Uccisione del segretario del Fascio Repubblicano Eugenio Facchini
Eugenio Facchini, da poco eletto Commissario Federale del Partito Fascista Repubblicano di Bologna dopo la rinuncia di Aristide Sarti, è ucciso da due gappisti, Bruno Pasquali e Remigio Venturoli, sulle scale della mensa nella Casa dello studente in via Zamboni.
L'azione è stata preparata, assieme ad altri quattro o cinque compagni, in una osteria di via Castiglione. Gli attentatori riescono a dileguarsi in bicicletta, nonostante uno di essi sia ferito gravemente dal vice-federale Boninsegni, olimpionico di tiro alla pistola, che era con Facchini.
Subito dopo l'attentato la polizia bolognese “annunzia un premio di un milione di lire a chi catturi gli assassini o dia indicazioni sicure per il loro arresto”.
In una riunione urgente convocata in Prefettura, alla quale partecipa il comandante militare regionale Gherardo Magaldi, il ministro Pavolini chiede una rappresaglia esemplare.
L’attentato turba profondamente l’opinione pubblica cittadina. In una lettera accorata ai fedeli della diocesi il card. Nasalli Rocca esorta la popolazione “a mettere pace alle ritorsioni e alle vendette”.
Prima di accettare direttamente da Mussolini l'incarico di Commissario del PFR, Facchini era stato segretario del GUF di Bologna e ultimo direttore del mensile "Architrave". Nel 1942 aveva partecipato alla campagna di Russia come volontario nella Divisione Tagliamento.
La sua uccisione rientra nella strategia gappista di alzare il tiro contro i responsabili del fascismo repubblicano.
Il 3 novembre precedente è stato ucciso a Imola il seniore della Milizia Fernando Barani, il 13 novembre è stato colpito a Ferrara il Federale Iginio Ghisellini e il 18 dicembre a Milano il Commissario Aldo Resega.
Secondo Dario Zanini, il federale era “una persona moderata e stimata; simpatizzante socialista, era amico personale di alcuni esponenti del PSIUP che agivano nella clandestinità. Forse proprio per questo fu assassinato da partigiani comunisti”.
Dopo il 25 luglio 1943 era entrato in effetti in contatto con Gabriele Boschetti e Floriano Bassi del partito socialista clandestino e con Sergio Telmon, del partito d’azione.
Luciano Bergonzini ricorda che “durante il periodo 'badogliano', Eugenio Facchini ebbe contatti con dirigenti socialisti e fu portato ad aderire alla federazione socialista, nell'interno della quale si dichiarò 'soreliano' ”.
La circostanza è confermata da Nazario Sauro Onofri: “Poco dopo l'armistizio incontrò Gabriele Boschetti e gli espresse la ferma intenzione di entrare nel partito e di combattere contro i tedeschi”.
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