Eccidio della botte della canapiera di Pioppe di Salvaro
Il 29 settembre, verso le sette di sera, reparti della 16a Divisione SS arrivano a Pioppe di Salvaro, nella valle del Reno, e rastrellano tutti gli uomini.
Li rinchiudono dentro la chiesa del paese e in alcune case limitrofe, assieme agli ostaggi catturati a Sperticano, Montasico, Sibano, Pian di Venola: in tutto circa trecento persone.
Tra gli arrestati vi sono due preti, don Elia Comini e padre Martino Capelli, fermati la mattina mentre cercavano di portare soccorso alle vittime della rappresaglia di Creda e costretti a trasportare munizioni per i soldati al fronte.
Il giorno seguente i prigionieri vengono interrogati e divisi tra abili e inabili al lavoro. Alla selezione partecipano un ufficiale italiano della RSI e un ex partigiano traditore. Tra i nazisti vi sono anche ragazzi in divisa SS, che parlano con accento bolognese.
Alcuni testimoni ricorderanno la presenza, dopo i rastrellamenti, del Segretario comunale di Marzabotto Agostino Grava, che tenterà di scagionare gli ostaggi presso i Tedeschi, e del reggente Lorenzo Mingardi, che invece affermerà: “sono tutti partigiani e quelli che non lo sono, sono dei bolscevichi”.
La sua voce “inconfondibile e crudele” sarà udita poco prima della strage della Botte: “Questi sono da uccidere perchè sono partigiani e bolscevichi”. (Mandreoli)
I prigionieri abili sono inviati in treno alle Caserme rosse: una parte di essi finirà in Germania nei campi di lavoro, una parte sarà destinata a governare le bestie per i tedeschi.
Il 1° ottobre, all'imbrunire, il gruppo degli inabili, del quale fanno parte anche i due preti, sono avviati allo stabilimento di Pioppe, semidistrutto dai pesanti bombadamenti alleati delle settimane precedenti. Ai prigionieri vengono fatte levare le scarpe e i nazisti li derubano di orologi e portafogli.
Poi a gruppi sono schierati sul ciglio della botte della canapiera - un serbatoio d'acqua in questo periodo quasi asciutto e fangoso - e falciati con le mitragliatrici. I cadaveri, gettati sul fondo, sono ancora fatti oggetto di colpi di mitraglia e lanci di bombe a mano.
Dei 46 uomini giustiziati solo tre rimarranno superstiti. Altri tre, che riusciranno a sfuggire al massacro, moriranno poco dopo per le ferite riportate.
Tra le vittime dell'eccidio c'è Martino Palma, partigiano della 7a Bgt GAP Gianni Garibaldi, residente a Marzabotto.
Nei giorni successivi, a causa delle piogge torrenziali, verranno aperte le paratie della botte e i cadaveri ormai decomposti dei fucilati, compresi quelli dei due sacerdoti, scivoleranno nelle acque del Reno e non saranno mai più ritrovati.

- Comuni di Marzabotto, Vergato e Grizzana Morandi (BO)

- Comuni di Marzabotto, Vergato e Grizzana Morandi (BO)

- martiri della botte di Salvaro

- Comuni di Marzabotto, Vergato e Grizzana Morandi (BO)

- Comuni di Marzabotto, Vergato e Grizzana Morandi (BO)

- Comuni di Marzabotto, Vergato e Grizzana Morandi (BO)
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