale cupola" (Longhi), ben visibile dai viaggiatori che transitano in stazione. Nel frattempo eseguì opere in San Francesco e San Martino ed eresse cappelle nel cimitero della Certosa. Il suo primo vero restauro di un edificio medievale fu quello di S. Maria degli Angeli, dove, secondo Zucchini, "la parte d'imitazione superò quella indicata dalle tracce". Il lavoro fu completato da Rubbiani dopo la sua partenza per Parma. Zucchini non considerava Collamarini un buon restauratore: riteneva che la sua mano si lasciasse troppo guidare dalla fantasia. Ciò fu evidente nel lungo restauro condotto nel complesso di Santo Stefano tra il 1911 e il 1925, dove operò "pesanti manomissioni e fantasiose integrazioni" (Miano) e nei cui chiostri collocò il lapidario dei caduti della grande guerra. Oltre a interventi in varie città italiane, Collamarini lasciò a Bologna numerose altre opere: dall'Istituto dei ciechi in via Castiglione a vari complessi universitari (chimica, botanica, veterinaria), dallo Châlet dei Giardini Margherita al Palazzo del Credito Romagnolo in via Rizzoli.dettagli
-
1929La cappella della B.V. Immacolata in San PetronioE' ufficialmente inaugurata la cappella della B.V. Immacolata in San Petronio, anticamente dedicata a San Giovanni Battista e di proprietà della famiglia Fantuzzi. Si tratta dell'ultima grande impresa decorativa a carattere unitario all'interno della basilica. E' anche l'opera più importante, in ambito decorativo e architettonico, del gruppo di artisti già attivi per Aemilia Ars a cavallo del secolo. Il progetto della cappella, attorno alla statua della Madonna di Agostino Corsini (1725) proveniente da San Francesco, è di Alfonso Rubbiani, con la collaborazione di Edoardo Collamarini. Il ciclo pittorico, eseguito tra il 1908 e il 1951, è di Achille Casanova, cui subentrerà dopo la morte Renato Pasqui. Validi artigiani hanno curato gli elementi decorativi: nel 1929 sono state completate le cornici in terracotta di Angelo Viaro, la cancellata in ferro battuto di Armando Casadio Loreti e il paliotto in cuoio sbalzato di Oliviero Francia, mentre il bel pavimento fiorito è del 1918 e proviene dalla fabbrica Chini di Borgo San Lorenzo.dettagli
-
28 febbraio 1933Concorso per la facciata di San PetronioViene bandito un concorso nazionale per il disegno della facciata di San Petronio. Nel 1928 un proposito di Leandro Arpinati, appoggiato da Guido Zucchini - autorevole erede di Rubbiani nei restauri bolognesi - aveva ricevuto un netto rifiuto da parte del ministro della Pubblica Istruzione Piero Fedele. Questi aveva ammonito il Podestà a non recare offesa “alla meravigliosa bellezza di una delle più stupende piazze d’Italia”, eliminando “uno degli elementi principali di questa bellezza”. Le ipotesi di sovrapposizione di soluzioni moderne sul corpo antico della basilica vengono pesantemente stigmatizzate sul “Resto del Carlino” da Marcello Piacentini, il più autorevole architetto italiano del periodo: “Lasciamo San Petronio com’è: sta benissimo”. Contrario è anche Igino Benvenuto Supino, titolare della cattedra di Storia dell’Arte all’Università, mentre in un articolo non pubblicato l’architetto modernista Enrico De Angelis irride al desiderio “di impiastricciare il profilo alpino del S. Petronio con un merletto di guglie trite”. Il 24 gennaio 1935 il podestà Angelo Manaresi inaugurerà comunque una esposizione dei progetti e tre di essi saranno giudicati eseguibili: quelli di Guido Cirilli, di Domenico Sandri e di Duilio Torres, tutti quanti in blando stile neo-gotico. Non si passerà, tuttavia, ad alcun concreto intervento.dettagli
-
ottobre 1933Restauri in Palazzo ComunaleIn ottobre sono annunciati lavori di restauro nel palazzo comunale, voluti dal podestà Angelo Manaresi. Riguardano in particolare il cortile del Fioravanti, che viene ridisegnato dall'ingegnere Guido Zucchini, sulla base di un vecchio progetto di Alfonso Rubbiani (1908). Ai piani superiori sono rinnovate nel 1935 le sale occupate in precedenza dalla Prefettura e ancor prima dal Legato pontificio. Nello stesso anno Achille Casanova, per conto del Comitato per Bologna Storica e Artistica, completa con bifore marmoree - anch'esse già previste da Rubbiani - le otto finestre gotiche della facciata nella parte dell'edificio comunale chiamata Palazzo Grande o Novo. A quelle grandi aperture, nel 1877 l'ing. Antonio Zannoni aveva applicato dei telai di ferro.dettagli
-
18 ottobre 1936Le Collezioni Comunali d'ArteIl podestà Colliva, alla presenza delle autorità, inaugura le Collezioni Comunali d’Arte. Il museo organizza le raccolte pervenute al Municipio a partire dai decenni postunitari. Una parte di esse erano distribuite fra vari enti e uffici del Comune e nella sede della Prefettura, ospitata fino al 1936 in palazzo d’Accursio. L’organizzazione delle Collezioni è curata dall’ingegnere Guido Zucchini (1882-1957), allievo di Rubbiani e responsabile del restauro di numerosi edifici storici a Bologna nella prima metà del Novecento. I materiali in mostra risalgono soprattutto al XVIII secolo, a partire da un importante gruppo pittorico di Donato Creti (1671-1749), donato dall’artista al Senato già nel 1744 e a lungo ritenuto smarrito. L’allestimento definitivo del museo è stato anticipato dalla mostra dedicata all’Arte del Settecento bolognese dell’anno precedente.dettagli
-
5 marzo 1937La nuova chiesa di San Martino a Casalecchio di RenoL'arcivescovo di Bologna Nasalli Rocca di Corneliano (1872-1952) consacra e apre nuovamente ai fedeli la chiesa parrocchiale di San Martino a Casalecchio di Reno. L'edificio religioso, costruito nel XVII secolo dai Frati Martiniani su un complesso conventuale più antico, è posto su un terrazzo naturale, che domina la cittadina e il corso del fiume Reno. Il restauro e l’ampliamento, voluto dal parroco don Filippo Ercolani, è iniziato nel 1926 a cura del prof. Edoardo Collamarini (1863-1928), già collaboratore di Alfonso Rubbiani (1848-1913), che ha elaborato gratuitamente il progetto. L'ingegnere e architetto bolognese è autore di importanti edifici in città, quali l'Istituto salesiano e la chiesa del Sacro Cuore di Gesù, il Palazzo delle Province Romagnole e l'Istituto chimico dell'Università. La parrocchiale di San Martino è la sua ultima opera. Dopo la sua morte, nel 1926, il cantiere di San Martino sarà completato dall’allievo Luigi Saccenti e dall’ingegnere Giulio Andina.dettagli
-
1940Alfredo Baruffi e i "Giambardi della Sega"Alfredo Baruffi (1876-1948) dà alle stampe, con lo pseudonimo di Barfredo da Bologna, il volume I Giambardi della Sega, rievocazione della bohème artistica di Palazzo Bentivoglio e della goliardia bolognese a cavallo tra l'Otto e il Novecento. Dovrebbe essere il primo (ma sarà l'unico) di una serie di quattro tomi, formanti un ciclo dal titolo Un quarto di secolo a palazzo Bentivoglio. L'associazione dei Giambardi (o Gambardi) - sorta di accademia "senza ordinamento, senza cariche e senza sede" - fu proclamata "a gran voce", al suono di "piatti, mestole, casseruole" (Testoni), dal pittore Achille Casanova (1861-1948), collaboratore di Alfonso Rubbiani, durante una riunione di artisti. Ne fecero parte, tra gli altri, Alfredo Tartarini, Augusto Sezanne, Raffaele Faccioli. Baruffi, alias Mimo, Barfredo, Giustin da Budiara, è un ragioniere della Cassa di Risparmio, ma è anche un notevole illustratore liberty, conosciuto per la grafica in importanti riviste di inizio secolo, come "Bologna che dorme" e "Italia ride", e per ex libris modernisti di eccellente fattura. In queste prove ha rivelato le sue qualità migliori: “l'abilità della composizione nelle incorniciature floreali, la nettezza del segno, l'euritmia lineare, la solidità dei contrasti del bianco e nero, la fantasia che spazia dal macabro allo scherzoso, dal tenebroso al delicato” (Storelli).dettagli
-
24 luglio 1943Disastroso bombardamento sul centro cittadinoDue formazioni di fortezze volanti americane (51 aerei appartenenti al 97. e al 99. Bomb Group del 5. Wing), partite dalle loro basi in Algeria, scaricano 150 tonnellate di bombe sullo scalo ferroviario di Bologna, considerato “the most important railway centre in Italy”. Numerosi ordigni cadono anche sul centro della città. Si registrano 163 morti e circa 300 feriti. L'Ospedale Maggiore è sorpreso nel pieno del suo funzionamento. Viene distrutto soprattutto il corpo di fabbrica su via Riva Reno e parecchie sono le vittime, tra cui il direttore della farmacia e alcuni infermieri. E' colpito anche il vicino ospedale militare dell'Abbadia. I malati gravi del Maggiore vengono trasferiti al Policlinico Sant'Orsola e in altri ospedali di emergenza. Il prefetto dei Camilliani si reca immediatamente in Maternità per aiutare a trasportare i bambini nei rifugi. La chiesa gotica di San Francesco è gravemente danneggiata nella facciata e nelle navate laterali. Rovina anche una parte della chiesa di San Salvatore e l'annessa caserma Vicini. Viene colpito in via Ugo Bassi l'hotel Brun, ex palazzo Ghisilieri, già restaurato dal Rubbiani nel 1911 (nel dopoguerra sarà parzialmente ricostruito da Giorgio Ramponi e dotato all'interno di una galleria commerciale). Il sepolcro di Rolandino dé Passeggeri in piazza San Domenico è centrato da una bomba e polverizzato (verrà ricostruito integralmente nel 1949-50). Un colpo distrugge il torrione all'angolo sud-ovest del Palazzo comunale. E' danneggiato anche il vicino Palazzo Montpensier (ex Caprara), sede della Prefettura, compreso lo stesso alloggio del Prefetto, che sarà ospitato per qualche tempo dal cardinale Nasalli Rocca. Molti hanno scambiato l'incursione per l'esercitazione aerea quotidiana delle 10. Il bombardamento del 24 luglio provoca lo sfollamento di tante famiglie nelle campagne e nei paesi dell'Appennino. Le più piccole delle orfanelle di San Luca sono accolte da mons. Sermasi presso l'Abbazia di Monteveglio. Il 4 agosto Bologna è dichiarata città soggetta allo sfollamento. Nelle case e nei granai dei contadini la popolazione si moltiplica. Molti lasciano la città solo provvisoriamente, uscendo nelle ore serali per ritornare a lavorare durante il giorno. Nonostante i proclami rassicuranti delle autorità, nelle settimane seguenti, a causa delle ripetute, massicce incursioni alleate, i commercianti e la gran parte degli abitanti ancora presenti abbandoneranno il centro cittadino.dettagli
-
15 aprile 1945La 1a Divisione corazzata USA entra a Vergato ormai distruttaNella valle del Reno le truppe della 1a Divisione corazzata americana entrano a Vergato con difficoltà: i granatieri tedeschi della 94a Divisione resistono casa per casa e lasciano numerose mine tra le macerie. Nel paese vengono fatti solo cinque prigionieri, gli ultimi cecchini. Il caposaldo tedesco sul monte Pero, che incombe sulla valle del Reno, è conquistato il 16 aprile, mentre la 10a Divisione alpina USA si attesta sul monte Pigna. La strada per Bologna è finalmente aperta per l'avanzata degli Alleati. Dopo innumerevoli bombardamenti Vergato appare ai nuovi occupanti americani e brasiliani “una città quasi completamente distrutta”, dove nessun edificio è rimasto intatto, “uma cidade morta”. La sua ricostruzione dopo la guerra sarà lenta e faticosa. La chiesa sarà edificata in altra sede e consacrata nel 1954. Il palazzo comunale sarà ricostruito nel 1948. Risale al XIV-XV secolo e fu già ripristinato nel 1885 in forme medievaleggianti da Alfonso Rubbiani e dall'architetto Tito Azzolini. Solo negli anni '90 saranno restaurati gli antichi stemmi dei Capitani della Montagna sulla facciata, che ricordano lo storico ruolo di Vergato per il Comune bolognese. Dopo la distruzione delle gallerie, dei ponti e delle stazioni, la Ferrovia Porrettana sarà riattivata nel 1947, limitatamente al tratto tra Bologna e Pracchia.dettagli
-
1946Maria Losi Garagnani rileva l'Aemilia ArsMaria Losi Garagnani (1904-1989) rileva l'esercizio dell'Aemilia Ars, l'attività artigianale di ricamo storico, “fiore delle arti femminili” (E. Ricci), iniziata dalla contessa Lina Bianconcini Cavazza (1861-1942) nel 1898, sotto la guida artistica di Alfonso Rubbiani. Dopo lo scioglimento della cooperativa nel 1935 l'attività era stata assunta in un primo tempo dalla maestra e direttrice Lena Bonaveri. Il suo negozio-laboratorio era stato però distrutto da un bombardamento nel 1943. Negli anni ’80 Virginia Bonfiglioli apprenderà la tecnica del punto antico dall’ultima lavorante di Aemilia Ars superstite, Bice Lami, e promuoverà poi con regolarità corsi di ricamo secondo le tecniche tradizionali. Un nucleo consistente di materiali provenienti dal negozio Aemilia Ars sarà acquisito nel 2007 dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Bologna.dettagli
-
1948Riaperta al culto la basilica di San FrancescoLa chiesa di San Francesco è riaperta al culto. E' stata gravemente danneggiata il 24 luglio e il 25 settembre 1943 nel corso di pesanti bombardamenti aerei. Da una relazione della Commissione di controllo alleata per i monumenti del marzo 1944 risultava che la navata centrale era semidistrutta. Quasi tutta la volta era crollata, erano state abbattute le prime quattro cappelle del lato nord e le prime due del lato sud. Erano crollate la volta del battistero, il timpano, le due finestre superiori della facciata. Anche il rosone centrale era danneggiato. I restauri sono cominciati subito dopo le distruzioni a cura del Soprintendente Alfredo Barbacci (1896-1989), coadiuvato dal Genio Civile. Barbacci si è preoccupato di ricostruire le parti distrutte, escludendo la maggior parte delle “invenzioni” ottocentesche di Alfonso Rubbiani. I lavori hanno subito una interruzione nel corso del 1946, per riprendere poco dopo con fondi del Ministero dei Lavori Pubblici. La chiesa è riaperta nel 1948, dopo ulteriori lavori riguardanti il Refettorio Vecchio, il chiostro dei Morti e la cappella Muzzarelli, adibita a sacrestia.dettagli
-
2 maggio 1963L’Istituto agrario “Arrigo Serpieri”È inaugurato l’Istituto agrario della Provincia, eretto su disegno di Antonio Pesarico e intitolato all’agronomo Arrigo Serpieri (1877-1960). Sorge nei pressi di Corticella, sul luogo della villa Altieri - convertita da casa colonica in villeggiatura intorno al 1810 e conosciuta in precedenza come “Casino Rubbiani” - abbattura dopo i gravi danneggiamenti dell’ultimo conflitto mondiale. Nel 1945 fu infatti sede di comandi tedeschi, minata prima della ritirata e spogliata dei suoi arredi, abitata in seguito da famiglie sfollate della zona. Nel parco rimangono: un teatrino all’aperto, una voliera e un piccolo oratorio in stile gotico, costruito alla fine dell’800 su disegno di Alfonso Rubbiani, alla cui famiglia la villa apparteneva.dettagli
-
5 febbraio 1969Agitazioni nelle scuole medie superioriLa contestazione studentesca si estende alle scuole medie superiori. Il 5 febbraio è occupato l'Istituto Tecnico “Aldini Valeriani”. Tre giorni dopo si decide di passare ad altre forme di lotta. L'8 febbraio inizia l'occupazione dell'Istituto professionale “Elisabetta Sirani” di via Ca' Selvatica contro la riforma Sullo. Nei giorni seguenti seguono l'esempio gli Istituti tecnici “Fioravanti”, “Rubbiani” e la scuola magistrale “Laura Bassi”. Il 13 febbraio all'ITIS è interrotta la riunione del collegio dei docenti e vengono fermate le lezioni. Il giorno seguente un buon numero di professori firmano un documento per la ripresa didattica. Gli studenti contrari all'occupazione si riuniscono il 15 febbraio in assemblea nella palestra di via Saragozza. Durante le occupazioni, alle “Aldini” e al liceo “Righi” si tengono assemblee con la presenza di docenti e genitori. In un documento l'assemblea dell'Istituto professionale “Rubbiani” chiede il riconoscimento effettivo della qualifica del corso triennale e l'introduzione di due classi successive. Il 17 febbraio è occupato l'Istituto Tecnico Mercantile “Marconi”. Gli studenti incontrano gli operai della SASIB e ACMA. Il 20 febbraio, mentre proseguono le occupazioni negli istituti “Rubbiani”, “Aldini Valeriani” e “Laura Bassi”, per le strade del centro si svolge una manifestazione alla quale partecipano circa 3.000 studenti medi. Davanti all'ITIS "Belluzzi" di via Saragozza si tiene un sit-in di protesta contro i professori che rifiutano di fare lezione per rappresaglia. Le agitazioni continueranno nelle settimane successive, tra interruzioni della didattica e tentativi di ritorno alla normalità. Il 15 marzo consigliere comunale del PCI Claudio Sabattini (1938-2003) rivolgerà un'interpellanza al sindaco sulla repressione nelle scuole.dettagli
-
29 marzo 2012Il lampione dei neonatiE' stabilito un collegamento tra i reparti di ostetricia degli ospedali bolognesi e il grande lampione di ferro battuto in stile liberty, attribuito a Gaetano Samoggia, posto all'angolo tra piazza Nettuno e via Rizzoli. Vi fu collocato nel 1920, dopo il restauro di Palazzo Re Enzo condotto su progetto di Alfonso Rubbiani. Nel 2002 il pregevole manufatto è stato ripristinato dall'architetto Francisco Giordano. Un dispositivo di telecontrollo, realizzato dalla Fondazione Alma Mater e dalla startup Wi4B, consente al lampione, lampeggiando per tre secondi, di segnalare ai cittadini bolognesi ogni nuova nascita negli ospedali Sant'Orsola e Maggiore. Esso prende spunto dalla installazione Ai nuovi nati dell'artista italiano Alberto Garutti nella Vrijdagmarkt di Gent in Belgio. Da diversi anni il “lampione dei neonati” non è più in funzione e nel 2017 è stata avviata una raccolta firme per riattivarlo.dettagli
-
1 giugno 2012Il Reale Collegio di Spagna vince il Premio alla Conservazione di Europa NostraLo storico Collegio di Spagna vince il prestigioso Conservation Prize della Associazione Europa Nostra. Nella motivazione del premio si legge che è “difficile trovare un esempio più bello del nostro patrimonio comune europeo”. Il Real Colegio de España fu fondato dal cardinale Gil de Albornoz nel 1364 per gli studenti provenienti dalla penisola iberica. Venne chiamato “spagnolo” più di un secolo prima della vera e propria unità della Spagna. Il titolo di “reale” gli fu concesso dall'imperatore Carlo V in occasione della sua visita a Bologna nel 1530. Arrivata in gravi difficoltà economiche alle soglie del XX secolo, la benefica fondazione fu salvata dal duca dell'Infantado e dal re Alfonso XIII. Nella seconda metà del '900 si sono susseguiti numerosi interventi di restauro sullo storico complesso, in precedenza gravemente rimaneggiato in stile neogotico da Alfonso Rubbiani, che riportò alla luce strutture e decorazioni antiche. Il collegio spagnolo possiede la più ricca raccolta privata al mondo di codici manoscritti e conserva l'unica aula universitaria medievale rimasta a Bologna. La sua collezione d'arte comprende opere di G.M. Crespi, B. Passarotti e un pregevole polittico di Marco Zoppo. Nella sala della musica è conservato un organo di Gioacchino Pilotti (fine XVIII sec.) proveniente dal vicino Palazzo Albergati.dettagli
-
12 dicembre 2013La mostra "Sotto il segno di Alfonso Rubbiani"Dal 12 dicembre 2013 al 14 marzo 2014 si tiene, nella Biblioteca d'Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, la mostra Sotto il segno di Alfonso Rubbiani. La salvaguardia del passato e le origini delle Collezioni della Cassa di Risparmio in Bologna. L'esposizione indaga da un lato l'influenza del pensiero di Alfonso Rubbiani (1848-1913) sulla nascita delle Collezioni della Cassa di Risparmio di Bologna. Dall'altro lato si pone come obiettivo di mettere in risalto la figura di Alfredo Baruffi (1873-1948), alias Barfredo, grafico, abile disegnatore, protagonista del liberty in Italia. Come dipendente e responsabile artistico della Cassa di Risparmio, dagli anni Trenta Baruffi cominciò a raccogliere, per conto dell'ente, testimonianze di Bologna tra Otto e Novecento, in un momento di rapido e profondo cambiamento della città. Al termine accumulò oltre 35mila pezzi, tra quadri, incisioni, disegni, fotografie, cimeli e curiosità d'altri tempi, “un patrimonio illustrativo imponente” (Beseghi), conservato in Palazzo Pepoli in attesa di essere inventariato. Nella mostra sono esposti alcuni di questi reperti, assieme a una serie di disegni, stampe, bozzetti realizzati dallo stesso Baruffi e che ne evidenziano la notevole statura artistica.dettagli