Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi
Archivio di notizie sulla storia della città e del suo territorio dal 1796 ad oggi. Con riferimenti bibliografici, link, immagini.
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1944Distruzione di villa AngelettiI ripetuti bombardamenti alleati sullo scalo ferroviario coinvolgono la villa Angeletti, una dimora di campagna del XVIII secolo nei pressi del canale Navile. Negli anni Trenta, all'epoca della “battaglia del grano”, era diventata un importante centro di ricerca e sperimentazione agraria. Vi venivano selezionate sementi al fine di ottenere nuove varietà di cereali. Dopo la distruzione della villa, le attività di ricerca sono trasferite ad Argelato. Nel dopoguerra i terreni annessi, di proprietà della Cassa di Risparmio, saranno donati al Comune, che vi ricaverà un parco pubblico.dettagli
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1944Fogli antifascisti clandestiniIn gennaio escono “L'Avanti!” del PSI e “La Lotta” del PCI in edizione clandestina. Il giornale socialista è stampato dapprima in via Calvaert, poi nella tipografia di Gino Giuliani e Amedeo Barbieri in via Mazzini 23. Tra i redattori vi sono Enrico Bassi, Verenine Grazia, Gianguido Borghese, Mario Longhena. Il foglio comunista è stato preceduto nell'autunno del 1943 da "La Voce dell'operaio", uscito nei primi numeri sotto forma di volantino e dedicato a cronache sulla situazione delle fabbriche bolognesi.dettagli
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gennaio 1944La brigata partigiana romagnolaNel gennaio-febbraio si insedia a Pian del Grado, nel comune di Santa Sofia (FC), in una zona pressoché inaccessibile della valle del Bidente delle Celle, una formazione partigiana - la futura 8a Brigata Garibaldi - forte di circa duecento uomini inquadrati in cinque compagnie. Alcuni di essi sono di origine straniera: russi, sloveni, cechi, polacchi, inglesi. La formazione proviene da Poggio La Lastra ed è nata dall'unione di alcuni gruppi riuniti subito dopo l'8 settembre a San Paolo di Cusercoli e a Pieve di Rivoschio. Nel dicembre 1943 a Collinaccia, nel comune di Galeata, essa si è data un comando unico e si è rinforzata con l'arrivo di partigiani ravennati. Alla fine di febbraio la brigata, guidata da Riccardo Fedel (Libero), raggiungerà Corniolo nei pressi della foresta di Campigna. In questa località, isolata da abbondanti nevicate, verrà organizzata con la collaborazione della popolazione locale una “zona libera” alla quale sarà assicurato il regolare svolgimento della vita comunitaria, il funzionamento del servizio postale e dell'asilo. Nel marzo 1944, tornata agibile la strada Santa Sofia-Campigna, il Distretto partigiano non sarà più difendibile e i "ribelli" romagnoli lasceranno Corniolo, spostandosi a Strabatenza e poi sul monte Fumaiolo. Qui in aprile incapperanno in un terribile rastrellamento da parte della Divisione "Hermann Goering".dettagli
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3 gennaio 1944Giancarlo Romagnoli primo partigiano bolognese cadutoUn avviso bilingue (Bekanntmanchung) del Comando militare tedesco e un articolo del “Resto del Carlino” annunciano l'arresto e l'esecuzione di cinque “terroristi”, condannati a morte “per aver preso parte a bande di partigiani e per detenzione abusiva di armi”. Tre di essi, catturati in dicembre in Appennino e giudicati dal tribunale di guerra tedesco, vengono fucilati il 3 gennaio dalle SD (il Servizio di Sicurezza tedesco) al Poligono di Tiro di Bologna. Sono il sergente Lino Formilli di Lizzano in Belvedere, organizzatore dei "ribelli", lo studente di Baricella Adriano Brunelli e l'operaio diciannovenne Giancarlo Romagnoli, abitante in via Broccaindosso, primo partigiano bolognese caduto per mano dei nazifascisti. Della squadra armata facevano parte anche Monaldo Calari e Nerio Nannetti, sfuggiti alla cattura. I due saranno protagonisti della Resistenza bollognese: il primo nelle file della 63a Brigata Garibaldi, il secondo nella 7a Gap.dettagli
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9 gennaio 1944SAP e GAP lungo la via EmiliaIn seguito alla propaganda di alcuni antifascisti delegati dal C.L.N., si costituiscono i primi gruppi di resistenza nella zona di Castel San Pietro. Dopo una prima riunione il 9 gennaio e una serie di incontri di preparazione politica condotti dal comunista Remo Nicoli, i giovani sono divisi in SAP (Squadre di Azione Patriottica) e GAP (Gruppi Armati Partigiani). Questi ultimi si dedicano subito al recupero di armi - con il disarmo di pattuglie di guardialinee e furti in magazzini militari - all'esecuzione di alcuni fascisti, al sabotaggio dei tralicci e alla semina di chiodi a tre punte, per fermare le tradotte militari dirette al fronte. Nel marzo-aprile i sappisti di Ozzano, Gallo, Osteria Grande, Castel San Pietro saranno impegnati in un grande lavoro politico-militare in occasione delle lotte nelle fabbriche del Nord Italia, tappezzando i muri delle case lungo la via Emilia con scritte e volantini inneggianti agli scioperi. Nello stesso periodo la SAP di San Giorgio si occuperà di sabotare i fili telefonici stesi dai Tedeschi tra le case della zona, oppure effettuerà l'inversione dei segnali stradali, per disorientare il nemico. La SAP di Osteria Grande, comandata da Sergio Soglia (Ciro) interromperà più volte la linea ferroviaria Bologna-Ancona e riuscirà anche a disarmare i guardialinee inviati a sorvegliare i binari. In occasione del 1° maggio, in una notte di luna piena, formazioni diverse saranno impegnate a scrivere sui muri e ad attaccare manifesti contro il fascismo e la guerra, disturbate dagli allarmi aerei e dal transito continuo dei camion tedeschi. Affronteranno il pericolo delle pattuglie fasciste e naziste, che avranno l'ordine di fucilare i partigiani sul posto, ma potranno sempre contare sulla protezione della popolazione del luogo.dettagli
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13 gennaio 1944Sciopero alla Ducati di BazzanoI dipendenti della Ducati di Bazzano scendono per qualche ora in sciopero. Chiedono un aumento salariale, il pagamento degli arretrati, la concessione di una indennità di trasferimento - essi vengono in gran parte da Bologna - e un miglioramento della mensa. Ottengono che non vi siano rappresaglie nei confronti dei partecipanti all'agitazione, ma i miglioramenti promessi verranno disattesi dai proprietari. Altri scioperi si susseguiranno a Bologna nelle settimane successive: alla Sasib, alla Calzoni, all'ACMA: tutte fabbriche impegnate nella produzione bellica per i tedeschi. L’organizzazione antifascista si svilupperà sempre più e nelle fabbriche cominceranno a circolare manifesti e giornali clandestini.dettagli
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19 gennaio 1944Per punire Dino Grandi il paese di Mordano diventa MoretoCondannato a morte in contumacia nel processo di Verona, Dino Grandi (1895-1988), uno dei gerarchi che hanno sfiduciato Mussolini, è privato dai fascisti di ogni proprietà. Gli vengono sequestrate le azioni del “Resto del Carlino”, alcune aziende agricole da lui possedute nel bolognese e nel modenese, l’appartamento in via Irnerio. Il commissario prefettizio di Mordano (BO), suo paese natale, gli revoca il titolo nobiliare di conte di Mordano. Il 19 gennaio 1944 il comune stesso è ribattezzato Moreto. Al paese è cambiato anche lo stemma. Per i fascisti locali simboli e nomi devono seguire le sorti di chi “vilmente li ha ingannati”. Anche il Comune di Budrio toglie a Grandi la cittadinanza onoraria, conferitagli nel 1923 per i suoi meriti di squadrista.dettagli
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26 gennaio 1944Uccisione del segretario del Fascio Repubblicano Eugenio FacchiniEugenio Facchini, da poco eletto Commissario Federale del Partito Fascista Repubblicano di Bologna dopo la rinuncia di Aristide Sarti, è ucciso da due gappisti, Bruno Pasquali e Remigio Venturoli, sulle scale della mensa nella Casa dello studente in via Zamboni. L'azione è stata preparata, assieme ad altri quattro o cinque compagni, in una osteria di via Castiglione. Gli attentatori riescono a dileguarsi in bicicletta, nonostante uno di essi sia ferito gravemente dal vice-federale Boninsegni, olimpionico di tiro alla pistola, che era con Facchini. Subito dopo l'attentato la polizia bolognese “annunzia un premio di un milione di lire a chi catturi gli assassini o dia indicazioni sicure per il loro arresto”. In una riunione urgente convocata in Prefettura, alla quale partecipa il comandante militare regionale Gherardo Magaldi, il ministro Pavolini chiede una rappresaglia esemplare. L’attentato turba profondamente l’opinione pubblica cittadina. In una lettera accorata ai fedeli della diocesi il card. Nasalli Rocca esorta la popolazione “a mettere pace alle ritorsioni e alle vendette”. Prima di accettare direttamente da Mussolini l'incarico di Commissario del PFR, Facchini era stato segretario del GUF di Bologna e ultimo direttore del mensile "Architrave". Nel 1942 aveva partecipato alla campagna di Russia come volontario nella Divisione Tagliamento. La sua uccisione rientra nella strategia gappista di alzare il tiro contro i responsabili del fascismo repubblicano. Il 3 novembre precedente è stato ucciso a Imola il seniore della Milizia Fernando Barani, il 13 novembre è stato colpito a Ferrara il Federale Iginio Ghisellini e il 18 dicembre a Milano il Commissario Aldo Resega. Secondo Dario Zanini, il federale era “una persona moderata e stimata; simpatizzante socialista, era amico personale di alcuni esponenti del PSIUP che agivano nella clandestinità. Forse proprio per questo fu assassinato da partigiani comunisti”. Dopo il 25 luglio 1943 era entrato in effetti in contatto con Gabriele Boschetti e Floriano Bassi del partito socialista clandestino e con Sergio Telmon, del partito d’azione. Luciano Bergonzini ricorda che “durante il periodo 'badogliano', Eugenio Facchini ebbe contatti con dirigenti socialisti e fu portato ad aderire alla federazione socialista, nell'interno della quale si dichiarò 'soreliano' ”. La circostanza è confermata da Nazario Sauro Onofri: “Poco dopo l'armistizio incontrò Gabriele Boschetti e gli espresse la ferma intenzione di entrare nel partito e di combattere contro i tedeschi”.dettagli
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27 gennaio 1944Nove condanne a morte per vendicare l'uccisione di FacchiniA seguito dell’uccisione del Segretario del Fascio di Bologna Eugenio Facchini, il Tribunale provinciale straordinario condanna a morte nove antifascisti. Presidente dell'assise è il gen. Ivan Doro, comandante della 4a Zona della GNR, ex ardito e squadrista implacabile, soprannominato “Ivan il Terribile”, amico di Arpinati “sul nascere del fascismo” e già comandante della Legione di Bologna della MVSN. Il processo, celebrato in assenza degli imputati e dei loro avvocati, è sommario e senza prove. La corte applica le disposizioni dettate il 3 novembre dal segretario del PFR Alessandro Pavolini, che ordinano di colpire, oltre agli esecutori, anche i supposti "mandanti morali" degli attentati, considerati "responsabili dell’avvelenamento delle anime e delle connivenze con l’invasore". Alcuni dei condannati sono antifascisti imolesi prelevati dal carcere della Rocca: i fratelli Bartolini, Sante Contoli, il giovanissimo Antonio Ronchi, il professore di violoncello Alessandro Bianconcini e il primario dell’Ospedale civile, già medico personale di D’Annunzio, prof. Francesco D’Agostino. Altri sono bolognesi: il Console della Milizia Silvio Bonfigli, Cesare Budini, Zosimo Marinelli, il giornalista del "Resto del Carlino" Ezio Cesarini, il grande invalido di guerra e Medaglia d’Oro al V.M. Luigi Missoni. La posizione del minorenne Ronchi viene stralciata, mentre la pena di morte inflitta a Missoni e Contoli è commutata in trent’anni di reclusione. I restanti otto condannati sono trascinati la sera stessa al Poligono di Tiro e fucilati, dopo esser stati seviziati e percossi fino all’ultimo. Il plotone d'esecuzione è comandato dal tenente della G.N.R. Guerrino Bettini di Imola, che ha richiesto questo "onore" al nuovo federale Torri. Prima di morire Marinelli ha scritto alla moglie: “Cara moglie, il Tribunale ha pronunciato la mia sentenza di morte, ma sono tranquillo. Ho con me compagni forti e sereni al pari di me, sicuri e fiduciosi che il nostro sacrificio non sarà vano”. Vano invece è risultato il tentativo, fatto dall'Arcivescovo Nasalli Rocca, affinché la sentenza di morte fosse almeno sospesa. Oltre all'esecuzione delle fucilazioni, è annunciata una taglia di un milione di lire sugli esecutori dell'attentato. Uno dei militi partecipanti alla fucilazione sarà giustiziato dai gappisti davanti al Bar Sport fuori Porta Sant'Isaia. Un altro membro del plotone d'esecuzione subirà la stessa sorte qualche giorno dopo.dettagli
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29 gennaio 1944Distruzione del Teatro del CorsoIl Teatro del Corso viene distrutto dal bombardamento del 29 gennaio, mentre si sta provando una edizione del Barbiere di Siviglia. Gli orchestrali e il maestro Adolfo Alvisi si salvano miracolosamente. Il grande edificio era situato in via Santo Stefano, nei pressi della chiesa di San Giovanni in Monte, anch’essa gravemente danneggiata dalle bombe. Inaugurato il 19 maggio 1805, il teatro aveva cinque ordini di palchi, una sala da ballo e una per la pittura delle scene. Era splendidamente decorato con stucchi e pitture di Serafino Barozzi, Giuseppe Terzi (1749-1837), Filippo Pedini e Giuseppe Muzzarelli. Vi si erano esibiti grandi interpreti. Gioachino Rossini vi aveva lavorato come maestro di cembalo nel 1811. Alla Locanda del Teatro aveva soggiornato, tra il 1825 e il 1826, il poeta Giacomo Leopardi. Nel periodo durante il quale il Teatro comunale restava chiuso, al Corso erano rappresentati i migliori spettacoli di prosa e i migliori concerti e opere liriche. Per molti anni Angelo Gandolfi rinnovò qui le tradizioni del teatro dialettale, mettendo in scena le migliori commedie di Alfredo Testoni. Dopo le distruzioni belliche, le rovine saranno ancora utilizzate come precario rifugio per gli sfollati. Nel dopoguerra al posto del teatro, probabilmente recuperabile, seppure con un costoso restauro, verrà costruito un moderno condominio. A ricordo dell’antico edificio rimarranno poche colonne, una porta e una lapide in via Santo Stefano.dettagli
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29 gennaio 1944Pesante bombardamento: distruzione dell’Archiginnasio e di altri importanti monumentiIl bombardamento del 29 gennaio è uno dei più pesanti della guerra e quello che produce i maggiori danni ai monumenti. In tre successive ondate, tra le 11,30 e le 12,50, la città è colpita da 80 fortezze volanti americane. Quasi tutte le bombe cadono nel centro storico. Vengono distrutti l’antico Teatro Anatomico in legno e la Cappella dei Bulgari all’Archiginnasio, il teatro del Corso e la chiesa di San Giovanni in Monte, l’oratorio di San Filippo Neri e la casa natale di Guglielmo Marconi, diversi palazzi lungo via Indipendenza. Danni anche alla torre Azzoguidi, alla cattedrale di San Pietro e alla basilica San Petronio. Sono inoltre gravemente colpite le sedi del quotidiano cattolico “L’Avvenire d’Italia” in via Mentana e della TIMO (telefoni) in via Goito. Fortunatamente resistono i rifugi antiaerei cittadini e, nonostante la violenza dell’attacco, si contano “solo” 31 morti. Nei giorni seguenti il bombardamento, molti servizi del terziario, già ridotti al minimo dell’organico, verranno sfollati fuori dal centro. Un distaccamento dei telefoni sarà ospitato, ad esempio, nella villa Smeraldi a San Marino di Bentivoglio. “L’Avvenire d’Italia” sfollerà con tutta la redazione nella Villa Bellaria a San Lazzaro di Savena. Il primo numero stampato in questa sede uscirà il 10 maggio 1944. Per quanto riguarda l’Archiginnasio, il personale si impegnerà a recuperare migliaia di manoscritti e libri spesso smembrati e lacerati. Il 4 febbraio la parte più pregevole del patrimonio della biblioteca sarà ricoverato nella colonia scolastica di Casaglia con i cataloghi e gli inventari. I servizi di lettura e prestito saranno garantiti in via provvisoria presso le scuole “L. Bombicci", fuori porta Saragozza.dettagli
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31 gennaio 1944Uccisione di Vittorio Garavini a CodrignanoLa sera del 31 gennaio cinque militi della GNR della 68a Legione di Imola, al comando di Primo Brini, forse avvisati da un'informatore, fanno irruzione in una casa colonica a Orsano di Monte Meldola, nei pressi di Codrignano, frazione di Borgo Tossignano (BO) mentre è in corso una festa familiare. Per i militi fascisti la festa è probabilmente una copertura per un convegno di oppositori ed è comunque un oltraggio nella grave situazione in cui versa la nazione. Entrano sparando e provocano il panico tra i presenti. Un giovane di diciassette anni, Vittorio Garavini, è colpito con una fucilata a bruciapelo. Secondo quanto riportato in un articolo del periodico "La Comune", pubblicato alcune settimane dopo il fatto, viene impedito il soccorso al ferito, che muore poco dopo. Il caposquadra della pattuglia GNR Primo Brini, definito dal periodico d'opposizione “una delle più feroci canaglie del fascismo imolese”, protagonista di sevizie contro i detenuti della Rocca, morirà in febbraio durante il rastrellamento di Cortecchio.dettagli
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2 febbraio 1944La repubblica partigiana del CornioloLa Brigata Partigiana Romagnola guidata da Riccardo Fedel (Libero, 1906-1944), ex sottoufficiale del Regio Esercito, crea una zona libera nel territorio di Corniolo, sull'Appennino al confine tra la Romagna e la Toscana. Essa comprende parte dei comuni di Santa Sofia, Premilcuore e Bagno di Romagna. Il fatto che si trovi nel Forlivese, provincia natale di Mussolini, ha grande valore simbolico. Nella Libera Repubblica del Corniolo, protetta dalle abbondanti nevicate invernali, la vita civile viene per la prima volta riorganizzata secondo principi democratici. Il comando si installa a Corniolo nel palazzo di un agrario. Posti di blocco presidiano le strade a tre chilometri dal paese. Un Comitato gestisce il commercio del bestiame e la riscossione delle tasse. “Ai partigiani è proibito l’uso delle bevande alcoliche e raramente si vedono nei caffè, poichè vi è una disposizione del Comando che stabilisce che nessun combattente, all’infuori del Commissario politico, può essere in possesso di denaro”. L'esperienza durerà una ventina di giorni, fino al marzo 1944. Durante questo periodo saranno rari gli attacchi ai tedeschi, mentre saranno prese di mira i militi repubblichini. Il 22 febbraio, ad esempio, due compagnie di partigiani assalteranno la caserma dei carabinieri e occuperanno il paese di Galeata, nella media valle del Bidente. Poco prima del grande rastrellamento di aprile sul Falterona e del drammatico sbandamento delle brigate romagnole e casentinesi, il comandante Libero verrà destituito e delegato ad altri incarichi. In seguito sarà accusato di diserzione, spionaggio e furto (accuse che risulteranno in gran parte infondate) e condannato a morte dal tribunale partigiano. La sentenza sarà probabilmente eseguita poche settimane dopo, ma il corpo comunque non verrà ritrovato. L'importante esperienza della zona libera, legata al nome di Fedel, non avrà grande risonanza nel dopoguerra.dettagli
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5 febbraio 1944Occupazione di PremilcuoreUn gruppo di partigiani imolesi aggregati alla Brigata Garibaldi Romagnola partecipa all'occupazione del paese di Premilcuore, a circa 50 chilometri da Forlì. Vengono perquisite alcune abitazioni delle famiglie più ricche - in particolare quella di Edvige Mussolini, sorella del Duce - ed è presa d'assalto la caserma della GNR, con lo scopo di procurarsi armi e munizioni. Dopo alcune ore di assedio i partigiani si sganciano. Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio, per le gravi ferite riportate, muore Guido Buscherini (Stoppa) di 23 anni. E' il primo partigiano caduto dell'8a Brigata Garibaldi. A guidare l'azione di Premilcuore è Andrea Gualandi (1911-1944), ex operaio comunista condannato nel 1939 dal Tribunale Speciale, tra i fondatori della 4 Bgt. Garibaldi e poi della 36a “Bianconcini”. In entrambe le formazioni avrà il grado di capo di stato maggiore. Morirà il 14 ottobre 1944 nei pressi di Modigliana durante una marcia di trasferimento notturna verso le linee alleate. Gli sarà conferita la Medaglia d'Oro al V.M.dettagli
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12 febbraio 1944Mario Agnoli eletto PodestàIl commissario prefettizio ing. Mario Agnoli (1898-1983) viene eletto Podestà di Bologna. E' un fascista della vecchia guardia e volontario di guerra, ma non ha mai ricoperto incarichi politici nel Ventennio, occupandosi soprattutto di edilizia. Nel Direttorio del Fascio bolognese è stato solo un consulente tecnico. E' un sostenitore convinto degli ideali della RSI e sarà primo cittadino per tutta la durata del conflitto. Rappresentante della parte più moderata del fascismo, terrà una posizione di relativa indipendenza rispetto agli altri dirigenti del PNF e si adopererà soprattutto per la protezione della città e la salvaguardia della popolazione, anche con ripetuti appelli presso i comandanti militari tedeschi. Il suo impegno sarà riconosciuto dal Comitato di epurazione al quale verrà deferito dopo la Liberazione. Il solo fatto di averlo messo nella lista degli epurandi, suonerà come "una manifesta offesa alla giustizia, offesa che va riparata riconoscendo all'ing. Agnoli la figura del cittadino onesto, del patriota, fervente artefice, in collaborazione con altre emineneti personalità, della salvezza della sua città in uno dei più gravi momenti della sua storia". Nel dopoguerra ricoprirà ancora prestigiosi incarichi: sarà Presidente dell'Accademia di Belle Arti, dell'Ordine degli Ingegneri e della Cassa Mutua degli Ingegneri e Architetti.dettagli
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16 febbraio 1944Attentati contro Pericle Ducati e Umberto AmaduzziIl prof. Pericle Ducati (1880-1944), archeologo e direttore del Museo Civico, che ha aderito alla RSI, subisce un attentato da parte dei partigiani. Ferito gravemente, morirà alcune settimane dopo a Cortina d'Ampezzo. Assieme a Pierluigi Dagnino, Seniore della Milizia, a Giovanni Cosimini e al notaio Umberto Amaduzzi (1900-1944), faceva parte del Tribunale straordinario di Firenze, che i partigiani hanno deciso sciogliere con le armi. I tribunali straordinari provinciali sono stati istituiti da Mussolini per giudicare “casi di tradimento e di fellonia”, cioè casi di iscritti al PNF passati al nemico, dopo aver ricoperto cariche e ricevuto onori nel Ventennio. La stessa sorte di Ducati toccherà al presidente Amaduzzi, assassinato dai gappisti a Bologna il 23 marzo 1944. Sarà sostituito da Giorgio Pini (1899-1987), direttore del "Resto del Carlino" e amico personale di Mussolini. Il tribunale provinciale straordinario di Bologna, nominato da Mussolini il 23 dicembre 1943 e insediato dal 15 gennaio 1944, è invece composto da quattro fascisti inviati da Padova: sono Gianfranco Vivarelli, presidente, Pio Leoni, Dino Prisco e Augusto Cantagalli, pubblico accusatore, più tardi sostituito da da Guelfo Negri di Ravenna. Il prefetto Fantozzi lamenterà lo scarso funzionamento di questo tribunale per le continue assenze di alcuni membri.dettagli
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18 febbraio 1944Bando contro i renitentiIl bando del 18 febbraio, voluto dal generale Rodolfo Graziani (1882-1955) e firmato dal Capo del Governo, promette la “punizione con la morte mediante la fucilazione nel petto” per i disertori e i renitenti alla leva della RSI. I giovani delle classi dal 1922 al 1924 e le loro famiglie sono costretti ad una scelta difficile. In Emilia solo 1.656 su 9.188 precettati risponderanno alla chiamata, arruolandosi nell'esercito repubblichino. Gli altri sceglieranno di nascondersi o di darsi alla macchia, raggiungendo le prime formazioni partigiane. Alla disobbedienza di massa chiameranno, con volantini e manifesti, i partiti e le organizzazioni antifasciste clandestine. Il 18 aprile un decreto legislativo offrirà una occasione di amnistia per gli sbandati disposti a presentarsi all'arruolamento entro il 25 maggio successivo. Il cosiddetto “bando del perdono” sarà reiterato da Mussolini il 28 ottobre, in occasione dell'anniversario della Marcia su Roma.dettagli
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21 febbraio 1944Attacchi gappisti contro i militari tedeschiLa sera del 21 febbraio un gruppo di gappisti attacca la sede di un comando tedesco di polizia in via Dante. Oltre a lanciare bombe a mano i partigiani aprono il fuoco ferendo cinque soldati, due dei quali in modo grave. Altri attacchi con lanci di bombe avvengono contro una ronda tedesca all'angolo tra via Cartoleria e via Santo Stefano e in via San Petronio Vecchio. Il 23 febbraio un ordigno esplode nei pressi della caserma GNR di viale Aldini. Il giorno seguente un gruppo di fascisti è preso di mira nella centralissima via Indipendenza. Alle azioni militari si accompagna un'opera di propaganda tesa a presentare il movimento partigiano come espressione della lotta del popolo per la liberazione del paese.dettagli
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22 febbraio 1944Parte dal campo di Fossoli il primo treno di deportatiGià luogo di detenzione per prigionieri inglesi, quindi centro di raccolta per gli ebrei gestito dalla RSI, il campo di concentramento di Fossoli, nei pressi di Carpi, dal gennaio 1944 passa sotto la responsabilità delle SS, che lo utilizzano come base per la deportazione di rastrellati ed ebrei. E' articolato in tre sezioni: quella del Campo Vecchio (o campo di concentramento per internati civili), amministrata dalla questura di Modena e destinata ai prigionieri della RSI e le due del Campo Nuovo (Polizei und Durchgangslager o Dulag 152), gestite da un corpo di guardia tedesco, una con prigionieri ebrei e l'altra con i politici destinati ai lager del Reich. Ogni volta che il campo raggiunge i 600 internati è organizzato un "trasporto" in vagoni piombati dalla stazione di Carpi. Sul primo convoglio in partenza da Fossoli per Auschwitz il 22 febbraio, assieme a 13 ebrei bolognesi c'è anche lo scrittore Primo Levi. Tra i 5.000 deportati che transitano per Fossoli, molti provengono dalle Caserme Rosse o dalle carceri di San Giovanni in Monte di Bologna, come il responsabile della Delasem Mario Finzi o il beato Odoardo Focherini. Il 21 giugno parte verso Mauthausen l'ultimo grande trasporto di politici, in cui sono compresi molti bolognesi. Nel luglio partono per Dachau e Mauthausen anche gli uomini rastrellati il 29 maggio nella razzia ordinata dal Podestà di Castel del Rio. Dall'agosto 1944, con l'approssimarsi del fronte, il Dulag 152 di Fossoli viene chiuso e trasferito a Gries (BZ). Resta attiva, fino al novembre 1944, solo la parte utilizzata come campo di transito per i rastrellati. Dopo la guerra il campo funzionerà come centro di raccolta di profughi, ma anche di soldati tedeschi e collaborazionisti. Nel 1947 ne prenderà possesso Don Zeno Saltini per fondarvi Nomadelfia, in cui troveranno rifugio circa 800 persone. Dal 1954 sarà invece il Villaggio San Marco e accoglierà decine di profughi giuliano dalmati, costretti ad abbandonare i territori adriatici passati alla Jugoslavia. Nel 1973, nella vicina Carpi, sarà inaugurato il Museo Monumento al Deportato. Progettato dal Gruppo BBPR (tra i componenti, Belgiojoso e Banfi furono rinchiusi a Mauthausen), il museo si avvale degli allestimenti di Lica e Albe Steiner e delle opere di grandi artisti come Cagli, Legér, Longoni, Picasso, Guttuso.dettagli
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23 febbraio 1944Il rastrellamento di CortecchioMiliti della Guardia Nazionale di Imola e Faenza e reparti tedeschi effettuano, sulla base di informazioni ricevute, un rastrellamento nella zona di Cortecchio, in comune di Castel del Rio al confine tra Emilia e Toscana, con l'obiettivo di catturare partigiani. Il mattino del 23 febbraio una colonna GNR attacca un casolare semi diroccato del podere Albergo, alle pendici del monte Faggiola, dove da gennaio si è rifugiato un gruppo di "ribelli" al comando di Giovanni Nardi (Caio), con l'intenzione di raggiungere una formazione partigiana sul monte Falterona. Una parte degli occupanti riescono ad allontanarsi. Rimangono solo quattro giovani, che si difendono disperatamente e colpiscono un brigadiere della GNR di Imola, Primo Brini. Due di essi rimangono uccisi: Dante Cassani e Luigi Zauli. I loro corpi sono profanati e i loro effetti personali derubati. Gli altri due si arrendono e sono costretti a portare a valle il cadavere di Brini, camminando scalzi nella neve. Una parte dei partigiani imolesi e faentini, sfuggiti al rastrellamento di Cortecchio, torneranno in primavera sul monte Faggiola, dando vita alla 4. Brigata Garibaldi, che poi diverrà 36. Brigata "Alessandro Bianconcini".dettagli
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24 febbraio 1944La famiglia Baroncini deportata nei lagerIl 24 febbraio vengono arrestati una ventina di lavoratori dell'Oare, l'officina di riparazione degli automezzi dell'esercito, appartenenti a un comitato antifascista e accusati di sabotaggio della produzione bellica. Nella casa di uno di essi - Adelchi Baroncini - in via Rimesse la Gestapo scopre una piccola stamperia clandestina: alcune macchine da scrivere, un ciclostile e molto materiale di propaganda. Tutta la famiglia - oltre ad Adelchi, la moglie Teresa e le figlie Lina, Jole e Nella - viene catturata e rinchiusa nel carcere di San Giovanni in Monte. Adelchi e Lina saranno trattenuti per un mese presso il comando SS. La ragazza sarà ripetutamente picchiata e costretta ad assistere alle tremende torture inflitte al padre: "L'avevano legato alle mani e ai piedi e lo tiravano su e giù con una carrucola ...". Il 6 maggio i Baroncini saranno tutti trasferiti a Fossoli, dove rimarranno alcuni mesi. Quindi saranno deportati nei lager: Adelchi morirà ad Hartheim, Teresa e Jole a Ravensbruck. Solo Nella e LIna torneranno a Bologna alla fine del conflitto.dettagli
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24 febbraio 1944La Missione Radio ZellaIl 24 febbraio alla foce del Po un sottomarino americano sbarca due giovani agenti italiani dell'ORI (Organizzazione della Resistenza Italiana), Antonio Farneti (Roberti) e Alberto Grimaldi, incaricati per conto dell'Office Strategic Service alleato di una importante missione di coordinamento delle azioni partigiane a nord della Linea Gotica, denominata Radio Zella. Essa avrà sede nella villa Neri a Rivalta di Faenza e sarà collegata a un gruppo politico romagnolo di ispirazione laica e repubblicana, di cui fanno parte, tra gli altri, i fratelli Tonino e Arturo Spazzoli, Francesco Lami, Adriano Casadei, Vittorio Bellenghi, Mino e Bruno Neri, tutti in relazione con ambienti del movimento di liberazione. Essa avrà tra l'altro il compito di orientare i lanci di armi alle formazioni partigiane collegate al CLN. I primi saranno effettuati il 5 e l'8 aprile per le brigate romagnole sul Falterona. Tra giugno e luglio gli aviolanci raggiungeranno la 36a Brigata “Alessandro Bianconcini” (il 22 giugno e il 19 e 26 luglio), l'8a Brigata Garibaldi “Romagna” (il 21 giugno e l'8 luglio nella zona di Ridracoli), la Banda Corbari (il 16 luglio all'Acquacheta). Tra le azioni di Radio Zella vi sarà il recapito agli Anglo-Americani di preziosi documenti sui piani della linea Gotica, sottratti a due ufficiali tedeschi dai partigiani della Banda Corbari, e il salvataggio di alcuni generali alleati sfuggiti ai campi di prigionia italiani. Dopo l'arresto del radiotelegrafista Alberto Grimaldi (Andrea Zanco), i componenti della missione Zella saranno progressivamente decimati. Bruno Neri e Vittorio Bellenghi rimarranno uccisi il 10 luglio in uno scontro coi tedeschi presso l'eremo di Gamogna. Tonino Spazzoli sarà arrestato il 7 agosto a Forlì, il fratello Arturo e Adriano Casadei saranno sorpresi il 18 agosto dai nazifascisti al casolare di Cornio, assieme a Silvio Corbari e Iris Versari: finiranno tutti appesi ai lampioni di piazza Saffi di Forlì. Fabbri, Lega, Bandini e altri saranno arrestati e uccisi nei mesi successivi. Grimaldi, sospettato di aver tradito i compagni - ma strenuamente difeso dal comandante della missione Antonio Farneti (Roberti) - sarà a sua volta fucilato dai tedeschi a Bologna il 22 agosto.dettagli
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26 febbraio 1944Bombe partigianeIl 26 febbraio una bomba è fatta brillare tra i binari della cintura ferroviaria nei pressi del Trebbo di Corticella, mentre un'altra esplode in via Indipendenza, all'interno del negozio “Nuova Italia” dello squadrista Peppino Ambrosi. Il 29 febbraio, nei pressi di San Pietro in Casale, un ordigno distrugge un tratto di binari e al chilometro venti della linea Bologna-Ferrara avviene uno scontro a fuoco. Lo stesso giorno la linea Bologna-Vignola è bersaglio di un attentato partigiano, così come la ferrovia Bologna-Venezia nei pressi di Calderara e la linea Bologna- Massalombarda. Sempre il 29 al Pontelungo (BO) salta un traliccio dell'alta tensione. La zona rimane per alcune ore senza energia elettrica. Vengono danneggiati i binari di uscita del deposito tramviario, in appoggio allo sciopero del giorno successivo.dettagli
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29 febbraio 1944Arresto di ufficiali della Polizia accusati di preparare l'insurrezioneIl 29 febbraio, in seguito alla delazione di una spia, nella sede della CAS di Tartarotti vengono arrestati alcuni funzionari della P.S. e della Prefettura, ufficiali e agenti della Compagnia mobile di Polizia. Cinque persone, tra cui il sottotenente Carlo Galli, il capitano Gerardo Paolino e il dott. Dante La Rocca saranno denunciati al Tribunale Speciale per la difesa dello Stato e accusati di propaganda sovversiva e ascolto di radio nemiche. Fin dall'armistizio hanno tentato di creare un'organizzazione clandestina al fine di una insurrezione armata assieme ad altre organizzazioni della Resistenza. Il prefetto Dino Fantozzi, in una lettera al ministro Pavolini, definirà il sottotenente Galli "nemico acerrimo del governo attuale e badogliano", proponendone la deportazione in Germania. I cospiratori subiranno una dura segregazione nelle Celle Nuove del carcere di San Giovanni in Monte - demolite nel dopoguerra perchè considerate disumane - e nella "orribile" prigione di via Albergati. In seguito, destinati al carcere di Parma, riusciranno fortunosamente a fuggire con vari stratagemmi e grazie all'aiuto di alcuni sorveglianti.dettagli
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marzo 1944La 7a Brigata GAPLa guerriglia urbana a Bologna è in larga parte attuata dai Gruppi armati di Azione Patriottica (GAP) organizzati dal Partito comunista. Al primo nucleo di una ventina di partigiani, attivi fin dall'autunno del 1943 - numero esiguo e considerato “insufficiente al bisogno e alle possibilità” - appartengono soprattutto antifascisti di lunga data, collaudati nella clandestinità. Alcuni di essi provengono dall'esperienza della guerra di Spagna. I primi dirigenti sono Luigi Gaiani, Vittorio Ghini (Locati), Walter Nerozzi e Remigio Venturoli. La presenza di elementi esperti è fondamentale per conferire regole ferree e disciplina costante alle azioni spesso temerarie dei gappisti. Sul piano dell'organizzazione - scelta degli obiettivi, basi di protezione, reti di collegamento - nulla è lasciato al caso. I gappisti impegnati in azioni armate vengono reclutati soprattutto tra gli operai comunisti della Ducati, della Sabiem e di altre fabbriche bolognesi. Operano in piccoli gruppi, che agiscono in autonomia. All'inizio vengono compiuti soprattutto attentati contro gerarchi fascisti e comandi tedeschi, oppure contro luoghi di ritrovo e di svago dei nazifascisti, come ristoranti e case di tolleranza. Le tecniche della guerriglia urbana, mutuate dai Francs tireurs francesi, sono introdotte dal "compagno generale" Ilio Barontini (1890-1951), promotore, tra l'altro, in via Jacopo della Quercia, di un efficiente laboratorio clandestino per la fabbricazione di bombe a scoppio ritardato. L'attività dei "banditi senza patria e senza Dio" - così li chiamano i fascisti - si affianca all'azione organizzata e di massa degli operai e delle donne, in città e in provincia. In marzo i primi gruppi vengono riorganizzati ed è costituita la 7a brigata GAP Garibaldi, poi chiamata Gianni, dal nome di battaglia di Massimo Meliconi, uno dei suoi migliori dirigenti morto in combattimento. In maggio il comando della 7a GAP è assunto da Alcide Leonardi (Luigi), con Bruno Gualandi (Aldo) e Giovanni Martini (Paolo) vice comandanti. Commissari politici sono Sonilio Parisini, Andrea Bentini (Verdi), Giuseppe Armaroli (Carlo), Alceste Giovannini (Gino) e Aldo Cucchi (Jacopo). Nell'estate 1944, la 7a GAP, assieme alla 1a brigata "Irma Bandiera" formata da sappisti, raggiunge una notevole espansione numerica e una eccezionale intensità operativa: circa 250 partigiani portano a segno, nei soli mesi estivi da giugno a settembre, più di cento azioni. Tra esse la distruzione in vari punti della città di carri tedeschi carichi di benzina (20-24 giugno), la liberazione dei prigionieri politici dal carcere di San Giovanni in Monte (9 agosto), il danneggiamento di 32 cannoni antiaerei a Calcara (30 agosto), la distruzione della polveriera di Villa Contri (20 settembre), i due attacchi all'Hotel Baglioni, sede del comando di piazza tedesco (29 settembre e 18 ottobre). Ma un peso ancora maggiore, rispetto a queste azioni clamorose, ha lo stillicidio quotidiano di colpi e uccisioni, ai quali tedeschi e repubblichini non sanno porre rimedio. Tra gli attentati più clamorosi vi sono quelli al segretario del PFR di Monteveglio (26 giugno), al podestà di Castenaso (28 giugno), al tenente colonnello Di Rago a Corticella (30 giugno). Nel periodo di massimo sviluppo la 7a GAP conta circa 400 partigiani armati. E' organizzata, in città e in provincia, su sei battaglioni o distaccamenti. In città opera soprattutto il distaccamento “Temporale”, comandato da Nazzareno Gentilucci (Nerone) e da Lorenzo Ugolini (Naldi). Già dalla tarda primavera del 1944 si formano in pianura i distaccamenti di Castel Maggiore, comandato da Franco Franchini (Romagna) e poi da Arrigo Pioppi (Bill), di Anzola Emilia “Tarzan”, comandato prima da Vittorio Bolognini e poi da Sugano Melchiorri, di Medicina, comandato da Mario Melega (Ciccio), da Vittorio Gombi (Libero) e poi da Giuseppe Bacchilega (Drago), di Castenaso, comandato da Carlo Malaguti (Nino) e poi da Oddone Sangiorgi (Monello), seguiti più avanti da quelli di Castel San Pietro e Imola. Nell'autunno-inverno del 1944 opera in pianura anche la 2a brigata “Paolo” comandata da Beltrando Pancaldi (Ran), che in marzo si sdoppia: la 2a brigata è affidata a Walter Parenti (Biondo) e la 4a “Venturoli” a Enrico Mezzetti (Fulmine). Ogni distaccamento GAP è suddiviso in squadre di sei sette componenti, con una donna come staffetta di collegamento. In pianura la vita dei gappisti dipende soprattutto dalla collaborazione dei contadini, che offrono a loro rischio e pericolo cibo e ospitalità. I partigiani vengono nascosti in un primo tempo nelle stalle e nei fienili. In seguito, quando i rastrellamenti dei nazifascisti si faranno più insistenti e accurati, saranno ricavati rifugi attraverso buche nei campi ricoperte di assi e mimetizzate con terra e fogliame, oppure scavando gli argini dei fiumi e dei canali.dettagli
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marzo 1944"Una notte al Madera" al Teatro MedicaAl cinema Manzoni viene proiettato, con grande concorso di pubblico, il film Una piccola moglie, con Assia Noris, Clara Calamai, Fosco Giacchetti e Renato Clemente. Intanto al Teatro Medica l’impresario Remigio Paone, fondatore dell’UNAD (Unione Nazionale Arte Drammatica) presenta la rivista musicale in due tempi Una notte al Madera di Aldo Rubens e Luciano Ramo. E’ praticamente la versione italiana dello spettacolo Wunderbar, con l’orchestra di Gorni Kramer (anche autore delle musiche) sul palco ad accompagnare i cantanti. Ad esibirsi sono Natalino Otto, Maria Pia Arcangeli, il quartetto Cetra e Lucia Mannucci, qui in veste di solista. Il 24 aprile al teatro "Duse" di Bergamo la rivista verrà sospesa da un gruppo di fascisti repubblicani, contrari alla musica "angloamericaneggiante, saxofonizzata" di Kramer. Il cantante Natalino Otto sarà costretto a cantare Giovinezza.dettagli
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1 marzo 1944Scioperi politici nelle fabbricheIl 1° marzo uno sciopero degli operai nelle fabbriche del Nord ferma la produzione destinata soprattutto al Reich. L'epicentro della protesta è nel triangolo industriale, tra Genova, Torino e Milano. Alle prime luci dell'alba del 1° marzo a Bologna forti esplosioni danneggiano alcune linee tramviarie. Il gappista Diego Orlandi (Pietro) ha piazzato ordigni sotto gli scambi dei depositi della Zucca e del Littoriale e sotto cinque tralicci dell'alta tensione presenti fuori porta Saffi. E' il segnale di inizio dello sciopero, che coinvolge parecchie industrie in città e provincia. Un volantino diffuso clandestinamente incita gli operai, gli impiegati e i tecnici a rimanere compatti sui luoghi di lavoro e a inviare delegazioni ai padroni con le rivendicazioni. Alla Calzoni, alla Ducati (negli stabilimenti di Borgo Panigale, Bazzano e Crespellano), alla Weber, alla Scipione Innocenti devono intervenire i soldati tedeschi e i militi della GNR per far riprendere il lavoro. Vi sono arresti e fermi tra i componenti delle commissioni di fabbrica. Intanto si fermano i tram, rimangono inattive parecchie fornaci e chiude l'Azienda del gas. Davanti alla Prefettura si svolge una manifestazione popolare di protesta. Altri scioperi e attentati avvengono nella provincia. A Castel Maggiore 300 operaie incrociano le braccia. Una bomba scoppia davanti alla Casa del fascio di San Giorgio di Piano e cinque militi della GNR rimangono feriti. Anche la sede del PFR di San Giovanni in Persiceto subisce un attentato gappista, così come quella del Dopolavoro fascista di Imola. Il 2 marzo si svolge al Pontevecchio lo sciopero delle maestranze del Calzaturificio Montanari, in gran parte donne. Il corteo, in cui è notata la presenza di partigiani, sfila lungo la via Emilia, bloccando il traffico nei due sensi. Il 3 marzo nel Polverificio Baschieri & Pellagri di Marano è attuata una sospensione del lavoro per tutta la giornata, promossa da Agostino Pinardi e altri operai, mentre nella vicina Castenaso si tiene una manifestazione popolare. I tentativi di sciopero proseguono in alcune fabbriche fino all'8 marzo, ad esempio all'ACMA, alla Barbieri di Castelmaggiore, nella cartiera della Lama di Marzabotto, alla SAM di Anzola Emilia. Gli agitatori e gli scioperanti più in vista saranno costretti alla clandestinità per evitare l'arresto e andranno ad ingrossare le fila delle formazioni partigiane. In una riunione con il prefetto il 14 marzo, i capi fascisti Franz Pagliani e Pietro Torri propongono di reprimere con la forza, facendo fuoco sugli operai, ogni ulteriore tentativo di sciopero nelle fabbriche. Alcuni tra gli operai e i tranvieri arrestati saranno internati a Fossoli e poi deportati a Mauthausen. La repressione scatenata dai fascisti e dai Tedeschi porterà alla deportazione di oltre 1.200 operai dalle fabbriche dell'Alta Italia.dettagli
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2 marzo 1944Furto sacrilego nella chiesa dei ServiNella chiesa dei Servi viene rubata una pisside contenente ostie consacrate. Don Amedeo Girotti, nel suo diario, parla di "enorme delitto" compiuto da una "generazione perversa", accostando idealmente il furto alla brutalità della guerra.dettagli
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11 marzo 1944I soldati cantano inni sovversiviL'11 marzo la Guardia Nazionale Repubblicana ferma circa 500 reclute di stanza nella caserma “Cadorna” alla Croce di Casalecchio. Molti giovani hanno espresso idee contrarie al regime. Condotti alla stazione per essere internati, attraversando la città cantano L'Internazionale. Un analogo episodio capita a una compagnia di militari avviati a piedi a Corticella per prendere un treno diretto in Veneto. Anch'essi vengono sorpresi a cantare inni “sovversivi”. Nonostante le gravi pene previste dai bandi emessi dal mese di febbraio, l'opposizione al reclutamento forzato nel nuovo esercito della RSI si manifesta sempre più e la costituzione di nuove unità procede molto a rilento. Secondo un rapporto riservato della GNR a Mussolini “il morale delle truppe è basso”.dettagli
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11 marzo 1944Arresto e deportazione di Odoardo FocheriniL’11 marzo i fascisti arrestano presso l’ospedale di Carpi il giornalista Odoardo Focherini (1907-1944), presidente dell'Azione Cattolica diocesana di Modena e collaboratore del quotidiano "L'Avvenire d'Italia". E' accusato di aver aiutato a fuggire un medico ebreo dal campo di concentramento di Fossoli. Tradotto a Bologna nel carcere di San Giovanni in Monte, vi rimarrà fino al 5 luglio. Inviato quindi in Germania attraverso i campi di transito di Fossoli e Bolzano, inizierà il suo calvario nei lager tedeschi, a Flossenburg e a Hersbruck, dove morirà il 27 dicembre 1944. Dopo l'8 settembre Focherini si è attivato per facilitare la fuga in Svizzera di numerosi ebrei perseguitati. Assieme a don Sala di San Martino in Spino ha organizzato una rete clandestina di aiuti, portandone in salvo un centinaio. Nel 1955 l'Unione delle Comunità Israelitiche italiane gli assegnerà la Medaglia d'oro alla memoria e nel 2013 sarà dichiarato Beato.dettagli
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12 marzo 1944La spedizione "Bandiera" e la battaglia di Pieve di TrebbioLa Guardia Nazionale Repubblicana organizza azioni di rastrellamento nel modenese alla ricerca di renitenti e per scoraggiare la formazione di bande partigiane. Il 12 marzo, grazie a una delazione, attacca un nutrito gruppo di “ribelli” a Pieve di Trebbo di Guiglia, nella bassa Valle del Panaro. Qui circa un centinaio di giovani renitenti ai bandi della RSI si è raccolto attorno all'ex capitano degli alpini Leonida Patrignani (Bandiera), che ha ricevuto dal CLN il compito di raggiungere le formazioni dell'alto Appennino. Dal 1937 al 1943 Patrignani ha fatto parte, assieme ad altri giovani intellettuali, del gruppo azionista animato a Bologna dallo storico dell'arte Ludovico Ragghianti. Si è trasferito nel modenese all'inizio della lotta di liberazione. La battaglia di Pieve di Trebbo provoca la morte di sei giovani partigiani, oltre che di alcuni militi della RSI e segna la fine della “Spedizione Bandiera”. Patrignani decide infatti di sganciarsi verso la pianura e sciogliere la formazione. L'episodio segna l'inizio della Resistenza nella valle del Panaro e sarà vista come un caso emblematico delle difficoltà incontrate all'inizio dell'atività partigiana nel modenese. Il nome di Patrignani, dapprima riparato in Svizzera e poi a capo di una brigata GL tra Parma e Piacenza, sarà a lungo dimenticato.dettagli
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13 marzo 1944Tortura e uccisione di Antonio Carini (Orsi)Al ponte dei Veneziani di Meldola (FC) un auto trascina il corpo ormai senza vita di Antonio Carini (Orsi, 1902-1944), commissario politico dell'8a Brigata Garibaldi. Prima di gettarlo nel fiume Bidente i fascisti lo trafiggono di pugnalate e ne sfigurano il volto a colpi di pietra. Originario di Monticelli d'Ongina (PC), Carini era uno dei massimi dirigenti comunisti impegnati nella Resistenza. Ex volontario di Spagna e confinato politico, divenuto membro del Comando generale delle Brigate Garibaldi, nell'ottobre del 1943 era stato incaricato di promuovere e coordinare l'attività partigiana in Romagna. Assieme a Ilario Tabarri (Mauri), Luigi Fuschini (Savio) e Oddino Montanari (Lino) aveva promosso un Comitato militare indipendente dagli altri partiti. Era stato ispettore presso la Brigata Romagnola guidata da Riccardo Fedel (Libero). Mentre dalla zona appenninica si recava in pianura per informare di un piano di aviolanci concordato con gli Alleati, il 9 marzo è stato sorpreso al guado dell'Arbata sul Bidente, presso Meldola, da militi della Legione "M" Guardia del Duce, guidata da Giacinto Magnati. Rinchiuso alla Rocca delle Caminate, è stato torturato per quattro giorni. Nonostante tremende sevizie non ha fornito informazioni, facendo inferocire i suoi aguzzini. Il partigiano Valbonesi lo ha visto legato a un palo, con le gambe maciullate, la carne bruciata: "Eppure, in quel breve attimo in cui potemmo parlarci, mi raccomandò di non lasciarmi scappare nulla con i fascisti, di essere forte". A Carini verrà assegnata la Medaglia d'Argento alla memoria con la seguente motivazione: "Forte tempra di patriota e di sagace propagandista, metteva continuamente a repentaglio la propria vita nello svolgimento di importanti e delicate missioni di collegamento. Catturato nel corso di una di queste ed imprigionato, affrontava con animo stoico e sereno le più atroci sevizie e torture, senza che mai nulla di benché minimamente compromettente potesse uscire dalle sue labbra. I suoi aguzzini, esasperati per il suo spavaldo contegno, lo finivano a pugnalate. Bellissima figura di patriota e di volontario della Libertà".dettagli
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15 marzo 1944Distruzione di un convoglio ferroviario tedesco sulla DirettissimaUn convoglio ferroviario tedesco, composto di carri cisterna pieni di carburante, viene fatto saltare con esplosivi a scoppio ritardato nella galleria di Monte Adone della linea Direttissima tra Pianoro e Vado. L'azione è opera di una squadra della brigata partigiana Stella Rossa. Vanno distrutti 44 vagoni e rimangono uccisi i conduttori e i soldati di scorta. La ferrovia è interrotta per 84 ore.dettagli
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18 marzo 1944Eccidio di MonchioIl 9 marzo in località Fornace, nei pressi del ponte che attraversa la valle del Dragone, i partigiani assalgono due corriere cariche di fascisti e un mezzo che trasporta un gruppo di uomini rastrellati a Palagano. Nello scontro rimangono uccisi sette militari e un civile. Il 16 marzo i nazifascisti compiono un rastrellamento nella zona del monte Santa Giulia, ma negli scontri a Mulino del Grillo e Lama di Monchio hanno ancora la peggio, perdendo otto uomini. Il giorno successivo una nuova operazione fa allontanare le formazioni partigiane dal settore. La sera stessa giunge da Bologna a Montefiorino il reparto esplorante della divisione corazzata paracadutisti “Hermann Goering”, al comando del capitano di cavalleria Kurt Cristian von Loeben. La mattina del 18 marzo, dopo un bombardamento di preparazione sul monte Santa Giulia, i tedeschi, accompagnati da una trentina di fascisti della GNR guidati dal capitano Arturo Mori, si dirigono divisi in colonne verso le località alle pendici del monte. Il primo paese raggiunto è Susano, dove gli abitanti, dopo i primi colpi di cannone, si sono chiusi nelle case e nelle cantine. I soldati hanno l'ordine di uccidere tutti gli uomini e di razziare le case prima di bruciarle. Parte degli uomini sono subito freddati, parte sono avviati a Monchio carichi di munizioni e di bottino. Le donne, i vecchi e i bambini sono portati a Savoniero sotto la minaccia delle armi, mentre le loro abitazioni vengono date alle fiamme. Nella frazione di Susano, dove si contano 24 morti, gli episodi più atroci si consumano nelle località La Buca e Vallimperchio, dove vengono uccisi anche anziani, donne e bambini. Alla cooperativa di Costrignano sono concentrati una decina di uomini catturati nei dintorni ed è allestito il plotone di esecuzione. A seguito di un tentativo di fuga disperato, quasi tutti i prigionieri vengono falciati. Intanto le case intorno e il negozio di alimentari vengono razziati. In mattinata i paracadutisti tedeschi raggiungono Monchio: nelle borgate di Castello, Cà Ghedino, Cà Bertone, Querciadello e Montelago alcuni uomini sono uccisi sul posto, altri trascinati nella piazza di Monchio. Il paese diviene teatro di un evento che non ha precedenti nella guerra in Italia: una serie di fucilazioni di massa effettuate in tre momenti distinti: alle 11 sono uccisi 26 uomini catturati nei dintorni, alle 14 i prigionieri di Susano e Costrignano, alle 16 8 uomini catturati a San Vitale. Tutti vengono falciati nel "Campo della Morte", sottostante alla piazza principale, dalle mitragliatrici collocate a Cà di Fuleri e nei pressi della chiesa; a tutti è dato il colpo di grazia e solo uno miracolosamente si salverà. Le vittime civili della strage di Monchio saranno nel complesso 136, tra le quali 8 donne e 4 bambini. Il 20 marzo un'altro eccidio nazista sarà compiuto a Cervarolo, nel reggiano, dove si conteranno 22 morti e il paese sarà saccheggiato e bruciato.dettagli
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19 marzo 1944Trasferimento della statua di Vittorio Emanuele IILa statua equestre di Vittorio Emanuele II - opera del 1884 dello scultore Giulio Monteverde (1837-1917) - viene rimossa da Piazza Maggiore in seguito al “tradimento” di Casa Savoia e collocata all'entrata dei giardini Margherita presso porta Santo Stefano. Da allora la scultura sarà conosciuta come "il monumento all'erba". Nel dopoguerra apparirà ricoperto da un grande mucchio di letame, ricordo dell'ultimo periodo di occupazione.dettagli
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20 marzo 1944L'eccidio al Caffè Roma di Cervia e l'uccisione dei partigiani FantiniLa sera del 20 marzo alcuni militi della GNR provenienti dalla Rocca delle Caminate e diretti a Ravenna sono costretti a fermarsi a Cervia per un guasto alla macchina. Mentre sono alla ricerca di un meccanico - in circostanze non chiare - partono alcuni spari che colpiscono a morte un fascista locale. Subito il caposquadra Gino Casalboli, detto "l'Umaz", scatena la vendetta: entra imbracciando un mitragliatore nel Caffè Roma in piazza Garibaldi, considerato un covo di antifascisti, e spara all'impazzata contro gli avventori: "Sui divani, sui tavoli, per terra è un groviglio di corpi sanguinanti; da essi si levano il rantolo dei moribondi, le invocazioni dei feriti; il sangue scorre e dilaga". Quattro persone rimangono uccise e sedici ferite. I fascisti tenteranno con ogni mezzo di impedire la partecipazione popolare ai funerali delle vittime, previsti per il 23 marzo. Organizzeranno un servizio di controllo all'ingresso del paese, spareranno raffiche per terrorizzare la gente. Il giorno delle esequie un gruppo di persone sarà intercettato da una pattuglia della GNR. Due ragazzi di Castiglione di Ravenna, Lino e Armando Fantini, partigiani della Brigata Garavini, verranno colti in possesso di armi e subito uccisi presso il ponte del canale.dettagli
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22 marzo 1944Le bombe colpiscono anche la collinaAlle tre del pomeriggio del 22 marzo suonano le sirene dell'allarme antiaereo. Dopo circa un'ora la città è colpita pesantemente dai bombardieri Liberator del 304° Stormo USAF, che sganciano 875 bombe da 500 libbre per 200 tonnellate di esplosivo. Si contano 187 morti e 110 feriti. Oltre allo scalo ferroviario, sono oltre duecento gli edifici centrati. Ad est, fuori porta Mazzini, è preso di mira il Pontevecchio, che tuttavia non viene seriamente danneggiato, mentre lo sono numerose abitazioni intorno. Oltre che alcune strade centrali, come via Gombruti, per la prima volta viene colpita anche la zona collinare a sud della città, finora risparmiata dalle distruzioni. Subiscono gravi danni la chiesa dei SS. Filippo e Giacomo, Palazzo Montpensier, la Facoltà di Ingegneria, l'Istituto "Pier Crescenzi", la chiesa e il convento di San Giuseppe fuori porta Saragozza, la Villa Guastavillani a Barbiano. Riguardo ai bombardamenti le autorità fasciste accusano gli Alleati “liberatori” di inciviltà, mentre i partigiani e i “badogliani” sono ritenuti corresponsabili.dettagli
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23 marzo 1944Reclutamento della Decima MasLa Decima Flottiglia Mas (X MAS) apre un ufficio di reclutamento in Palazzo d'Accursio. Un militare “col basco e con le mostrine bianche” illustra le caratteristiche di questo corpo militare e dei suoi armamenti davanti al grande magazzino Old England (Nuova Italia durante il Ventennio) in via Indipendenza. La Decima è nata all'inizio della guerra come reparto segreto della Marina per l'utilizzo di mezzi d'assalto subacquei, quali i “maiali” (piccoli sommergibili biposto), i barchini esplosivi e i motoscafi siluranti. All'inizio era formata da poche centinaia di soldati impegnati in missioni di alto rischio. Dopo l'armistizio, una parte della Decima, al comando del principe Junio Valerio Borghese (1906-1974), ha deciso di continuare a combattere a fianco dei tedeschi, stipulando un patto esclusivo con la Wehrmacht, prima della nascita della RSI. A La Spezia, sede del comando, sono affluiti migliaia di giovani volontari e si è costituito il Reggimento San Marco, formato dai battaglioni NP (Nuotatori Paracadutisti), Maestrale (poi Barbarigo) e Lupo. Dopo aver combattuto con successo a Nettuno e Anzio per arginare lo sbarco alleato, la Decima Mas, divenuta Divisione di fanteria di marina, opererà con i tedeschi contro le formazioni partigiane del Piemonte, partecipando a rastrellamenti e rappresaglie sanguinose contro i “banditi”. La Decima avrà anche un ruolo importante sul fronte dell'Istria e del Carso contro i partigiani di Tito. Nell'inverno del 1944 i battaglioni Lupo e NP saranno schierati lungo gli argini del Senio in Romagna.dettagli
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24 marzo 1944Il ten. colonnello Giorgio Ercolani torturato e fucilato alle Fosse ArdeatineTra le vittime del massacro delle Fosse Ardeatine vi sono anche alcuni componenti del Fronte Militare Clandestino Romano (FMCR): tra essi il colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo (1901-1944), rappresentante del Maresciallo Badoglio nella capitale, e un suo stretto collaboratore, il tenente colonnello Giorgio Ercolani (1908-1944), di origine bolognese. Entrambe facevano parte del “Centro R”, servizio informativo della Resistenza e operavano con la N. 1 Special Force britannica per missioni di aiuto e coordinamento delle formazioni partigiane attive nell'Italia occupata. Ercolani è stato arrestato dalla polizia tedesca il 24 gennaio. Fin dal novembre 1943 i Tedeschi e la GNR hanno infiltrato alcuni agenti tra le fila del FMCR.dettagli
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25 marzo 1944Aperto un centro di arruolamento delle SS italianeE' aperto anche a Bologna, come negli altri capoluoghi, un centro di arruolamento per le SS italiane, situato in via Saragozza 81. Sarà in seguito trasferito presso la sede del PFR in via Manzoni, con altri uffici in via Toscana e in via Rizzoli. Le SS italiane sono alle dipendenze del generale Karl Wolff (1900-1984) e giurano fedeltà assoluta ad Adolf Hitler quale supremo comandante dell'esercito tedesco. Inquadrati nella Wehrmacht e guidati da ufficiali tedeschi, i volontari SS saranno impiegati quasi esclusivamente nella lotta antipartigiana e si renderanno a volte responsabili di brutali rappresaglie e massacri.dettagli
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31 marzo 1944La 2a brigata "Giustizia e Libertà"Si costituisce la 2a brigata partigiana “Giustizia e Libertà” di ispirazione azionista. In autunno sarà intitolata a Massenzio Masia (1902-1944), Medaglia d'Oro al V.M. Dirigente politico, antifascista di antica data, Masia verrà catturato e fucilato al Poligono di Tiro dai fascisti il 23 settembre 1944, assieme ai principali membri della brigata. Altre dolorose perdite si avranno con la battaglia all'Università del 20 ottobre 1944, in particolare quella di Mario Bastia (Marroni), uno dei maggiori dirigenti militari del PdA dell'Emilia-Romagna. Nella Divisione Bologna pianura, istituita nel marzo 1945, la formazione sarà inquadrata come 8a Brigata GL “Masia”.dettagli
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31 marzo 1944Arresto di Mario FinziIl 31 marzo viene arrestato l'avv. Mario Finzi (1913-1945), direttore della Delegazione Assistenza Emigranti (Delasem), istituita dopo le leggi razziali del 1938. Ha ormai da tempo lasciato la sua attività di apprezzato concertista di pianoforte - è stato allievo a Parigi del grande Cortot - per aiutare gli ebrei in fuga dalla Germania nazista e dai paesi dell'Est europeo. Nei pressi di Nonantola ha preso in affitto Villa Emma, dove un centinaio di ragazzi ebrei sono nascosti dal luglio 1942, con l'aiuto di sacerdoti quali don Arrigo Beccari (1909-2005), del medico Giuseppe Moreali e della comunità locale. Prodigandosi anche dopo l'occupazione tedesca, Finzi ha accettato consapevolmente il rischio dell'arresto. Dopo la detenzione per alcuni mesi nel carcere bolognese di San Giovanni in Monte e nel campo di Fossoli, il 16 maggio 1944 sarà deportato ad Auschwitz Birkenau, dove morirà il 22 febbraio 1945, alcuni giorni dopo la liberazione del lager. A lui sarà dedicata la strada del tempio ebraico bolognese, prima conosciuta come via Tintinaga.dettagli
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1 aprile 1944Giustiziato il partigiano Remigio VenturoliLa notte del 1° aprile una squadra fascista, a seguito di una spiata, preleva il partigiano comunista Remigio Venturoli (1912-1944) dalla panetteria di via Rimesse in cui lavora, lo trascina nella strada antistante e lo uccide immediatamente con un colpo di pistola alla testa. Condannato negli anni Trenta dal Tribunale Speciale, esperto di esplosivi, Venturoli è stato tra i primi gappisti e organizzatori della resistenza a Bologna. Assieme a Bruno Pasquali ha compiuto l'attentato contro il federale fascista Eugenio Facchini.dettagli
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aprile 1944Armi e viveri ai partigianiNell'aprile 1944 Giorgio Fanti (Gracco) è incaricato dal C.U.M.E.R. di organizzare i rifornimenti ai G.A.P. bolognesi. La Resistenza dispone a queste date di pochi depositi: un garage abbandonato fuori Porta San Vitale, una camera in vicolo Broglio. Essi sono - scarsamente - forniti di armi, recuperate nelle caserme abbandonate l'8 settembre '43. Con grande sforzo l'intendenza partigiana appronterà nei mesi successivi dodici magazzini fuori e dentro le mura cittadine, da cui verranno distribuiti oltre 85 quintali di farina, 100 di grano, 10 di sigarette, esplosivi, detonatori, 1.500 paia di scarpe, alcuni chilometri di stoffa. Sarà presto a disposizione delle formazioni combattenti la fabbrica di polvere da sparo Baschieri e Pellagri di Castenaso, grazie alla complicità (pagata poi con la vita) del suo direttore Giorgio Maccaferri. Collaboreranno con la Resistenza anche il responsabile tedesco dello stabilimento, maresciallo Muller - in più occasioni impedirà la deportazione degli operai del polverificio - e il direttore della fabbrica Dodo Manfredi, che faciliterà a più riprese il trasferimento ai partigiani di notevoli quantità di munizioni ed esplosivo. Il “fondone” di Paolo Fabbri (Palita), in via dé Poeti, un tempo sede della tipografia del "Resto del Carlino", è, fin dal 1943, il centro della rete cospirativa socialista. E' collegato, infatti, con basi e negozi situati nella zona di via Castiglione e gestiti da antifascisti (il marmista Grandi, il lattaio Cavallini, il fornaio Albanelli, ecc.). I partigiani socialisti dispongono di un grosso quantitativo di armi appartenute ai bersaglieri, ritrovato casualmente da Fernando Baroncini in uno scantinato della T.I.M.O. Rifornimenti di viveri giungeranno alle brigate Matteotti grazie ai buoni annonari messi a disposizione dal direttore della S.E.P.R.A.L. Gozzardino Monti e con i motocarri dell'U.N.P.A., forniti dal comandante Luigi Lambertini. La complicità di alcuni secondini consentirà di consegnare pacchi di viveri anche all'interno del carcere di San Giovanni in Monte. Il negozio di scarpe degli Alvisi in via Broccaindosso è luogo di raccolta e smistamento della stampa clandestina e ospitale ritrovo di cospirazione politica. Altri laboratori artigiani serviranno da rifugio per le organizzazioni clandestine, come il laboratorio galvanico di Tozzi, la bottega del calzolaio Evaristo Diamanti in via Cantarana (poi Quadri), il negozio di fabbro di Giordano Zironi in via dell'Inferno e numerosi ancora. Gli ordigni in dotazione ai G.A.P. bolognesi saranno fabbricati da una squadra di artificieri comandati da Diego Orlandi (Pietro) nella officina clandestina di via Jacopo della Quercia diretta da Walter Nerozzi, con la guida tecnica di Ilio Barontini. Pur essendo il comandante generale delle forze partigiane, “Dario” non disdegna di dedicarsi “ai minimi particolari della lotta”. E' lui che per primo a Bologna ha insegnato a fabbricare ordigni e micce a scoppio ritardato, ha mostrato come preparare ed eseguire un'azione gappista. Le bombe verranno confezionate con pezzi di grondaia in ghisa imbottiti di tritolo, con panetti di esplosivo avvolti in alluminio (adatti come mine anticarro), con bottiglie riempite di zolfo, potassio e zucchero. Nell'autunno del 1944 l'intendenza riuscirà a rifornire regolarmente di pane e altri viveri per diversi giorni le centinaia di partigiani nascosti nella base dell'Ospedale Maggiore in attesa dell'insurrezione. Nell'aprile successivo, in vista della liberazione imminente, il centro rifornimenti (in grado di accantonare tre giorni di viveri a secco per ogni combattente) sarà spostato presso l'Ospedale Roncati.dettagli
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1 aprile 1944Edera De Giovanni prima eroina della ResistenzaIn via della Certosa sei partigiani, catturati nella zona di Monterenzio e detenuti da alcuni giorni nel carcere di San Giovanni in Monte, vengono fucilati da una squadra di polizia ausiliaria al comando di Renato Tartarotti. Secondo alcuni testimoni è lui stesso a freddarli col mitra.Le vittime sono: Ettore Zaniboni, brigadiere dei vigili urbani, Egon Brass, Enrico Foscardi, Ferdinando Grilli, Attilio Diolaiti, già schedato dalla Questura come “anarchico sovversivo e pericoloso”, e Edera Francesca De Giovanni.L'autore della spiata, Remo Naldi - un informatore della Polizia Ausiliaria - è stato arrestato con una messinscena assieme al comandante Zaniboni.La giovane Edera è la prima eroina della Resistenza nel bolognese. Destinata con gli altri ad essere fucilata alla schiena, davanti al plotone di esecuzione trova la forza di voltarsi, in un gesto estremo di ribellione.dettagli
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6 aprile 1944Grande rastrellamento sul monte FalteronaTra il 6 e il 12 aprile la Fallschirm-Panzer-Division 1 "Hermann Göring", specializzata nella repressione della guerriglia, assieme a reparti di SS e della Guardia Nazionale Repubblicana, della Venezia Giulia e della Muti, comincia una vasto rastrellamento sull'Appennino Tosco-Romagnolo intorno al monte Falterona. Qui si sono insediate alcune formazioni partigiane: il Gruppo Brigate Romagna e la Brigata toscana “Faliero Pucci”. L'esistenza di realtà come la Libera Repubblica del Corniolo, infestata da "ribelli", molti dei quali renitenti alla leva della RSI, è inaccettabile per i nazifascisti. Nonostante sia ancora lontana dal fronte di guerra, la zona è strategica per i rifornimenti dell'esercito tedesco. Il 4 aprile il generale Dostler ha ordinato di ripulirla della presenza partigiana, allontanando la popolazione e compiendo eccidi dimostrativi. Le operazioni repressive, che vedono impegnati oltre 7.000 soldati con largo impiego di artiglieria e carri armati, durano circa quindici giorni. I paesi e i villaggi sono sconvolti e distrutti. I partigiani subiscono gravissime perdite. Le varie colonne nazifasciste in marcia lasciano “tutte dietro di sé una lunga scia di sangue”, compiendo numerosi massacri di civili, “con un gran numero di donne e bambini uccisi” (Klinkhammer). Combattimenti sanguinosi si succedono tra il 6 e il 7 aprile alle pendici del Monte Fumaiolo. A Fragheto i tedeschi uccidono 33 abitanti. Vengono trucidati anche i partigiani ricoverati nell'infermeria di Capanne. Il 12 aprile, sul versante romagnolo, il paese di San Paolo in Alpe, scelto come zona di destinazione degli aviolanci alleati, è completamente distrutto. Il 13 aprile nel comune di San Godenzo (FI) vengono trucidate 18 persone tra partigiani e civili innocenti. Rimane la testimonanza di don Melani, abate di San Godenzo: “Tutti, letteralmente tutti gli abitanti, comprese le donne, i bambini ed i malati furono trascinati fuori seminudi, alcuni nudi, dalle loro case, in mezzo agli spari ed agli incendi, derubati di anelli, orologi e di tutto quanto avevano indosso, e richiusi in due stanze. Poi le case furono spogliate di tutto, tutte fino alle capanne. Quello che rimase fu distrutto. Poi molte case furono fatte saltare con la dinamite, contro altre furono sparate cannonate, una ventina furono bruciate”. Lo stesso giorno una formazione di SS in assetto di guerra occupa il paese di Partina, nel comune di Bibbiena (AR). I soldati sparano raffiche di mitraglia, entrano nelle case sfondando le porte, catturano gli uomini e li fucilano, poi danno fuoco ai corpi dopo averli cosparsi di benzina. Nella vicina frazione di Moscaio massacrano otto giovani. Intanto nel territorio di Vallucciole, frazione di Stia (AR), unità della “Hermann Göring” provenienti da Bologna, al comando del maggiore von Loeben, compiono una vasta operazione punitiva, che provoca 109 morti, compresi donne e bambini in tenera età, considerati “Bandenhelfer”, fiancheggiatori delle bande. I documenti contenuti nel cosiddetto “armadio della vergogna” dimostreranno che la terribile strage non è una rappresaglia per l'uccisione di spie tedesche, ma un'azione premeditata e pianificata da una divisione fortemente ideologizzata, che si è già distinta in passato per i suoi brutali interventi. Ovunque sul Falterona le brigate partigiane, caratterizzate da insufficiente armamento e scarsa organizzazione, sono scompaginate e messe in fuga. Secondo un rapporto del comandante Tabarri si tratta di "un vero disastro", accompagnato da atti di viltà, tradimenti e delazioni. Tra i pochi episodi di resistenza con le armi in pugno vi è quello del 12 aprile vicino a Biserno, nel comune di Santa Sofia, dove un gruppo comandato da Terzo Lori e Amos Calderoni sostiene il combattimento con centinaia di nazifascisti e viene annientato: dodici partigiani trovano una eroica morte. Una numerosa formazione, guidata dal commissario Guglielmo Marconi (Paolo), sfugge lo stesso giorno all'accerchiamento, rifugiandosi nel convento di Camaldoli. Due giovani renitenti di Bertinoro (FO), Virgilio Fantini e Renato Capacci, probabilmente catturati nel corso del grande rastrellamento, sono fucilati il 6 aprile a Bologna al Poligono di Tiro. Il 19 aprile diciassette partigiani romagnoli, catturati dai nazifascisti nella Valle dell'Oia (Falterona), sono passati per le armi ai piedi del muro del cimitero di Stia. Nella notte tra il 22 e il 23 aprile quattro partigiani in fuga dal rastrellamnto vengono catturati a Rio Secco, nei pressi di Galeata. Tre di essi vengono messi a disposizione della GNR di Forlì. Aldo Palareti (1909-1944), residente nel paese e accusato della morte di un fascista del luogo, viene prima torturato e poi fucilato presso una fabbrica di abbigliamento militare. Secondo fonti tedesche, che probabilmente sottostimano il numero reale, al termine del grande rastrellamento 289 persone risultano uccise, per la maggior parte donne, vecchi e bambini. Oltre un centinaio di uomini catturati vengono deportati nei lager tedeschi. Molti di essi non faranno ritorno. Dei resistenti dislocati sul Falterona ha fatto parte anche un gruppo di imolesi reduci da un precedente rastrellamento a Cortecchio. Guidati da Giovanni Nardi (Caio) e Luigi Tinti (Bob) sono riusciti a sfuggire alla caccia dei nazifascisti e si sono diretti verso il monte Carzolano, nell'alto Appennino imolese. A metà aprile, dall'incontro dei reduci del Falterona con altri giovani rifugiati provenienti da Imola, Faenza e Bologna, nascerà il primo nucleo della 4a (poi 36a) Brigata Garibaldi. Ai primi di maggio cominciano a presentarsi al Comando singoli partigiani e gruppi scampati al disastro: sono “i superstiti, che avevano l’esperienza di una grande bufera abbattutasi sulla Brigata e rappresentavano i quadri su cui doveva ricostruirsi la nuova formazione”. La brigata partigiana operante nel forlivese si ricostituirà su nuove basi, con il nome di 8a Brigata Garibaldi “Romagna”, al comando di Ilario Tabarri (Pietro Mauri), commissario Pietro Reali (Bernardo). Sarà provveduta dell'assistenza tecnica dell'istruttore militare Italo Morandi (Bruno Vailati), esperto di armi ed esplosivi e agente di collegamento dei servizi segreti americani, che sarà paracadutato il 1° giugno in Appennino, nei pressi di S. Sofia (FO). Altri gruppi di partigiani superstiti dal rastrellamento del Falterona daranno vita nella pianura romagnola alla 28a Brigata "Gordini" - comandata da Arrigo Boldrini (Bulow) - e alla 29a GAP "Gastone Sozzi".dettagli
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7 aprile 1944Bombardata la Stazione Nuova di San DonatoViene bombardato lo scalo ferroviario di San Donato, che gli americani chiamano la Stazione Nuova. Partecipano all'attacco 130 bombardieri Liberator, che sganciano quasi 5.000 bombe da 100 libbre. Le vittime civili di questo infausto Venerdì Santo sono oltre 30. Risultano colpiti numerosi edifici e fabbricati della periferia. L'attacco alle attrezzature ferroviarie di Bologna, San Ruffillo, Borgo Panigale e Castel Maggiore sarà ripetuto a più riprese nei mesi di maggio e giugno.dettagli
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7 aprile 1944Morte di Umberto ArmaroliIl partigiano Umberto Armaroli (1913-1944) è arrestato il 4 aprile e incarcerato nella casa del fascio di Calderara di Reno e poi nella caserma dei carabinieri di Borgo Panigale. Qui viene a lungo torturato da militi della Guardia Nazionale Repubblicana. Secondo una versione viene gettato dalla finestra, secondo la motivazione della Medaglia d'Argento al V.M. che gli verrà assegnata, preferisce il suicidio alla confessione: “pur fiaccato nel fisico, trovava la forza di saltare da una finestra, sfracellandosi sul selciato sottostante”. Operaio e fiduciario di fabbrica comunista alla Sabiem-Parenti, “dotato di una forte personalità politica e di un coraggio eccezionale”, Armaroli era uno degli organizzatori della Resistenza a San Giovanni in Persiceto e a Calderara di Reno. Durante un'azione all'aeroporto di Borgo Panigale si è impadronito con la sua squadra “di notevole quantità d'armi e munizioni che consentivano ripetute azioni di guerriglia e di sabotaggio”. Alla sua memoria sarà intitolato un battaglione della 63a Brigata Garibaldi “Bolero”.dettagli
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11 aprile 1944Opposizione al trasferimento di lavoratori in GermaniaAlla notizia che è stata approntata una lista di cinquecento lavoratori da trasferire in Germania, il comitato di agitazione clandestino dello Stabilimento Cogne di Imola diffonde un volantino in cui si denunciano il direttore e gli addetti alla disciplina interna. La reazione di malcontento degli operai induce i tedeschi a ritirare le cartoline precetto previste. La Cogne è una fabbrica dedita, fin dalla sua fondazione nel 1938, alla produzione di granate per l’esercito e di cannoni anticarro. Nel 1942 è giunta ad impiegare fino a 2.250 dipendenti. I tedeschi sono interessati soprattutto ai tecnici e agli operai specializzati. Il 13 aprile saranno le operaie delle Saponerie italiane di Bologna a scioperare contro le deportazioni. L'adesione sarà totale e una delegazione di lavoratori si recherà presso il comando tedesco in via delle Rose per spiegare i motivi della protesta, ottenendo il rinvio dell’ordine di trasferimento. Un rapporto della Kommandatur bolognese informerà della crescente opposizione ai reclutamenti forzati dell'Organizzazione Sauckel e della Todt. In un bando pubblicato il 14 giugno il rifiuto alla chiamata per il lavoro sarà considerato atto di sabotaggio punibile secondo le leggi di guerra. Nonostante le minaccie in maggio a Bologna si presenteranno solo 181 lavoratori e solo 304 in giugno.dettagli
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12 aprile 1944La battaglia di BisernoTra il 6 e il 24 aprile la divisione Hermann Goring, assieme a reparti di SS e della GNR italiana compie tra il Casentino e la Romagna una imponente operazione volta a ripulire della presenza partigiana una zona ritenuta strategica per la ritirata dell’esercito tedesco. Il 12 aprile il sentiero di crinale sopra il piccolo borgo di Biserno, a pochi chilometri da Ridracoli e da Santa Sofia, è il teatro della battaglia più cruenta del grande rastrellamento. I soldati tedeschi che avanzano allo scoperto vengono colpiti duramente dalla mitraglia e devono mettersi al riparo. Uno dei partigiani scampati ricorderà: “Non ebbi mai occasione di vedere un effetto così disastroso causato dal fuoco della mitraglia. La fila indiana di tedeschi che si trovava scoperta e sotto il fuoco delle nostre armi, sparisce come per incanto. Dai pendii scoscesi ruzzolano parecchi cadaveri”. Ma un'altra colonna prende alle spalle i partigiani, sparando coi mortai. Verso mezzogiorno il fuoco nemico “comincia a decimare la compagnia”. Una parte della brigata riesce a sottrarsi all'accerchiamento nazifascista, portando con sè i feriti, poi nascosti in una capanna di Seghettina. Al termine della battaglia sul terreno rimangono i corpi di undici partigiani, tra i quali quello di Amos Calderoni, comandante della 12a compagnia dell’8a Brigata Garibaldi e del commissario politico della stessa Terzo Lori. Altri ancora risultano dispersi. Gli ultimi uomini rimasti a copertura della ritirata si sono difesi fino alla fine, ma sono stati falciati dalla mitraglia nel disperato tentativo di trovare un riparo più sicuro. La sera del 12 aprile i tedeschi possono conquistare a San Paolo in Alpe la zona scelta dal Comitato provinciale di liberazione nazionale per il lancio di armi e rifornimenti ai partigiani da parte degli Alleati. Nel paese vengono bruciate la chiesa e le abitazioni civili.dettagli
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13 aprile 1944L'eccidio di ValluccioleNel corso della vasta operazione di rastrellamento sui monti Fumaiolo e Falterona tesa a sgominare le bande partigiane presenti nella zona, la divisione “Hermann Goring”, al comando del colonnello von Heydebreck, mette a ferro e a fuoco i paesi del Casentino, compiendo massacri di civili. Il 13 aprile a Partina vengono uccisi 29 persone poi date alle fiamme. A Moggiona si hanno 19 vittime. Nella zona tra Stia a Vallucciole i piccoli centri abitati e le fattorie isolate vengono sistematicamente colpiti, gli abitanti tutti sterminati e le case date alle fiamme. Prima di essere fucilati, gli uomini sono costretti a trasportare pesanti casse di munizioni. Le uccisioni sono efferate e brutali e denotano un particolare accanimento contro i civili. Si ha testimonianza di bambini lanciati in aria e usati come bersagli, di donne stuprate in branco e poi uccise. Al termine della giornata si contano 105 vittime. Accanto ai tedeschi della 1° reggimento Flak della Goring, al comando del maggiore von Loeben, operano soldati italiani della RSI, spesso cammuffati con divise della Wehrmacht.dettagli
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15 aprile 1944Cavalli e muli allo stadioE' disposta per il 15 aprile la “presentazione” dei cavalli e dei muli, in previsione di una loro requisizione per motivi bellici. Il raduno avviene presso lo stadio Littoriale. Operazioni analoghe avvengono anche nei principali centri della provincia.dettagli
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17 aprile 1944La 4a Brigata "Romagna", poi 36a Brigata d'assalto Garibaldi "Bianconcini"Sul monte Faggiola, al confine tra Emilia e Toscana, in un casolare abbandonato conosciuto come la Dogana, è costituita la 4a Brigata Garibaldi, guidata dal ten. Libero Lossanti (Capitano Lorenzini, 1919-1944), già organizzatore dei partigiani inviati in Veneto dal Partito comunista clandestino.La nuova formazione sull'Appennino accoglie imolesi, faentini e bolognesi, alcuni dei quali reduci dal rastrellamento delle brigate romagnole sul monte Falterona.Circa un mese più tardi, ad essa si unirà il gruppo di combattenti formato da Guerrino De Giovanni a Monterenzio, nella valle dell'Idice.Dopo l'entusiasmante occupazione militare di Palazzuolo sul Senio, con la distruzione dei registri di leva e la distribuzione del grano alla popolazione, il comandante Lorenzini (Medaglia d'oro al V.M.) sarà catturato e ucciso dai nazisti durante una missione ai Prati della Faggiola (14 giugno).Il comando della brigata sarà allora assegnato, per unanime consenso, a Luigi Tinti (Bob), mentre Guido Gualandi (Moro) diventerà il Commissario politico.In luglio la 4a Brigata diventerà 36a e sarà intitolata, su indicazione del CUMER, ad Alessandro Bianconcini (1909-1944), professore di violoncello imolese, antifascista e volontario di Spagna, fucilato dai fascisti a Bologna al Poligono di Tiro il 27 gennaio 1944.Operante sull'Appennino imolese e faentino, tra il passo Casaglia e il Giogo di Scarperia, la formazione partigiana imolese arriverà ad inquadrare circa 1.200 uomini, divisi in venti compagnie, divenendo una delle più numerose e agguerrite dell'Emilia.Sarà capace di tenere sotto controllo alcune arterie di importanza strategica, come la Faentina, la Montanara e la Casolana, fornita di armi dagli Alleati, attraverso due lanci sui monti Faggiola (23 giugno) e Carzolano (19 luglio).Nel settembre 1944 sarà strutturata in quattro battaglioni di circa trecento uomini, affidati a Edmondo Golinelli (Libero), Ivo Mazzanti (Ivo), Carlo Nicoli (Carlo) e Guerrino De Giovanni (Guerrino).dettagli
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18 aprile 1944L' "operazione perdono"Il 18 aprile viene emesso il decreto legislativo n. 145 riguardante Sanzioni penali a carico di militari o civili unitisi alle bande operanti in danno delle organizzazioni militari o civili dello Stato. E' pubblicato il 25 aprile sulla Gazzetta Ufficiale a firma di Mussolini, del Ministro delle Forze Armate Graziani e del Ministro della Giustizia Pisenti. Il provvedimento mira a recuperare i militari sbandati e i renitenti all'esercito della RSI. I militari che dopo l'8 settembre “hanno abbandonato il reparto o l'abitazione per unirsi alle bande” dovranno presentarsi volontariamente entro il 25 maggio e così “andranno esenti da pena e non saranno sottoposti a procedimento penale”. In caso contrario è prevista la fucilazione alla schiena. A Bologna il podestà Agnoli e il capo della provincia Fantozzi invitano gli “italiani smarriti e dubbiosi”, che hanno preferito “il periglioso sentiero della montagna desolata”, ad uscire “dai tremendi e infidi nascondigli” e a riprendere il loro posto tra i camerati di ieri e di oggi. La risposta all' “operazione perdono” sarà molto scarsa in tutta l'Emilia, come assai deludente sarà il risultato del richiamo alle armi delle classi tra il 1914 e il 1918, che potranno usufruire di vari tipi di esonero.dettagli
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20 aprile 1944La morte del BiondoLa sera del 20 aprile alla Croce del Biacco una pattuglia di militi fascisti, uscendo da un'osteria, vede avvicinarsi un camioncino e intima l'alt. A bordo ci sono tre gappisti diretti a Casalecchio di Reno per prelevare una partita di copertoni da biciletta. Il mezzo, che forse trasporta anche un carico di munizioni, non si ferma e allora i militi aprono il fuoco. I partigiani rispondono con le armi, ferendo alcuni nemici. I colpi sparati bloccano il camioncino e costringono gli occupanti a fuggire per i campi. Uno di essi, però - Ermanno Galeotti, detto "il Biondo" - è gravemente ferito e cade. Si nasconde in una buca, ma i fascisti gli sono presto addosso e lo finiscono a pugnalate. Nato nel 1923 a Grizzana, operaio e fiduciario di fabbrica alla Minganti e renitente alla leva, Galeotti è stato il primo giovane ad affiancare il nucleo storico di militanti comunisti che ha dato vita alla 7a Brigata GAP. Tiratore infallibile, ha partecipato a numerose, audaci azioni gappiste, quale l'uccisione del segretario provinciale del PNF Eugenio Facchini. Gli verrà assegnata la Medaglia d'Argento al V.M. alla memoria. La sua morte segna la fine della prima esperienza gappista a Bologna. Gli ultimi combattenti del nucleo originale rimasti saranno inviati in montagna. Le file della 7a GAP verranno completamente rinnovate con elementi molto giovani e risoluti.dettagli
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23 aprile 1944Manifestazione di donne ad ArgelatoCirca duecento donne di Malacappa, Larghe di Funo, S. Giobbe e Casadio manifestano per la pace e contro la mancanza di generi alimentari. Insieme si avviano, scortate da alcuni partigiani, verso il municipio di Argelato. Vengono fermate al ponte delle Larghe da un cordone di militi della GNR, che, dopo una iniziale discussione, iniziano a sparare ad altezza d'uomo, ferendo sette donne e arrestando alcuni uomini intervenuti a loro difesa. “Costretta a far uso delle armi”, la Guardia Nazionale Repubblicana continua a bastonare i manifestanti fino a Casadio. Intanto alcune donne riescono comunque a raggiungere la sede municipale. Decine di feriti saranno soccorsi dal medico condotto di Argelato e ricoverati all'ospedale di Bentivoglio. Molti cittadini di Argelato e dei comuni limitrofi porteranno viveri e fiori all'ospedale, in segno di soliderietà.dettagli
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23 aprile 1944Esecuzione di tre contadini a Castel d'AianoIl 17 aprile Castel d'Aiano è occupata dai partigiani, che tengono il paese fino al mattino seguente. Il 22 aprile la 1a Compagnia Arditi del Battaglione “Raspadori” della G.N.R., comandata dal capitano Gaspare Pifferi - assieme a militi del btg Ordine Pubblico (OP) della G.N.R. di Montese e Vergato del magg. Giuseppe Bacchetti - compie un rastrellamento a Ranocchio di Montese (MO). Nell'azione vengono catturate varie persone. Tre contadini - Fulgenzio Baccolini, Mario Mezzadri e Faustino Pini - sono trattenuti con l'accusa di aver aiutato i partigiani e nascosto dei prigionieri alleati. Il giorno seguente i tre sono condotti a Castel d'Aiano, dove vengono interrogati e malmenati. Nella piazza del paese è schierato il plotone d'esecuzione, composto da militi di stanza nel paese. I fedeli che escono dalla messa domenicale sono costretti ad assistere alla fucilazione, che per il cap. Pancaldi serve “d'esempio alla popolazione” . I fascisti impongono di lasciare esposti i corpi fino al tramonto, perché tutti vedano la fine prevista per i "traditori della patria". L'episodio suscita una grande impressione e lascerà un ricordo indelebile nella mente dei testimoni.dettagli
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25 aprile 1944Prime azioni dei partigiani imolesiIl 25 aprile una pattuglia di partigiani della 4a Brigata “Romagna” è inviata a Pianoro (BO) dal comandante Lorenzini per un’azione lingo la linea ferroviaria Direttissima. Guidati da un partigiano francese, gli uomini fanno saltare un tratto della ferrovia. In seguito sono bloccati da un reparto di carabinieri e devono aprirsi la strada combattendo. Nello scontro cinque carabinieri rimangono sul terreno, mentre il francese viene raccolto ferito da alcuni contadini in val di Zena e consegnato a una formazione partigiana di Monterenzio. Lo stesso giorno a Lozzole, frazione di Palazzuolo sul Senio (FI), un altro scontro a fuoco coinvolge un gruppo partigiano - che più avanti farà parte della 36a Brigata “Bianconcini” - e una pattuglia di fascisti accorsi a catturare tre aviatori americani abbattuti a Pian delle Fagge. Il bilancio è di tre fascisti uccisi, mentre gli altri sono costretti a fuggire. Il 29 aprile a Rifredo (FI) una pattuglia della 36a si scontra con i Tedeschi. L’azione determina la diserzione di centinaia di civili impegnati nei lavori di fortificazione della Linea Gotica al servizio della Todt.dettagli
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26 aprile 1944Lanci di armi per le brigate partigianeNella notte del 26 aprile un trimotore italiano effettua un lancio notturno di armi tramite paracadute a favore della Brigata Stella Rossa nella zona del Casoncello di Marzabotto. Un altro, meno fortunato, avverrà il 30 aprile nella stessa area. Nelle notti del 22 giugno e 19 luglio due lanci saranno destinati alla 36a Brigata Garibaldi sul monte Faggiola e alla Bastia. Il primo sarà guidato da "radio Zella", una missione oltre le linee diretta da Virgilio Neri dell'ORI. Il secondo, concordato con il comando del N.1 Special Force e preannunciato da un messaggio della BBC inglese, sarà particolarmente ricco: negli imballi portati a terra da dodici paracaduti si troveranno mitragliette Sten, fucili mitragliatori Breda, cassette di bombe a mano, divise britanniche, un gran numero di munizioni e persino due mortai.dettagli
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26 aprile 1944Divieto di circolazione per le bicicletteIl capo della provincia Dino Fantozzi vieta in modo assoluto l'uso delle biciclette entro i viali di circonvallazione e in alcune strade che ospitano uffici e comandi militari tedeschi (via Panoramica, via delle Rose, via Malta, via S. Chiara, ecc.). Il provvedimento è adottato in considerazione del fatto che molte azioni partigiane sono condotte da “ciclisti sconosciuti, i quali immediatamente si eclissano dopo il misfatto”. Un bando del 17 febbraio vietava già l'uso della bicicletta “in tutto il territorio della Provincia” agli uomini di età superiore ai 16 anni senza una speciale autorizzazione. L’8 agosto 1944 un nuovo bando del Questore di Bologna sarà diffuso, d’intesa con il Comando Germanico, “in seguito al verificarsi di frequenti attentati alle persone ad opera di sconosciuti montati in bicicletta”. La circolazione sarà vietata per tutti indistintamente dalle 20 alle 5, anche alle forze di polizia e ai militi della GNR. Per il resto rimarranno le precedenti limitazioni: all’interno della Sperrzone le bici dei pochi autorizzati dovranno essere portate a mano, con le gomme afflosciate e la catena tolta dai rocchetti.dettagli
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28 aprile 1944Il bombardamento di PiteccioUn duro bombardamento aereo americano prende di mira lo spettacolare viadotto ferroviario di Piteccio, sul versante pistoiese della linea Porrettana. La vicinanza dell'abitato provoca la morte di 38 abitanti, tra i quali alcuni bambini. Il ponte subisce danni solo parziali. Molte altre incursioni, nei successivi tre mesi, renderanno inagibile la ferrovia, ma i tedeschi la utilizzeranno comunque come percorso stradale relativamente sicuro per la presenza di numerose gallerie. Il viadotto di Piteccio sarà fatto saltare, assieme ad altri, il 24 luglio 1944 dai genieri tedeschi, per favorire la ritirata della Wehrmacht su postazioni più arretrate della Linea Gotica. Sarà ricostruito nel dopoguerra in forme diverse.dettagli
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29 aprile 1944A Imola due donne uccise dai militi della GNRA Imola un centinaio di donne, organizzate dai Gruppi di Difesa della Donna, reclama la distribuzione delle razioni di grassi alimentari, che non viene effettuata da oltre due mesi. Durante la manifestazione militi della GNR sparano sulla folla, provocando la morte di Maria Zanotti, madre di sette figli, e il ferimento di Livia Venturini, che spirerà alcuni giorni dopo. Il comitato sindacale clandestino proclamerà subito uno sciopero di protesta, mentre le autorità della RSI tenteranno di impedire il funerale della Zanotti, trasportando clandestinamente la bara dall’obitorio al cimitero. Nei giorni seguenti in molte fabbriche imolesi - in particolare alla Cogne - e nelle campagne circostanti i manifestanti chiederanno la condanna degli assassini delle due donne, ma anche aumenti salariari e l'abolizione del coprifuoco.dettagli
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30 aprile 1944La 66a Brigata Garibaldi "Jacchia"Presso la pieve di Monte Cerere di Monte Calderaro, nel comune di Castel San Pietro, si costituisce la 66a Brigata Garibaldi. Il nucleo originario è un gruppo di partigiani azionisti, per nulla o malamente armato e comandato da Gilberto Remondini (Ivan), studente in medicina dell'Alma Mater. La formazione combattente è intitolata a Piero Jacchia, un antifascista triestino caduto durante la guerra civile spagnola, cugino dell'avv. Mario Jacchia, responsabile regionale delle formazioni GL. Secondo le direttive del Cumer, la 66a opera sugli altipiani di Monte Grande e Monterenzio, che dominano le valli del Sillaro e dell'Idice. Rapidamente raccoglierà giovani richiamati e renitenti nascosti nelle campagne, indirizzati in montagna con l'aiuto di sappisti e staffette. Con l'ingresso in brigata di numerosi partigiani comunisti sorgeranno gravi contrasti, soprattutto tra i comandanti militari Ivan e Antonio Mereu (Attila), che il commissario politico Aldo Bacchilega (Tommaso) faticherà a comporre. Durante l'estate del 1944, dopo un lancio alleato destinato alla 66a e finito per errore alla 36a Brigata Garibaldi, una parte degli effettivi confluiranno in quella formazione, convinti anche dall'ufficiale di collegamento Libero Golinelli. Il resto della 66a, al comando di Eros Poggi (Polino), si trasferirà a Cà del Vento, Sant'Anna e Cà del Miele e parteciperà a tutte le battaglie nella zona tra Monterenzio e Montecalderaro. Combatterà, secondo una direttiva del CUMER, in contatto con la 62a Brigata "Camicie rosse", insediata ai Casoni di Romagna e operante in un'ampia zona del medio-basso Appennino. Alla fine di settembre del 1944, su iniziativa del cap. Carlo Zanotti (Garian), le brigate 62a e 66a si uniranno a formare il Gruppo Brigate di Montagna (GBM), che per alcune settimane saprà ostacolare la ritirata tedesca. Alla 66a Brigata Jacchia Garibaldi appartiene anche il parroco di Vedrana di Budrio, don Roberto Nenzioni (1909-1945), che morirà di tifo pochi giorni dopo la Liberazione.dettagli
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maggio 1944La 62a Brigata Garibaldi "Camicie rosse"Nella zona delle Piane di Pianoro alcuni partigiani inviati dal CUMER - originari di Loiano, Pianoro e Monterenzio - formano la 62a Brigata Garibaldi. Dopo la prima fase organizzativa, la formazione conta una settantina di uomini nella zona delle Piane e altre due compagnie a Pianoro e a Sasso. Il primo comandante è Mario Bordoni (Mariano), un ex garibaldino di Spagna. Il battesimo del fuoco della formazione avviene il 13 giugno in uno scontro a fuoco con i tedeschi nella valle dell'Idice, in località Bugané. A luglio, a seguito di un rastrellamento, la brigata si sposta nel comune di Monterenzio. Il comando si insedia nella località Cà dei Gatti. Il 30 luglio una compagnia di 17 partigiani viene violentemente attaccata alle spalle dai tedeschi presso il ponte di Bisano: si contano due morti, tra i quali il commissario politico della Brigata, e tre feriti. Dopo questo evento, gran parte dei partigiani di questo gruppo saranno aggregati alla 36a Brigata. Le compagnie di Sasso e Pianoro verranno, a loro volta, spostate nella zona di Castelnuovo di Bisano, al comando di Luciano Proni (Kid), ex militare in Albania e in Russia e tra i principali promotori della Brigata Matteotti Città, di ispirazione socialista. Kid sarà ucciso in via Barbieri a Bologna il 28 ottobre 1944 e il comando sarà preso dal dott. Aldo Cucchi (Jacopo), già nelle fila della 7a Gap bolognese e fuggito nell'estate '44 dalle carceri di San Giovanni in Monte. La 62a Brigata Garibaldi "Camicie Rosse" opererà soprattutto sulla strada della Futa, nella zona di Loiano e sulla Montanara tra Imola e Firenzuola, entrando in contatto con la 66a Brigata Jacchia e la 36a Bianconcini. Quattro compagnie troveranno alloggio ai Casoni di Romagna (con il comando alla Casa dei Gatti), estendendo in seguito le azioni nel territorio di Sassoleone e nella valle del Sillaro. Assieme alla 66a dominerà una grande zona tra i fiumi Sillaro e Idice e tra Fiorenzuola e Castel San Pietro. Le strade e le ferrovie di questa zona saranno attaccate quasi ogni giorno dalle forze partigiane, con lo scopo di ostacolare i rifornimenti di armi e di viveri e i rinforzi dell'esercito tedesco al fronte. La 62a sarà da molti conosciuta come Brigata "Pampurio", nome di battaglia del partigiano Giancarlo Lelli (1924-1944), che morirà il 4 ottobre 1944, dopo essere stato gravemente ferito in un'azione presso Cà del Vento di Monterenzio (Medaglia d'Argento al V.M.). Tra le sue fila combatterà il sergente tedesco Hans Aumueller, il quale, preso prigioniero dai partigiani, rifiuterà di essere liberato. Nell'ottobre 1944, con l'avanzare del fronte nelle valli dell'Appennino bolognese, la brigata si dividerà in due: un gruppo si dirigerà a sud per ricongiungersi con gli Alleati, un altro andrà verso nord per partecipare alla liberazione di Bologna. Di questo secondo gruppo farà parte, con il grado di capitano, Diana Sabbi (1922-2005), medaglia d'argento al valor militare e futura dirigente sindacale e dell'UDI.dettagli
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6 maggio 1944Attacchi ai distaccamenti della Guardia Nazionale RepubblicanaNel mese di maggio si moltiplicano le diserzioni tra i militi della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR). Voluta dall'ex presidente dell'Opera Balilla Renato Ricci (1896-1956), la GNR - inizialmente Corpo delle Camicie Nere - è stata costituita nel novembre 1943. Svolge funzioni di polizia interna e polizia militare ed è formata da carabinieri, ex componenti della Milizia (MVSN) e membri della Polizia dell'Africa italiana (PAI). Anche se formalmente dipende dal ministero dell'Interno della RSI, è di fatto agli ordini del gen. Karl Wolff (1900-1984), comandante delle SS in Italia. A Bologna la Guardia è guidata dal generale Calzolari e dal colonnello Onofaro. Conta 858 uomini e la sua caserma principale è in via Borgolocchi. Da subito ha avuto grandi contrasti con i dirigenti della vecchia Milizia e ha dovuto fare i conti con la scarsa fiducia della popolazione. In primavera i distaccamenti GNR sono presi di mira dalle formazioni partigiane in tutta la regione. Nella provincia di Bologna vengono assaltati quelli di Barbarolo di Loiano, di Calderino, di Monte San Pietro e di Marzabotto. Il 6 maggio una compagnia della 4a Brigata Garibaldi, guidata da Luigi Tinti (Bob), cattura alcuni fascisti nel cinema di Firenzuola e li tiene come ostaggi, poi tenta invano l'assalto alla caserma dei carabinieri, per rifornirsi di armi.dettagli
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10 maggio 1944Otto partigiani uccisi a Casetta di TiaraOtto partigiani della 4a Brigata Garibaldi (futura 36a), mentre sono in marcia di trasferimento da Monte Faggiola al Cimone della Bastia, cadono in una imboscata nei pressi di Casetta di Tiara sopra Firenzuola, al confine tra Emilia e Toscana. Un centinaio di militi della GNR e di SS tedesche piombano all'improvviso sui "ribelli", che praticamente non hanno il tempo di difendersi. Due partigiani sono subito uccisi. Gli altri, tra i quali il comandante Giovanni Nardi (Caio), vengono catturati e giustiziati sul posto, quasi tutti finiti a colpi di baionetta. Sono: Sebastiano Bertozzi, Dino Casalini, Anselmo Collina, Angelo Merlini, Anselmo Morini e Celeste Samorè. L'unico superstite, Giuseppe Maccarelli, è soccorso dal parroco don Cinelli e ricoverato all'ospedale di Palazzuolo sul Senio, dove però morirà due giorni dopo. I corpi dei partigiani uccisi saranno sepolti nel cimitero di Casetta di Tiara, dove rimarranno fino alla Liberazione. Giovanni Nardi (Caio, 1923-1944) era uno studente comunista di ventun anni molto attivo nella lotta antifascista e iniziatore della Resistenza imolese. Nel novembre 1943 Nardi aveva raggiunto - portando con se armi e viveri - alcuni bolognesi intenzionati ad avviare la lotta partigiana in montagna e alloggiati in una casa abbandonata – chiamata l'Albergo - a Cortecchio, vicino a Castel del Rio. Qui aveva continuato a radunare giovani anche dopo che il primo gruppo di resistenti si era spostato sul Monte Falterona per unirsi alle formazioni romagnole.Aveva sospeso l'attività per il sopraggiungere dell'inverno e dopo il rastrellamento del 22 febbraio a Cortecchio. In aprile i partigiani romagnoli erano stati battuti e dispersi sul Falterona e Nardi aveva guidato il rientro degli imolesi nelle valli del Santerno e del Senio. Unitosi poi alla 4a Brigata alla Dogana, aveva assunto il comando di una compagnia. Gli sarà assegnata la Medaglia d’Argento al Valor Militare con questa motivazione: “Valoroso ed eroico combattente, fra i primi organizzatori del locale Movimento Partigiano, veniva per i suoi meriti eletto Comandante di compagnia. Sorpreso con pochi compagni in una imboscata tesa dal nemico, accettava l’impari lotta e dopo aver lanciato l’ultima bomba a mano, cadeva gloriosamente colpito al petto”.dettagli
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11 maggio 1944Partigiani della banda Corbari torturati a Bologna dalle SSL'11 maggio per le strade di Bologna è affisso un manifesto del comando della Sicherheitspolizei e Sipo-SD nel quale è annunciata la fucilazione di otto uomini arrestati per banda armata. Aldo Celli, Enzo Corti, Dino Ravaglioli, Giuseppe Caligatti, Stanislao Chercl, Felice Potunech, Nello Bandini e Aldo Ragazzini appartenevano alla formazione partigiana di Silvio Corbari, costituita nell'ottobre 1943 e operante in Romagna con azioni temerarie, in piena autonomia dal CLN. Catturati in gennaio durante un rastrellamento a Cà Morelli nel forlivese - assieme ad altri compagni poi deportati nei lager del Reich - erano stati tradotti a Bologna e per diversi giorni duramente interrogati e torturati nelle celle dell'Aussenkommando di via Santa Chiara. Il 16 marzo erano stati trasferiti a Verona - sede del comando Sipo-SD - e tenuti come ostaggi a disposizione della Gestapo. La loro esecuzione è avvenuta il 5 aprile nel forte San Leonardo, come rappresaglia a seguito di attentati contro militari tedeschi. Aldo Celli (1883-1944), ferroviere comunista, era uno dei principali esponenti dell'antifascismo faentino. Considerato pericoloso per il regime, dal 1932 al 1943 era stato mandato al confino. Fu tra gli organizzatori della banda del leggendario comandante Corbari, partecipando alle sue azioni nella zona di Modigliana, Marradi e Rocca San Casciano, al confine tra Romagna e Toscana.dettagli
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13 maggio 1944Assalti ai presidi militari e della GNRIl 13 maggio a Barbarolo nel comune di Loiano un gruppo di circa sessanta partigiani armati irrompe nella baracca del posto di avvistamento contraerei del monte Castellari. Gli otto militari in servizio vengono disarmati e invitati a tornare nelle loro case. I “ribelli” portano via con sé armi, munizioni e un macchina da scrivere, lasciando 1.500 lire e un biglietto firmato “Brigata partigiani Giuseppe Garibaldi”. In questo periodo sono numerosissimi i presidi militari e della GNR attaccati e disarmati dalla Resistenza in tutta la regione. In provincia di Bologna sono presi di mira quelli di Vado, Calderino di Monte San Pietro, Granaglione, Madonna del Faggio, Marzabotto, Fornovo di Medicina. Il 20 maggio viene attaccato il presidio della Brigata Nera di Calderino. Il 6 giugno è disarmata la Guardia Nazionale Repubblicana di Savigno. In alcuni casi le azioni partigiane portano all'abbandono definitivo di caserme e distaccamenti.dettagli
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13 maggio 1944Bombardamenti micidiali a Bologna e a ImolaL'incursione aerea del 13 maggio colpisce la stazione, il mercato ortofrutticolo, i magazzini generali alla Bolognina, gli scali ferroviari di San Ruffillo e Castel Maggiore, l'aeroporto di Borgo Panigale. Vi partecipano i bombardieri del 304° Stormo dell'USAF, decollati dalle basi di San Giovanni in Fiore in Puglia. Si contano oltre 100 morti e 220 feriti. Nello stesso giorno anche Imola subisce il suo primo bombardamento dal cielo. Le Fortezze Volanti sganciano oltre trecento ordigni intorno alla stazione ferroviaria, a nord-est della cittadina. Dopo l'incursione, il quartiere sotto la stazione, tra il Macello comunale e viale De Amicis, appare completamente devastato. Due terzi dei locali della Cooperativa Ceramica risulta distrutto. Si registrano oltre quaranta vittime, per la maggior parte donne.dettagli
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15 maggio 1944Scioperi nelle campagneIn maggio e in giugno scoppiano numerosi scioperi nei paesi della bassa bolognese. Il 15 maggio a Medicina circa 300 mondine in sciopero ottengono modesti aumenti di salario e di razioni alimentari, oltre a seicento pneumatici di bicicletta. Il 16 maggio circa 600 operai sospendono il lavoro in tre fornaci. Nei giorni successivi scoppiano altre agitazioni a Molinella, Galliera, Malalbergo, San Pietro in Casale. Tra il 10 e il 21 giugno gli scioperi coinvolgono nove comuni della Bassa e oltre 5.000 mondine. Tra gli organizzatori vi sono: Luciano Romagnoli (1924-1966), futuro segretario nazionale della Federbraccianti, Spero Ghedini (Valdo, 1911-1997) di Bondeno, già segretario comunista nel Polesine e Angelo Brini, bracciante di Budrio, che ha già conosciuto, giovanissimo, le lotte degli anni '20 e la condanna del Tribunale Speciale. Protagoniste delle agitazioni sono però soprattutto le donne. Secondo un rapporto del prefetto, i carabinieri dei servizi d'ordine solidarizzano con le mondine in agitazione a Molinella e a Medicina. Il questore propone il loro arresto, mentre il capo della Provincia Fantozzi dichiara che “è necessario provvedere con prontezza ed energia a stroncare sul nascere simili dimostrazioni”.dettagli
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17 maggio 1944L'immagine della B.V. di San Luca rifugiata in CertosaLa sacra immagine della B.V. di San Luca viene rifugiata per due volte all'interno del campanile della chiesa di San Girolamo della Certosa sotto la minaccia di un bombardamento aereo. La Madonna è scesa dal santuario del colle della Guardia “a benedire le tombe dei morti, la sua Bologna martoriata da tanti lutti, da tante rovine ardente” (card. G.B. Nasalli Rocca).dettagli
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18 maggio 1944Distruzione di VadoDall’inizio del 1944 gli Alleati, forti di una incontrastata supremazia aerea, bombardano le vie di comunicazione a sud di Bologna per interrompere il flusso dei rifornimenti all’esercito tedesco. Particolarmente prese di mira sono le infrastrutture - ponti, viadotti e stazioni - della linea ferroviaria Direttissima, che attraverso la valle di Setta va verso Firenze, e quelli della Transappennina nella valle del Reno. La prima grossa incursione sulle due valli avviene il 27 novembre, con parecchie vittime a Pian di Setta, Lama di Reno e Vergato. Il 17 maggio vengono bombardati Vado e la stazione di San Benedetto Val di Sambro, vicino alla grande galleria dell'Appennino, dove saltano in aria cinque treni di benzina e munizioni. Il 18 maggio, giorno dell'Ascensione, una formazione di fortezze volanti colpisce il ponte di Vado incombente sul paese, facendo dieci vittime tra i civili, compreso il segretario comunale Pietro Marandoli. Il piccolo centro urbano è nuovamente attaccato il giorno successivo, con altre distruzioni. Il bombardamento del 5 luglio finisce per raderlo al suolo, “con la chiesa, la casa del fascio e le case della gente”. La vita del paese è annullata. Gli abitanti superstiti, accorsi ai rifugi scavati nella roccia, dovranno rimanere nascosti per mesi, come moderni “trogloditi” (Gherardi). La sede comunale verrà trasferita in montagna, a Monzuno, dove rimarrà anche dopo la guerra. Fino al 25 aprile 1945 Vado subirà ben 63 incursioni, meritando l’appellativo di "piccola Cassino del Nord". Il lungo ponte sul Setta, a più riprese interrotto dalle bombe degli aerei, sarà ogni volta riattivato dal genio tedesco, con grandiose strutture in ferro, sfruttando il lavoro dei rastrellati e dei prigionieri di guerra italiani, russi e polacchi. I ripetuti attacchi alleati causeranno un progressivo esodo dai paesi del fondo valle “per cercare una sistemazione d'emergenza sulle colline, nei casolari di contadini, lontano dalle principali arterie di comunicazione” (D. Zanini).dettagli
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19 maggio 1944Prima incursione aerea su San Lazzaro di SavenaGli Alleati bombardano i dintorni di Bologna. Il paese di San Lazzaro di Savena, finora risparmiato dai bombardamenti alleati, subisce il 19 maggio la prima incursione. Alle 10,15 circa gli aerei sganciano una ventina di ordigni di grosso calibro in località Caselle, nei pressi della linea ferroviaria. Non vi sono vittime e nessuna casa risulta colpita. Sono danneggiate solo ad alcune strade comunali. Nei mesi seguenti la cittadina subirà incursioni molto più gravi. In quella del 26 luglio si conteranno tre morti ed alcuni feriti, in quella del 12 ottobre numerose vittime in località Croara. I principali obiettivi degli Alleati, con il fine di impedire la circolazione e i rifornimenti delle truppe nemiche, saranno la ferrovia Bologna-Ancona e la via Emilia. Particolarmente preso di mira il ponte sull'Idice, più volte colpito, ma mai completamente distrutto. Durante il bombardamento del 15 aprile 1945, alla vigilia della liberazione, nel corso del quale centinaia di quadrimotori, in diverse ondate, scaricheranno tonnellate di ordigni sulla periferia di Bologna, il centro di San Lazzaro sarà praticamente raso al suolo. I superstiti troveranno il palazzo comunale “crollato per metà”, così come il campanile, che verrà puntellato con lunghe travi. L'ex ospedale dei lebbrosi e la chiesa parrocchiale appariranno come cumuli di macerie. Tra le rovine sarà ritrovata intatta l'immagine della Beata Vergine del Suffragio, lasciata dal parroco a proteggere il paese. Le campane chiameranno i pochi abitanti rimasti a renderle omaggio. In aprile la maggior parte dei sanlazzaresi sarà sfollata, soprattutto nel centro di Bologna ritenuto zona franca. Ancora nell'ottobre del 1946 un terzo di essi non sarà rientrato in paese.dettagli
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21 maggio 1944Attacco partigiano alla caserma GNR di MarzabottoUna ventina di partigiani della brigata Stella Rossa attaccano la caserma della Guardia Nazionale Repubblicana a Marzabotto. Nello scontro a fuoco perdono la vita il maresciallo Giuseppe Tinelli e il milite Zelindo Agussoni. Un altro milite rimane ferito. Il reggente del fascio e altri soldati riescono a fuggire dalla caserma gettandosi da una finestra del piano superiore.dettagli
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23 maggio 1944Uccisione del comandante della GNR di ForlìIl 23 maggio, a due giorni dalla scadenza del bando della RSI, che promette l'amnistia ai militari e ai civili “unitisi alle bande operanti in danno delle organizzazioni militari o civili dello Stato”, il capo partigiano Silvio Corbari (1923-1044) fa credere di volersi arrendere con la sua banda nelle mani del Console colonnello Gustavo Marabini, comandante della GNR di Forlì. Questi pensa di avere a disposizione la migliore occasione per sgominare e sgretolare la resistenza armata romagnola e accetta un appuntamento con il ribelle nella sua stessa automobile. Ma Corbari a sorpresa lo uccide e si dà alla fuga. La sua audacia ridà fiato al movimento di liberazione, sottoposto al ricatto del bando nazifascista. La notizia dell'uccisione di Marabini ha grande rilievo sulla stampa locale e nazionale. Dopo questo episodio la caccia a Corbari, imprendibile “primula rossa” e moderno Passatore della Resistenza romagnola, si farà più implacabile.dettagli
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24 maggio 1944Cinque soldati condannati a morte per diserzioneIl Notiziario della GNR informa dell'avvenuta esecuzione di cinque militari. Essi sono stati giudicati e condannati alla pena di morte dal Tribunale straordinario dell'Emilia per aver abbandonato il proprio reparto portando via con sé armi e munizioni.dettagli
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24 maggio 1944La squadriglia Graffer-Bulgarelli dell'A.N.R. a Borgo PanigaleLa 3a squadriglia del II Gruppo Caccia dell'Aeronautica Nazionale Repubblicana (ANR), equipaggiata con caccia Aermacchi C.205 Veltro, si trasferisce a Bologna presso l'aeroporto di Borgo Panigale. Costituito nel dicembre 1943 sul campo di Milano-Bresso, il II Gruppo, organizzato per operare a fianco dell’esercito tedesco occupante, assume il pesante compito della difesa dell'Emilia e della Lombardia contro la preponderante forza aerea degli Alleati. Tra i piloti, che pagheranno con la vita l'impari confronto, vi è il serg. Gianni Arrigoni, precipitato con il suo Macchi C 205 nei pressi di Monte San Pietro il 26 giugno 1944. La 3a squadriglia, intitolata alla memoria dei piloti Giorgio Graffer (1912-1940) e Loris Bulgarelli (1909-1940), entrambe caduti in combattimento e Medaglie d'Oro al V.M., è dotata di aerei pagati anche grazie a sottoscrizioni dei cittadini di Torino e Bologna. Nel febbraio 1945 le squadriglie ANR saranno rinumerate e la 3a diventerà la 6a “Gamba di Ferro”, comandata dapprima dal ten. Giuseppe Giannelli e in seguito dal cap. Guido Lucardi. Tra il 24 e il 28 aprile 1945, ormai al termine del conflitto, tutti gli aerei del II Gruppo Caccia saranno dati alle fiamme sul campo d'aviazione di Villafranca. Il capitano Loris Bulgarelli, originario di Cento (FE), comandante di squadriglia da bombardamento veloce, fu veterano di Africa e Spagna. Dal primo giorno di guerra operò su Malta, il Mediterraneo orientale e l'Egitto. Fu abbattuto a Tobruk il 13 dicembre 1940. A lui saranno intitolati a Bologna il rifugio antiaereo sotto il Guasto dei Bentivoglio e, nella sua città natale, lo stadio comunale. Nel gennaio 1944 il prefetto di Bologna Dino Fantozzi ha appoggiato l'operazione “Ali per la difesa di Bologna”, sottoscrizione del “Resto del Carlino” per la costituzione di una squadriglia di caccia cittadina. Questa soluzione, giudicata da molti poco più che una mossa propagandistica, non sarà mai realizzata in quei termini.dettagli
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28 maggio 1944Grande rastrellamento contro la brigata Stella RossaIl 20 maggio una squadra di partigiani assale la caserma dei carabinieri di Marzabotto, uccidendo due militari e mettendo in fuga gli altri. Il 24 maggio aerei anglo-americani sganciano “a mezzo di paracadute” nell'area di Marzabotto “quantitativi imprecisati di armi e munizioni” destinati a rifornire le bande partigiane della zona. Il lancio è interamente recuperato dai “ribelli” Il 25 maggio alcuni soldati tedeschi del 131° Reggimento artiglieria contraerea (Flak-Regiment 131) scompaiono mentre sono alla ricerca di cibo nei pressi di Villa d'Ignano, probabilmente catturati dai partigiani. Dall'alba del 28 maggio la zona di operazione della brigata Stella Rossa, sull'acrocoro montano tra le valli del Reno e del Setta, è oggetto di un grande rastrellamento nazifascista ordinato dal tenente colonnello Jaecken del Comando supremo SS dell'Italia centro-settentrionale. Il nome in codice dell'operazione è “Ferrara”. Essa si prefigge l'obbiettivo di accerchiare il territorio in cui si trovano le basi della Brigata Stella Rossa, tra Lama di Setta, Panico, Marzabotto, Monte Sole e Vado. Assieme ad oltre 700 soldati, appartenenti a varie unità tedesche e italiane, partecipa all'operazione anche il colonnello Schiller, comandante della base aerea di Bologna. Dopo aver piazzato batterie di cannoni a Cà di Bocchino, sulla strada di Monzuno, i nazifascisti cominciano l'attacco “con spari d'artiglieria, con mitragliatrici e fucileria”, poi prendono a salire verso Monte Sole. Intanto “numerose formazioni di bombardieri, arrivati all'improvviso in ausilio dei partigiani”, colpiscono i due versanti della montagna, terrorizzando la popolazione. La brigata Stella Rossa, forte di oltre trecento uomini bene armati, anche a seguito di lanci alleati, sostiene una serie di attacchi e contrattacchi tra monte San Silvestro, Caprara e San Martino, respingendo i tedeschi e i fascisti fino sul ponte della Direttissima. Il 28 maggio l'azione dei Tedeschi raggiunge l'intensità massima. E' colpito soprattutto il versante della valle del Reno, con spari sulla montagna per tutta la giornata. Nella valle del Setta i cannoni ad alzo zero mozzano il campanile di Villa d'Ignano. Il parroco don Bragalli è rastrellato e finirà nel lager di Fossoli. Il parroco di Vado don Eolo Cattani, invece, va inconto ai tedeschi “rivestito di cotta e stola”, deciso a darsi ostaggio pur di impedire la rappresaglia sulle colline intorno al paese. E' trattenuto dai Tedeschi a Cà di Bocchino fino alla fine del rastrellamento. Dopo l'operazione sul terreno rimangono pochi soldati morti e feriti e cinque civili uccisi in località diverse. Più di cinquanta case coloniche sono date alle fiamme dai rastrellatori. I soldati si abbandonano a saccheggi e furti di viveri e animali. L’elenco dei poderi da bombardare è fornito ai Tedeschi da fascisti della zona. Nelle località Puzzola e Casa del Sarto sono fucilati quattro partigiani e catturati numerosi civili. Undici di essi verranno passati per le armi nei pressi di San Luca. Secondo D. Zanini, tra nazifascisti e partigiani non ha luogo una battaglia vera e propria. Scriverà che “le due parti non ebbero uno scontro ravvicinato. Le quattro o cinque vittime dei tedeschi non erano partigiani, ma civili”. “E poi non si deve dimenticare che la maggiore abilità dei partigiani di Monte Sole, dimostrata in quell'occasione e confermata in seguito, fu proprio quella di evitare gli scontri aperti mediante il ripiegamento”. Nella notte tra il 28 e il 29 maggio, infatti, il grosso della brigata Stella Rossa, al comando di Mario Musolesi (Lupo), si trasferisce in modo ordinato alla Quercia, dove guada il Setta con una lunga fila indiana, avviandosi verso Grizzana. Le varie compagnie si mettono in salvo fuori del perimetro del rastrellamento, disperdendosi tra Monte Vignola e la catena montuosa, al confine con la Toscana, intorno a Pietramala: Monte Bastione e Monte Freddi, vicino alle sorgenti del Savena. Il 30 maggio di prima mattina le SS irrompono sull'abitato di Casaglia “calandosi a precipizio dai monti con urla e colpi impressionanti, con l'aspetto di cani segugi alla ricerca di una preda”. Trovano però solo donne e bambini radunati in un asilo. Compiono una ruvida perquisizione, “esigendo sgarbatamente i documenti” e interrogando su armi e partigiani nascosti, e poi se ne vanno. La Stella Rossa ritornerà più avanti nel basso Appennino, spinta anche dalla necessità di migliori fonti di rifornimento, insediandosi a ovest del Reno, oltre Marzabotto. Negli stessi giorni dell'attacco alla Stella Rossa, un'altra grande brigata partigiana, la 36a Garibaldi operante nell'Imolese, sarà oggetto di un vasto rastrellamento nazifascista nella zona del monte Carzolano. Esso durerà tre giorni senza produrre alcun risultato.dettagli
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29 maggio 1944Dimostrazione di donne a CorticellaIn località Corticella circa 500 donne inscenano una dimostrazione contro le autorità fasciste: chiedono la distribuzione di generi tesserati e un aumento della razione del latte. Chiedono, inoltre, l'abolizione degli ammassi e la revoca del divieto di circolazione in bicicletta. Il notiziario della GNR riporta il ritrovamento, nella zona di Corticella, di "alcuni manifestini sovversivi a carattere antifascista e antitedesco".dettagli
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29 maggio 1944Da Castel del Rio al lagerIl Commissario prefettizio di Castel del Rio, sollecitato dal locale segretario del fascio e dalla polizia tedesca, ordina agli uomini del paese, in età compresa tra i 16 e i 30 anni, di presentarsi entro il 31 maggio per chiarimenti, muniti dei documenti militari. Si tratta di una trappola. Tutti sono trattenuti nella casa del fascio e poi portati al comando tedesco installato nel Palazzo degli Alidosi. Qui vengono scartati gli addetti alle industrie belliche, i raccomandati e i fascisti. 47 uomini vengono condotti a Prato e uniti ai rastrellati in Toscana. Saranno in seguito trasferiti ai campi di transito di Fossoli-Carpi e di Bolzano-Gries e poi inviati nei lager di Mauthausen, Melk e Dachau. Alcuni di loro non faranno più ritorno.dettagli
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1 giugno 1944Gli antifascisti romagnoli accolgono Bruno VailatiLa notte del 1° giugno nella zona di Sassetto presso Santa Sofia, nell’alta valle del Bidente, vengono paracadutati due agenti dell'O.S.S., l'organizzazione dei servizi segreti dipendenti dal Comando inglese, con sede a Bari. Alcune settimane dopo seguiranno lanci di armi per le brigate partigiane in Romagna, l'ultimo comprendente fucili Sten, mitragliatrici Breda e alcuni quintali di esplosivo. Queste operazioni sono il frutto del lavoro di collegamento svolto con l'uso della radio da alcuni antifascisti romagnoli per conto del C.L.N.: Virgilio Neri, Tonino e Arturo Spazzoli, Vittorio Bellenghi. Tutti, tranne Neri, moriranno nel corso della Resistenza. Gli agenti dell'O.S.S. vengono paracadutati nei pressi dell'abitazione di Tonino Spazzoli, sfollato nella zona del Passo del Carnaio. Uno di essi è il tenente Bruno Vailati (Italo Morandi, 1919-1990), già protagonista nell'ottobre '43 della fuga e del salvataggio di alcuni generali britannici. Atterrando si frattura una caviglia e danneggia la sua radio, vanificando le possibilità di collegamento con gli Alleati. In casa di Spazzoli incontra il comandante Ilario Tabarri (Pietro). Diverrà in seguito l'istruttore militare dell'8a Brigata Garibaldi operante nel Forlivese, riorganizzata dopo il grande rastrellamento di aprile. Preparerà reparti speciali di guastatori e parteciperà ad azioni militari, arricchendo i partigiani di nozioni tecniche e illustrando loro gli aspetti psicologici della guerriglia. Nel dopoguerra diventerà regista di fama e documentarista, dedicandosi soprattutto al tema del mare e del mondo marino. Nel 1970 vincerà il Premio Donatello.dettagli
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4 giugno 1944Attacchi ai cantieri della TodtUn gruppo di partigiani della brigata Stella Rossa, comandati da Giovanni Rossi (Gianni), attacca il cantiere della Todt a San Giacomo di Baragazza, nel comune di Castiglione dei Pepoli. I “ribelli” portano via tutti gli attrezzi e i viveri depositati nei magazzini e convincono numerosi lavoratori a disertare. Anche nei pressi del comando della 334a divisione tedesca vengono distrutte armi, munizioni e generi alimentari. Alcuni operai arrestati vengono liberati dopo una manifestazione di circa 600 persone nella piazza di Baragazza. La GNR accusa gli operai occupati nella zona di Monte Piano di “sentimenti comunisti”. Un gruppo di essi gestisce degli apparecchi radio trasmittenti e distribuisce in modo capillare ordini e informazioni. Tra gli appaltatori della Todt vi sono finanziatori delle bande partigiane. Il 6 giugno un'altra azione contro l'organizzazione tedesca per il lavoro è portata a termine a S. Agata di Scarperia, per opera di una squadra di gappisti fiorentini, e lo stesso avviene il 7 giugno a Vinca. Nel mese di maggio anche la 36a Brigata Garibaldi ha compiuto un assalto alla Todt di Scarperia, dove erano impiegate oltre 600 persone. L'effetto delle numerose azioni partigiane è la fuga in massa degli operai impegnati nelle opere di fortificazione della Linea Gotica. Si tratta soprattutto di giovani rastrellati dai tedeschi o che si sono resi disponibili per evitare l'arruolamento nell'esercito di Salò o la deportazione in Germania. Al momento dell'attacco degli Alleati, nel settembre 1944, solo una parte delle opere sarà completata e il sistema difensivo tedesco risulterà piuttosto vulnerabile.dettagli
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5 giugno 1944Le bombe uccidono il parroco del Borgo san PietroIl 5 giugno un pesante bombardamento distrugge a Bologna molte abitazioni del Borgo di San Pietro. Sotto le macerie del Santuario della Madonna del Soccorso muore don Arturo Giovannini (1870-1944), il popolare Dan Zvanein, rettore dal 1907. Lo stesso giorno gli Alleati colpiscono duramente le valli del Reno e del Setta. A Vado danneggiano ancora il ponte ferroviario sulla Direttissima e abbattono la chiesa. Bombardano anche a Casalecchio di Reno e lungo la Porrettana. La chiesa del Soccorso sarà completamente rasa al suolo il 22 giugno e verrà ricostruita nell'immediato dopoguerra (1953) su progetto dell'arch. Luigi Vignali. Nel 1964 sarà edificato il portico antistante, a cura dell'arch. Giorgio Trebbi. La nuova costruzione guarda alle chiese toscane del Rinascimento: è a pianta centrale, con una cupola a tamburo. Vignali, “erede spirituale” di Edoardo Collamarini, si è rifatto, pur da razionalista, “alle sorgenti pure dell'architettura”. All'interno è ospitata una cappella, che commemora i sacerdoti caduti durante il conflitto. L'immagine della Madonna del Soccorso, risalente al XIV secolo, sarà nuovamente incoronata dal card. Lercaro nel 1966. La corona sarà dono dei macellai bolognesi. Per antica tradizione, durante la processione del "voto", essi portavano il baldacchino della Vergine lungo il Borgo di San Pietro, per cederlo poi alla Compagnia di San Rocco.dettagli
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6 giugno 1944La "battaglia del grano". Sabotaggi alle trebbiatriciPer scongiurare la razzia da parte delle truppe tedesche, il CLN ordina il 6 giugno di rallentare le operazioni di raccolta e di ammasso del grano nelle campagne bolognesi. Inizia la cosiddetta “battaglia contro la trebbiatura”. La parola d'ordine è “Contadini, non un chicco di grano agli ammassi! Il nostro pane non deve sfamare i nostri nemici”. Nei giorni successivi si susseguono scioperi. Il 12 giugno lo sciopero provinciale vede la partecipazione di 6.500 lavoratori con numerosi arresti. Si moltiplicano i sabotaggi delle trebbiatrici, affidati ai giovani comunisti del Fronte della Gioventù e alle squadre SAP. Sono asportati i cinghioni e in alcuni casi le macchine vengono distrutte “con grande dolore”. I partigiani minacciano i proprietari, intimando loro di interrompere i lavori. Sulle aie arrivano squadre di fascisti armati per proteggere le operazioni agricole. Le macchine escono scortate da militi della GNR e da soldati tedeschi, “poiché alla loro prima uscita senza scorta la maggior parte sono state incendiate da elementi sovversivi”. Tra i gruppi che si distinguono negli assalti c'è il distaccamento della 7a Gap di Castelmaggiore comandato da Franco Franchini (Romagna), che spesso impegna i guardiani in combattimento. Il 2 luglio a Tossignano per non consegnare il raccolto ai tedeschi è bruciata una trebbiatrice. Il 3 luglio il “Resto del Carlino” - giornale in prima linea contro “L'anti-Italia della fame” - riporta che “comunisti incendiano a Baricella grano e trebbiatrici” e parla di banditismo. Il 5 luglio muore all'ospedale di Medicina un milite della GNR ferito mentre era di guardia a una trebbiatrice. A Galliera la trebbiatura inizia sotto la vigilanza dei partigiani. La maggior parte del raccolto non è consegnata all'ammasso: il grano viene nascosto o distribuito e in parte rimane in deposito presso i contadini. A Castenaso i partigiani attaccano di notte in tutte le frazioni, mettendo le macchine fuori uso. Nella notte tra il 9 e il 10 luglio nella provincia di Forlì parecchie trebbiatrici vengono incendiate con il lancio di bottiglie molotov. A Predappio donna Rachele deve far mietere il grano ai militi della GNR, non trovando alcun bracciante disposto a farlo. Il 13 luglio interviene il comando delle SS e delle SD (Servizi di sicurezza), minacciando i sabotatori di deportazione in Germania e i capi di fucilazione. Il giorno dopo a Granarolo i “ribelli” bruciano quattro trebbiatrici. Altre due macchine vengono bruciate il 15 a Medicina e le autorità annunciano che nei comuni dove non si trebbia non sarà distribuito grano. Il 22 luglio il questore informa il prefetto che nella zona di Imola quindici trebbiatrici non lavorano “per intimidazione ribelli”. Intanto a Pianoro, a Tossignano, a Casola vengono sottratte le cinghie di trasmissione. Il 24 luglio 1944 un gruppo di partigiani attacca i militi GNR che sorvegliano i lavori agricoli a Venezzano di Castel d'Argile e ne uccide due. Il giorno dopo i fascisti arrestano due antifascisti del paese, Attilio Gadani e Cesarino Giuliani, li seviziano e li uccidono. Uno scontro particolarmente duro tra fascisti e partigiani avviene a Castel dé Britti, nella valle dell'Idice. I fascisti sono costretti a rinforzare il locale distaccamento delle brigate nere per poter trebbiare. Il 10 agosto la Prefettura di Bologna minaccia l'arresto e la deportazione per “i responsabili delle deficenze riscontrate, o da riscontrarsi, nel conferimento del grano all'ammasso”. Il 23 agosto il Prefetto è costretto a denunciare che la trebbiatura è praticamente ferma in tutta la provincia per mancanza di carburante. Il boicottaggio dura fino a settembre, provocando notevoli ritardi negli ammassi, che peraltro riescono solo in parte: quasi tutto il prodotto è distribuito alla popolazione o nascosto dai coloni. Un'altra iniziativa dei partigiani nell'estate 1944 è impedire i raduni di bestiame, destinato al trasferimento in Germania, in particolare dei buoi. La battaglia per il grano segna in tutta l'Emilia-Romagna la saldatura tra il movimento partigiano e le masse contadine, destinata a dare notevoli frutti nel prosieguo della lotta di liberazione.dettagli
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9 giugno 1944Inizia ad operare il CUMER, comando militare della Resistenza in Emilia-RomagnaInizia ad operare il CUMER, comando regionale delle formazioni partigiane. Assume le funzioni del comando militare del CLN, costituito il 30 aprile precedente. Alla sua testa è Ilio Barontini (Dario, 1890-1951), esponente comunista con lunga esperienza di guerriglia, commissario è Gianguido Borghese (Ferrero, 1902-1977), vice-comandante il capitano Leonillo Cavazzuti (Sigismondo, 1909-1972) e capo di Stato Maggiore Giuseppe Scarani (Carega, 1912-2012). Ena Frazzoni (Nicoletta, 1917-1975) è la segretaria del comando e coordina le staffette, mentre Sante Vincenzi (1895-1945) è responsabile dei collegamenti e il dott. Giuseppe Beltrame (1910-1967) capo dei servizi sanitari. Una delle sedi del CUMER è nel quartiere Cirenaica, in via Bengasi 2, a pochi passi dall'ospedale Sant'Orsola. Le riunioni avvengono anche nel convento di San Domenico, sotto la protezione di Padre Innocenzo Maria Casati e in casa della Frazzoni, in via San Petronio Vecchio. Le formazioni militari partigiane in Emilia-Romagna sono di quattro tipi: le brigate Garibaldi, influenzate dal PCI, le Matteotti socialiste, le brigate Giustizia e Libertà controllate dal Partito d'Azione e le Fiamme Verdi cattoliche. Il CUMER pubblica un bollettino mensile di 30-40 pagine, in cui sono elencate le operazioni partigiane compiute nella regione. Emana, inoltre ordini e direttive alle brigate e ai CLN provinciali tramite staffette e ufficiali di collegamento. L'opera di coordinamento del Comando Unico sarà contrastato - e in pratica vanificato - dall'ostilità a una “direzione bolognese” da parte delle province del nord Emilia e dal desiderio di autonomia di alcune formazioni, quali, ad esempio, la Stella Rossa del Lupo o la Divisione partigiana modenese di Armando Ricci.dettagli
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9 giugno 1944Due giovani renitenti fucilati a Pian di BalestraDue giovani renitenti, Paolo Pasqui e Dino Zenzocchi, nascosti nel borgo di Cà Santoni, nei pressi di Pian del Voglio, vengono catturati dalla Guardia Nazionale Repubblicana e fucilati davanti alla casa della Guardia Forestale a Pian di Balestra. Il brutale assassinio, voluto dal reggente di San Benedetto Val di Sambro per “dare una lezione severa ai renitenti”, suscita grande impressione tra gli abitanti delle valli del Sambro e del Setta. Il 29 luglio due militi della GNR di Pian del Voglio, Primo e Osvaldo Balestri, sospettati di aver denunciato i due giovani, saranno giustiziati dai partigiani della Brigata Stella Rossa. Il reggente verrà rintracciato dopo la guerra nel convento dell'Osservanza, sotto la protezione dei frati, che si giustificheranno dicendo di aver fatto lo stesso in favore dei partigiani, durante l'occupazione nazifascista.dettagli
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12 giugno 1944Sciopero generale delle mondine nella BassaDal 12 al 21 giugno si svolge lo sciopero generale nelle risaie, al quale prendono parte 6-7000 mondine della Bassa bolognese, del ferrarese e della Romagna. L'agitazione è stata accuratamente preparata dai “comitati di squadra e di gruppo” comunali, costituiti nel mese di aprile. Il 10 giugno la lotta ha avuto inizio a Galliera con la mobilitazione delle mondine e delle braccianti di due aziende agricole. L'11 a Baricella si è svolta la riunione del Comitato di agitazione provinciale. Le lavoratrici, pur stremate dalle privazioni portate dalla guerra, partecipano con convinzione allo sciopero, supportate dai Gruppi di Difesa della Donna. Le rivendicazioni vengono pubblicate sul foglio clandestino "La Mondariso" e comprendono: la riduzione da 8 a 7 ore dell'orario di lavoro, un aumento della paga, la colazione sul lavoro con 250 gr di pane e 50 di salame, due copertoni per bicicletta, una veste e un fazzoletto da lavoro, la sospensione della raccolta durante gli allarmi aerei. La forma di lotta viene concordata con i partigiani delle Gap e Sap di pianura. L'azione ha durata variabile a seconda dei comuni, ma in genere ha successo. L'accompagnano manifestazioni di piazza a Molinella, Galliera, Baricella. A Malalbergo intervengono più volte i carabinieri, che sparano in aria, inducendo le donne a riprendere il lavoro. A Bentivoglio i fascisti intervengono a minacciare le scioperanti, promettendo la deportazione in Germania. I padroni tentano, armi alla mano, di far lavorare i crumiri. A Baricella il 12 giugno giunge un camion di fascisti capeggiato da Augusto Regazzi, squadrista tristemente famoso nella zona. Le camicie nere vanno casa per casa e costringono con le armi in pugno le mondine ad andare in risaia. Ma la lotta così interrotta riprenderà nei giorni seguenti. Il 15 giugno a Galliera le mondine fermano sulla strada alcune crumire ferraresi e le convincono ad unirsi a loro. Scacciano da un’azienda altre crumire e poi sfilano verso il centro abitato. La manifestazione delle donne induce il commissario prefettizio a lasciare il paese. Lo stesso avviene a Granarolo. In un rapporto al governo il prefetto Fantozzi scrive che a Molinella sono state arrestate 11 donne e che i carabinieri di Molinella e Medicina “parteggiano con gli scioperanti”. Il questore ne propone l'arresto. Alla Ducati di Bazzano e Crespellano e alla Maccaferri di Zola Predosa gli operai scioperano per solidarietà con le mondine. Il 19 giugno lo sciopero di Galliera si conclude positivamente: il salario aumenta a 6 lire orarie (contro le 4,60 proposte dagli agrari), vengono concesse 10 lire di indennità di presenza e 5 di viaggio, oltre a 2 kg di riso al giorno. Alche i braccianti ottengono una inedita indennità giornaliera di 20 lire.dettagli
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13 giugno 1944Scioperi alla DucatiGli operai della Ducati di Borgo Panigale scendono in sciopero. Il 14 e il 15 sospendono il lavoro i 1.300 dipendenti Ducati di Bazzano e Crespellano, in appoggio alle mondine che nella Bassa effettuano uno sciopero generale, ma anche per proprie rivendicazioni: anticipi salariali, indennità di guerra. Vi sono rivendicazioni anche alle Officine Maccaferri di Zola Predosa. In varie località della provincia si tengono manifestazioni contro le deportazioni in Germania.dettagli
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15 giugno 1944Grande spettacolo musicale al Teatro MedicaEdizione straordinaria è il titolo dello spettacolo musicale organizzato al Teatro Medica. Si vuole mostrare una parvenza di normalità in una Bologna devastata dai bombardamenti alleati e dilaniata dalla guerra civile. Si esibiscono alcuni tra i migliori artisti italiani - Oscar Carboni, Ernesto Bonino, l'orchestra Cetra - presentati da Nicolò Carosio.dettagli
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16 giugno 1944Provvidenze per i sinistratiIl Podestà Agnoli informa il Comitato straordinario di Assistenza sui provvedimenti che il Comune sta attuando per la difesa della popolazione cittadina. Alle famiglie colpite dai bombardamenti sono assegnati alloggi provvisori in scuole e asili, lungo i portici dell’Arco Guidi e del Ricovero di Mendicità e nel sottochiesa della basilica di San Luca. I sinistrati occupano le palestre, le piscine e i sottoscala del Littoriale. In periferia sorgono alcuni villaggi di baracche. Abitazioni semi-permanenti vengono edificate a San Lazzaro, Casalecchio, Castenaso e Trebbo di Reno (in quest’ultima struttura sono ricoverate 132 famiglie in 22 padiglioni), mentre a Bologna vengono requisiti più di 1.000 alloggi. Sono inoltre allestite diverse mense popolari e 26 centri di assistenza dotati di bagni per la disinfestazione. Vengono potenziati i servizi di soccorso. L'Ente Profughi e l'Associazione Mutilati aiutano le famiglie dei senzatetto ad ottenere i buoni dell'ECA per gli acquisti nei negozi comunali Ape a prezzi calmierati. Dopo le incursioni aeree, fino a 3.500 persone sono mobilitate dal Genio Civile per lo sgombero delle macerie. Sono edificati ricoveri anti-bomba pedemontani e ripristinate infrastrutture essenziali, quali l’acquedotto e le reti elettriche e del gas. Per rianimare lo spirito dei cittadini si organizzano concerti sinfonici al Teatro Comunale. Alle famiglie colpite dalla guerra sono concessi sgravi fiscali.dettagli
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16 giugno 1944Casalecchio di Reno distrutta dalle bombeIl bombardamento alleato del 16 giugno trasforma Casalecchio di Reno, importante nodo delle vie di comunicazione dell'esercito tedesco, in un immenso cumulo di rovine. Il ponte sul Reno è colpito in pieno e crolla sul greto del fiume. La "fulminea incursione barbara" provoca molte vittime. Un nuovo attacco aereo il 12 ottobre danneggerà soprattutto la frazione della Croce, dove sono presenti importanti installazioni militari e industriali. Fino all'aprile del 1945 il paese subirà oltre quaranta incursoni. Quelle del 15, 16 e 17 aprile, nell'imminenza della Liberazione, rovineranno il poco ancora rimasto in piedi, compresa la magnifica villa Sampieri-Talon, un tempo cara a Stendhal e a Rossini, divenuta sede del comando tedesco della Contraerea del Fronte del Sud. Alla fine della guerra la quasi totalità degli edifici di Casalecchio risulterà distrutta o gravemente danneggiata. Oltre a tutte le industrie verranno rasi al suolo gli edifici pubblici, come il municipio, le scuole, gli ambulatori e le opere quali l'acquedotto, le fognature, gli impianti della pubblica illuminazione. Meno di un quarto dei quasi diecimila abitanti del comune, costretti per mesi a nascondersi e a vivere nei rifugi sotto le colline, si troveranno in loco all'arrivo degli Alleati, il 21 aprile 1945. Anche Casalecchio di Reno, come purtoppo altri comuni della Linea Gotica praticamente distrutti, avrà l'appellativo di “Cassino del Nord”.dettagli
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17 giugno 1944Sorveglianza della linea DirettissimaDalla prima decade di giugno i tedeschi destinano 4.900 soldati dell'esercito governativo cecoslovacco alla sorveglianza delle linee ferroviarie italiane. Il 5° battaglione - circa 200 uomini alloggiati tra Vado e Marzabotto - è inviato a controllare la linea Direttissima, considerata di primaria importanza dalla Wehrmacht. Esso affianca i carabinieri del battaglione Verona e i gruppi di civili - chiamati "Polizei" per la scritta impressa sul bracciale che portano - che già svolgono da tempo questo servizio. I carabinieri del "Verona" facevano parte della Legione "Bolzano". Dopo l'8 settembre 1943 furono catturati e deportati in Germania e in seguito fatti rientrare apposta in Italia per la vigilanza alla Direttissima. Attraverso i giovani "Polizei" essi sono in contatto con i partigiani della Brigata Stella Rossa. Nella notte tra il 17 e il 18 giugno una parte di carabinieri e "Polizei" si aggregano alla formazione di Lupo in località La Quercia. Tra essi il sottotenente Giovanni Saliva, comandante del distaccamento di Castiglione dei Pepoli, che diverrà capo di stato maggiore della Stella Rossa. Il comandante del distaccamento di Pianoro, sottotenente Enrico Galvaligi, fuggirà più tardi presso Varese, aggregandosi a una formazione partigiana della zona. Dopo la guerra proseguirà la sua carriera nell'Italia democratica fino ai gradi di generale. Sarà ucciso il 31 dicembre 1980 a Roma in un agguato delle Brigate Rosse.dettagli
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17 giugno 1944Bando del Feldmaresciallo Kesselring per la lotta antipartigianaDopo l'appello del gen. Alexander ai partigiani a fare il possibile “per distruggere, ritardare, ingannare il nemico con tutti i mezzi” e quello di Badoglio di assalire “i comandi e i piccoli centri militari” e di uccidere “i germanici alle spalle” , il Maresciallo Kesselring, comandante delle truppe tedesche in Italia, decide di inasprire le misure per la lotta antipartigiana. Nella ordinanza da lui emanata, e pubblicata in parte dal “Resto del Carlino” con il titolo Ribelli e complici sono avvertiti, sono prescritte catture preventive di ostaggi, fucilazioni e atti di rappresaglia, laddove vi siano attacchi ai militari germanici. Egli considera tutti gli abitanti dei villaggi dell'Appennino responsabili dell'attività partigiana e promette copertura ai comandanti, che "nella scelta e nel rigore dei mezzi" vadano oltre la "solita" moderazione. Secondo L. Klinkhammer, a partire da queste disposizioni, le truppe tedesche sono “praticamente spinte a compiere massacri”. Sui monti toscani e emiliani opereranno formazioni militari specializzate nella ripulitura delle zone del fronte dai "banditi", come la Divisione Hermann Goering e la 16a Divisione Panzergrenadier Reichsfuhrer SS. Con il fronte che si avvicina alla via Emilia, l'esercito tedesco mira a ripulire le retrovie dalla presenza delle bande partigiane. Il CLNAI, che rappresenta il governo italiano nelle zone occupate, definisce il bando di Kesselring un parto "della paura per la prossima inevitabile sconfitta nazista".dettagli
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17 giugno 1944"Operazione disarmo": attentati contro le caserme e i militi della GNRLa Brigata Stella Rossa si trasferisce all'inizio di giugno da Pietramala, frazione di Firenzuola (FI), dove ha trovato rifugio dopo il pesante rastrellameno tedesco del 25-30 maggio e si insedia nella zona delle Versellane, fra Monte Vignola e Monte Tramonti, “luogo impervio caratterizzato da folti boschi e profondi burroni, poco distante dalla Porrettana”, ad ovest del Reno e sopra a Marzabotto. Il 13 giugno circa 400 partigiani circondano Montepastore e prelevano generi alimentari. In seguito attaccano il presidio tedesco e fascista di Savigno, costringendolo alla resa. Il 14 giugno a Bazzano i tedeschi arrestano e uccidono barbaramente i fratelli Ermes e Giuseppe Artioli, di 17 e 19 anni. L’episodio intensifica, anziché scoraggiare, il reclutamento tra le fila della Resistenza. Il 17 giugno una squadra di partigiani comandata da Gianni Rossi arriva a Tolè da Montepastore e circonda la locale caserma della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), ubicata da febbraio nel caseggiato detto Scuole di mezzo. I militi si arrendono senza reagire: vengono disarmati e rilasciati scalzi poco dopo, tranne tre, compreso il comandante, conosciuti per essere molto attivi nella lotta anti-partigiana. Questi sono trascinati sul monte Vignola e fucilati. Il giorno successivo i partigiani tornano in paese, mettono fuori uso il telefono pubblico e chiedono denaro agli abitanti più agiati, compreso il parroco. In questi giorni a Bologna e dintorni, in vari agguati, vengono uccisi militi della Guardia Nazionale, mentre in pianura si susseguono gli attentati sappisti alle linee ferroviarie. La linea Casalecchio-Vignola, sulla quale i tedeschi trasportano materiale bellico, è sabotata più volte. Il 21 giugno circa duecento partigiani occupano Zocca e assalgono la caserma GNR: vengono requisite le armi dei militi e anche i fucili del Tiro a Segno. Il bilancio dell'assalto è di sei morti: cinque militi e il segretario comunale di Zocca, Domenico Mezzacappa, prelevato dalla sua abitazione e fucilato con gli altri su Monte Balgaro. Caserme della GNR sono assaltate anche a Montepastore, Monte San Pietro e Savigno, con l'eliminazione del presidio. Queste azioni rientrano nell' "operazione disarmo" ordinata dal CLN regionale, che porterà allo sfaldamento della Guardia Nazionale Repubblicana nella zona. Per contro verrà notevolmente rafforzato il distaccamento della GNR "Volontari della Morte" stanziato a Castelletto, portato a 150 unità e integrato nella 2a compagnia della Brigata Nera "Eugenio Facchini" di Bologna.dettagli
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18 giugno 1944La repubblica partigiana di MontefiorinoLe forze partigiane modenesi e reggiane attaccano i presidi della GNR sull'Appennino e li costringono al ritiro. L'ultimo a cadere è il più importante, quello di Montefiorino: la mattina del 18 giugno i combattenti della Brigata Modena entrano nella rocca ormai deserta. Si crea una zona libera nel territorio dei comuni di Montefiorino, Palagano, Frassinoro, Polinago nel modenese e Toano, Villaminozzo, Ligonchio nel reggiano. Qui i capifamiglia eleggono democraticamente nuove giunte amministrative, mentre dalla pianura affluiscono migliaia di partigiani in armi. Il 25 giugno è eletta la giunta di Montefiorino. Viene nominato sindaco il comunista Teofilo Fontana, protagonista della resistenza modenese. Il 7 luglio si crea il Corpo d'Armata Centro-Emilia, forte di circa 7.000 uomini, al comando di Armando Ricci. Tra le brigate provenienti dalla provincia di Bologna vi sono la Matteotti Montagna, una parte della Stella Rossa guidata Sugano Melchiorri e un forte nucleo di partigiani della 63a Brigata Garibaldi, tra i quali Corrado Masetti (Bolero). La zona liberata, nelle immediate retrovie del fronte, è di importanza vitale per l'esercito tedesco e dopo poche settimane è attaccata in forze. L'offensiva si svolge tra il 31 luglio e il 6 agosto, sviluppandosi su tre direttrici, secondo lo schema classico del "rastrellamento ad anello". Coinvolge oltre 5.000 soldati tedeschi e due battaglioni della GNR ben equipaggiati e dotati di mezzi blindati. Le formazioni partigiane sono costrette a rompere l'accerchiamento e a ripiegare nelle alte valli del Secchia e del Panaro o a scendere di nuovo in pianura. Una buona parte dei combattenti buttano le armi e si danno alla fuga disordinatamente. I tedeschi effettuano ritorsioni dando alle fiamme diversi paesi, tra i quali Montefiorino. Al termine della battaglia si contano circa 100 partigiani morti e oltre 200 civili prigionieri. L'esperienza della zona libera sarà ripresa nell'ottobre successivo in forma più ridotta, ma con una migliore organizzazione, e rimarrà in vita fino alla liberazione, nella primavera successiva.dettagli
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20 giugno 1944La 9a Brigata partigiana "Santa Justa"Nasce ufficialmente la 9a brigata “Santa Justa”, una formazione partigiana autoctona e stanziale, che opera sull'Appennino a sud ovest di Bologna. E' comandata da Pino Nucci (1918-2007), ex ufficiale medico - e futuro noto chirurgo maxillo-facciale - e raccoglie vari gruppi di giovani, provenienti da Casalecchio e Sasso Marconi. Ha come cappellano di brigata il parroco di Lagune, don Gabriele Mario Bonani. Nelle sue fila combatte anche un reparto di disertori austriaci, russi e polacchi, comandato da Romanos Todua. Con circa 400 effettivi, la brigata estenderà la sua azione militare nei comuni di Marzabotto e Monte San Pietro. Compirà soprattutto sabotaggi nelle retrovie tedesche, seminando chiodi a tre punte sulle strade percorse dai mezzi militari, danneggiando la linea ferroviaria Porrettana e incendiando depositi di carburante. Tra le azioni più efficaci vi sarà il lancio di cartelli, per mezzo di speciali fionde, sui fili dell'alta tensione: una propaganda per la Resistenza destinata a rimanere visibile per molto tempo. Provvederà inoltre a soccorrere e nascondere numerosi ufficiali inglesi sfuggiti ai campi di prigionia. Nel novembre del 1944, per ordine del CUMER, tutti gli effettivi confluiranno a Bologna, utilizzando anche ambulanze della Croce Rossa, in previsione della liberazione presunta imminente. La Santa Justa costituisce il primo esempio di formazione "tricolore" cattolica, non legata ai partiti del Cln.dettagli
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20 giugno 1944Guardie ferroviarie "giustiziate" dai partigianiPer impedire atti di sabotaggio ai treni i tedeschi mettono alcuni gruppi di guardie - chiamate “polizei” - nei punti più esposti delle linee ferroviarie. Si tratta di carabinieri, militi della polizia ausiliaria e ferrovieri, armati di fucile e pagati per andare fuori di notte. Secondo una testimonianza partigiana sono “gente reclutata tra i simpatizzanti fascisti”. Più volte vengono disarmati dai “banditi” e le loro armi inviate in brigata. Di stanza al casello 64 della Direttissima, nella zona tra Vado e Grizzana, vi è una dozzina di guardie ferroviarie. Sono ragazzi originari di Parma e sorvegliano senza particolare zelo, tanto che furti e sabotaggi si ripetono. A metà giugno scompaiono improvvisamente, senza motivo. Alcuni pensano che i tedeschi, insoddisfatti del loro lavoro, li abbiano deportati in Germania. C'è invece chi ritiene che siano andati “a ingrossare le file dei ribelli”. La loro sorte si saprà molto più tardi. Secondo don Dario Zanini si sono effettivamente consegnati ai partigiani della Brigata Stella Rossa e il comandante Lupo li ha destinati al gruppo di Sugano Melchiorri, operante sul Monte Vignola. Dopo l'uccisione di un maresciallo tedesco a Cà d'Alessandri alcuni di essi hanno provato a fuggire e allora è scattata la rappresaglia. Il 20 giugno - o poco più tardi - sono stati tutti “barbaramente trucidati da mani fraterne” e sotterrati in tre buche nei pressi di un abbeveratoio. Le loro salme saranno riesumate più di un anno dopo, a guerra finita, dai parenti guidati sul luogo dell'eccidio da ex partigiani della Stella Rossa. Il padre di una delle guardie giustiziate è stato comandante di una formazione comunista del parmense. Una lettera scritta dai partigiani nel dicembre 1945 dichiarerà “l'estraneità delle vittime da ogni collaborazionismo”. I partigiani avrebbero ucciso i guardafili “per assicurarsi le spalle nel combattimento” durante un pesante rastrellamento in atto a Montepastore.dettagli
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21 giugno 1944Don Elli deportato nel lagerDon Giuseppe Elli, rettore di San Rocco e cappellano del carcere di San Giovanni in Monte, parte il 21 giugno dal campo di concentramento di Fossoli assieme ad altri 49 compagni, tra i quali don Sante Bartolai e don Giovanni Tavasci, "stipati come sardine" in un vagone bestiame. Destinazione: il lager di Mauthausen. L'anziano prete è stato accusato di aver portato all'esterno del carcere la lettera di un detenuto e di aver trattato pietosamente i prigionieri. Il 29 novembre sarà trasferito, con la qualifica di Schutz Geistlicher (sacerdote in detenzione di sicurezza), dal lager austriaco a quello di Dachau. Qui sono rinchiusi i sacerdoti italiani accusati di aver aderito alla Resistenza o protetto ebrei. Don Elli riuscirà a sopravvivere alla dura esperienza del lager. Gli ex deportati lo descriveranno come grande esempio di dignità umana e carità cristiana. Il 6 febbraio 1976, nella chiesa di San Giovanni in Monte, si terrà una rievocazione di don Elli promossa dal Centro di documentazione “Comunità di Fede e Resistenza” di mons. Luciano Gherardi.dettagli
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21 giugno 1944Partigiani della Stella Rossa si impadroniscono dei piani della Linea GoticaUn gruppo di partigiani della brigata Stella Rossa, operante agli ordini di Cleto Comellini (Tito) nella zona di Croce delle Pradole, al confine tra i comuni di Monte San Pietro e Savigno, intercetta una camionetta del comando di divisione germanico, che sopraggiunge al bivio tra Tolè e Montepastore. Nel conflitto a fuoco che ne segue gli occupanti del mezzo - un maggiore, un tenente e due soldati - rimangono uccisi. Con l'aiuto dei contadini del luogo e del frate cappuccino padre Samuele Sapori, i partigiani seppelliscono i cadaveri dei tedeschi e occultano l'automezzo in un bosco vicino, per evitare rappresaglie contro i civili. I militari hanno con loro importanti documenti, tra i quali piani dettagliati delle fortificazioni previste sulla Linea Verde II, che vengono prontamente trasmessi ai comandi alleati tramite un ex prigioniero inglese aggregato alla Stella Rossa. L'operazione dei partigiani riceverà un encomio dal generale Alexander, comandante delle truppe alleate. Nei giorni successivi i tedeschi e la Guardia Nazionale Repubblicana operano retate e rastrellamenti nel territorio di Monte San Pietro. Sul Monte Vignola due colonne provenienti da Marzabotto e da Tolè incendiano case, fanno razzia di bestiame, torturano e uccidono civili. Il mugnaio Tommaso Grilli, padre di due partigiani, Francesco Raimondi, Giovanni a Armando Benini vengono denunciati da Lorenzo Mingardi, ras fascista di Marzabotto, e assassinati il 24 giugno. Partigiani e civili vengono trucidati a Montasico, Vedegheto e Pian di Venola. Tutti gli uomini che si trovano sull'itinerario del rastrellamento sono catturati e portati in camion a Bologna. Alcuni renitenti alla leva finiranno nei lager in Germania. Il 24 giugno don Giovanni Fornasini (1915-1944), parroco di Sperticano, si adopera con successo presso i comandi tedeschi per la liberazione degli ostaggi condotti a Bologna, poi va con un carro al municipio di Marzabotto, ritira alcune bare e provvede a seppellire i “quattro innocenti antifascisti” passati per le armi a Pian di Venola. Intanto la Brigata partigiana Stella Rossa opera uno sganciamento dalla zona di Monte Vignola “secondo le regole della guerriglia”. Varie colonne si defilano verso Monte Ombraro e verso Sasso Marconi. In questo modo, secondo D. Zanini, gli uomini del Lupo riescono “non solo a sottrarsi ad un rastrellamento tedesco giudicato imminente, ma anche ad evitare uno scontro diretto con una conseguente strage fra i civili”. Alle Versellane saranno ritrovati i cadaveri di Adelmo Angiolini e Faustiniano Rubini, due militi della GNR passati ai partigiani e forse da essi eliminati perché considerati scomodi. Secondo altre fonti Angiolini verrà fucilato dai Tedeschi il 23 giugno a Monte Severo di Monte San Pietro. Prima del ritorno a Monte Sole all'inizio di luglio, la brigata Stella Rossa effettuerà un lungo itinerario tra Monte Ombraro, Zocca e Tolè. Durante l'esodo sull'Appennino modenese avverrà una clamorosa scissione della formazione partigiana: un centinaio di uomini, lasciate le armi, si dirigeranno con Susano Melchiorri verso Montefiorino.dettagli
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22 giugno 1944Bombardamento sullo scalo ferroviarioAlle 11 e 10 del 22 giugno un pesante bombardamento aereo, effettuato da aerei B-24 del 55° Stormo USAF, coinvolge la zona ferroviaria. Vengono scaricate 130 tonnellate di bombe ad alto esplosivo. Parecchi ordigni cadono anche in pieno centro (vie Rizzoli, Altabella, Indipendenza, Galliera) e non provocano molte vittime - "solo" 9 morti e 35 feriti - grazie al tempestivo segnale di allarme, che ha consentito alla gente di scendere subito nei rifugi. Tra gli edifici danneggiati vi sono la chiesa di Santa Maria della Mascarella - praticamente rasa al suolo, tranne il campanile, dopo le prime offese ricevute il 25 settembre 1943 - e la vicina chiesa di Santa Maria Maddalena con il soprastante oratorio di San Luigi. Durante questa incursione, secondo alcune testimonianze, la cima della torre Asinelli oscilla di oltre mezzo metro per lo spostamento d'aria.dettagli
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22 giugno 1944Sciopero contro il decreto anti-scioperoAlle 10 del mattino del 22 giugno scendono in lotta gli operai della Ducati di Bazzano e di Crespellano. E' una risposta al decreto legislativo pubblicato il giorno precedente, che introduce la pena di morte per chi organizza scioperi e serrate e stabilisce pesanti pene detentive per i partecipanti. A Bazzano in pochi minuti si svuotano i reparti e gli operai riempiono l'ampio salone d'ingresso della fabbrica. Issatosi sopra un tavolo trascinato al centro del salone, Celestino Cassoli, uno degli attivisti comunisti in prima fila nell'attività antifascista e nel sabotaggio della produzione bellica, tiene un breve comizio. A Crespellano le modalità della fermata sul lavoro sono analoghe. Sono state concordate in precedenza in una riunione clandestina di operai, presente Giorgio Volpi, dirigente del PC proveniente da Bologna. Dopo lo sciopero, Cassoli lascerà la fabbrica e diventerà partigiano, entrando a far parte della 63a brigata Garibaldi “Bolero”.dettagli
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22 giugno 1944Il rastrellamento di PiangipaneIl 22 giugno i tedeschi compiono un vasto rastrellamento nella provincia di Ravenna, con epicentro a Piangipane. L'operazione, preparata in gran segreto, coglie di sorpresa il movimento clandestino ravennate e porta alla cattura di 62 giovani renitenti e 15 contadini, presi come ostaggi e tradotti nelle carceri di Forlì. A Piangipane, nei pressi di via Tagliata, vengono uccisi due "banditi": Francesco Casadio e Caruso Balella. Il 26 giugno sulla linea Cesena-Rimini un attentato partigiano provoca il deragliamento di un treno carico di materiale bellico e di militari tedeschi. I danni causati sono ingenti e vi sono alcune vittime. La linea rimane interrotta per diversi giorni. Per rappresaglia il Comando tedesco fa prelevare dalla rocca di Forlì dieci degli ostaggi di Piangipane: sono Nello Acusani, Domenico Babini, Giulio Benigni, Nello Buzzi, Colombo Lolli, Francesco Mezzoli, Emilio Ravaglia, Guido Rubboli, Francesco Taroni e Giovanni Tasselli, noti anche come partigiani. Vengono tutti fucilati il 30 giugno nei pressi dell'aeroporto di Forlì, ai margini del cratere prodotto da una bomba di aereo, con le mani legate dietro la schiena con il filo spinato.dettagli
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24 giugno 1944Francesco Calzolari torturato e uccisoDurante una perlustrazione a Montasico, frazione collinare del comune di Marzabotto, una pattuglia di soldati tedeschi si imbatte in alcuni partigiani della Brigata Stella Rossa, mentre escono da un'osteria, dove si sono riforniti di tabacco. Subito vien messo mano alle armi e nella sparatoria un soldato e due “ribelli” rimangono uccisi: Ivo Rasini (1924-1944) di Grizzana e un giovane che rimarrà sconosciuto. Un terzo partigiano, ferito, riesce a rifugiarsi in un bosco vicino. Si tratta di Francesco Calzolari (1926-1944), originario della Quercia, località della Valle del Setta prossima a Rioveggio. Per due giorni rimane nascosto nel folto. Il 24 giugno, durante un rastrellamento tedesco nella zona di Monte Vignola, viene scovato e trascinato a Vedegheto. Lo vedono passare circondato dai soldati con “il capo ferito, il collo sanguinante, il volto sofferente, triste e rassegnato” (D. Zanini). Nei pressi del mulino, che si trova al'ingresso del paese, viene interrogato duramente e sviene più volte. I nazisti lo rianimano buttandogli addosso secchi d'acqua e ricominciano a picchiarlo. Da lui vogliono sapere l'ubicazione dei vari distaccamenti della Stella Rossa. Evidentemente non ottengono confessioni e allora, spazientiti, decidono di finirlo. Lo impiccano ad un olmo - la sua morte e l'ostensione del suo corpo martoriato devono servire da monito per la popolazione - ma la corda si spezza e allora lo finiscono con la mitraglia. Il suo cadavere rimarrà per tre giorni insepolto. Nel dopoguerra a Francesco Calzolari sarà assegnata la Medaglia d'Oro al Valore - una delle quattro del sacrario di Marzabotto, con Mario Musolesi, Gastone Rossi e don Giovanni Fornasini - con questa motivazione: “Valoroso combattente, era tra i primi a costituire le formazioni partigiane della sua zona e a partecipare con esse a numerose azioni, distinguendosi per coraggio e sprezzo del pericolo. Nel corso di un sanguinoso combattimento contro superiori forze avversarie, rimasto gravemente ferito, rifiutava ogni soccorso e continuava a fare fuoco con la sua mitragliatrice, fino a quando veniva catturato. Sottoposto alle più atroci torture, rifiutava di rivelare le notizie richiestegli. Con le carni straziate per la ferita precedentemente riportata, con la febbre che lo bruciava, gridava all'avversario l'odio che lo dominava. A tanto eroico comportamento il nemico rispondeva barbaramente trucidandolo ed occultandone le spoglie. Nobile esempio di fierezza e d'amor di Patria”.dettagli
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24 giugno 1944La Brigata GL MontagnaNella chiesina della Madonna degli Emigranti di Ronchidoso, nei pressi di Gaggio Montano, si riunisce il primo nucleo della Brigata Giustizia e Libertà Montagna. La formazione GL (“Giustizia e Libertà”), costituita inizialmente da un gruppo di giovani renitenti bolognesi della classe 1926 - tra essi i futuri avvocati Francesco Berti Arnoaldi Veli e Ferruccio Pilla - opererà nella zona di Gaggio Montano, Castel d'Aiano, Lizzano e Porretta. Forte di oltre duecento combattenti, prenderà parte a quasi tutte le battaglie dell'Appennino tosco-emiliano nell'estate del 1944. Dopo aver liberato Gaggio Montano, nell'ottobre 1944 attraverserà il fronte e sarà in parte equipaggiata e rimessa in linea assieme all'esercito alleato, con base nell'ex villaggio operaio della Direttissima a Cà di Landino. Entrerà a Bologna il 21 aprile 1945, a fianco dei bersaglieri e dei fanti del Gruppo di Combattimento "Legnano". Per tutta la guerra la formazione sarà comandata da Pietro Pandiani (Capitano Pietro, Medaglia d'argento al V.M.), ex militare ferito in Libia, divenuto partigiano dopo essere entrato in contatto a Bologna con il Partito d'Azione clandestino. Il giornalista Enzo Biagi, anch'egli partigiano della GL, scriverà di lui: "Ha vissuto con rara coerenza quando tutti, o quasi, hanno avuto l'occasione di ottenere qualche beneficio, lui non ha chiesto nulla ... non ha fatto carriera. Non ha cercato nè gli hanno dato un buon posto. Lo ha conservato, però, nel cuore dei suoi vecchi ragazzi".dettagli
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25 giugno 1944Un campionato di fortunaNell'anno 1943-44 il campionato di calcio del Bologna F.C. si gioca all'insegna dell'improvvisazione e del caso, con il paese spezzato in due dalla guerra. Organizzato alla meglio, il torneo di Divisione Nazionale è frazionato in vari gironi regionali. I rossoblu giocano inizialmente contro squadre come il San Pietro in Casale e il Borgo Panigale. Nella fase di semifinale incontrano il Cesena, il Forlimpopoli e il Faenza. Dal momento che il Littoriale è occupato dalle truppe tedesche, per le partite in casa si utilizza l'antico campo dello Sterlino. Le trasferte vengono effettuate con mezzi di fortuna, a volte anche a piedi. Molti giocatori sono indisponibili. Pagotto, Andreoli, Reguzzoni e altri si sono allontanati da Bologna. I giovani vengono promossi in prima squadra. L'allenatore è Bruno Maini. Il presidente Dall'Ara assiste da lontano. Vinta la selezione regionale, il Bologna affronta in semifinale - in due turni allo stadio di Carpi - i Vigili del Fuoco di La Spezia. La prima partita si gioca l'11 giugno e finisce con l'invasione di campo dei tifosi rossoblu per un goal contestato. Sarà data vinta ai liguri a tavolino per 2 a 0, con due giocatori del Bologna, Pucci e Marchi, squalificati a vita (in seguito reintegrati). Il 25 giugno gli avversari attenderanno invano i rossoblu per la seconda partita. I Vigili del Fuoco della Spezia saranno proclamati d'ufficio Campioni emiliani dal Direttorio regionale e disputeranno il girone finale a Milano, dove otterranno un rocambolesco "titolo onorifico".dettagli
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25 giugno 1944Cinque partigiani uccisi dalla GNR e seppelliti in riva al PanaroFra il 15 e il 24 giugno cinque giovani partigiani originari della provincia di Bologna vengono catturati dai fascisti nel territorio di Vignola. Avevano il compito di tenere contatti clandestini tra le formazioni partigiane bolognesi e quelle operanti sull'Appennino modenese. Gli arrestati - Luciano Dardani, Gino Garagnani, Giorgio Parisini, Ferdinando Parisini, Evaristo Sandoni - vengono torturati e fucilati in località diverse. I militi della GNR decidono poi di seppellirli tutti in un posto solo, a Fontanazzo di Marano sul Panaro, sul greto del fiume. I corpi straziati dei giovani, sistemati a coppie in piccole buche, riaffioreranno in parte a seguito dello scoppio di una bomba e le autorità di Marano procederanno al loro riconoscimento. Assieme a quelli dei partigiani bolognesi saranno ritrovati anche i resti di Arnaldo Retelli, un antifascista del luogo, rinchiuso tempo prima e torturato nel carcere di Pavullo.dettagli
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26 giugno 1944Torture ed esecuzioni sommarie di partigianiA seguito dell'uccisione il 26 giugno di un militare tedesco in via del Pratello, dieci persone assolutamente estranee all'azione vengono fucilate in vari luoghi. E' un esempio delle “misure punitive” messe in atto con frequenza dal comando germanico e dalle forze repressive della RSI. I partigiani catturati vengono quasi sempre torturati. La polizia militare tedesca e la Gestapo operano nelle loro basi di via Santa Chiara 6/3 e di via Albergati 6, oppure in viale Aldini 220. Secondo le testimonianze di molti partigiani, i sistemi di interrogatorio dei fascisti sono ancora più violenti e pericolosi di quelli delle SS. Essi seviziano i loro avversari nelle sedi della Guardia Nazionale Repubblicana, dei RAP, della polizia politica, delle Brigate Nere e delle squadre speciali. A partire dall'ottobre 1944 nei locali delle facoltà di Ingegneria e Chimica industriale dell'Università si installano il Comando provinciale e l'Uffico Politico Investigativo (UPI) della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR). Seviziatori come il colonnello Angelo Serrantini (capo dell'UPI), il capitano Pifferi, i commissari Monti e Berti, fanno torturare i partigiani catturati. I loro scherani percuotono i prigionieri legati alle sedie con catene di ferro, applicano loro maschere antigas col tappo chiuso, li fanno sedere su fornelli accesi, inscenano finte fucilazioni. Torture e uccisioni indiscriminate avvengono nelle caserme della GNR di via Borgolocchi e di via del Piombo, in quella delle Brigate Nere in via Magarotti (poi via dei Bersaglieri), oppure in gran segreto nella caserma della 67a Legione della Milizia in via San Mamolo e in via del Fossato. La Polizia ausiliaria, dipendente dal Ministero dell'Interno, opera nella caserma del 6° Rgt. Bersaglieri in via Magarotti. Il Reparto d'Assalto della Polizia (o Reparto antipartigiani RAP), con sede in piazza Galileo, lavora agli ordini del capitano Alberto Noci. Assieme all'Ufficio politico guidato da Agostino Fortunati dispone di celle attrezzate negli scantinati della Questura. Nei sotterranei della "villa triste" (villa Campanati) di via Siepelunga 67, residenza del questore Giovanni Tebaldi - oltre che alla caserma Magarotti - è in azione invece la famigerata CAS (Compagnia Autonoma Speciale) del capitano Renato Tartarotti. Questa banda di circa 60 elementi - una delle otto squadre autonome della RSI - gode di immunità e "diritto di bottino", cioè della libertà di saccheggiare abitazioni e negozi in odore di ribellismo. Essa comprende una squadra volante detta “del camioncino rosso”, specializzata in esecuzioni per strada. Tutti gli uomini al servizio del capitano sono pronti ad infliggere agli arrestati ogni tipo di tortura o vessazione psicologica. Le persone che escono dalla stanza degli interrogatori “presentano i segni della violenza subita sul corpo e sul viso: tumefazioni, macchie di sangue, alterazioni negli occhi”. La polizia federale è comandata dal capitano Enrico Bottoni e controllata da Franz Pagliani, capo del PFR locale. Le varie milizie svolgono attività di polizia alle dipendenze dell'Aussenkommando delle SS tedesche. Oltre a Ingegneria, il principale centro di detenzione dei partigiani è il carcere di San Giovanni in Monte, dal quale, durante l'estate - e almeno fino ad ottobre - decine di prigioneri sono prelevati e fucilati al Poligono di Tiro. Altri sono trascinati in piazza Nettuno, dove vengono giustiziati in pubblico e appesi a ganci da macellaio, in quello che viene definito spregiativamente dai loro aguzzini "il posto di ristoro dei partigiani". Ai cadaveri vengono appesi cartelli con scritte quali "bandito", "traditore della patria", "fuorilegge" ed è fatto divieto per diversi giorni a chiunque di avvicinarsi. Il 9 luglio avviene la prima esecuzione: la vittima è Luigi Guerzoni, gappista della 7a brg GAP “Gianni”. Il “Resto del Carlino” parla di “un vile assassino passato per le armi”. Di questo "poligono sussidiario", posto proprio sotto il suo ufficio, si lamenterà il Podestà Agnoli, sostenendo l'effetto controproducente delle esecuzioni capitali in un luogo frequentato, tra gli altri, da bambini e giovani, che "possono venire sorpresi e male impressionati da una visione perturbatrice del loro animo". Tra il 1943 e il 1945, al Tiro a Segno Nazionale di via Agucchi si consumano almeno 13 stragi e molte esecuzioni individuali. Nel 1955 la giunta comunale delibererà l'erezione sul luogo di un monumento a ricordo delle tante vittime. Esso riporta questa iscrizione: "Ai 270 fucilati dai nazifascisti la città di Bologna orgogliosa e memore dei suoi figli che qui fieri si immolarono per la libertà e la giustizia sociale e perenne esempio ed amore dedica. 8 settembre 1943 – 21 aprile 1045”. Al termine della guerra, in provincia di Bologna, si conteranno 2050 morti soltanto nelle formazioni partigiane combattenti.dettagli
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27 giugno 1944Scissione della brigata "Stella Rossa"Mentre la brigata “Stella Rossa” è stanziata nella zona di Monte Ombraro – Zocca, il battaglione guidato da Sugano Melchiorri si stacca dalla formazione principale. Da tempo Melchiorri, uno dei fondatori della Stella Rossa - uomo “misterioso e spavaldo”, dotato di un coraggio che sfiora la temerarietà (D. Zanini) - manifesta notevoli divergenze con il comandante Mario Musolesi (Lupo) sul modo di condurre la guerriglia e sulla presenza dei commissari politici nominati dal Cumer. Il battaglione Sugano, forte di una novantina di effettivi, si dirigerà verso Montefiorino e parteciperà, assieme alla Divisione Modena "Armando", alle sorti della repubblica partigiana. Dopo una rovinosa battaglia contro i Tedeschi al Passo delle Forbici, la formazione si dividerà in due gruppi, uno dei quali riuscirà ad attraversare il fronte e ad aggregarsi al Gruppo Valanga in Toscana, mentre l'altro, comandato da Melchiorri, rientrerà a Bologna e parteciperà nelle fila della 7a Gap alla battaglia di porta Lame.dettagli
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27 giugno 1944Partigiani torturati e uccisi dalla GNRMentre stanno andando ad un appuntamento a San Ruffillo, tre partigiani sono fermati da una pattuglia di militi della GNR. Arrestati, sono condotti nella caserma di via Due Madonne, dove vengono interrogati e torturati per diversi giorni dagli uomini del maggiore Raspadori. Amelio Musiani sopravviverà alle sevizie e sarà in seguito liberato, mentre i corpi esanimi di Bruno Monterumici (1906-1944) e Vasco Mattioli (1913-1944) saranno rinvenuti per strada il 5 luglio: uno in via Tibaldi e l'altro all'Arcoveggio. Operaio ortopedico, ex dirigente della FGCI, arrestato e condannato più volte dal Tribunale Speciale, Bruno Monterumici (Roberti) è stato uno dei primi organizzatori dei Gap in città. Ha collaborato alla creazione del CUMER, il comando unico partigiano. Vasco Mattioli, ex volontario garibaldino in Spagna e organizzatore comunista, era ufficiale di collegamento del CUMER.dettagli
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27 giugno 1944La Brigata partigiana "Matteotti Montagna"Con un colpo di mano a un distaccamento tedesco a Mulino del Pallone i primi gruppi di partigiani, che operano tra Granaglione e Lizzano in Belvedere, si procurano armi e materiale di casermaggio. E' l'avvio dell'attività della Brigata “Matteotti Montagna”, di ispirazione socialista, formata da diversi gruppi di “ribelli”(Toscanino, Urio, Bertini), che da mesi operano autonomamente nella zona, riuniti da Fernando Baroncini (Nino), segretario della Federazione socialista della provincia di Bologna. La sede del comando della brigata è posto nel rifugio del Corpo forestale a Monte Cavallo, sopra Granaglione. Comandante diverrà, nel mese successivo, Antonio Giuriolo (Capitan Toni, 1913-1944), insegnante di lettere e capitano del 7° Reggimento Alpini di Belluno Dopo l'8 settembre egli è stato tra gli organizzatori di una formazione partigiana sull'Altopiano dei Sette comuni, detta "dei piccoli maestri". Ricoverato nell'ospedale Putti di Bologna, viene convinto da Gianguido Borghese a guidare la "Matteotti". Tra settembre e ottobre 1944 la brigata contriburà alla liberazione di numerosi paesi dell'Appennino bolognese. Dopo il ricongiungimento con gli Alleati, lnon sarà disarmata completamente, ma mantenuta in linea accanto alle truppe regolari americane e brasiliane. Giuriolo morirà in combattimento il 12 dicembre 1944 in località Corona, ai piedi del Monte Belvedere, durante un contrattacco tedesco. La sua salma sarà recuperata dai compagni il 20 febbraio 1945, durante un successivo assalto al caposaldo del Belvedere. Gli verrà conferita la Medaglia d'Oro al V.M.dettagli
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1 luglio 1944Ospedali requisiti dall'esercito tedescoL’Ospedale Rizzoli è requisito per esigenze belliche e diviene Feldlazarett M 682, ospedale da campo destinato ai feriti dell’esercito tedesco. Il prof. Delitala, con la mediazione del Rettore, ottiene dal comando tedesco di poter mantenere intatta la biblioteca dell'Istituto. I pazienti italiani sono trasferiti al Policlinico Sant’Orsola, in gran parte presso la Clinica Ostetrica. Negli stessi giorni sono requisiti anche gli ospedali Pizzardi (14 agosto) e San Leonardo. Il Feldlazarett 682, trasferito da Fara Sabina al Rizzoli, è capace di 220 posti letto. Anche l’annessa Officina ortopedica lavora per i tedeschi. Il 13 luglio il generale Will pone sotto la tutela dei sanitari tedeschi anche il vicino Centro Mutilati “Vittorio Putti”, ospitato nella sede estiva dell’Arcivescovado a Villa Revedin. Durante l’occupazione tedesca il prof. Scaglietti, direttore del "Putti", continuerà ad accogliere e a dare ricovero ai feriti della Resistenza, etichettandoli come vittime dei bombardamenti.dettagli
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1 luglio 1944Cinque giovani uccisi dai nazisti a San Martino in PedrioloUn gruppo di giovani, in procinto di unirsi alla 66a Brigata Garibaldi “Jacchia”, vengono intercettati, forse per una spiata, da una pattuglia di tedeschi a San Martino in Pedriolo, frazione di Casalfiumanese. Alcuni di essi riescono a fuggire, ma cinque vengono catturati e rinchiusi nel locale ufficio postale: sono Rino Balestrazzi e Cleto Casi di Bologna e Dino Pancaldi, Silvano Rubbini e Gino Salmi di Budrio. Il giorno successivo i nazisti li conducono sull'argine del Sillaro e li uccidono con un colpo di pistola in bocca, dopo averli legati agli alberi. I loro corpi sono abbandonati sul luogo e verranno sepolti in seguito da alcune donne, sfidando i divieti dei Tedeschi. Il "Resto del Carlino" comprenderà i giovani massacrati a San Martino tra i dieci partigiani giustiziati come rappresaglia per il ferimento (e la successiva morte) di un soldato tedesco, caduto in un'imboscata a Bologna in via del Pratello il 26 giugno precedente. Nell'elenco saranno aggiunti ad altri cinque "ribelli" - Giuseppe Balotti, Danilo Barca, Paolo Bononcini, Luigi Labandi e Cesare Palmini - fucilati il 3 luglio in piazza Nettuno.dettagli
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1 luglio 1944Uccisione del reggente di Crespellano e rappresaglia fascistaIl 29 giugno viene ucciso dai partigiani il reggente del Fascio di Crespellano Alfonso Sandrolini. Nella notte del 1° luglio per rappresaglia brigatisti neri e fascisti in borghese prelevano tre uomini tra Crespellano e Calcara, li portano in camion in aperta campagna e li giustiziano, lasciando per terra i loro corpi. Si tratta di Amedeo Luppi, Alfonso Guizzardi e Lionello Zini, partigiani della 63a Brigata Garibaldi “Bolero”. A Zini (Nello) sarà intitolato un battaglione della 63a. Per questo regolamento di conti, nel dopoguerra sarà processato - e assolto - un milite della GNR. Pesanti sospetti cadranno anche su un brigatista nero di Crespellano coinvolto anche in seguito in gravi episodi di delazione.dettagli
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luglio 1944Estensione del CLN provincialeIn luglio il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) della provincia di Bologna, si estende al Partito Liberale e alla Democrazia Cristiana. Presidente è nominato il liberale Antonio Zoccoli. Angelo Salizzoni è il rappresentante dei democristiani. Vi sono poi Paolo Betti per il PCI, Verenin Grazia per il PSIUP e Massenzio Masia per il Partito d'Azione. Il ritardo nella composizione del CLN bolognese è legato soprattutto al profondo disaccordo tra i partiti antifascisti sulla soluzione del conflitto nelle campagne. Democristiani e liberali sono contrari alla reintroduzione del concordato Paglia-Calda del 1920 proposta dal socialista molinellese Giuseppe Bentivogli, e sono ostili anche al nuovo Patto colonico di Medicina, che prevede riparti molto favorevoli ai mezzadri.dettagli
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luglio 1944Il convento di San Domenico luogo di soccorso e di rifugioDopo le prime incursioni aeree su Bologna il convento di San Domenico apre le porte a malati e feriti: assieme alla caserma Cialdini e alle scuole Pier Crescenzi diventa Ospedale di guerra n. 1. Oltre agli infermi, vi sono ricoverati religiosi e religiose di clausura, oltre che le orfanelle di San Luca. E' organizzata l’accoglienza di militari sbandati, rastrellati e civili passati alla Resistenza. La comunità domenicana svolge durante tutto il conflitto una notevole attività per la pacificazione e l’incolumità dei cittadini di ogni fede politica. Il convento è aperto a tutti e l’opera di soccorso è al di sopra delle parti. A distinguersi in una “generosa opera di assistenza e di aiuto ai profughi e ai perseguitati, tanto ebrei come partigiani o fascisti” (D. Zanini) è Padre Innocenzo Maria Casati, tornato in città, assieme ad altri confratelli, dopo un periodo di sfollamento a Lizzano in Belvedere. Più di 300 famiglie nascondono qui i loro beni preziosi, i mobili, le suppellettili. Ma anche enti pubblici chiedono di riparare tra le sacre mura materiale strategico. Il chiostro di San Domenico è invaso, ad esempio, da materiale delle ferrovie dello stato - tra cui più di 250 chilometri di filo di rame - da trasformatori elettrici, da macchine dello zuccherificio e della centrale del latte. Nell’orto del convento pascolano circa 350 capi di bestiame di grossa taglia, soprattutto cavalli e mucche. Assieme alle opere d’arte della chiesa, tra le quali l’arca e le reliquie di San Domenico, è nascosta la collezione aurea Venturini di Massalombarda, che comprende preziosi di valore inestimabile. Dal 1942 si riuniscono qui esponenti del laicato cattolico antifascista, quali il conte Filippo Cavazza (1886-1953), liberale, ex presidente dell'Agraria bolognese, Angelo Salizzoni, Raimondo Manzini, Angelo Senin, il prof. Tito Carnacini, l’on. Milani. Vi si tengono riunioni del CUMER, il comando militare partigiano dell'Emilia-Romagna, cui partecipano il comandante Dario (Ilio Barontini) e il commissario politico Gianguido Borghese. Nei giorni a ridosso della Liberazione i padri domenicani mediano tra la Resistenza e gli esponenti moderati del fascismo e si adoperano per la pacificazione e per la salvezza di personalità compromesse, compreso lo stesso podestà Agnoli.dettagli
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luglio 1944Le Squadre d'Azione Patriottica (SAP)Nei paesi della provincia si formano, durante l'estate, le Squadre d'Azione Patriottica (SAP), con lo scopo di ampliare la partecipazione popolare alla Resistenza. All'inizio si tratta di gruppi di partigiani, che non agiscono in piena clandestinità: sono composti infatti da uomini, che svolgono attività regolari e mantengono la propria identità e residenza. Compiono però azioni di contrasto e sabotaggio, promuovono e appoggiano con le armi scioperi e manifestazioni, svolgono un'opera costante di propaganda a favore della lotta di liberazione dal nazifascismo. Compito delle SAP è anche quello di fornire supporto logistico e organizzativo alle brigate partigiane mobili e ai giovani renitenti. Esse sono numericamente maggiori (in media circa 15-20 combattenti) dei nuclei GAP, ma anche meno disciplinate e coese, e quindi più soggette a delazioni e infiltrazioni. Negli ultimi mesi della lotta antifascista diverranno comunque anch'esse formazioni ad alto profilo militare. Nella bassa bolognese agiscono la 3a Brigata nella zona di Bazzano (in seguito si fonderà con la 63a "Bolero" Garibaldi), la 2a Brigata "Paolo" nella zona di Galliera, la 4a "Venturoli" ad Altedo e la 5a "Bonvicini" nel circondario di Medicina e Molinella. Nelle zone ad alta presenza mezzadrile, come a Castenaso, San Giovanni in Persiceto, Castelmaggiore, Calderara, si crea una organizzazione, che utilizza come basi i casali dei contadini di provata fede antifascista.dettagli
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3 luglio 1944Eccidio di PizzocalvoA Pizzocalvo, sulle colline di San Lazzaro di Savena, tedeschi delle SS e fascisti delle brigate nere irrompono il 3 luglio in alcuni casolari e compiono un rastrellamento di civili, accusati di collaborare con i partigiani. Il giorno seguente otto uomini vengono uccisi e seppelliti in fretta nei pressi di Villa Calzoni alla Croara. A fine luglio il commissario prefettizio di San Lazzaro riceve dal comandante tedesco la falsa informazione che essi “sono stati fucilati per esser fuggiti durante il loro trasporto in Germania”. La verità si saprà solo a guerra conclusa. I corpi saranno riesumati e seppelliti nel cimitero di San Lazzaro. Rimarranno misteriosi i motivi e le modalità del massacro. La stele che commemora i “Martiri di Pizzocalvo” è opera dello scultore Luigi Mattei.dettagli
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4 luglio 1944Eccidio di BiagioniA Biagioni, piccolo paese dell'alta valle del Reno attraversato dalla ferrovia Porrettana, viene inviato nell'estate del 1944 un contingente di SS italiane e tedesche per catturare i renitenti alla leva e per contrastare l'attività partigiana, che potrebbe minacciare la importante linea di comunicazione. Il 4 luglio, durante una operazione di rastrellamento, una SS italiana viene uccisa, probabilmente da un commilitone. Per vendetta vengono catturati e uccisi nove uomini del paese, alcuni dei quali completamente estranei al fatto (cinque di essi hanno oltre 60 anni). Il resto della popolazione lascia terrorizzata le proprie case e si rifugia in alta quota. I responsabili della strage, il cui fascicolo giudiziario finirà nel cosiddetto "armadio della vergogna", non verranno mai perseguiti. Inspiegabilmente, quasi tutti i morti di Biagioni figurano nell'Albo dei caduti della RSI come vittime di agguati partigiani.dettagli
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5 luglio 1944Adelmo Tosi giustiziato in via Santo StefanoAdelmo Tosi (1910-1944), ispettore della 1a Brigata Garibaldi “Irma Bandiera”, viene sorpeso in bicicletta e catturato da un agente della polizia ausiliaria in via Santo Stefano, all'angolo con via de' Buttieri. Portato nella caserma di via Fondazza gli trovano addosso una pistola. Viene allora di nuovo trascinato sul luogo dell'arresto da una squadra di agenti PS e giustiziato. Al cadavere abbandonato per strada è appeso un cartello con la scritta: “Così muoiono i traditori”. Il 9 luglio “Il Resto del Carlino” dà la notizia della sua morte con il titolo “Fucilato sul posto perché trovato armato”.dettagli
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6 luglio 1944Allo studio un nuovo Piano RegolatoreNel luglio 1944, mentre la città è ancora sottoposta ai bombardamenti degli Alleati, viene istituita una Commissione per lo studio di un nuovo Piano Regolatore, destinato ad avviare in modo organico la ricostruzione e lo sviluppo della città nel dopoguerra. Il Piano, elaborato da un gruppo di architetti (P. Graziani, G. Ramponi, G. Setti, C. Tornelli, C. Sgroi) e di tecnici comunali, prevede una espansione a quartieri satelliti. Per la prima volta è inoltre pensato seriamente lo spostamento a nord della stazione ferrioviaria, lasciando nell'area attuale solo un paio di binari in galleria per le connessioni tra Borgo Panigale e San Ruffillo. Alcuni degli studi effettuati dal gruppo Agnoli saranno alla base del Piano di Ricostruzione approvato nel 1948.dettagli
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6 luglio 1944Dieci cittadini "di comprovata attività comunista" fucilati per rappresagliaUn comunicato del Comando della Polizia di sicurezza (SD) e del servizio di sicurezza tedesco in Italia annuncia che, a seguito dell'uccisione il 26 giugno in via del Pratello di un militare germanico, sono stati fucilati dieci cittadini italiani arrestati in precedenza e di “comprovata attività comunista”. Sono Giuseppe Balocchi, Cesare Palmini, Paolo Baroncini, Luigi Labanti, Danilo Barca, originari del modenese; Luigi Salmi, Silvano Rubbini, Dino Pancaldi, Rino Balestrazzi e Cleto Casi provenienti da Budrio. Sono inoltre state arrestati dieci cittadini di Bologna e trattenuti come ostaggi nel caso dovessero verificarsi altri attentati contro le forze armate del Reich.dettagli
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6 luglio 1944"L'Unità" edizione dell'EmiliaEsce il 6 luglio il primo numero del giornale comunista “L'Unità”, edizione dell’Emilia. E' curato in modo particolare da Giorgio Amendola (1907-1980), dirigente nazionale del partito, presente in questo periodo a Bologna per migliorare la direzione politica del movimento partigiano e del PC clandestino. Fino all’aprile del 1945 verranno pubblicati 18 numeri e alcuni supplementi, stampati in tipografie clandestine con l’aiuto, in qualche caso, di tipografi professionisti. In città il PC è guidato da un triumvirato insurrezionale, formato da Giuseppe Alberganti (Cristallo, 1898-1980), Ilio Barontini (Dario) e Renato Giacchetti (Giulio). Barontini è anche comandante del CUMER. In seguito Giacchetti sarà sostituito da Giuseppe Dozza (1901-1974), designato dal partito anche come sindaco di Bologna per il dopoguerra.dettagli
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8 luglio 1944Manifestazione di donne ad Anzola EmiliaNella frazione di Immodena, dove è sfollato il municipio di Anzola Emilia, si tiene una nutrita manifestazione di donne, capeggiate dalle attiviste dei Gruppi di Difesa della Donna (GDD) e spalleggiate dai gappisti locali. La protesta vuole impedire che il grano appena trebbiato finisca tutto nelle mani dei tedeschi. Per sedare l'agitazione i fascisti decidono di distribuire trecento quintali di grano alla popolazione. Il giorno dopo, però, le SS e le Brigate Nere organizzano un rastrellamento in località Foiano e durante un combattimento uccidono il partigiano Erminio Melega (Tarzan), uno dei protagonisti della manifestazione di Immodena. A Tarzan sarà intitolato il distaccamento di Anzola della 7a Brigata GAP.dettagli
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10 luglio 1944La 63a Brigata Garibaldi "Bolero"La 63a Brigata Garibaldi è ufficialmente riconosciuta dal Cumer, il comando partigiano dell'Emilia-Romagna. Essa opera alle spalle del fronte in un'ampia fascia pedemontana tra Bazzano e Casalecchio di Reno e in pianura tra Anzola e Crevalcore. Contribuisce a coprire una delle quattro zone in cui è divisa la provincia dal punto di vista politico-militare. A quest'epoca essa conta già circa 600 uomini compresi i gruppi SAP di Casalecchio, Crespellano, Bazzano e Vignola e il GAP al comando di Bruno Camellini (Slavo, 1921-1944), che opera in autonomia fino alle porte di Bologna. Il nucleo originario di questa formazione risale alle prime sfortunate esperienze partigiane del tardo autunno 1943 nella zona di Vidiciatico e Lizzano in Belvedere. Alcuni reduci, come Nerio Nannetti e Monaldo Calari, si unirono nella zona di Monte San Pietro e Monte Capra ad un gruppo di renitenti guidati da Amleto Grazia (Marino, 1895-1945). Il 15 febbraio del 1944 fu costituito il comando della brigata, che allora contava circa 50 combattenti. Per l'organizzazione della 63a Garibaldi grande merito è anche di Bruno Tosarelli (1912-1944), ex garibaldino di Spagna col grado di tenente e condannato a 15 anni di carcere dal Tribunale Speciale. Animatore del Partito Comunista clandestino, responsabile militare del Cln e dei gruppi SAP di Castenaso, Tosarelli sarà a lungo commissario politico della 63a Brigata e poi comandante della VI zona operativa (settore Murri-Castiglione). Cadrà il 5 ottobre 1944 a Bologna in un agguato delle Brigate Nere e il suo corpo straziato dalle torture verrà abbandonato per strada (Medaglia d'Oro al V.M.). La 63a sarà guidata da uomini di grandi capacità militari e politiche come Amleto Grazia (Marino), Monaldo Calari (Enrico), Corrado Masetti (Bolero), Renato Cappelli (Leo), Antonio Marzocchi (Toni) e Beltrando Pancaldi (Ran) e potrà contare sull'appoggio di un gran numero di basi collocate in case coloniche, dalle quali partiranno incessanti azioni di sabotaggio e di disturbo delle linee tedesche. Nella zona bazzanese opereranno tre battaglioni (“Zini”, “Monaldo” e “Sozzi”) coordinati dal Comando, affiancati in pianura da gruppi SAP e GAP. In pianura saranno attivi i battaglioni “Sergio” (poi “Marzocchi”) e “Armaroli”. La brigata subirà l'8 ottobre 1944 un grande rastrellamento nella zona di Rasiglio (150 prigionieri e oltre 30 case bruciate). Un gruppo di partigiani del Comando (tra essi Masetti e Calari), in fase di trasferimento a Bologna, sarà sorpreso pochi giorni dopo a Casteldebole, sulla riva del Reno in piena, da un battaglione tedesco e sterminato dopo un disperato combattimento. Riorganizzata durante l'inverno, la 63a Brigata Garibaldi, intitolata a Bolero (Corrado Masetti) parteciperà alla liberazione dei comuni occidentali della provincia di Bologna.dettagli
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12 luglio 1944Operazione "Mallory Major" sul fiume PoL'Operazione degli Alleati Mallory Major, che scatta il 12 luglio, ha per scopo la distruzione di tutti i ponti stradali e ferroviari sul fiume Po, mediante bombardamenti diurni. Si pensa in questo modo di tagliare i rifornimenti all'esercito tedesco, che opera a sud del grande fiume. In seguito l'azione si allarga agli zuccherifici e alle distillerie annesse, per impedire la produzione di alcool, usato nella preparazione della polvere da sparo e come componente di carburanti sintetici. Nelle città padane sono presi di mira depositi e comandi militari tedeschi e italiani. Le operazioni di bombardamento sono condotte da aerei americani, che decollano dapprima dalla Corsica e poi dalla Romagna, e da cacciabombardieri provenienti dalla Toscana o dalla Puglia. La RAF utilizza bombardieri medi Wellington e cacciabombardieri Spitfire provenienti dall'Italia centrale. Al 27 luglio tutti i ponti sul Po, tra Torre Beretti e l'Adriatico, saranno distrutti o resi impraticabili. Il successo dell'operazione "Mallory Major" non sarà, però, sfruttata dagli eserciti alleati, fermi ai piedi degli Appennini. I tedeschi avranno il tempo di rinforzare la linea difensiva, che prenderà il nome di Linea Gotica.dettagli
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14 luglio 1944"Terroristi" giustiziati in piazza NettunoSpacciandosi per antifascisti del Comitato di Liberazione, alcuni militi della GNR riescono a condurre all'UPI i gappisti Giovanni Bortolani, i fratelli Decimo e Amato Muzzi, Luciano Cervellati e Guerrino Galletti. Convinti di essere nella sede del partito comunista clandestino, rivelano la loro attività e le loro "idee antinazionali". Il 14 luglio legati con le braccia dietro la schiena vengono condotti in piazza del Nettuno e fucilati dai militi della compagnia autonoma (CAS) di Renato Tartarotti, che osserva la scena “con un ghigno ironico”. Secondo alcuni testimoni le vittime presentano segni di torture. Un milite scrive sul muro di Palazzo d'Accursio: “Posto di ristoro dei partigiani”. Il "Resto del Carlino" informa che cinque "terroristi" sono stati giustiziati per disposizione del Capo della Provincia.dettagli
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14 luglio 1944Uccisione di Massimo Meliconi (Gianni)Il 14 luglio viene ucciso in via Oberdan il gappista Massimo Meliconi (Gianni, 1925-1944). Coinvolto, assieme ad altri partigiani, in un conflitto a fuoco con un gruppo di ufficiali della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR), ordina ai compagni di mettersi in salvo e ne copre la ritirata, tenendo testa per diverse ore ai nemici. Finite le munizioni, si difende tirando pietre tra le macerie di una casa situata nei pressi della centrale TIMO, finchè una raffica lo coglie in pieno. Il corpo senza vita è trascinato nella piazzetta San Nicolò da un sergente tedesco addetto alla centrale interurbana dei telefoni. Prima di entrare nel locale in cui il partigiano si è rifugiato vi ha gettato una bomba a mano. La principale formazione gappista cittadina sarà intitolata 7a GAP "Gianni", in onore di Meliconi, che verrà anche decorato con la Medaglia d'oro al V.M.dettagli
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16 luglio 1944La brigata partigiana "Bruno Buozzi"In località Farneto di Castiglione dei Pepoli si svolge un duro scontro a fuoco tra soldati tedeschi e un distaccamento di partigiani della brigata Garibaldi “Bruno Buozzi”. Dopo essersi difesi “magnificamente”, nonostante siano armati solo di pistole, cinque “ribelli” rimangono uccisi e altri nove vengono fatti prigionieri. Sette di essi saranno liberati per intercessione di don Luigi Tommasini (1909-2002), cappellano militare della Brigata Stella Rossa, e due saranno fucilati a Burzanella di Camugnano. La brigata è dedicata al sindacalista socialista Bruno Buozzi (1881-1944), ucciso a Roma dai nazisti il 4 giugno precedente. Formata da giovani del territorio tra Prato e Castiglione dei Pepoli, è comandata da Ottorino Ruggeri (Bill). Poco dopo l'episodio del Farneto, la brigata confluirà nella più vasta Stella Rossa, in cui Bill sarà nominato vice comandante di battaglione.dettagli
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16 luglio 1944Fucilati nove "fuorilegge". Tra essi Carlo Jussi e Armando GhediniUn comunicato dell'Aussenkommando Bologna Sipo-SD, la polizia di sicurezza tedesca, sul “Resto del Carlino” e sull' “Avvenire d'Italia” annuncia la fucilazione di nove “fuorilegge”. Di essi solo due, Armando Ghedini e Carlo Jussi, sono partigiani attivi a Bologna. Gli altri provengono da vari paesi dell'Appennino e sono stati giustiziati in luoghi e giorni diversi, tra il 5 e l'11 luglio. La loro esecuzione come terroristi, disertori, membri di bande armate, deve fungere da monito per per tutti coloro che pensano di aggregarsi ai partigiani e di detenere armi. Armando Ghedini (1923-1944) era un partigiano della 4a Brigata Venturoli. Catturato alle Roveri, è stato fucilato l'11 luglio a Bologna come renitente alla leva. Carlo Jussi (1924-1944) era uno studente universitario residente a San Lazzaro di Savena, dove la famiglia possedeva una tenuta agricola. Il “Carlino” afferma che “apparteneva ad un gruppo terroristico”. Fuggito alla leva dopo l'8 settembe, si è unito come volontario alla 7a Gap e ha partecipato a numerose azioni. E' stato catturato alla fine di giugno durante un conflitto a fuoco in via Solferino e fucilato il 5 luglio in piazza Nettuno, dopo 15 giorni di torture. Gli sarà conferita la Medaglia d'Oro alla memoria.dettagli
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16 luglio 1944"Banditi" giustiziati a Monteacuto delle AlpiIl 15 luglio truppe tedesche del Lehr Bataillon Gebirgsjäger Schule Mittenwald, comandato dal capitano Hans Rutchi, compiono un rastrellamento a caccia di partigiani nella zona del Corno alle Scale. Durante l'operazione il partigiano Giuseppe Vittuari è ucciso in combattimento in località Monte Grosso. La notte del 15 luglio i fratelli Giuliano e Gastone Meliconi - operai bolognesi di 18 e 20 anni - della Brigata GL sono sorpresi e uccisi mentre dormono in una capanna a Cavaticcio. Vengono coinvolti anche due pastori del luogo, i fratelli Italo e Ivo Toralini. Il secondo, colto da una crisi epilettica, è freddato davanti alla moglie. Il 20 luglio un nuovo rastrellamento comprende una zona più ampia e sconfina in provincia di Modena. Vi sono diverse uccisioni nella zona di Fanano. A Monteacuto delle Alpi, nei pressi di Lizzano in Belvedere è catturato il partigiano Luigi Zoffoli (Pitagora) di Giustizia e Libertà con addosso una lettera compromettente. Tutti gli uomini del paese vengono arrestati e trattenuti come ostaggi. Il 21 luglio sono costretti ad assistere alla fucilazione del giovane davanti al cimitero di Monteacuto. Studente universitario al 3° anno di Matematica, cattolico, renitente alla chiamata della RSI, Luigi è entrato nel movimento partigiano tramite padre Innocenzo Maria Casati. Prima di combattere nella brigata GL ha fatto parte del gruppo apolitico di Urio Nanni, operante tra Porretta e Lizzano. In una lettera ai genitori prima di salire in montagna aveva scritto di aderire alla Resistenza per “evitare domani di dover arrossire di fronte ai miei figli per non aver fatto nulla contro il fascismo”. Gli verrà assegnata la Medaglia d'Argento al V.M. e la laurea honoris causa dell'Università di Bologna.dettagli
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17 luglio 1944Enzo Zoni fucilato in piazza NettunoIl gappista Enzo Zoni è catturato dai fascisti e fucilato in via Santa Maria Maggiore. Operaio delle Ferrovie, iscritto al partito comunista, è stato uno dei primi partigiani combattenti della 7a brigata GAP Gianni Garibaldi, operante nel centro urbano. Fiduciario di fabbrica, ha organizzato i primi gruppi armati all'interno del deposito locomotive della stazione di Bologna centrale e promosso numerose azioni di sabotaggio. Clamorosa quella del 1° maggio, quando, per celebrare in qualche modo la festa dei lavoratori, ha procurato un falso allarme aereo, azionando la sirena e inducendo la sospensione delle attività dell'officina. Secondo altra fonte (Bergonzini), Zoni è uno dei primi partigiani fucilati in piazza Nettuno, davanti al muro di Palazzo d'Accursio, chiamato dai fascisti "il posto di ristoro dei partigiani".dettagli
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17 luglio 1944La strage di Crespino sul LamoneTra il 17 e il 18 luglio soldati italiani e ufficiali tedeschi, inquadrati nel 3. Polizei-Freiwilligen-Bataillon Italien, uccidono per rappresaglia 44 civili nei pressi di Crespino del Lamone, frazione di Marradi (FI). Il 15 luglio nella zona è stato è stato freddato un militare tedesco. Un altro muore il 17, durante un attacco di civli alla macchia. A Crespino 28 uomini vengono rastrellati nell’abitato e nei casolari di campagna e poi fucilati. Tra essi il parroco don Fortunato Trioschi. La chiesa è profanata con colpi di mitraglia. Il giorno seguente a Fantino, frazione del comune di Palazzuolo sul Senio, vengono trucidati altri 13 uomini. A ricordo dei martiri di Crespino, sul greto del Lamone sarà edificato un ossario monumentale. Nel 1967 vi sarà apposta una targa con queste parole: "Quando l'amore si spegne nel cuore degli uomini e l'odio trionfa, più degni di pianto e di lode sono gli innocewnti caduti in tanta rovina".dettagli
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18 luglio 1944Il Maresciallo Kesselring si impegna a risparmiare BolognaIl podestà Agnoli, su ispirazione del priore di San Domenico padre Acerbi, invia il 1° luglio al maresciallo Kesselring, comandante delle truppe tedesche in Italia, un memoriale in cui si evidenziano i valori storici e artistici e il carattere di “città ospedaliera” di Bologna. Essa è definita "centro di vita pacifica e laboriosa, lontana da ogni opera di guerra". Secondo il podestà la sua distruzione non porterebbe "nessun vantaggio di nessun genere alle forze contrapposte agli effetti dello sviluppo e dell'esito della guerra; essa rappresenterebbe invece e soltanto una inutile strage, un'irreparabile offesa alla cultura, all'arte, all'umanità". Il maresciallo Kesselring promette, nella sua risposta, di adoperarsi per risparmiare alla città il coinvolgimento nelle operazioni belliche. A questo proposito ordina lo sgombero degli insediamenti militari non necessari, vieta l'attraversamento e la sosta delle colonne militari nel centro storico, istituisce posti di blocco della Gendarmeria militare alle porte, a salvaguardia della cosiddetta Sperrzone. Questa posizione, peraltro mai concordata ufficialmente con gli Alleati, non costituisce, nonostante gli auspici e gli sforzi del fascismo moderato e della chiesa locale, una vera e propria dichiarazione di "città aperta", cioè di città che, all'avvicinarsi del nemico, è consegnata a questo senza opporre resistenza (Solo Parigi e Bruxelles otterranno durante la seconda guerra mondiale il riconoscimento formale di "città aperta"). Fino all'ultimo la città rimane sotto la minaccia della difesa ad oltranza, voluta peraltro dallo stesso Mussolini. Di fatto, però, dall'autunno i bombardamenti aerei cesseranno di coinvolgere il centro. All'interno dell'antica cerchia muraria si riverseranno, negli ultimi mesi di guerra, più di 500.000 persone, cittadini in precedenza sfollati, abitanti del contado bolognese e famiglie di profughi delle regioni del sud liberate.dettagli
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18 luglio 1944Eccidio dei Boschi di CianoNella notte tra il 17 e il 18 luglio venti cittadini del comune di Castello di Serravalle vengono impiccati a Boschi di Ciano come rappresaglia per il ferimento di due soldati tedeschi. A compiere l'operazione è il Battaglione Volontari della Morte della Guardia Nazionale Repubblicana comandato dal cap. Enrico Zanarini. Ad esso - conosciuto anche come "Compagnia della Morte" - sono affidati incarichi di polizia in una vasta zona tra Bologna e Modena. Tra le quaranta persone rastrellate e duramente torturate nel cinema Marconi di Castelletto vi sono probabili partigiani, loro familiari, alcuni renitenti alla leva. Zanarini sottopone agli ufficiali tedeschi una lista di venti nomi, sostenendo di aver scelto bene. Durante l'impiccagione alcune delle corde si spezzano. Normalmente questo significa la salvezza dei prigionieri, ma in questo caso nessuna pietà: tutti vengono finiti con armi da fuoco e poi lasciati appesi per 24 ore come monito alla popolazione. Responsabile di una ottantina di omicidi - compresi i venti di Boschi di Ciano - il capitano della GNR Enrico Zanarini sarà condannato all'ergastolo nel 1950 dalla Corte d'Assise Speciale di Lucca. La pena sarà però ridotta a trent'anni per l'amnistia Togliatti. Protetto da una organizzazione fascista, resterà latitante fino al 1959, quando una ulteriore amnistia cancellerà la condanna. Il tenente Filippo Bertuzzi, componente della “banda Zanarini” sarà invece ucciso per vendetta a Boschi di Ciano il 15 maggio 1945.dettagli
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19 luglio 1944Bologna “città ospedaliera”Con un manifesto affisso il 19 luglio il podestà annuncia che la città verrà dotata di alcuni ospedali di emergenza. La decisione rientra nel tentativo - suggerito da padre Acerbi, provinciale dei Domenicani - di accreditare il centro di Bologna come “città ospedaliera” e quindi di preservarla da operazioni belliche. Il 26 luglio Agnoli andrà a Maderno presso il governo della RSI per perorare la causa, ma sarà maltrattato dal ministro Buffarini Guidi. In settembre invierà a Kesselring una copia in bronzo del Nettuno e il Feldmaresciallo tedesco gli prometterà ogni sforzo per risparmiare la città, senza però dargli garanzie definitive. La disillusione dei cittadini, informati dell’iniziativa del podestà, traspare in una lettera di Maria Fiori - Suor Ciclamino - del 15 agosto: “Dicevano che Bologna sarebbe stata città ospedaliera, ma invece pare di no. Sia fatta la Santa volontà di Dio”. Gli ospedali di guerra vengono comunque allestiti, anche grazie alle offerte dei privati. Dopo i bombardamenti dei mesi precedenti, i posti disponibili per le cure mediche si sono notevolmente ridotti. Particolarmente grave è la completa distruzione dell’ospedale Maggiore, situato in via Riva Reno.La divisione di medicina del prof. Alzona è stata trasferita prima al S.Orsola, poi nel Seminario di S.Camillo al Farneto, infine nell’Orfanotrofio di S. Leonardo in via Palagi. Un’altra divisione medica è stata ospitata in via Broccaindosso nei locali della Scuola Albini. Molti malati cronici sono stati accolti nel convento di S. Domenico. Anche il policlinico Sant’Orsola e l’ospedale militare dell’Abbadia sono stati colpiti. È promossa la costituzione di circa 10mila posti letto, con sette nuovi ospedali di guerra presso edifici scolastici, quali il liceo Righi, il Galvani (trasformato in tubercolosario dopo lo sfollamento dell’Ospedale Pizzardi) e il Minghetti. Vengono coinvolti anche il collegio San Luigi, il convento di San Domenico - che assieme all’Istituto Pier Crescenzi e alla vicina caserma dei carabinieri diventa Ospedale di Guerra n. 1, capace di 1.200 letti - e la fabbrica Ducati a Borgo Panigale. Con l’aiuto della Croce Rossa sono istituiti anche alcuni posti di pronto soccorso in vari punti della città: alla Montagnola, a Villa delle Rose, a Villa Bianca in via Crociali e presso le scuole Laura Bassi.dettagli
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21 luglio 1944Paride Pasquali, Romeo Gioli e Vincenzo Golinelli fucilati in piazza NettunoIl 21 luglio i fascisti fucilano in piazza Nettuno, Paride Pasquali (1925-1944), studente universitario e partigiano socialista della Brigata Matteotti Città. Arruolato nella Polizia Ausiliaria, aveva il compito di identificare le spie fasciste, sottrarre carte e fornire notizie e documenti di identità falsi alle formazioni combattenti. Per questa attività è stato denunciato e arrestato il 19 luglio. Nelle ore seguenti, fino all'uccisione, ha subito duri interrogatori, con percosse e torture. Di fronte al plotone di esecuzione pronuncia queste parole: “Le armi che oggi puntate contro di me le puntate domani contro di voi e sulle vostre rovine risoprgerà un'Italia migliore”. Assieme a Pasquali vengono giustiziati anche Romeo Giori e Vincenzo Golinelli. Anche Giori, studente dell'Istituto Tecnico Commerciale, era un agente della Polizia Ausiliaria. E' stato arrestato a Molinella con l'accusa di aver distribuito copie dell' “Avanti!” clandestino. Prima di morire ha subito le torture del capitano Tartarotti. Golinelli invece era un partigiano del distaccamento di Castenaso della 7a Gap. Fermato per un controllo, è stato trovato armato. Nella giacca aveva una delle tessere del reparto di polizia di Strada Maggiore sottratte dagli agenti “traditori” Pasquali e Giori.dettagli
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22 luglio 1944Rastrellamenti e uccisioni a Pian di Setta e a GrizzanaNella notte tra il 19 e il 20 luglio alcuni partigiani della Stella Rossa si recano dal padrone del mulino di Ponte Locatello (Pian di Setta), fascista convinto, per ritirare del denaro. L'uomo si rifiuta e, quando sente forzare la porta, comincia a sparare. I partigiani rispondono al fuoco, uccidendo lui e la moglie. Anche uno degli assalitori rimane ferito. Sopraggiunge nei pressi una colonna tedesca, che ritenendosi attaccata dai “ribelli”, piazza alcune mitragliatrici sulla strada e spara a sua volta contro la casa del mugnaio. Inizia una battaglia, che dura diverse ore e in cui tre soldati tedeschi vengono uccisi. Come “contromisura immediata” il mulino e una casa vicina vengono dati alle fiamme, mentre il mugnaio è freddato sul posto e la moglie condotta in carcere a Bologna. Il giorno 22 ha inizio una “rappresaglia per attacco partigiano” - ma i partigiani erano fuggiti prima della battaglia - comandata dall'Armeeoberkommando 14. Essa comprende la zona di Pian di Setta, Veggio, Ripoli e la parte bassa di Montorio, nel comune di Monzuno. Numerosi ostaggi sono fatti confluire a Ponte Locatello, mentre altri sono rimessi in libertà. In varie località avvengono uccisioni. A Cà Brandelli le vittime sono sette. A Ripoli, assieme a diversi paesani, è catturato anche il parroco. A Monteacuto Vallese le SS arrestano quattro sacerdoti, tra i quali don Ernesto Nanni. In una fattoria di Veggio quattro partigiani della Stella Rossa vengono sorpresi dai Tedeschi mentre dormono e fucilati subito dopo in località Vidazze. Il rastrellamento termina con una razzia di bestiame. Gli ostaggi di Ponte Locatello saranno inviati a Bologna e rinchiusi nel lager delle Caserme Rosse. I quattro preti di Monteacuto saranno interrogati nella sede delle SS in via Santa Chiara, poi rinchiusi per qualche tempo nel carcere di San Giovanni in Monte. Un secondo episodio - e conseguente rastrellamento - avviene il 21 luglio a Mulinelli di Grizzana, dove i partigiani della Stella Rossa assalgono un'automobile, credendola quella di un medico - noto fascista - e invece uccidono un maresciallo tedesco. Il 22 luglio nel territorio circostante si scatena la repressione. Due persone sono uccise a Stanco di Sopra e due sulle pendici di Monte Salvaro. Altre vengono catturate e condotte a Grizzana, tra cui il parroco di Tavernola, don Egidio Vaccari. Una parte degli ostaggi finiranno nei lager tedeschi. Il giorno seguente sette uomini presi alla Molinella dei Prati di Veggio sono portati in località Bozzo e fucilati. Sono: Luigi Calisti, Alberto Lava, Giovanni Lucchi, Giuseppe Lucchi, Dino Marchi, Umberto Romagnoli e Ezio Vedovelli Le vittime dei due rastrellamenti di Pian di Setta (Piandisetta) saranno nel complesso 27, per la maggior parte contadini e operai tra i 60 e gli 80 anni. I nazifascisti lasceranno i cadaveri insepolti, come monito alla popolazione.dettagli
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22 luglio 1944Eccidio di TavolicciNella frazione di Tavolicci di Verghereto, sull'Appennino forlivese, i nazifascisti massacrano 64 persone, di cui 19 bambini sotto i dieci anni e 34 donne. Il piccolo paese è colpito perchè ritenuto un nascondiglio di partigiani. Secondo il memoriale di don Giovanni Babini, i vecchi e gli invalidi sono trucidati sulla soglia di casa, mentre le donne e i bambini vengono radunati in un piccolo ambiente, fatti stendere a terra e poi uccisi a colpi di mitraglia da uomini con il volto coperto, che tornano più volte per finire i superstiti. Il paese è saccheggiato e dato alle fiamme. Dopo aver assistito in catene al massacro, i dieci capi famiglia sono trascinati a Campo del Fabbro, nel comune di Sant'Agata Feltria, e a loro volta torturati e uccisi. Lungo il percorso continua il terrore: a Cà Sem viene sterminata l'intera famiglia Perini. La responsabilità dell'eccidio, individuata con precisione solo molti anni dopo, è del 4° btg. della Polizia italo-tedesca (Freiwilligen-Polizei), composto da volontari della RSI comandati da ufficiali nazisti e incaricati della repressione contro le "bande" che infestano la zona.dettagli
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23 luglio 1944Eccidio di MalfolleDopo un attacco subito a Pioppe di Salvaro da una squadra di partigiani della brigata Stella Rossa, al comando di Giuliano Tarozzi (Walter), i tedeschi rastrellano decine di persone in località Fazzolo di Malfolle, nei pressi di Marzabotto. Dieci uomini sono fucilati e i loro corpi bruciati vicino a un fienile. Un altro gruppo destinato alla stessa sorte viene salvato dall'intervento di Padre Samovilla. Donne e bambini sono trascinati a Bologna come ostaggi, mentre alcuni uomini sono deportati in Germania e altri inviati a lavorare al fronte nei cantieri della Todt. Nei giorni successivi le SS compiono un rastrellamento tra Sperticano, Monte Sole, Monte Salvaro e Grizzana alla ricerca dei covi partigiani.dettagli
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24 luglio 1944Uccisione del gappista Lino CerantoI nazifascisti fucilano in via Selva di Pescarola il gappista Lino Ceranto (Max o Mares). Originario di Masera di Padova, di professione fonditore, all'armistizio era in servizio militare a Pisa. Era uno dei primi combattenti della 7a brigata GAP Gianni Garibaldi. Una lapide sul luogo della morte lo ricorderà come “esempio glorioso alle future generazioni della forza che il popolo sa esprimere a difesa della libertà”.dettagli
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24 luglio 1944L'operazione RadiumUn'operazione partigiana, voluta dalla direzione del Partito d'Azione di Bologna, mira a impedire che i Tedeschi requisiscano la dotazione di radium (o radio) del Policlinico S.Orsola, una delle più cospicue del paese. La sostanza, utilizzata nelle cure antitumorali, è ricercata dagli scienziati del Terzo Reich per la fabbricazione di nuove armi segrete. Il 10 luglio alcuni soldati germanici, “con un'automobile armata di mitragliatrice”, irrompono all'Istituto “Luigi Galvani” e sequestrano metà del radio, con l'assenso del rettore Goffredo Coppola. Nel pomeriggio del 24 luglio, due astucci di piombo contenenti materiale radioattivo vengono prelevati da Mario Bastia (Marroni) - complici alcuni medici dell'ospedale - e nascosti in una cantina di via S.Vitale di proprietà del dottor Filippo D'Aiutolo, partigiano della Brigata "Giustizia e Libertà". Gli astucci saranno riconsegnati a guerra conclusa, con una cerimonia pubblica in casa D'Ajutolo, al prof. Giovanni Giuseppe Palmieri e al nuovo rettore Edoardo Volterra. Alcuni medici, complici della sottrazione del radium, saranno catturati dai nazifascisti, e, dopo il transito alle Caserme Rosse, avviati alla deportazione. Riusciranno miracolosamente a fuggire durante il tragitto.dettagli
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25 luglio 1944L'eccidio del Passo del CarnaioIl territorio di Bagno di Romagna e San Piero in Bagno è oggetto il 25 luglio di una dura rappresaglia condotta da reparti del IV Battaglione di Polizia italo-tedesca e della Guardia del Duce della Rocca delle Caminate, formazioni impegnate nella “lotta contro le bande”. Intorno al passo del Carnaio, dove nei giorni precedenti i partigiani hanno ucciso tre soldati tedeschi, decine di case coloniche vengono incendiate, distrutte, saccheggiate e i loro abitanti trascinati a forza sul passo. Si tratta di una settantina di persone, per la maggior parte donne e bambini. Assieme a loro è don Ilario Lazzaroni, un ex cappellano militare sfollato a Montegranelli, che tenta di raggiungere il comando tedesco per trattare e viene abbattuto con una raffica di mitra. Il rastrellamento alla ricerca di uomini prosegue per tutto il giorno nei paesi in valle. Alcuni fermati vengono liberati dopo lunghe trattative. Il numero previsto degli ostaggi da fucilare è raggiunto prelevando dei vecchi dalla casa di riposo di San Piero. Prima dell'arrivo dei camion da San Piero, sette uomini catturati fin dal mattino vengono fucilati sul passo del Carnaio in un campo scosceso vicino alla strada, dove sorge, solitaria, una quercia. Gli ostaggi di San Piero seguono poco dopo la loro sorte, mentre donne e bambini sono lasciati andare. Al termine dell'operazione sul passo si contano 26 morti. Tra essi un ragazzo che ha tentato la fuga ed è stato impiccato a un palo telegrafico. I cadaveri verrano sepolti sommariamente il giorno dopo nei pressi della quercia, dove rimarranno fino al settembre 1945, quando saranno riportati a San Piero.dettagli
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26 luglio 1944Rastrellamenti di SS e militi della RSIIl 26 luglio un reparto di SS e un drappello di brigate nere comandate da Walter Salmi compiono un rastrellamento di civili a Lavino, frazione di Zola Predosa. Vengono perquisite diverse case e gli uomini concentrati sul ponte del torrente, che attraversa l’abitato. Il giorno seguente la milizia rastrella le vie del centro di Bologna. Organizzatore e capo dell’operazione è il capitano Renato Tartarotti, che, secondo uno degli arrestati, “non risparmia percosse e bastonate”. Circa 120 giovani sono prelevati con la forza e deportati in Germania.dettagli
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26 luglio 1944Dieci ostaggi fucilati a PievequintaIl 14 luglio uomini del IV battaglione di polizia italo-tedesca, composto di militari della RSI agli ordini di ufficiali nazisti e operante sulla Linea Gotica nella zona di Sarsina e San Piero in Bagno, arrestano nella canonica di Donicilio di Verghereto (FC) il parroco don Francesco Babini e il suo giovane colono Riziero Bartolini. Sono accusati di aver dato ospitalità ad alcuni aviatori inglesi precipitati con il loro aereo nella zona e a partigiani slavi fuggiti dal campo di concentramento di Renicci (AR), uno dei quali viene trovato nella canonica assieme a uno sfollato. I quattro vengono consegnati il 16 luglio alle SS della Sicherheitsdienst (SD) e nei giorni seguenti sono sottoposti a interrogatori e torture nel carcere di Forlì. Il 26 luglio sono prelevati dalle loro celle e fucilati assieme ad altre sei persone - tra esse Antonio Zoli (Fiscin) commissario politico dell'8a bgt. Garibaldi - nei pressi della frazione di Pievequinta, sulla via Cervese, come rappresaglia per l'uccisione di un ufficiale tedesco vicino a Carpinello di Forlì (FC). I corpi delle vittime rimarranno esposti per due giorni in loco come monito alla popolazione. A Don Babini e a Bartolini sarà assegnata la Medaglia d'Oro al Valor Civile, a Zoli quella d'Argento al Valor Militare.dettagli
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27 luglio 1944Morte di Floriano BassiIn via Azzo Gardino (o Azzogardino) è ritrovato il corpo orrendamente massacrato di Floriano Bassi, già arrestato il 7 luglio nella retata del gruppo dirigente della FGSI - l'organizzazione giovanile socialista - e poi rilasciato. Militante massimalista fin dal 1942, dopo la caduta del fascismo Bassi aveva mantenuto contatti con il gruppo di “Architrave” e del GUF e in particolare con Eugenio Facchini, divenuto poi segretario del Fascio repubblicano. Una versione della sua morte afferma che il giovane è stato brutalmente torturato presso la sede della federazione del PFR in via Manzoni n. 4 da una squadra di polizia fascista, al cospetto del federale Torri. Altri avanzeranno il dubbio che la sua amicizia con elementi fascisti - e il fatto di essere stato rilasciato dopo una retata - lo abbiano reso sospetto e quindi sia stato eliminato dagli stessi partigiani. Il suo nome sarà dato a un battaglione della brigata "Matteotti Città" e a una sezione del PSI.dettagli
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28 luglio 1944Assalto alla caserma GNR di Sassoleone. Morte del comandante IvanLa sera del 28 luglio una compagnia della 66a Brigata Garibaldi Jacchia, al comando di Ivan (Gil Remondini), attacca la caserma della G.N.R. di Sassoleone, frazione di Casalfiumanese nell'alta valle del Sillaro. Il paese è occupato per alcune ore dai partigiani, che disarmano il presidio e fanno prigionieri nove tedeschi e cinque fascisti. Il “mattinale” inviato al Capo della Provincia dal col. Onofaro della GNR, esagerando ad arte i numeri, parla di un attacco di “circa 250 ribelli armati di mitragliatrici, mitra e bombe a mano”. Dopo la battaglia Ivan e i suoi uomini si sganciano con un grande bottino di armi e munizioni e si mettono in marcia per unirsi, come da programma, con la 36a Brigata nell'imolese. La raggiungono proprio mentre infuria la battaglia della Bastia. Un rastrellamento a sorpresa dei nazisti incontra una grande resistenza da parte dei partigiani. Il comandante Ivan viene ucciso per errore il 10 agosto, mentre torna alla base di Monte Battaglia, dopo aver esplorato la zona dei combattimenti, sotto una fitta nebbia: "aveva in capo un berretto da ufficiale tedesco, e indossava una giacca simile a quella dei Tedeschi, fu scambiato da un partigiano per un nemico e colpito da un colpo di fucile al capo, cadde morto". Il suo corpo è composto in una solida bara di legno di castagno dall'amico e commissario di brigata Aldo Bacchilega (Tommaso) e dai compagni studenti in medicina del partito d'Azione. La morte accidentale di Gilberto Remondini (Ivan) lascerà tutti "nel dolore e nello scoramento", ma rimarrà anche uno strascico di dubbi e polemiche, con accuse ai partigiani comunisti. Dopo la guerra al comandante della 66a sarà assegnata la Medaglia d'Argento al Valor Militare.dettagli
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30 luglio 1944Esplode un treno in galleria. I partigiani incolpati per erroreIl 30 luglio esplode un treno di carri-botte pieni di benzina fermo da tempo nella galleria Misa della linea Porrettana, nei pressi di Marzabotto. Lo scoppio sfonda la galleria: “fiamme come fulmini” fuoriescono dagli imbocchi. E' uno spettacolo impressionante, “il finimondo”. Muore una donna che si avvicina troppo al luogo del disastro. I tedeschi sospettano che l'incendio sia un sabotaggio dei partigiani della Stella Rossa e catturano 18 ostaggi, pronti a fucilarli. Ma il colpevole del disastro è un “mite civile”, il capocantiere Zecchi, che abita vicino alla galleria ed è solito raccogliere la benzina che gocciola dalle botti dei treni in transito. Questa volta si è avvicinato ai vagoni con in mano una lampada a carburo, che ha provocato l'esplosione. La sua confessione, raccolta in punto di morte da don Fornasini, parroco di Sperticano - e subito riferita al comandante tedesco - evita la rappresaglia sui prigionieri.dettagli
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31 luglio 1944La caduta della repubblica di Montefiorino e le brigate partigiane dell'Alto RenoLe brigate GL e Matteotti e altre formazioni partigiane attive sull'alto Appennino bolognese e modenese (la brigata Bozzi, i gruppi di Slit, Toti e Cheli) tentano, verso la fine di luglio, di raggiungere la repubblica partigiana di Montefiorino, soprattutto per rifornirsi di armi e munizioni. Attraversano avventurosamente le linee tedesche posizionate sulla strada Giardini, ma incappano subito nella grande offensiva "Wallenstein III", che si scatena proprio in quei giorni contro la zona libera. Montefiorino è circondata da potenti formazioni corazzate tedesche provenienti dall'Emilia e dalla Toscana ed è abbandonata dai partigiani il 1° agosto. Una parte delle brigate modenesi, guidate da Mario Ricci (Armando), si spinge nell'alta valle del Panaro, verso la zona di Ospitale. Lo sganciamento avviene in generale con successo: circa tremila partigiani oltrepassano verso est la strada Giardini e si concentrano nella zona di Sestola e Fanano. Le brigate “Bigi”, “Costrignano”, “Roveda”, “Ferrari”, “Dragone”, “Gramsci” e “Santa Giulia” si ritirano a ovest della via Giardini e occupano le valli del Secchia e del Dragone. Il rastrellamento tedesco si conclude, dopo giorni di rappresaglie e razzie sulla popolazione civile, con l'incendio il 6 agosto di Montefiorino e di altri centri della zona libera. La bgt Matteotti Montagna affianca in un primo tempo la formazione di Armando nello sganciamento, subendo notevoli perdite di viveri e muli. In seguito si incontra a Monte Cavallaro con la Brigata GL Montagna per attendere un aviolancio di armi da parte degli Alleati, ma i tedeschi la incalzano, spingendo i partigiani più in alto, sul monte Cimone. La brigata è circondata dai nemici al lago Pratignano e il capitano Toni decide di disperderla: un gruppo scende a valle verso Zocca, altri rimangono in loco, nascondendosi nei boschi di Cappel Buso. Anche la brigata Bozzi, riattraversando i Monti della Riva, incappa nelle truppe tedesche all'inseguimento della Matteotti e deve dividersi. Il gruppo maggiore della brigata Modena si stabilisce a Poggiolforato, nei pressi di Lizzano in Belvedere. Il 21 settembre uno scontro contro i tedeschi a Sassoguidano costringe i partigiani di Armando a rifugiarsi sulle montagne inospitali attorno al lago Pratignano. Il 27 settembre alcune centinaia di "giovani affamati" scendono da Madonna dell'Acero e raggiungono Pianaccio, nella terra di nessuno tra i due eserciti, accolti con favore dagli abitanti del paese.dettagli
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3 agosto 1944Le brigate nereIl 3 agosto si costituisce la brigata nera bolognese, al comando del federale Pietro Torri. E' intitolata a Eugenio Facchini, suo predecessore, assassinato in gennaio da un commando gappista. Secondo il decreto legislativo n. 446 del 1° luglio 1944, ispirato dal segretario generale del PFR Alessandro Pavolini, tutti i fascisti tra i 18 e i 60 anni, non impegnati in altri corpi militari, sono inquadrati nelle Brigate Nere, corpo paramilitare riservato agli iscritti al partito. Lo scopo dichiarato di queste formazioni, che dipendono direttamente dal comando delle SS in Italia (gen. Karl Wolff), è "ripulire il paese dalle bande al soldo dello straniero". I brigatisti hanno l'autorizzazione a circolare armati ad ogni ora del giorno, in divisa o in abito civile. Le scarse adesioni nel fascismo bolognese costringeranno al reclutamento di ragazzi del riformatorio e di detenuti comuni. In tutto gli arruolati saranno circa un migliaio, di cui 400 armati, impegnati soprattutto in attività di polizia. A Bologna, oltre alla 23a brigata comandata da Torri, saranno presenti anche alcune squadre della 3a brigata nera mobile "Pappalardo", al seguito del loro comandante Franz Pagliani, professore della Facoltà di Medicina e Ispettore regionale del PFR. Oltre che odiate dalla popolazione, le brigate nere saranno malviste anche dagli uomini della GNR e degli stessi tedeschi, desiderosi di mantenere la situazione tranquilla all'interno del centro urbano. Il generale Von Senger und Etterlin, comandante di piazza della Wehrmacht, le definirà nelle sue memorie un "autentico flagello della popolazione".dettagli
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3 agosto 1944La cattura e la scomparsa di Mario JacchiaI fascisti irrompono a Parma nella sede del comando militare partigiano dell'Emilia Nord-Ovest e catturano Mario Jacchia (Rossini, 1896-1944), che cerca fino all'ultimo di guadagnare tempo per favorire la fuga dei compagni. Trasferito al comando della polizia di sicurezza tedesca, viene barbaramente torturato. Jacchia appartiene a una nota famiglia di professionisti ebrei bolognesi. E' stato fervente nazionalista, ufficiale nella prima guerra mondiale, più volte ferito e decorato. Dopo la guerra ha aderito prima a un gruppo paramilitare nazionalista, poi al fascio di Leandro Arpinati. Si è allontanato dalla destra dopo l'aggressione al padre e l'incendio del suo studio. Con l'approvazione delle leggi razziali del 1938 è passato con decisione all'antifascismo, divenendo uno dei fondatori del Partito d'Azione a Bologna. Dopo interminabili sevizie Jacchia viene soppresso e il suo corpo non sarà mai più ritrovato. Il comando della GNR sosterrà di aver rinvenuto nelle sue tasche un elenco di un centinaio di antifascisti, per la maggior parte liberi professionisti. Nella cosiddetta "lista Jacchia", quasi certamente fabbricata ad arte dall'Ufficio Politico della GNR e dalla Questura, figurano anche i nomi di persone, come Francesco Pecori, Giorgio Maccaferri, Pietro Busacchi, Cesare Zuccardi Merli, Pasquale Vetuschi, che saranno di lì a poco eliminati da sicari fascisti.dettagli
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4 agosto 1944Mensa collettiva in via Ugo BassiPresso la Sala Borsa di via Ugo Bassi è aperta una mensa collettiva promossa dall'ECA (Ente Comunale d'Assistenza). Un pasto completo - minestra, pietanza, pane e frutta - costa circa 20 lire. Oltre i mille pasti della mensa, le cucine di via Ugo Bassi confezionano un "rancio" o "minestra del popolo", che, in appositi bidoni, viene trasportato giornalmente in vari luoghi periferici - piazza Trento e Trieste, scuole Masi in viale Vicini, ecc. - e distribuito al prezzo di 2 lire.dettagli
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4 agosto 1944Carabinieri deportati in GermaniaAlcune centinaia di carabinieri di stanza nella caserma di via Magarotti (poi via Bersaglieri) sono arrestati dai tedeschi con un'azione improvvisa e deportati in Germania. Rientreranno a fine guerra.dettagli
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5 agosto 1944Eccidio di Luminasio (Cà di Bove)Il 5 agosto quattro soldati tedeschi a cavallo, provenienti dal comando di Montasico (Marzabotto), vengono sorpresi sulla cima di Tramonti dai partigiani della 63a Brigata “Bolero”. Uno di essi viene ucciso, mentre gli altri scappano e danno l'allarme. Subito viene ordinato un rastrellamento nella zona tra Vedegheto, Luminasio e Montasico. I tedeschi della 29. Panzer Grenadier Division catturano una quarantina di uomini, donne e bambini. Tutte le persone “sorprese nei casolari sparsi tra i boschi delle Versellane” sono trascinate a Cà del Bue (Cà di Bove), concentrati in un tratto di strada incassata come una trincea e guardate a vista da soldati armati, mentre le abitazioni sono messe a fuoco e gli animali vengono razziati dalle stalle. Gli ostaggi sono interrogati e sei di essi fucilati sul posto sotto gli occhi di tutti, dopo essere stati costretti a passare davanti al soldato tedesco ucciso. Gli altri - 12 uomini e 11 donne - verranno portati a Bologna dopo alcuni giorni di prigionia a Casa Comastri. Il 10 agosto l’intervento di don Giovanni Fornasini riuscirà a salvarne alcuni. Altri subiranno la deportazione in Germania. I giovani trucidati - Arsenio Beghelli, Armando Betti, Francesco Betti, Camillo Calzolari, Dionisio Neri e Enrico Venturi - saranno riconosciuti partigiani della “Bolero”. Il tenente Heinrich Losk, uno degli ufficiali incaricati della rappresaglia, cercherà di limitare il numero dei condannati a morte. Dopo la strage chiederà di tornare in prima linea e probabilmente troverà la morte sul fronte di Pianoro.dettagli
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5 agosto 1944Tre giovani partigiani giustiziati a TolèQuattro partigiani della Divisione Modena Armando sono di ritorno da Montefiorino dopo le battaglie di luglio e il dissolvimento della repubblica. Si tratta dei fratelli Angiolino e Antonio Benassi di Suzzano e dei fratelli Luigi e Mario Lolli di Vergato. Il 5 agosto, ormai vicini a casa, vengono avvistati da soldati tedeschi, “intenti a realizzare alcune postazioni militari”, mentre attraversano la strada comunale Cereglio-Tolè nei pressi di Rio Turbino in Pradaneva, poco lontano dalla fonte dell'Acqua Cereglia. Arrestati e trascinati al comando di Tolè, i giovani subiscono duri interrogatori. I Tedeschi vogliono sapere i nomi dei loro capi. Poiché sono stati trovati con le armi addosso la loro sorte è segnata e inutili sono le suppliche dei parenti, l'intercessione dei parroci e forse anche l'intervento a loro favore di Pietro Cristalli, il segretario del fascio repubblicano di Vergato. I quattro vengono trasportati non lontano dal luogo della cattura per la fucilazione. Mentre scavano la fossa, Mario Lolli getta una “sbadilata” di terra in faccia a un soldato e con un balzo riesce a fuggire, nascondendosi nella macchia. Gli altri tre vengono immediatamente giustiziati e colpi di mitraglia e lasciati insepolti. Dopo quattro giorni i loro corpi, in condizioni pietose “per i colpi ricevuti”, saranno trasportati con un carretto nel cimitero di Cereglio. Il 15 settembre a Suzzano alcuni partigiani travestiti da soldati tedeschi uccideranno un commerciante di Vergato, Luigi Lanzarini, forse per vendicare la morte dei fratelli Benassi. Nel dopoguerra Cristalli verrà processato e condannato a morte, ma la pena sarà poi ridotta e infine condonata.dettagli
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6 agosto 1944Massimiliano Ognibene (Aldo) torturato e uccisoIl 5 agosto in via Rizzoli il fornaio e pasticcere Massimiliano Ognibene (Aldo, 1897-1944), partigiano della 7ª brigata GAP Gianni Garibaldi, viene arrestato dalle brigate nere. Tradotto nel carcere di San Giovanni in Monte e a lungo torturato, è fucilato in via Piave il 6 agosto. Dell’omicidio verrà accustata la famigerata “banda Tartarotti”, responsabile di un lungo elenco di fatti di sangue tra il luglio e il settembre del 1944.dettagli
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9 agosto 1944I gappisti attaccano il carcere di San Giovanni in MonteNella notte del 9 agosto dodici gappisti si presentano al portone del carcere di San Giovanni in Monte. Alcuni di essi sono travestiti da tedeschi e repubblichini. Si fanno aprire fingendo la consegna di alcuni “ribelli” catturati. Le guardie sono sopraffatte e in pochi minuti vengono liberati più di 400 uomini: in parte sono partigiani e detenuti politici, ma anche i comuni sono fatti evadere per creare una maggior confusione. Una telefonata di allarme giunge al famigerato capitano Tartarotti dal carcere femminile. Questi però non si preoccupa di intervenire subito. L'azione ha pieno successo: solo un partigiano - William Michelini (Lino) - rimane ferito a una gamba. Nel tentativo di limitare il danno di immagine, le autorità fasciste dichiarano che l'assalto alle carceri è stato effettuato da centinaia di partigiani armati fino ai denti. Intanto la Questura promette che i detenuti che si presentino spontaneamente entro il 13 agosto “saranno giudicati con spirito di comprensione”.dettagli
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9 agosto 1944Grande rastrellamento contro la 36a Brigata GaribaldiTra il 9 e il 13 agosto i Tedeschi compiono un grande rastrellamento contro la 36a Brigata Garibaldi. Esso si prefigge la sconfitta definitiva della formazione partigiana imolese, che opera a cavallo dei monti Faggiola, Bastia e Carzolano. Durante la cosiddetta Battaglia del Rovigo - un torrente nei pressi di Castel del Rio - la brigata riesce a resistere e a mantenere il collegamento tra i reparti. Attorno a Monte Bastia, tra Firenzuola e Palazzuolo sul Senio (FI), i Tedeschi tentano invano, con una serie di azioni concentriche, di sloggiare i reparti partigiani, che occupano caparbiamente il loro retrofronte. Gli scontri a fuoco durano diversi giorni. L' 11 agosto a Capanna Marcone un battaglione di fanteria tedesco viene assalito dalla compagnia di Guerrino De Giovanni e subisce gravi perdite. Sette sono le vittime tra i partigiani. Nei giorni seguenti numerosi tentativi dei Tedeschi di sloggiare i partigiani dalle loro postazioni sulla Bastia e sul Carzolano - da essi ritenuti punti strategici della Linea Gotica - rimangono infruttuosi. Il 23 agosto la 36a Brigata, sottoposta al tiro di cannoni pesanti, si ritira nella valle del Sintria e il comando si installa a Molino Boldrino. Fino a settembre le compagnie partiranno da qui per colpire in varie direzioni le postazioni tedesche e fasciste. Il 12 settembre, dopo lo scontro vittorioso di Castagno, la brigata si trasferirà nella valletta di Rio Cò, tra la chiesa di Purocielo e Cà di Malanca, dove, in previsione dell'imminente avanzata alleata, si preparerà a dividersi in battaglioni per partecipare alla liberazione delle città emiliane.dettagli
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9 agosto 1944Attentato alla Casa del Fascio di Argelato e rappresaglia nazifascistaDopo i numerosi arresti e saccheggi compiuti dai fascisti e dai tedeschi nelle campagne di Funo, il 9 agosto una squadra di partigiani della 2a Brigata “Paolo”, guidata da Franco Franchini (Romagna), fa saltare la Casa del Fascio di Argelato, provocando la morte di nove militi e il ferimento di altri dieci. Intervenuti poco dopo, i fascisti della Brigata Nera “Eugenio Facchini”, comandati dal federale di Bologna Pietro Torri, rastrellano numerose persone e ne fucilano subito sette: Luigi Fariselli, Nello Gamberini, Enrico Landuzzi, Walter Scurzoni, Oreste Vancini (1879-1944) e Giorgio Zanotti, Attilio e Luigi Chiarini. Il prof. Vancini, socialista, è stato assessore della giunta Zanardi. Lo stesso giorno bruciano fino alle fondamenta 37 case nel rione Larghe, perquisiscono e rastrellano gli abitanti. Tra le persone che vengono arrestate vi è anche la giovane staffetta della 7a Gap Irma Bandiera (Mimma), che sarà poi torturata e uccisa a Bologna. Altri rastrellamenti nella zona di Funo, tra il 9 e il 10 ottobre, porteranno alla cattura e fucilazione di quattro partigiani, tra i quali il comandante gappista Renato Tampellini (Sandalo).dettagli
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11 agosto 1944I fratelli Musolesi dell'Acqua Fresca deportati e uccisiIl 14 luglio un distaccamento della brigata Stella Rossa cattura cinque fascisti di Monzuno: il reggente del Fascio, il comandante del presidio e tre vecchi squadristi “ben noti in zona per le loro soperchierie”. I prigionieri sono condotti a Termine, sull'altro versante della Valle del Setta. Durante il tragitto fanno una sosta all'Acqua Fresca, in località Brigola, nella casa del mezzadro Cleto Musolesi, che collabora con i partigiani. A fine luglio i cinque sono liberati dietro il rilascio di Guido Musolesi, fratello del comandante Lupo, prelevato in maggio dalle brigate nere assieme ai genitori e a lungo interrogato e torturato. Dopo lo scambio, Cleto Musolesi teme di essere denunciato dai cinque fascisti e di subire una dura rappresaglia. La cosa si verifica infatti la sera dell'8 agosto, quando il podere dell'Acqua Fresca viene circondato dai tedeschi impegnati in un rastrellamento in zona assieme ai fascisti. I componenti della numerosa famiglia Musolesi vengono arrestati. Il primo è Giovanni, partigiano della Stella Rossa, che tenta di fuggire dalla finestra non appena i soldati sfondano la porta con i calci dei mitra. Secondo le severe disposizioni dei comandi tedeschi per la guerra contro le bande dei "ribelli", la casa e il fienile vengono dati alle fiamme e il bestiame è prelevato dalla stalla. I Musolesi sono buttati su un carro assieme agli animali e più tardi aggregati ad altri prigionieri rastrellati nel territorio di Monzuno. I genitori, i figli più piccoli e la nuora sono rilasciati poco dopo, mentre gli altri figli sono condotti a Monghidoro. Qui Adolfo e Maria vengono liberati, mentre Gino, Giovanni e Pietro sono tenuti segregati a Cà di Giorgio senza cibo e sottoposti per tre giorni a vessazioni e torture. In particolare Giovanni viene malmenato brutalmente. L'11 agosto i tre sono fucilati nel campo della fiera assieme ad altri prigionieri. Anche Dino, il più piccolo dei fratelli Musolesi, è davanti al plotone d'esecuzione e viene graziato all'ultimo momento. Testimonierà che “quando ha visto i due fratelli morti Pietro è caduto per terra svenuto allora un tedesco gli ha dato un calcio e visto che non si muoveva, bisognava dargli un pò d'acqua, un pò di cognac, invece quello con la pistola lo ha ammazzato anche lui”. Le sorelle Amalia e Bruna e il fratello Fernando vengono condotti a Bologna alle Caserme Rosse, lager di smistamento dei rastrellati. Le due ragazze finiranno a lavorare nei Reich, Fernando sarà trasferito alla Todt sulla costa adriatica. Ubaldo, il più anziano dei fratelli Musolesi, combatterà con i partigiani della 63ª brigata Bolero Garibaldi. Catturato dopo la battaglia di Rasiglio, sarà impiccato col filo spinato assieme ad altri undici compagni sotto il cavalcavia di Casalecchio di Reno il 10 ottobre 1944.dettagli
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12 agosto 1944Rastrellamenti dell'esercito tedescoNel mese di agosto, secondo la Polizia di Sicurezza tedesca, nella provincia di Bologna sono rastrellate circa 7.500 persone. Di queste oltre 5.000 sono inviate nel Reich, le rimanenti utilizzate dall'organizzazione Todt, impegnata nella realizzazione delle opere di difesa della linea Gotica. Il 90% dei rastrellati sono civili catturati da reparti delle Waffen-SS, della Polizia o da militari della X e della XIV armata tedesca nelle zone del fronte. In Germania i prigionieri sono internati in campi di lavoro e usati come schiavi nelle industrie chimiche ad alto rischio e nelle fabbriche di armamenti. Circa 1.350 bolognesi saranno impiegati nella fabbrica di aerei sotterranea di Reimahg in Turingia. Il lavoro per le organizzazioni paramilitari come l'Organizzazione Paladino oppure la Todt - dal nome di Fritz Todt (1891-1942) ex generale della Luftwaffe e costruttore della linea di difesa “Sigfrido” al confine con la Francia - è in genere preferito dai prigionieri: pur essendo spesso lavoro pericoloso, sulla linea del fronte, consente di evitare l'arruolamento o la deportazione in Germania ed è anche modestamente retribuito. Gli arrestati sono radunati nel campo di smistamento delle Caserme rosse. Sin dal 12 agosto è predisposto un collegamento con autobus tra Corticella e il lager di Fossoli, nei pressi di Carpi (MO), da dove partono i convogli per la Germania. Nonostante provochino una pressochè totale paralisi delle attività economiche, i rastrellamenti indiscriminati - soprattutto quelli più brutali effettuati in Appennino - saranno sospesi solo ad ottobre dal generale von Vietinghoff.dettagli
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12 agosto 1944Eccidio di CastelluccioGli Alleati organizzano per il 3 agosto ai Prati di Fiorino, nei pressi di Monte Cavallo, un lancio di armi destinate alle formazioni partigiane dell'Appennino. I tedeschi vengono a sapere che la missione è stata completata con successo e, con l'aiuto di una guardia forestale, l'11 agosto giungono sul posto, trovano le armi e arrestano cinque persone. Tre di esse sono partigiani della Brigata "Matteotti Montagna" di ritorno da Montefiorino: Lino Degli Esposti, Amos Menzani e il francese Henri Paul Moscard. I tedeschi impongono ai prigionieri di caricare le armi sui muli di due cavallari della zona (che vengono accusati di aiutare i partigiani, ma probabilmente sono all'oscuro di tutto). Sotto scorta armata sono condotti a Castelluccio e rinchiusi nelle scuole elementari del paese. Il mattino dopo sono tutti fucilati accanto al cimitero e i cadaveri abbandonati sulla strada. I militari, con il loro bottino di armi e animali, ritornano alla loro base di Granaglione.dettagli
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12 agosto 1944Prima di Marzabotto: gli eccidi nazifascisti a Sant'Anna di Stazzema e in altre località toscaneAlle prime luci dell'alba del 12 agosto circa 250-300 soldati delle SS, divisi in quattro colonne, accerchiano la zona di Sant'Anna di Stazzema, sulle montagne della Versilia. Appartengono al II battaglione del 35° Reggimento della XVI divisione corazzata "Reichsführer-SS" del generale Max Simon. Sono comandati da Anton Galler, ufficiale nazista con esperienze a Dachau e nei lager polacchi, e guidati da italiani fascisti. La violenza dei nazisti travolge tutta la comunità di Sant'Anna, comprese molte persone qui sfollate per sfuggire ai combattimenti e ai bombardamenti del litorale. Nel giro di poche ore vengono massacrate oltre 500 persone, in gran parte bambini, donne e anziani, che vengono brutalmente rastrellati, picchiati, chiusi nelle stalle o nelle case e uccisi a colpi di mitra e bombe a mano. Quindi gli edifici vengono dati alle fiamme, per cancellare il più possibile ogni traccia. Il più piccolo tra i bimbi sterminati è Anna, di appena 20 giorni. Evelina viene uccisa mentre ha le doglie del parto. Il prete Innocenzo è freddato sulla piazza della chiesa assieme a decine di abitanti. Gli otto fratellini Tucci, sfollati da Livorno assieme alla loro mamma, sono tutti massacrati. La strage di Sant'Anna, assieme a molte altre nella Toscana settentrionale e in Emilia, è legata all'andamento del fronte della Linea Gotica e alla bonifica di determinate zone dalla presenza dei partigiani. Solo in Toscana moriranno circa 3.600 persone, in gran parte civili innocenti. Tra i reparti che dimostrano una enorme capacità repressiva e distruttiva e una durezza e crudeltà inaudite vi sono quelli della divisione "Hermann Göring" e soprattutto della 16a divisione corazzata "Reichsführer-SS", i cui uomini, nazisti fanatici, hanno fatto esperienza nei reparti "Totenkopf" durante la guerra ad Oriente e nei campi di sterminio. Questa divisione combatte in Toscana da fine giugno. Il suo ciclo operativo prevede la risoluzione della "questione partigiana", con una lunga serie di rastrellamenti, arresti, invio di adulti al lavoro coatto, stragi della popolazione civile. Il 19 agosto, ad esempio, il battaglione esplorante della 16a divisione "Panzergrenadieren SS", comandato dal maggiore Walter Reder, compie una feroce rappresaglia sulla popolazione civile a Valla di S.Terenzo Monti, dove le mitragliatrici falciano 107 persone, quasi tutti donne, bambini e anziani. A Bardine vengono massacrati 53 prigionieri in risposta ad un attentato dei partigiani. Per l'alto numero di neonati uccisi, l'eccidio di Valla verrà ricordato come “la strage degli innocenti”. Tra il 24 e il 27 agosto la stessa unità nazista che colpirà a Monte Sole, assieme a militi fascisti italiani, investe il paese di Vinca, sulle Alpi Apuane e compie un eccidio spaventoso, con strupri e violenze sulla popolazione, devastazioni e incendi. Alla fine si contano 174 vittime a Vinca e nelle località di Gragnola, Monzone, Piandimolino. La divisione SS passerà poi a settembre nelle valli del Setta e del Reno e sarà protagonista, tra le tante atrocità, dell'eccidio di Marzabotto Monte Sole. Il processo per il massacro di Sant'Anna di Stazzema si svolgerà solo nel 2005, dopo la scoperta del cosiddetto "armadio della vergogna", operazione di occultamento delle stragi naziste, che ha permesso di coprire a lungo anche quelle compiute dall'esercito italiano in Africa, in Grecia e nei Balcani.dettagli
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14 agosto 1944Assalto al Distretto militareUna squadra di sappisti del rione Tripoli di Casalecchio di Reno, assieme ad alcuni componenti della 7a GAP e della 63a Brigata Garibaldi, compie una clamorosa azione dimostrativa contro il Distretto Militare di Bologna, trasferito in una delle caserme della Bastia nel rione Croce. Con la complicità di un militare in servizio in contatto con il Cumer, che fa entrare i partigiani in piena notte, viene immobilizzato il Corpo di Guardia, sottratta una cassa di documenti e trafugati molti timbri e denaro, oltre che un buon numero di armi. I circa cento ufficiali e soldati del Distretto vengono fatti scendere dalle brande e radunati in un grande stanzone, dove il comandante partigiano Ildebrando Brighetti (Brando), responsabile della IV Zona, tiene un breve discorso, incitando i militari a continuare la lotta contro i tedeschi. Al termine il falso annuncio che la caserma è minata provoca un fuggi fuggi generale. Dopo questa azione almeno quattro reclute abbandonano la divisa e passano al movimento partigiano.dettagli
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14 agosto 1944Il martirio di Irma BandieraIrma Bandiera (Mimma), giovane staffetta della 7a G.A.P., viene arrestata dai nazifascisti a Funo di Argelato per una segnalazione. Indosso le trovano documenti compromettenti e una ingente quantità di denaro. E' rinchiusa dapprima nella caserma della GNR a San Giorgio di Piano e quindi trasferita a Bologna dal federale Pietro Torri. Per una settimana subisce tremende torture dagli uomini della CAS di Tartarotti, senza che i suoi aguzzini riescano a strapparle alcuna confessione. E' accecata e giustiziata con colpi di mitra (o di pistola) a bruciapelo il 14 agosto al Meloncello, nei pressi dell'abitazione dei suoi genitori. Il suo corpo è lasciato per un giorno intero sulla strada, come monito per tutti i “ribelli”. Portata all’Istituto di medicina legale, le riscontrano due colpi nelle tempie e uno sulla coscia. A Irma sarà assegnata la Medaglia d'Oro al Valore, "prima fra le donne bolognesi ad impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà". Di lei ha lasciato un ricordo la scrittrice partigiana Renata Viganò.dettagli
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16 agosto 1944I tre martiri di RiminiTre giovani partigiani - Mario Capelli, Luigi Nicolò, Adelio Pagliarani - appartenenti a un distaccamento della 29a Brigata GAP “Gastone Sozzi” vengono catturati il 14 agosto a Rimini nella vecchia caserma di via Ducale, utilizzata come base operativa. A denunciarli è stato un loro compagno, arrestato per il sabotaggio di una trebbiatrice e sottoposto a tortura. Dopo un sommario processo da parte di un tribunale militare tedesco, che li riconosce colpevoli di possesso di armi e di sabotaggio, i tre vengono impiccati la mattina del 16 agosto in piazza Giulio Cesare. L'esecuzione è affidata ad ausiliari turkmeni della 162a Divisione della Wehrmacht, specializzati nella repressione dei "banditi", mentre militi in camicia nera costringono i passanti a guardare il patibolo. I cadaveri sono lasciati appesi - come esempio e monito - per tutta la giornata. Dopo la Liberazione la giunta municipale nominata dal Cln cambierà il titolo della piazza, che da allora sarà dedicata ai Tre Martiri, considerati il maggiore simbolo della Resistenza nel territorio riminese.dettagli
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17 agosto 1944Uccisione di Natale BolognesiUna squadra di fascisti uccide a San Prospero, nel greto del fiume Santerno, Natale Bolognesi (Manù, 1897-1944), birocciaio di Massalombarda (RA). Anche la moglie viene ferita. Perseguitato politico, contrario al regime, Bolognesi era già stato arrestato e confinato nel 1927 e nel 1939. Da qualche tempo si era rifugiato nella frazione imolese, trovando impiego come bracciante. Pochi giorni dopo la sua uccisione, una squadra della Brigata Nera di Imola farà un rastrellamento in zona alla ricerca di partigiani. Non riuscendo a trovarne, i fascisti prenderanno a caso tre uomini e li trascineranno in chiesa per fucilarli. L'esecuzione sarà evitata per l'intervento di un commissario di polizia sfollato presso la canonica. Anche l'arciprete don Montroni verrà arrestato per errore. Si saprà infatti che l'obiettivo principale dei brigatisti era il colono che aveva ospitato Bolognesi, soprannominato il Prete, perchè impiegato in un podere della parrocchia.dettagli
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18 agosto 1944Rastrellamenti e fucilazioni alla Croce del BiaccoA seguito di un attentato partigiano al comando tedesco di Castenaso, la Guardia Nazionale Repubblicana di stanza alle Due Madonne rastrella oltre cento persone e le concentra davanti all'ex dazio di via Bassa dei Sassi. Dal gruppo vengono selezionati tre ragazzi - Ferdinando Benassi (19 anni), Bruno Montanari (19 anni), Coriolano Gnudi (18 anni) - che risultano renitenti alla leva. Saranno poi fucilati, senza testimoni, alla Croce del Biacco.dettagli
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18 agosto 1944Antifascisti di Molinella fucilati alla MontagnolaIl 18 agosto, nei pressi della statua del Popolano, che celebra la cacciata degli Austriaci l'8 agosto 1848, vengono fucilati sette antifascisti catturati a Marmorta, località nei pressi di Molinella, e rinchiusi a Bologna presso la caserma Bernini. Sono: Delsio Bagni, Anselmo Capellari, Alfredo Cocchi, Gallo Corazza, Cesare Golinelli, Guerrino e Orlando Zucchini. Alcuni di essi sono militanti socialisti da lungo tempo. L'eccidio è una rappresaglia per l'attentato, avvenuto fuori porta S.Vitale, al vice comandante provinciale della GNR, ten. col. Mario Rosmino. I corpi delle vittime rimangono esposti per alcuni giorni sul marciapiede di via Irnerio, come monito ai bolognesi, con addosso il cartello "Assassini sabotatori". Il delitto e la vista delle vittime trivellate di colpi suscitano grande indignazione nella popolazione e forti critiche contro le autorità e il regime. A comandare il plotone di esecuzione è stato il maggiore Anselmo Raspadori. Accusato di altri rastrellamenti e fucilazioni a Bologna e provincia, nel dopoguerra sarà condannato a morte, ma la pena sarà dapprima commutata in ergastolo e poi notevolmente ridotta grazie a precedenti decorazioni militari. Nel 1952 uscirà dal carcere di Parma per fine pena. Assieme a Raspadori, responsabile della fucilazione è il colonnello Giuseppe Onofaro, comandante provinciale della GNR, già autore di rastrellamenti e rappresaglie nella provincia di Reggio Emilia. Fino alla Liberazione, a Bologna perseguirà partigiani e renitenti grazie a una vasta rete di informatori. Sarà autore di duri rastrellamenti e fucilazioni in città e nella provincia. Arrestato a Brescia il 25 maggio 1945 verrà giudicato per una serie di reati gravissimi e nel 1947 sarà condannato a morte. La pena capitale sarà commutata in dodici anni di carcere, annullati poco dopo dall’amnistia.dettagli
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18 agosto 1944La missione Appomatox e le altre missioni alleate oltre le lineeIl 18 agosto un gruppo dell'ORI-OSS, il servizio segreto americano, guidato dal sergente Ferruccio Trombetti di Minerbio, viene paracadutato al di qua delle linee tedesche a Selva di Puianello, sull'Appennino modenese. La missione, denominata Appomatox, è nata dall'iniziativa di due ufficiali dell'OSS (la futura CIA) nella sede romana del Partito comunista. Il suo scopo è controllare i movimenti delle truppe tedesche, informare su obiettivi militari e inoltre trasmettere messaggi tra le direzioni di Roma e Milano del Partito comunista e tra il CUMER, il CLN emiliano e il CLNAI. Nel complesso trasmetterà e riceverà circa 500 messaggi via radio. I contatti col CUMER saranno diretti solo dal dicembre 1944. Tramite essa si effettueranno numerosi lanci di armi e materiale bellico a varie formazioni partigiane. Altre missioni alleate, americane dell'ORI-OSS o inglesi della N. 1 Special Force, avranno difficoltà nel rapporto con il Comando unico, mentre troveranno maggiore collaborazione con brigate quali la Modena di Armando e la 28a di Bulow. La missione Santini (Victory 1 e Victory 2), guidata da Ennio Tassinari e destinata ad accompagnare la discesa della Divisione Modena verso Bologna, avrà contatti solo indiretti con il CUMER tramite ufficiali di collegamento. Lo stesso sarà per la missione inglese Wilcockson, presente a Bologna nell'ottobre 1944. Il relativo isolamento del CUMER nei confronti delle brigate stanziate in Appennino e delle missioni di collegamento con i comandi alleati, produrrà incertezze e incomprensioni sullo svolgimento delle operazioni militari dei partigiani durante l'attacco alla Gotica e nell'imminenza della liberazione della città. Nel febbraio 1945 il comandante del CUMER Barontini e il vice comandante Cavazzuti stabiliranno contatti diretti con la missione Sihaka, guidata dal capitano “Bilancia” (Ferruccio Mazzara) per conto dello Stato Maggiore dell'Esercito italiano e collegata al comando britannico N.1 Special Force. Interruzioni e contrattempi - ad esempio i ripetuti trasferimenti della base radio, tra via Saffi, via d'Azeglio e via Belle Arti - renderanno comunque i rapporti precari e insicuri nei momenti di massima urgenza, alla vigilia dell'attuazione del piano insurrezionale.dettagli
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18 agosto 1944Cattura e uccisione di Silvio CorbariSirio Corbari (Silvio, 1923-1944) comandante dell'Organizzazione Resistenza Italiana (ORI), la leggendaria banda partigiana, che per undici mesi, con numerosi agguati e colpi di mano, ha tenuto in scacco i nazifascisti nelle province di Ravenna e Forlì, è catturato il 18 agosto a Cà di Cornio, nei pressi di Modigliana (FC). Il casolare in cui è nascosto con alcuni compagni è circondato da brigatisti neri e soldati tedeschi. La compagna di Corbari, Iris Versari, si uccide dopo aver abbattuto uno degli aggressori. Gli altri, sopraffatti, sono trascinati via: Arturo Spazzoli è giustiziato lungo la strada, Corbari e Adriano Casadei, l'organizzatore militare della banda, vengono impiccati a Castrocaro. Il colono del casolare di Cornio, Sante Piani, è trucidato al Monte Trebbio. I corpi dei quattro partigiani verranno appesi per alcuni giorni, come esempio e monito, ai lampioni della centrale piazza Saffi di Forlì. Tonino Spazzoli, repubblicano, ex guardia del corpo di Mussolini, catturato alcuni giorni prima e a lungo torturato, è trascinato davanti alla forca del fratello Arturo, per aumentare la sua sofferenza prima di essere a sua volta ucciso nei pressi di Coccolia, tra Forlì e Ravenna. Silvio Corbari occupa un posto a se stante nella storia partigiana. Le sue azioni non hanno avuto grande rilevanza sul piano militare, ma sono state molto efficaci dal punto di vista psicologico. Ha avuto la fama di eroe imprendibile, capace di ogni impresa coraggiosa, di ogni beffa ai danni dei fascisti. Attorno alle sue gesta si è creato un alone di leggenda, che lo avvicina al “Passator cortese, re della strada e re della foresta”. Attorno a lui si sono radunati giovani antifascisti di varie tendenze. La sua zona di operazioni comprendeva soprattutto le vallate faentine e forlivesi tra Modigliana, Tredozio, Rocca San Casciano, Marradi, con puntate fino alla prvincia di Bologna.dettagli
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18 agosto 1944Rappresaglie e stragi fasciste nel CesenateDurante l'estate, in corrispondenza dell'avanzata delle truppe Alleate, si intensificano nel Cesenate le azioni partigiane contro i nazifascisti. Ad esse rispondono con brutale energia i fascisti repubblicani, soprattutto gli uomini del battaglione M "Venezia Giulia" della GNR stanziato a Cesena e i membri della Brigata Nera "Arturo Capanni", guidati dal segretario del PNF locale Guido Garaffoni. Il 18 agosto questi ultimi catturano e fucilano a Ponte Ruffio di Cesena otto marinai disertori, in procinto di aggregarsi all’8a brigata Garibaldi Romagna. Nei giorni seguenti le spedizioni nella pianura a nord-est di Cesena porteranno, anche grazie a una efficiente rete di spie, all'arresto di numerosi antifascisti cesenati e gappisti della zona di Cesenatico (FC). Alcuni prigionieri saranno trascinati nelle carceri della Rocca Malatestiana di Cesena e lì sottoposti a pesanti interrogatori e torture. La sera del 3 settembre otto di essi - tra i quali Oberdan Trombetti (1909-1944) di Bologna - saranno condotti, legati con un'unica fune, nello sferisterio antistante la rocca e fucilati dalla Brigata Nera. Pochi giorni dopo la Liberazione alcuni dei fascisti responsabili degli eccidi - tra cui lo stesso Garaffoni - saranno eliminati per vendetta da partigiani forlivesi nei boschi attorno a Thiene (VI). Altri subiranno processi nel dopoguerra, ma nessuno di essi sconterà lunghe pene. Il 9 maggio 1945, nel concitato clima dell'immediato dopoguerra, la rocca di Cesena sarà teatro di un'altra strage compiuta per vendetta, con la morte di 17 persone. Tra essi alcuni fascisti repubblicani arrestati al Nord.dettagli
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20 agosto 1944Batterie antiaeree messe fuori uso dai partigiani a CalcaraIl 20 agosto nella zona di Calcara, frazione di Crespellano, 32 cannoni antiaerei vengono danneggiati con l’asportazione degli otturatori e quindi incendiati. Si tratta di un colpo di mano della 7a GAP, che in questo periodo porta a termine con successo azioni clamorose, quali la liberazione dei prigionieri politici dal carcere di San Giovanni in Monte, i due attacchi all’Hotel Baglioni e il sabotaggio della polveriera di Villa Contri. Il 4 ottobre, sempre a Calcara, i partigiani interverranno in armi durante un rastrellamento tedesco, liberando una ventina di giovani già catturati.dettagli
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21 agosto 1944Rastrellamenti nelle valli romagnole. L'eccidio della fornace di MeldolaDal 16 al 25 agosto un vasto rastrellamento nazifascista investe le valli dell'Appennino forlivese. Tra il 19 e il 21 le azioni dei soldati della LI Armeekorps si svolgono soprattutto tra Pieve di Rivoschio, Civitella di Romagna e Meldola, mentre militi della G.N.R. di Galeata e squadristi delle Brigate Nere di Predappio si occupano della zona tra Predappio e Porcentico. Nelle valli del Savio, del Borello e del Bidente i partigiani riescono a sganciarsi e a effettuare imboscate, mentre i Tedeschi, divisi in piccoli gruppi, spargono il terrore tra i civili battendo i boschi e le campagne. Il 20 agosto nella frazione di Pieve di Rivoschio, sede del comando dell'8a Brigata Garibaldi, vengono rastrellati uomini anziani e radunati assieme alle donne e ai bambini in uno spiazzo. Intanto nei dintorni diverse case sono fatte saltare con le mine, è abbattuto il bestiame e sono incendiati i pagliai. Alcuni contadini vengono uccisi mentre lavorano nei campi con colpi sparati a distanza. La mattina del 21 agosto 185 uomini rastrellati dalle SS e da soldati della 305a Divisione sono radunati a Meldola e rinchiusi in un capannone della fornace Bisulli. Verso il tramonto i dodici catturati a Pieve di Rivoschio vengono separati dagli altri e duramente interrogati e torturati. Poi, assieme ad altri sei rastrellati, sono costretti a scavarsi la fossa e fucilati a raffiche di mitraglia contro il muro della formace. Gli altri rastrellati vengono in parte lasciati liberi. Gli uomini validi provenienti dalla zona partigiana saranno deportati nei lager tedeschi, dai quali diversi non faranno ritorno. Intanto i fascisti che battono la zona tra Predappio e Porcentico catturano tre uomini, due dei quali - Ruffillo Balzani e Artemio Levi - saranno fucilati dalle SS il 27 agosto a Bagnacavallo (RA), mentre Alfredo Petrucci sarà ucciso il 5 settembre all'aeroporto di Forlì. Il 21 agosto nei pressi di Pieve di Rivoschio alcuni ufficiali delle SS, dopo aver pranzato con loro, uccidono a colpi di mitra padre Giuseppe Zanelli, sfollato nel paese dopo il bombardamento del suo convento a Lugo, e don Pietro Tonelli, che ha da poco sostituito il parroco di Pieve deportato in Germania. Il 23 Agosto militi della G.N.R., su ordine dei Tedeschi, fucilano sei uomini, accusati di sostenere i partigiani, lungo il rio San Filippo, nei pressi di Civitella di Romagna.dettagli
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22 agosto 1944Vergato distrutta dal cieloIl paese di Vergato, centro strategico della Linea Gotica, situato nella media valle del Reno sulla Statale Porrettana, è più volte preso di mira dalle incursioni aeree degli Alleati. I rovinosi bombardamenti del 19 e del 27 maggio 1944 producono “un certo panico” nella popolazione. Il 22 agosto l'abitato è praticamente distrutto ne corso di una incursione devastante. Scompaiono la chiesa parrocchiale, l'antico Palazzo dei Capitani della Montagna, sede del municipio, la farmacia e tutto il corso principale. Oltre venti sono i morti civili, di cui sette per il crollo di un rifugio sotterraneo. Nell’ultimo anno di guerra le macerie del paese, disseminate di mine, saranno incluse nella prima linea del fronte. Solo il 13 aprile 1945, dopo trentasei ore di furiosi combattimenti, la “Battle for Vergato” potrà dirsi conclusa a favore degli Alleati, aprendo la strada ad una rapida avanzata verso Bologna e la valle del Po. Tra il 27 novembre 1943 e il 13 ottobre 1944 Vergato subirà 23 incursioni aeree: nel territorio comunale saranno danneggiati 1.074 fabbricati su 1.755. Circa 400 di essi saranno completamente distrutti. La vita civile sarà del tutto spenta, con oltre 400 vittime e il resto della popolazione completamente evacuata. Nel 2001 il Presidente della Repubblica Ciampi conferirà al comune di Vergato, rimasto a lungo nella "terra di nessuno" tra le linee nemiche, la Medaglia d'oro al Merito Civile.dettagli
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22 agosto 1944Uccisione del segretario del fascio di Marzabotto e rappresaglia a Pian di VenolaIl mattino del 22 agosto a Pian di Venola viene ucciso il segretario del fascio e commissario prefettizio di Marzabotto Armando Lanzarini, detto Armandino, accusato di avere effettuato rastrellamenti contro i partigiani. E’ sorpreso mentre lavora nell’orto accanto a casa sua da una squadra della brigata Stella Rossa inviata dal comandante Lupo. Il reggente Lorenzo Mingardi richiede l'intervento della Guardia Nazionale Repubblicana, che da Bologna invia una trentina di militi (secondo altra versione ad accorrere è un reparto delle brigate nere). Vengono arrestate quattro persone. Aldo Monari e Lindo Mainardi sono condotti come ostaggi in città alla caserma di via Borgolocchi, da dove saranno rilasciati dopo una decina di giorni. Marcellino Burzi e Ettore Rovinetti, segnalati come partigiani della Stella Rossa, vengono passati per le armi a Pian di Venola. Secondo varie testimonianze, la sentenza di morte è letta dal federale Pietro Torri davanti alla casa in fiamme di Rovinetti. L’assassinio del commissario Lanzarini rompe in modo definitivo i precari equilibri esistenti tra le truppe tedesche, i fascisti di Marzabotto e la brigata Stella Rossa (Mandreoli).dettagli
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23 agosto 1944Il martirio di Stelio PolischiIl giovane partigiano della Brigata Stella Rossa Stelio Polischi (o Stenio, nome di battaglia “Marinaio”) è catturato dopo uno scontro a fuoco in cui perde la vita un agente della polizia ausiliaria. Trascinato nella villa del questore Tebaldi in via Siepelunga, viene a lungo torturato dagli uomini della squadra speciale (CAS) di Tartarotti, che vogliono da lui informazioni su altri partigiani. “Gli vengono punti gli occhi con spilli e il suo corpo battuto con una mazza pesantissima” (Mandreoli). In seguito è impiccato, alla presenza di Tartarotti, del federale Pietro Torri, di Enrico Cacciari e dell’ispettore del PFR Franz Pagliani, al palo di un segnale stradale in via Venezian, luogo della cattura, e lì viene lasciato per tre giorni. I carnefici gli mettono una benda agli occhi, per non far vedere che lo hanno accecato, e gli appendono al petto un cartello con queste parole: "Ribelle assassino catturato dalla ultima sua vittima". Sul “Resto del Carlino” si afferma che “questa è la fine che tocca ai fuori-legge sanguinari”. Il cadavere di Polischi sarà rimosso, con grave pericolo, da alcuni partigiani della 7a Gap. Nel 1947 il responsabile dell'impiccagione, un componente della Compagnia Autonoma Speciale di Tartarotti, vedrà notevolmente ridotta la condanna avuta dalla Corte d'Assise di Bologna. Alla lettura della sentenza che gli concederà il beneficio del condono, saluterà romanamente, gridando "Viva l'Italia".dettagli
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24 agosto 1944La "notte dei bengala"Numerosi bombardieri Liberator e Wellington del 205 Gruppo della RAF, partiti dalle loro basi in Puglia, compiono un pesante bombardamento notturno su Bologna, che sarà chiamata la “notte dei bengala”. La forza d'attacco è costituita da tre gruppi di aerei, al seguito di un pathfinder, cioè un veivolo incaricato di individuare il bersaglio dell'azione. Al primo gruppo appartengono gli aerei "illuminatori", che lanciano numerosi bengala per rischiarare l'area. I bolognesi ricorderanno “il mondo che si incendiava con tutti 'sti bagagli che venivano giù”. Seguono i "segnalatori", che sganciano spezzoni incendiari di vari colori, chiamati Target Indicators, indicatori di bersaglio. Infine giungono i veri e propri bombardieri. Prima del lancio delle bombe vere due Liberator sudafricani rovesciano sulla città migliaia di volantini destinati alla guerra psicologica. Gli ordigni cadono su numerose vie, provocando quasi cento morti. Il raid è particolarmente violento nella zona della Bolognina.dettagli
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25 agosto 1944Scatta l'Operazione "Olive" contro la Linea Gotica nel settore adriaticoInizia l’attacco dell’VIII Armata britannica contro la Linea Gotica all'altezza del fiume Metauro, secondo il piano messo a punto dal Generale Oliver Leese. Sono impegnati tre corpi d'armata: il 2° polacco, il 1° canadese e il 5°. L’Operazione “Olive” prevede una spallata iniziale dell’VIII Armata sul fronte adriatico, seguita dal successivo attacco della V Armata del gen. Mark W. Clark al centro della Linea Gotica sugli Appennini. La difesa tedesca comprende la 10a Armata con il LXXVI Corpo d'Armata Corazzato di Traugott Herr sulla costa e il LI Corpo Alpino di Valentin Feurstein nell'interno, fino alla congiunzione con il I Corpo Paracadutisti di Schlemm (e in particolare con la 4a Divisione paracadutisti di Trettner). La 14a Armata tedesca, che si confronta sull'Appennino con la V Armata alleata, è formata, oltre che dal I Corpo Paracadutisti, dal XIV Corpo Corazzato del generale Frido von Senger und Etterlin. La sera del 25 agosto la Linea Rossa, avamposto della Linea Gotica nel settore adriatico, è attaccata dalla 1a Divisione canadese e dalla 46a Divisione britannica, che attraversano il fiume Marecchia, appoggiate dal fuoco di oltre 1.500 cannoni e 400 aerei cacciabombardieri della Desert Air Force. Il premier inglese Churchill visita il 26 agosto il quartier generale dell'VIII Armata e si spinge fino al punto avanzato (OP) di Saltara per assistere di persona all'attacco. Le cinque divisioni, che compongono il 76° Corpo corazzato tedesco, sono colte di sorpresa: in soli quattro giorni gli Alleati raggiungono la valle del Foglia e gli appostamenti difensivi della Gotica. Dopo la sorpresa iniziale, i Tedeschi riescono a riorganizzarsi, spostando alcune divisioni dal settore appenninico: la 26a div. corazzata e la 29a granatieri corazzati, seguite poco dopo dalla 356a fanteria. Nei giorni successivi, affrontano validamente gli Alleati sull'altopiano a nord del Foglia. Il rilievo di Montegridolfo è tenuto fino al 2 settembre. Il giorno seguente il 1° Corpo canadese raggiunge Misano. I Tedeschi si attestano sulla dorsale di Coriano, dalla quale partiranno numerosi contrattacchi, respinti a fatica dagli Alleati.dettagli
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27 agosto 1944Operazione contro la 63a Brigata "Bolero" a Monte San PietroIl 27 agosto due compagnie della GNR, la cosidetta “Compagnia della Morte” del cap. Zanarini di stanza a Castello di Serravalle e la 2a compagnia del presidio di Castel d'Aiano comandata dal cap. Pifferi, iniziano un vasto rastrellamento contro la 63a Brigata Garibaldi, operante nel territorio di Monte San Pietro. Un'ottantina di persone, tra partigiani e civili, vengono catturate nella zona collinare e trascinate nella piazza di Calderino, dove sono divisi in gruppi a seconda della loro destinazione: la fucilazione o la deportazione in Germania. Cinque prigionieri sono giustiziati poco dopo sul greto del fiume Lavino da militi che si sono offerti volontari. Sono Giuseppe e Primo Fenara, Elio Roda, Libero Grandi e Walter Mignani. Gli altri vengono rinchiusi nelle scuole di Gesso. Lo stesso giorno cinque persone sono catturate a Mongiorgio da una squadra della GNR e fucilate in un podere nei pressi di Castello di Serravalle. Il 28 agosto i prigionieri di Gesso sono condotti a Bologna su camion. Durante il tragitto due di essi sono giustiziati a Monte San Pietro. Altri quattro giovani fra i 19 e i 22 anni - Salvatore Bignami, Guido Romagnoli, Pietro Gandolfi e Fausto Pallotti - sono fatti scendere alla Muffa - località nei pressi di Crespellano - e fucilati sul ciglio della strada Bazzanese. I loro corpi rimarranno insepolti per due giorni “a monito” per ordine della GNR. I militi della famigerata “banda Zanarini” saranno processati a Lucca nel 1950. Ritenuti colpevoli di molti lutti, non solo a Calderino, alcuni di essi saranno condannati all'ergastolo.dettagli
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28 agosto 1944La Linea Gotica sull'AppenninoLa difesa tedesca, dopo il ritiro dall'Italia centrale, si attesta sull'Appennino con un sistema fortificato organizzato in profondità. Il nome Linea Gotica è utilizzato soprattutto dagli anglo-americani, con allusione alle storiche invasioni barbariche. I tedeschi la chiamano Linea Verde. Si tratta in realtà di più linee di difesa: alla Linea Verde 1, corrispondente ai passi appenninici tra Massa e Pesaro, si succede la Linea Verde 2, organizzata in profondità, venti chilometri più a nord. La prima linea è stata realizzata, tra l'autunno del 1943 e la primavera del 1944, dall'Organizzazione paramilitare Todt (OT), che ha reclutato, spesso con la forza, migliaia di lavoratori italiani, inquadrati nei Battaglioni del Lavoro. E' disseminata di postazioni anticarro in cemento armato, protette da fossati e da estesi campi minati. Al 28 agosto del 1944 risultano realizzati 2.375 nidi di mitragliatrici, 479 postazioni di cannoni, 16.606 postazioni di tiratori scelti, 5 Panther Bodenturm (bunker in cemento armato sormontati da torrette di carri armati Panther con cannoni da 70/75 mm), 18 fortini. Inoltre sono stati scavati 8,944 chilometri di fossati anticarro, tra i quali uno di circa due chilometri sotto il Passo della Futa, in località Santa Lucia. Sono state costruite ex novo strade di collegamento, come la Baragazza-Futa e la Baragazza-Montepiano. Infine sono state posate 75.515 mine anticarro Teller, 23.172 mine antiuomo Schrapnel e oltre 117 chilometri di reticolati. La linea è difesa dal 10. gruppo di armate comandate dal gen. Heinrich von Vieitinghoff-Scheel sul fronte adriatico e dal 14. gruppo di armate del gen. Joachim Lemelsen su quello tirrenico. Si tratta di 13 divisioni di 12.700 uomini ciascuna, sette delle quali tenute a riserva. A 180.000 combattenti fanno riscontro circa 169.000 addetti ai servizi. Impedire agli alleati di raggiungere la pianura padana è di vitale importanza per i Tedeschi, che hanno bisogno delle risorse agricole e industriali dell'Italia del Nord per proseguire lo sforzo bellico. La Gotica, inoltre, tiene impegnate molte divisioni nemiche. Gli Alleati avrebbero interesse a collocare nella pianura basi aeree molto vicine ai confini tedeschi, per aumentare la potenza dei bombardamenti sul Reich. Potrebbero, inoltre, lanciare offensive di terra verso Nord Est e nell'Europa Centrale, dove si profila il pericolo comunista.dettagli
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30 agosto 1944La 63a Brigata attacca un'autocolonna sulla PorrettanaDopo il grande rastrellamento del 27-28 agosto la 63a Brigata Garibaldi si sposta a Monte Capra. Da qui partono molteplici azioni contro i nazifascisti. La notte del 30 agosto è attaccata un'autocolonna tedesca sulla strada Porrettana. Vengono distrutti sette automezzi ed eliminati alcuni soldati nemici. Nel mese di settembre si moltiplicano sabotaggi, interruzioni di linee telefoniche, assalti ai magazzini e ai presidi fascisti in vari comuni. Il 20 settembre la brigata si sposterà da Monte Capra a Rasiglio, una zona boscosa e ricca di grotte e anfratti, lontana dalle principali vie di comunicazione, dunque particolarmente adatta alla guerriglia. In ottobre, con l'esaurimento dell'avanzata della V Armata, i tedeschi potranno dedicarsi a ripulire le loro retrovie dalla presenza partigiana. Il territorio della 63a Brigata sarà sottoposto a incessanti azioni di rastrellamento con arresti, deportazioni e fucilazioni di partigiani e civili.dettagli
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30 agosto 1944Dodici partigiani fucilati al Poligono di TiroDodici partigiani vengono fucilati al Poligono di Tiro come rappresaglia per l'uccisione del colonnello Zambonelli della GNR. Considerato “uno dei più pericolosi comandanti fascisti”, è stato bloccato in pieno giorno e fatto prigioniero da una squadra di gappisti in perlustrazione sulla strada Persicetana. Prima della sua uccisione, i partigiani hanno invano tentato di scambiarlo con dieci compagni detenuti nel carcere di San Giovanni in Monte. A comandare l’esecuzione è il famigerato capitano Tartarotti, che si vanterà, secondo la testimonianza successiva di uno degli agenti, di aver scaricato contro gli sventurati un intero caricatore del suo mitra. Tra i fucilati al Poligono vi sono l'antifascista Gaetano Bussolari (Maronino), studioso di storia persicetana, Giocondo Musi, comandante partigiano della 1a Brigata "Irma Bandiera" e l'ex capolega di S. Agata Bolognese Agostino Pietrobuoni. Suo fratello Quinto, ex garibaldino di Spagna, è stato fucilato dalle brigate nere pochi giorni prima nella piazza di Sant'Agata davanti alla popolazione. Gli altri partigiani giustiziati sono Floriano Atti, Renato Bentivogli, Luciano Bracci, Arturo e Celestino Garagnani, Luciano Nanni, Alfonso Sghinolfi, Renato Sordi e Cesare Zanasi. Ad assitere spiritualmente i condannati a morte è chiamato don Luciano Gherardi (1919-1999), giovane cappellano dell'Ospedale di Sant'Orsola e futuro storico della strage di Monte Sole.dettagli
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1 settembre 1944Bombardamento alla BologninaUn pesante bombardamento alleato porta distruzione e morte nella Bolognina. Il quartiere popolare, situato alle spalle della stazione ferroviaria, era stato colpito in precedenza, soprattutto il 24 agosto, durante il primo spettacolare bombardamento notturno sulla città. Questa volta si contano un centinaio di morti e feriti: 25 vittime in un solo rione. Nelle diverse incursioni notturne del mese di settembre vengono utilizzate anche bombe, chiamate "cookies" (dolcetti), da 1.800 kg. Oltre alla zona dell'Arcoveggio, sono colpiti il deposito dell'Azienda tramviaria alla Zucca e le aree della Certosa e del Littoriale. Alle incursioni di settembre partecipano anche cacciabombardieri della French Air Force (FAF).dettagli
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1 settembre 1944Le orfanelle di San Luca sfollano in cittàCon l'approssimarsi del fronte anche la collina di San Luca diventa insicura. Le “orfanelle” ricoverate nell'istituto a metà della salita verso il Santuario della Madonna, da poco rientrate dallo sfollamento in provincia, subiscono una razzia da parte dei tedeschi. Le suore e le bambine si mettono allora in marcia verso la città, trainando mobili e animali. Al Meloncello i mobili sono caricati su un carretto a portati alla caserma "Cialdini", in zona San Mamolo. Le duecento bambine dell'orfanotrofio sono accolte in varie strutture: 60 tra le più piccole nel convento di San Domenico, dove il priore padre Acerbi ha allestito un ospedale; altre presso la caserma "Cialdini" e presso la contessa Rossi in Strada Maggiore, altre ancora a Monteveglio. Alla "Cialdini", già piena di sinistrati, sono portate anche le mucche salvate dalla requisizione. Lo stallatico servirà come concime per i giardini Margherita. Intanto il comando tedesco decide di minare la strada nei pressi del collegio delle "orfanelle", per impedire l'accesso degli Alleati. Le mine saranno fatte brillare, senza alcuna utilità pratica, nella notte tra il 20 e il 21 aprile del 1945, alla vigilia della liberazione. L'esplosione distruggerà la curva "delle orfanelle" e una parte del portico e danneggerà il tetto dell'istituto, che rimarrà inagibile per diversi mesi dopo la fine del conflitto.dettagli
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3 settembre 1944Manifestazioni pre-insurrezionali nella Bassa bologneseIn alcuni comuni della pianura bolognese si tengono manifestazioni pre-insurrezionali, volute dal CUMER e organizzate dalle locali formazioni partigiane Sap (Squadre Azione Patriottica). L’obiettivo è quello di mobilitare il popolo e i partigiani armati in vista della liberazione di Bologna e provincia, ritenuta ormai imminente. Il 1° settembre si muovono i cittadini di Anzola Emilia, mentre a San Giorgio di Piano alcuni gappisti fanno scoppiare una bomba nella caserma delle brigate nere. Il 3 settembre è assaltato il municipio di Castel Maggiore, sfollato nella frazione di Bondanello. I gappisti comandati da Franco Franchini (Romagna) e Gualtiero Grazia (1922-1945) si appostano tra le macerie del parco ferroviario, già ripetutamente preso di mira dai bombardieri alleati. E’ sopraffatto il locale presidio fascista e sono dati alle fiamme i registri delle tasse e di leva. Nel pomeriggio i fascisti bruciano la Cascina Guernelli in via Passo Pioppe e fucilano sei persone. Il 6 settembre i partigiani fanno brillare una carica di tritolo presso la casa del fascio di Castel d'Argile. L'esplosione è solo in parte efficace. Il 10 settembre altre manifestazioni popolari sono segnalate a Medicina, Castenaso, Baricella e Calderara. A Medicina il comune è occupato dai sappisti della 5a Brigata Matteotti Bonvicini e dai gappisti di Villa Fontana, che accerchiano anche la caserma GNR e costringono alla resa gli occupanti. Alcuni fascisti vengono giustiziati e il commissario prefettizio è costretto a dimettersi. Durante l'operazione muoiono il comandante Mario Melega (Ciccio) a Aldo Cuppini di Medicina. A Castenaso Luciano Romagnoli (Paolino) tiene un comizio davanti a circa 500 persone. In seguito i manifestanti, scortati da 35 partigiani sappisti al comando di Bruno Tosarelli, entrano nel municipio sfollato a Marano nella villa Lorenzini e distruggono i documenti anagrafici. Il 17 settembre, al termine di un raduno di alcune centinaia di persone davanti alla sede del comune di San Pietro in Casale sfollato a Massumatico, le brigate nere, giunte in forza da Bologna, uccidono cinque partigiani catturati nei pressi della Valle delle Tombe, in frazione Maccaretolo. Il 25 settembre è proclamato a Imola lo sciopero generale, che paralizzerà la città per parecchi giorni.dettagli
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4 settembre 1944Occupazione di Sassoleone. "Libera terra dei Casoni di Romagna"Il 4 settembre alcune compagnie della 62a Brigata Garibaldi “Camicie rosse” occupano il paese di Sassoleone, frazione di Casalfiumanese nella valle del Sillaro a pochi chilometri dalle linee tedesche sul fronte della Gotica. Per l'occasione i partigiani indossano la tradizionale divisa garibaldina, camicia rossa e pantaloni blu, “quasi si trattasse di una parata del tempo di pace”. (G. Brini) Dopo un primo momento di incertezza, gli abitanti scendono in strada e fraternizzano con i “ribelli”, offrendo loro cibo e bevande. I responsabili politici della brigata prendono contatto con i patrioti locali ai quali spiegano la situazione militare. Insieme raccolgono informazioni sulla situazione economica e i bisogni del paese. Sui muri delle case vengono affisse alcune copie di un proclama, che illustra i motivi della lotta partigiana. Per alcuni giorni Sassoleone diventa la capitale della “libera terra dei Casoni di Romagna“. Viene eletta una amministrazione democratica in contatto con il comando della brigata. Sono aperti diversi spacci alimentari in cui è distribuito grano agli operai e agli abitanti più poveri. Vengono inoltre inviati nel paese alcuni capi di bestiame e messa in funzione una macelleria gestita dal partigiano Ernesto Morelli (Pippo). Con l'avvicinarsi del fronte i partigiani dovranno lasciare l'area, ritenuta strategica. Il 24 settembre i tedeschi compiranno il massacro di 23 abitanti di Sassoleone.dettagli
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5 settembre 1944Sviluppo del fronte nella zona tirrenicaAll'inizio di settembre il fronte di guerra dalla costa tirrenica giunge quasi a Firenze con uno schieramento composto, a partire da ovest, dalla Task Force 45 del gen. Paul W. Rutledge, dalla 1a Armored Division del gen. Vernon E. Prichard e dalla 6a div. Sudafricana del magg. gen. W.H.E. Poole. Queste unità hanno il compito, prima dell'avvio dell'Operazione "Olive", di simulare i preparativi per un attacco in Val d'Arno, con l'obbiettivo di distogliere il maggior numero di unità tedesche dal fronte adriatico. Il 1° settembre le unità del IV Corpo d'Armata attraversano l'Arno e penetrano nella "Fluss Stellung", la linea difensiva costituita ormai solo di retroguardie, che devono consentire il ripiegamento ordinato del grosso dell'esercito tedesco. Il 5 settembre una compagnia di soldati americani del 370° RCT è la prima a entrare a Lucca. Questo Regimental Combat Team fa parte del primo scaglione della 92a Divisione "Buffalo" USA, giunto in Italia nel luglio 1944 ed entrato in linea in agosto, aggregato alla 1a Armored Division USA. E' composto soprattutto di soldati di colore. Le unità tedesche del XIV Corpo d'Armata compiono intanto una ritirata strategica, senza ingaggiare grossi scontri col nemico. Si tratta soprattutto della 65a Divisione di fanteria del gen. Pfeifer dislocata in Lucchesia e della 16a Panzer Grenadieren "SS Reichsfuhrer" operante sulla costa tirrenica della Versilia. Dopo l'occupazione di Lucca, il IV Corpo riceve dal gen. Clark, comandante della V Armata alleata, l'ordine di mantenere la pressione sul nemico, in modo da dare l'impressione che quello tirrenico sia il settore previsto per l'attacco principale. Il 15 settembre il IV Corpo USA occupa il porto marittimo di Viareggio, costringendo i Tedeschi a riparare nell'area di La Spezia.dettagli
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5 settembre 1944Eccidi e rappresaglie nel ForliveseIl 5 settembre i nazisti fucilano 26 persone nei pressi del campo di aviazione di Forlì. Tra essi vi sono il col. Edoardo Cecere dell’XI Brigata Casale e Chino Bellaganba dell'Ufficio Leva del Comune di Cesena, accusato di avere falsificato documenti per favorire ebrei e renitenti e Pellegrina Rosselli, moglie del marchese Paolucci, nobile possidente nelle fila della Resistenza, fucilato il 14 agosto precedente. Durante il mese di settembre - il 17 e il 24 - nello stesso luogo avvengono altre due fucilazioni. Delle 43 persone uccise complessivamente, 24 sono ebree. Tra esse diverse donne. Le esecuzioni avvengono in modo diverso l'una dall'altra, secondo un macabro rito nazista. In applicazione del bando di Kesselring del 25 agosto le condanne a morte in questo periodo devono essere eseguite in pubblico e con l'esposizione dei cadaveri. Il 9 settembre, a San Tomè di Forlì, circa duecento persone sono state appositamente rastrellate per assistere all'impiccagione di sei partigiani prelevati dalle carceri. Pochi giorni prima accanto alla fornace di Meldola (FO) erano state fucilate 18 persone inermi catturate dai Tedeschi durante un rastrellamento a Pieve di Rivoschio.dettagli
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7 settembre 1944Il CUMER comanda la discesa in città delle formazioni partigiane in vista dell'insurrezioneDopo il primo sfondamento della Linea Gotica da parte delle armate alleate, la liberazione di Bologna appare imminente. Dal 7 settembre il CUMER - vertice militare del CLN - comincia a impartire ai comandi delle brigate partigiane le "direttrici di marcia" per la discesa dai monti e la convergenza dalla pianura verso Bologna e le altre città dell'Emilia. L'8 settembre il CLN regionale lancia un impegnativo proclama per il proseguimento della lotta contro i nazifascisti e chiede ogni sforzo per impedire il massacro della popolazione. Il disegno di “pianurizzazione” voluto dal Comando centrale - e approvato da dirigenti comunisti, quali Amendola e Secchia - non sarà accettato da alcuni comandanti: ad esempio da Mario Ricci (Armando) della divisione "Modena", da Mario Musolesi (Lupo) della Brigata "Stella Rossa", dai responsabili delle brigate "Matteotti" e delle brigate Garibaldi di pianura, che ritengono i partigiani della campagna inadatti ai combattimenti cittadini. Il contenzioso tra il comando della divisione Modena e il CUMER sarà composto in ottobre. A Bologna verrà inviato il gruppo partigiano comandato da Renato Giorgi (Angelo) e formato dalle brigate “Roveda” e “Gramsci”, che il 5 novembre si scontreranno con i Tedeschi nei pressi di Pavullo e in seguito ripareranno oltre le linee nella zona di Lizzano in Belvedere. Anche il trasferimento delle altre formazioni in città avrà spesso esiti drammatici, con battaglie in campo aperto, che procureranno notevoli perdite alle formazioni combattenti, come a Cà di Guzzo, Rasiglio, Vigorso e Casteldebole. Il piano del CUMER contrasta con le direttive del comando partigiano nazionale: in una circolare del CVL del 18 settembre si afferma che le brigate partigiane non devono "assolutamente lasciarsi attrarre dalle città". Ancora il 13 ottobre, tuttavia, il CUMER darà ordine alle SAP di pianura di convergere in città e preparare la liberazione di Bologna. Circa 300 partigiani della 7a GAP "Gianni", della formazione Giustizia e Libertà, di parte delle brigate Garibaldi 62a, 63a e 66a si raduneranno in una grande base ricavata nell’Ospedale Maggiore bombardato, con l'ordine di non muoversi in attesa dell'insurrezione. L'area dell'ex ospedale sarà il teatro della battaglia di porta Lame il 7 novembre successivo.dettagli
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8 settembre 1944Eccidio di rio ConcoLa sera del 7 settembre, a Cà del Sarto, nei pressi di Rioveggio, due ufficiali della Wehrmacht vengono sorpresi assieme a due ragazze del posto e uccisi da partigiani della brigata Stella Rossa. Per rappresaglia un reparto di SS, dopo aver bloccato le strade del circondario, rastrella tutti gli uomini che incontra, compresi quelli dotati di lasciapassare dell’esercito occupante. I prigionieri vengono condotti al Comando SS nella canonica di Pontecchio. Alcuni di essi sono partigiani della Stella Rossa. Il giorno seguente sono portati su camion sotto i calanchi di rio Conco, nei pressi del Palazzo Rossi. I soldati li obbligano a scavarsi la fossa e poi li fucilano. Tra i quindici uccisi c'è anche Mario Zanini, un ragazzo di appena diciassette anni. I loro corpi saranno ritrovati e riconosciuti dalle famiglie solo dopo la guerra. I nomi delle vittime: Albano Agnelli, Gualtiero Bartolini, Raffaele Bartolini, Antonio Bonini, Antonio Cioni, Sisto Migliori, Adelmo Rocchetta, Gaetano Sordi, Lodovico Tovoli, Gualtiero Valdisserra, Antonio Zanini, Corrado Zanini, Mario Zanini, Antonio Zuarzi.dettagli
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8 settembre 1944Annullata la "Fira di Sdàz"A causa della guerra, per la prima e unica volta nella sua storia, non si tiene la tradizionale Fiera di Pontecchio. Regolata da una Bolla Papale del 1673, la manifestazione si è svolta tutti gli anni l'8 settembre nella vallata di Sasso Marconi attorno alle mura del Palazzo dei Rossi, ora utilizzato dai Tedeschi come ospedale militare. Un tempo era denominata la “Fira di Bigonz” (fiera dei bigonci, i recipienti per il mosto d'uva), perché cadeva nel periodo della vendemmia imminente, in seguito fu conosciuta come la “Fira di sdàz” (fiera dei setacci). Il castello fu costruito alla fine del '400 come delizia di campagna dal ricco mercante parmense Bartolomeo de' Rossi. Era circondato da una vasta tenuta agricola. Ospitò illustri personaggi, da papa Giulio II a Torquato Tasso. Accanto al grande edificio signorile, dove già si trovavano un mulino e alcune botteghe artigiane, vennero costruiti "mulini per infranger frumento, e fabbricare carta; et un canale proprio di questi edifizi, fatto con notabilissima spesa" e inoltre segherie meccaniche, una grande colombaia e una scuderia per cento cavalli. Il borgo, economicamente autosufficiente, fu un importante centro di supporto per il mondo agricolo circostante. La sua fiera annuale è divenuta nel tempo un'occasione di incontro e di evasione per le comunità dell'Appennino. L'8 settembre 1944, nella vicina località di Rio Conco, soldati della Wehrmacht compiono una feroce rappresaglia, uccidendo quindici uomini presi prigionieri nei dintorni. Intanto a Colle Ameno, un borgo simile a quello di Palazzo de' Rossi e poco distante da esso, nei sotterranei della Villa Ghisilieri trasformati in prigione sono rinchiusi decine di uomini rastrellati dai nazifascisti e destinati alle Caserme Rosse e ai lager germanici. Ricorderà D. Zanini: “Il silenzio della sera, sinistramente rotto dal crepitare delle armi, scendeva su quel giorno tristissimo, che per secoli si era riempito di voci gioiose nel festoso animarsi della vicina fiera dei bigonci (...) Nella valle stagnava una pesante atmosfera di malinconia, greve di paura e di sospetto”.dettagli
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8 settembre 1944Partigiani trucidati a ImolaL'8 settembre una squadra della GNR comandata da Domenico Caprara compie un vasto rastrellamento nell'imolese. Vengono arrestati i partigiani Dino Gamberini, Lino Balbi e Renato Ghetti. Interrogati - senza alcun risultato - sull'organizzazione partigiana, sono trascinati sul greto del Santerno e fucilati. Poco prima dell'esecuzione Lino Balbi riesce a dileguarsi gettandosi in acqua. Lo stesso giorno a Imola è ritrovato il cadavere di Gino Beltrandi (Giano), ucciso a Linaro. Presenta varie ferite d'arma da fuoco.dettagli
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9 settembre 1944Attacco partigiano a un comando della TodtIl 9 settembre, in pieno giorno, una squadra del 4° battaglione Pinardi della 1ª brigata Garibaldi “Irma Bandiera”, che opera nella zona di Bolognina-Corticella, assale in località San Sisto, fuori porta San Donato, un comando tedesco della Organizzazione Todt. I militi presenti, colti di sorpresa, vengono sopraffatti. I partigiani riescono a sottrarre armi e mezzi militari e a rientrare alla base senza subire perdite. Inutile è l'intervento dei rinforzi tedeschi, sopraggiunti ad azione conclusa. Impegnata nella costruzione di opere di difesa e di strutture logistiche per l'esercito tedesco, la Todt impiega nel territorio bolognese oltre 7.000 operai. L'attacco al comando di San Sisto è un esempio della vitalità e dell'efficienza politico-organizzativa raggiunte dal movimento partigiano nella pianura bolognese.dettagli
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9 settembre 1944La “Sperrzone”Nell’autunno è istituita la “Sperrzone”, la zona chiusa all’interno dei viali di circonvallazione, non occupata dalle truppe tedesche e vigilata da due compagnie di Brigate nere. I soldati tedeschi recintano la città con muretti e cavalli di frisia. I passaggi alle porte sono presidiati dalla Feldgendarmerie e dai fascisti. Vengono accuratamente controllati i permessi di circolazione, perquisito il carico dei veicoli, frugati i pacchi e le sporte. Coloro che entrano in città con la bicicletta devono togliere la catena e sgonfiare gli pneumatici. Con l’approssimarsi del fronte la zona del centro di Bologna, pur sotto il tiro dei cannoni alleati a più lunga gittata, è ritenuta più sicura della periferia e della campagna e molte famiglie di agricoltori vi cercano rifugio, trascinando i loro animali. La città “si riempie di muggiti” per la presenza di molti capi di bestiame, portati entro le mura anche per preservarli dalle frequenti razzie dei tedeschi. Ovunque “gente, animali, attrezzi agricoli, oggetti di casa”: non c’è più un angolo libero. Di fatto dopo il bombardamento del 12 ottobre, il più lungo di tutti, il centro cittadino non subisce attacchi aerei devastanti e la popolazione comincia a credere che vi sia effettivamente un accordo tra tedeschi e alleati per risparmiare la città. Nell’inverno tra il 1944 e il ‘45 Bologna arriverà ad ospitare circa 600.000 persone, tra residenti e sfollati.dettagli
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10 settembre 1944Giuseppe Dozza designato sindaco per il dopoguerraMembro del CLNAI per il Partito Comunista clandestino, Giuseppe Dozza (1901-1974), antifascista bolognese da tempo perseguitato ed emigrato in Unione Sovietica e in Francia, rientra a Bologna dopo un viaggio avventuroso attraverso la Svizzera. E' designato a ricoprire la carica di sindaco a liberazione avvenuta. Nel frattempo fa parte del CLN regionale e del triumvirato insurrezionale del PCI. Il suo nome di battaglia, suggeritogli da Celeste Negarville, è Ducati. Assieme agli altri membri del CLN avvierà contatti con industriali, dirigenti e funzionari pubblici, membri delle forze armate, che, delusi dal fascismo, accetteranno di collaborare per affrontare le emergenze portate dalla guerra agli abitanti della città e alle popolazioni della provincia - oltre 300.000 persone - sfollate entro le mura. Dopo le stragi naziste dell'autunno 1944, Dozza sarà autore di un violento proclama, poi divenuto famoso, contro il Feldmaresciallo Kesselring: Risposta al comandante tedesco. Odio mortale.dettagli
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11 settembre 1944Il Feldmaresciallo Kesselring illeso dopo il bombardamento di BaragazzaL'11 settembre un sanguinoso bombardamento americano colpisce Baragazza, popolosa frazione di oltre tremila abitanti nei pressi di Castiglione dei Pepoli. 24 bombardieri medi B-26 del 17° Bombardament Group americano sganciano sull'abitato oltre 500 bombe a frammentazione da 20 libbre, provocando la morte di 11 soldati tedeschi e 33 civili. E'ferito anche il parroco don Bruno Boni. Le salme dei civili vengono allineate all'interno della chiesa, in un lago di sangue. Il vero obiettivo dell'azione, contrastata dal maltempo, era il paese di Santa Lucia, zona fortificata della Linea Gotica nei pressi del Passo della Futa. L'incursione sorprende anche il Feldmaresciallo Kesselring, capo delle truppe tedesche in Italia, in visita al comando della 334a Divisione fanteria, che però rimane illeso. Nel tentativo di indebolire le difese tedesche, il 12 settembre gli Alleati bombarderanno Firenzuola, all'imbocco della valle del Santerno. Due giorni dopo sarà pesantemente colpita anche Castiglione dei Pepoli. Il 25 settembre le truppe alleate, appartenenti alla 6a Divisione corazzata sudafricana e alla 34a Divisione americana, entreranno a Baragazza provenienti dalla Futa e il 27 raggiungeranno Castiglione da Montepiano. Nel paese sarà costituita una una Giunta comunale del CLN presieduta dal dottor Giuseppe Girotti.dettagli
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12 settembre 1944Eccidio di BisciaDopo che alcuni partigiani hanno bloccato e sottratto materiale da un camion militare, i soldati tedeschi fanno saltare la casa colonica situata il località Biscia di Castel Maggiore, nei pressi dell'accaduto, poi rastrellano sette uomini e li fucilano sul posto. Dionigio Bordoni, Roberto Dezaiacomo, Calimero Donati, Domenico Guerri, Enrico Piva, Romano Stanzani e Gino Zanarini saranno riconosciuti partigiani della 4ª brigata Garibaldi Venturoli, battaglione Cirillo. Il CLN dispone una giornata di lutto per il 14 settembre, chiedendo la chiusura dei negozi e l'astensione dal lavoro degli operai e dei braccianti della zona.dettagli
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13 settembre 1944I muli in aiuto dell'VIII Divisione indianaIn appoggio all'attacco del II Corpo statunitense al Passo del Giogo, il generale Kirkman decide di concentrare gli sforzi del XIII Corpo britannico lungo la Strada Faentina. Un compito particolarmente arduo è quello dell'VIII Divisione indiana, incaricata di attaccare sulle montagne a nord di Vicchio, nel tentativo di aggirare le robuste difese tedesche sulla Faentina. Per portare rifornimenti e armi all'VIII Divisione, su un terreno montano particolarmente impervio, è organizzata una brigata con colonne di muli, recuperati da altri reparti e dai civili. Animali molto apprezzati per la resistenza alla fatica, i muli vengono ampiamente impiegati nella seconda guerra mondiale. Solo gli alpini italiani ne utilizzano oltre 500 mila. Anche le divisioni alleate, benché attrezzate di mezzi meccanici moderni, sono costrette dalle cattive condizioni atmosferiche e dal difficile terreno appenninico, ad utilizzare migliaia di muli, requisiti in tutta l'Italia liberata. Guidati da ausiliari italiani del Regio esercito, i convogli di muli (mule-train) permetteranno, spesso in condizioni di estremo pericolo, i collegamenti tra il fronte e le retrovie.dettagli
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13 settembre 1944Attacco della V Armata sul passo del GiogoLa V Armata alleata, al comando del generale Mark W. Clark, è formata di 171.062 uomini, appartenenti a quattro divisioni di fanteria americane, la 34a, 85a, 88a e 91a, alla 92a e 45a Task Force corazzate, alla 6a divisione corazzata sudafricana e alla Forza di Spedizione Brasiliana (FEB). Nel settembre si trova davanti alle poderose difese della Linea Gotica, nella zona dei passi della Futa e del Giogo. I tedeschi si aspettano qui l’attacco alleato e vi concentrano alcune delle migliori divisioni rimaste alla Wehrmacht, pur oramai decimate e senza riserve, come la 715a fanteria o la 4a paracadutisti. I soldati schierati hanno l’ordine di difendere le posizioni “fino all'ultimo uomo e fino all'ultima cartuccia”. Il motto lanciato dal generale Clark è: "A Bologna prima di Natale". Il comandante della V Armata decide di portare l’attacco principale sul Giogo di Scarperia, per aggirare e liberare il Passo della Futa e procedere poi sulla statale 65 verso la pianura. Ordina quindi la conquista dei monti Altuzzo e Monticelli, due colli di circa 900 metri dominanti il passo del Giogo. I loro costoni scoscesi sono difesi da squadre dotate di armi automatiche, quali le micidiali mitragliatrici MG 42. Le postazioni di fuoco e di osservazione, costruite in cemento armato, tronchi e terriccio, sono protette dagli attacchi aerei e dalle cannonate, come i ricoveri delle truppe, scavati nella montagna e raggiungibili tramite camminamenti interrati. Davanti al caposaldo vi sono estesi campi minati e numerosi ordini di filo spinato. Sulle cime attorno al passo si svolgono alcune delle più furiose battaglie della guerra in Italia. Nella notte fra il 12 ed il 13 settembre gli americani cominciano a bombardare le postazioni tedesche su tutta la lunghezza del fronte, in modo da non mostrare il punto preciso dell'attacco principale. Nei giorni precedenti sono stati martellati alcuni paesi delle retrovie: l'11 settembre Baragazza, il 12 Firenzuola, tra il 12 e il 13 Bruscoli, nella Valle del Setta. Dappertutto numerosi morti tra i civili. All’alba del 13 settembre gli uomini del 338° e 339° reggimento di fanteria della 85a Divisione “Custer” iniziano il loro attacco ai monti Altuzzo e Verruca, mentre il 362° e 363° reggimento della 91a Divisione assaltano il Monticelli e una parte del fronte a sinistra di esso. A contrastarli sono soprattutto i paracadutisti dalla 4a Divisione del gen. Trettner, composta di veterani di Anzio, ma anche di giovani reclute, con appena tre mesi di addestramento. Gli americani conquistano la sella del Giogo e le alture circostanti solo il 17 settembre, dopo sanguinosi combattimenti e una strenua difesa da parte tedesca. Hanno aver perso circa 500 uomini al giorno, tra morti e feriti. Lo stesso giorno il 337° reggimento della 85a Divisione occupa a est il Monte Pratone, vicino alla Colla di Casaglia, che unisce il Mugello toscano alla Valle del Lamone. L’avanzamento più rapido si avrà in seguito nella valle del Santerno. La conca di Firenzuola è conquistata il 21 settembre dopo un furioso bombardamento aereo. Il paese, fortunatamente già evacuato il 10 settembre, è quasi completamente distrutto, compreso il bel palazzo comunale del '300 in pietra serena. Il successivo contrattacco tedesco a colpi di artiglieria è contrastato con una cortina fumogena appositamente provocata dalla compagnia chimica, mentre i genieri cominciano a gettare i primi ponti Bailey sul Santerno. L'88a Divisione “Blue Devils” è incaricata dal gen. Keyes di avanzare verso Imola. La notte del 21 settembre, sotto la pioggia, le avanguardie della 88.a divisione avanzano verso Castel del Rio, incontrando poca resistenza. Il 29 settembre è occupato il passo della Raticosa. Tre divisioni americane, la 34a, 91a e 85a, sono lanciate oltre i colli sul confine tra Toscana ed Emilia. Il 2 ottobre, dopo un massiccio bombardamento di artiglieria sulle difese tedesche e una dura battaglia casa per casa, sarà liberato il paese di Monghidoro, che verrà annesso simbolicamente dal generale Clark al distretto di Los Angeles. Le direttrici principali sembrano aperte agli Alleati per una rapida conquista di Bologna e della Pianura Padana. Ma i tedeschi si ritirano con ordine verso nord, secondo piani da tempo predisposti, arroccandosi in ogni luogo del basso Appennino vantaggioso per la difesa, in particolare lungo la catena trasversale del contrafforte pliocenico.dettagli
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13 settembre 1944L'occupazione partigiana di TossignanoUna compagnia della 36a Brigata Garibaldi, guidata da Carlo Nicoli, occupa Tossignano - paese appollaiato sulla vena del gesso a pochi chilometri da Imola - e lo tiene per dieci giorni, nonostante ripetuti contrattacchi tedeschi. I partigiani saccheggiano la locale Casa del Fascio e recuperano documenti, armi e vessilli fascisti. Viene processato e fucilato un maggiore della GNR, esposta la bandiera italiana e distrutto il monumento fascista, mentre il commissario prefettizio ed ex podestà di Tossignano è costretto a far ricostruire il monumento ad Andrea Costa, demolito anni prima dagli squadristi. Sono inoltre requisiti generi alimentari e distribuiti alla popolazione. L'occupazione cesserà il giorno 23 settembre, dopo un attacco in forze dei tedeschi, che poi resisteranno a lungo ai bombardamenti alleati, nascosti nei rifugi scavati nella vena del gesso. La formazione di Nicoli si apposterà fra Monte Battaglia e Monte Carnevale, sulla carreggiabile che congiunge Casola Valsenio con Fontanelice.dettagli
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14 settembre 1944Scoperta una base partigiana in via Ponte RomanoI brigatisti neri scoprono, grazie a una delazione, una base partigiana in via Ponte Romano n. 34 a Santa Viola. La loro irruzione provoca una violenta sparatoria, con morti e feriti da entrambe le parti. Cadono Sergio Galanti (Rada), Renato Martelli (Renato) e Angiolino Castagnini (Tito). Il gappista Roveno Marchesini (Ezio) e le staffette Irma Pedrielli, Ada Zucchelli vengono catturati. Il 16 settembre, dopo alcuni giorni di torture nella caserma Borgolocchi, i tre sono fucilati al Poligono di Tiro. E' la prima volta, nella storia della 7a GAP, che una base viene scoperta e attaccata, per di più a poche ore dal suo insediamento. Le indagini effettuate in seguito dal Servizio informazioni del Cumer stabiliranno che uno dei gappisti occupanti era stato riconosciuto da alcuni vicini e subito denunciato. Il 20 settembre in via Ponte Romano saranno fucilati per ritorsione tre militi fascisti catturati durante l’assalto alla polveriera di Villa Contri.dettagli
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14 settembre 1944Occupazione di Sesto ImoleseFormazioni partigiane GAP e SAP della Bassa occupano Sesto Imolese. Il piano della manifestazione insurrezionale è preparato nei minimi dettagli, nel corso di varie riunioni militari e di partito, da Ezio Serantoni (Mezanot, 1902-1981), segretario di zona del Partito Comunista e dirigente della Resistenza imolese. Nella notte sono tracciate scritte contro l’occupazione straniera e contro il fascismo sui muri e sulle strade. Vengono tagliate le comunicazioni telefoniche e telegrafiche. Tutte le strade del circondario sono bloccate. Al mattino nella piazza si riuniscono numerosi giovani con bandiere rosse e tricolori e circa duemila persone provenienti anche da Sasso Morelli, Bubano, Mordano, Osteriola. Mezanot tiene un comizio in nome del Comitato di liberazione di Imola. I partigiani si ritirano dal paese nel pomeriggio dopo brevi combattimenti contro i soldati tedeschi sopraggiunti nel frattempo. Il giorno verrà effettuato un rastrellamento alla ricerca degli organizzatori dello sciopero.dettagli
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15 settembre 1944Rastrellamenti in AppenninoUn autocarro tedesco entra il 15 settembre nell'abitato di Tolè. Ne scendono alcuni soldati che effettuano un rastrellamento nel paese catturando una cinquantina di uomini, anche se provvisti di lasciapassare (Papier). I prigionieri vengono radunati davanti al cancello della canonica e tenuti sotto controllo con due mitragliatrici. Una quindicina di essi riesce a fuggire poco dopo attraverso il bar del Dopolavoro, grazie ad una azione diversiva di Gina Nuvoli, impiegata nel locale. Accortisi dell'inganno, i militari sparano raffiche di mitra, senza però colpire nessuno. Gli uomini rimasti vengono radunati assieme ad altri rastrellati a Cereglio e Casigno e trasferiti prima a Porretta, in seguito ai campi di smistamento delle Caserme Rosse a Bologna e a Fossoli di Carpi per essere deportati in Germania. Alcuni di essi riusciranno a fuggire lungo il viaggio, approfittando delle soste del treno e della confusione provocata dai bombardamenti alleati. Le retate tedesche si susseguono frequenti in questo periodo nei paesi dell'Appennino. Hanno lo scopo di individuare partigiani, ma soprattutto di reclutare manodopera per l'Organizzazione Todt, impegnata nella costruzione delle difese della Linea Gotica, oppure di procurare uomini da impiegare in Germania come lavoratori coatti nelle industrie belliche e nelle fattorie agricole. I pochi uomini validi rimasti vivono in uno stato di continua tensione: si rifugiano nei boschi e in luoghi impervi, oppure si nascondono nei solai e nei fienili, in forni e tini, ma anche a volte nei loculi di cimiteri e persino in pozzi neri e letamai.dettagli
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16 settembre 1944Ordine di riapertura dei negoziIn previsione dell'arrivo delle truppe alleate in città, molti esercizi commerciali hanno chiuso per timore dei combattimenti. La questura prima, i tedeschi poi ne ordinano la riapertura.dettagli
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16 settembre 1944Pesante bombardamento nella periferia nordAlle 21 e 30, dopo ripetute brevi incursioni notturne, oltre 50 aerei americani bombardano pesantemente la periferia nord. Alcuni ordigni cadono anche in pieno centro, danneggiando la chiesa di Santa Maria della Carità e sbriciolando la vicina chiesa di San Sebastiano, che non verrà mai più ricostruita. Sono colpite circa 150 case, con 45 morti e 60 feriti.dettagli
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16 settembre 1944Muore Delcisa Gallarani (Tosca) staffetta del CumerMentre è in missione per conto del Cumer, la staffetta Adalgisa (o Delcisa) Gallarani - nome di battaglia Tosca - rimane gravemente ferita a Piacenza nel corso di un mitragliamento alleato e muore pochi giorni dopo in ospedale senza rivelare la propria identità per non compromettere il suo lavoro cospirativo. Tra i suoi contatti vi è anche Giuseppe Dozza, tornato di nascosto dall'estero, che l'ha attesa invano a Bologna in una base di via Bertiera. Militante comunista, Tosca era emigrata in Francia nel 1928, da dove in diverse occasioni aveva introdotto in Italia materiale di propaganda. Rimpatriata nel 1941, fu incaricata dal partito di reperire un appartamento da allestire come base clandestina. Esso venne trovato in via Piella e divenne il recapito del centro interno del PC. Dopo l'8 settembre ebbe da Cumer il compito di tenere i collegamenti con il comando del C.V.L. di Milano. Grazie all'impegno della compagna di lotta Tolmina Guazzaloca, alla sua memoria sarà intitolato un parco nel quartiere Barca.dettagli
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17 settembre 1944Ultimo avviso agli indecisiI comandi della Wehrmacht fanno pubblicare, sul “Resto del Carlino” del 17 settembre, l'Ultimo monito ai sabotatori italiani. I partigiani vi sono presentati come “ribelli e delinquenti” e i civili che li aiutano come “favoreggiatori e banditi”. Le minacce contenute nel bando hanno come fine di garantire, attraverso un clima intimidatorio, l'incolumità dei soldati tedeschi al fronte, sempre più spesso vittime di agguati. Lo stesso proclama è stato affisso a Torino il 25 luglio precedente.dettagli
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17 settembre 1944Eccidio nella Valle delle TombeL'11 settembre il Reggente del Fascio di San Pietro in Casale Cavazza (“al Gubein Cavaze”) e la sua guardia del corpo vengono uccisi in un agguato dei partigiani. Il pomeriggio del 17 settembre una grossa formazione di repubblichini, proveniente da Bologna, giunge a Massumatico, dove è sfollata la sede comunale ed è in corso una grande manifestazione contro la guerra. I militi circondano l'abitato e iniziano a sparare in ogni direzione. Un giovane brigatista è ucciso per errore da un camerata. I fascisti allora sfogano la loro rabbia sulla popolazione della località Maccaretolo, dichiarando di voler fare piazza pulita. Un bracciante, Giuseppe Setti, è duramente interrogato e poi freddato sul posto. In seguito militi della 23a brigata nera, coadiuvati da un reparto della VI legione della milizia ferroviaria (GNR), cominciano a bruciare i canneti della Valle delle Tombe, dove è dislocata una grossa formazione Sap di San Pietro in Casale e Ponticelli, appartenente alla 2. Brigata Garibaldi "Paolo". Quattro patrioti, Omar Nanni, Dino Mazzucchelli, Idalgo Cantelli e Gianfranco Versura, vengono sorpresi mentre entrano nel canneto e massacrati da una pattuglia appostata nell'alveo di un canale. La strage del 17 settembre non arresterà la sequenza di arresti e le morti di partigiani in questa zona della Bassa. Nell'inverno del 1944 altri sei partigiani di Ponticelli saranno presi prigionieri, torturati e imprigionati a Bologna nel carcere di San Giovanni in Monte. Nel marzo 1945 saranno tra i fucilati della stazione di San Ruffillo.dettagli
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18 settembre 1944Salta in aria la polveriera della Lunetta GamberiniIl 18 settembre, dopo un primo tentativo andato a vuoto, una piccola formazione di bombardieri americani riesce a centrare la polveriera della Lunetta Gamberini, una delle strutture difensive del campo trincerato di Bologna, risalente alla seconda metà dell'800. In un modesto fabbricato seminascosto tra le sterpaglie, dentro padiglioni coperti alla vista da alberi frondosi, circa 60 operai lavorano al confezionamento di spolette per armi leggere. Lo schianto tremendo fa saltare e volar via la porta dello scantinato. Dopo l'incursione il terreno della Lunetta sembra arato e la zona è ridotta, secondo il dott. Aldo Gilberti, che lascerà in un diario testimonianza dell'accaduto, a "un paradossale crivello".dettagli
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18 settembre 1944Disposizioni del CUMER alla 36a Brigata GaribaldiSante Vincenzi, ufficiale di collegamento tra le brigate partigiane del bolognese, raggiunge il comando della 36a Brigata Garibaldi a Cà di Gostino. Porta le disposizioni del CUMER - il comando regionale partigiano - riguardo alla partecipazione della grande formazione imolese e romagnola alla liberazione delle città della via Emilia. Vincenzi si raccomanda che le compagnie anticipino possibilmente le truppe inglesi e polacche, muovendo "né troppo presto, né troppo tardi", cioè tra la ritirata dei tedeschi e l'arrivo delle avanguardie alleate. La 36a è divisa in quattro battaglioni: il 1° e il 4°, comandati da Libero Golinelli e Guerrino De Giovanni, hanno l'ordine di convergere su Bologna; il 2° btg., comandato da Ivo Mazzanti, è diretto su Faenza; il 3° con Carlo Nicoli è destinato a Imola. L'andamento delle operazioni militari sulla Linea Gotica e in Romagna, con l'arresto del fronte a Belmonte e sul Senio, rovescerà completamente le previsioni. Il 1° btg. si dividerà dopo il 21 settembre: le compagnie di Oscar e di Guerrino rimarranno nella zona di Casoni di Romagna e verranno sbaragliate dai tedeschi a Cà di Guzzo. Quella di Libero si congiungerà il 24 settembre con gli americani nei pressi di Visignano, coadiuvandoli nella conquista del monte La Fine. In seguito otterrà dagli inglesi di restare in prima linea e nell'inverno presidierà la zona di Tossignano. Il 2° btg. si avvicinerà a Faenza, ma sarà costretto a ripiegare per la forte presenza di truppe nemiche e resterà assieme al 4° btg. nella zona di Purocielo, agli ordini del comandante Luigi Tinti (Bob). Dopo la battaglia a Purocielo, Cà di Malanca e Cavina i due btg. si congiungeranno il 17 ottobre con gli inglesi, che li invieranno prima in un convento a San Benedetto in Alpe e poi nel centro di raccolta dei partigiani di Firenze. Il 3° btg. di Nicoli aiuterà gli americani nella conquista del Monte Carnevale e del Monte Battaglia, ma il 29 settembre sarà disarmato a Moraduccio e avviato nelle retrovie a Scarperia. In seguito i suoi uomini saranno inseriti, come "partigiani con le stellette", nei gruppi di combattimento italiani.dettagli
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18 settembre 1944Tragico bombardamento alla Croce di CasalecchioUn bombardamento aereo distrugge alla Croce di Casalecchio il Mulino della Canonica e le case vicine, uccidendo cinque persone. Rimane colpito anche un giovane di 15 anni, Guglielmo Rizzoli, accorso ad avvisare gli operai del pericolo imminente. L'antico mulino, che macinava semi oleosi e poi grano, attorno al 1890 era stato dotato di una centralina che riforniva di elettricità anche il borgo della Croce. L'area bombardata comprende, oltre il mulino, l'ex filanda della Canonica e l'edificio della Badia. La filanda della Canonica era fino al 1929 la fabbrica più grande della provincia di Bologna. Nel 1880 occupava 500 operai, in maggioranza donne e ragazzini. Nel pieno della crisi della canapa subì i danni del terremoto e la proprietà decretò la chiusura degli impianti. Divenuta caserma, dopo l'8 settembre venne abbandonata dai militari e saccheggiata dalla popolazione: in un solo giorno sparirono viveri, armi ed arredi. La Badia - ex convento dei Canonici Renani e fortezza militare al tempo dei Visconti, situato nei pressi di un guado del fiume Reno - divenne proprietà del demanio attorno al 1860. L'edificio principale fu allora adibito a deposito di artiglieria. Tra le due guerre fu invece utilizzato come convalescenziario militare, mentre l'area circostante divenne autoparco del Regio Esercito. Già gravemente lesionato, il complesso della Badia sarà quasi completamente distrutto dai bombardamenti nel 1945. I resti saranno in seguito demoliti per far spazio a edifici civili.dettagli
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19 settembre 1944Azione partigiana contro la tipografia del "Carlino"Cinque partigiani della 63a Brigata Garibaldi, camuffati da tedeschi, entrano nella tipografia del “Il Resto del Carlino” sfollata a Lavino di Zola Predosa dopo il bombardamento della sede bolognese di via Dogali. Il quotidiano è ritenuto completamente al servizio dei nazifascisti. Gli assalitori incendiano le rotative e ne danneggiano gli ingranaggi, prelevano materiale tipografico, fanno saltare con una bomba gli uffici amministrativi. Durante l'azione è recuperato l'elenco degli abbonati al settimanale squadrista "L'Assalto". La sede di Lavino sarà colpita a sua volta da un bombardamento aereo il 12 ottobre 1944 e la tipografia si trasferirà in centro a Bologna fino alla vigilia della Liberazione.dettagli
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20 settembre 1944Attacco partigiano alla polveriera di Villa ContriI partigiani delle SAP di Casalecchio organizzano un assalto al deposito di munizioni di villa Contri, utilizzato dalla Direzione di Artiglieria per il caricamento dei proiettili e il recupero dei bossoli utilizzati al fronte. L'azione è effettuata assieme alla squadra Temporale della 7a GAP "Gianni", che mette a disposizione gli automezzi e alcuni suoi uomini. La Polveriera è situata in un forte dell'antico campo trincerato di Bologna, nei pressi di via della Barca e vi sono depositati ingenti quantitativi di esplosivo. Dopo un primo attacco andato a vuoto i gappisti Dante Drusiani (Tempesta) e Vincenzo Toffano (Terremoto), riescono a far saltare il deposito con una incursione temeraria. Le esplosioni si susseguono per tutta la notte e il giorno successivo. Schegge e frammenti vengono sbalzati fino alla palazzina del Malcantone in via Battindarno. Un camion carico di esplosivi, fucili e munizioni trafugato dalla polveriera - e nascosto in un rifugio antiaereo alla periferia di Casalecchio - verrà recuperato dai partigiani in un secondo tempo non senza grande pericolo e portato in una base a Corticella. Ideatore e organizzatore dell'impresa, già tentata invano alcuni mesi prima, è Ildebrando Brighetti (Brando), responsabile militare della Gap per la zona bazzanese.dettagli
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20 settembre 1944Undici "sovversivi" - tra i quali due sacerdoti - fucilati al Poligono di TiroIl 22 settembre “Il Resto del Carlino” riporta la notizia che al Poligono di tiro di Bologna sono stati fucilati “undici sovversivi, confessi di atti di terrorismo”. Secondo il giornale si tratta di una “contromisura”, cioè una rappresaglia dell'Aussenkommando Bologna Sipo-SD a seguito di “proditorie aggressioni contro soldati germanici”. Nei primi giorni di settembre a Bologna in via Derna c'è stato un combattimento tra partigiani e brigate nere. Alcuni giorni dopo, in uno scontro tra tedeschi e partigiani nei pressi di Vignola, si sono avuti morti e feriti. Per la prima volta una fucilazione di detenuti prelevati dal carcere di San Giovanni in Monte avviene tacendo i nomi delle vittime. Il motivo è dovuto alla presenza tra di esse di due sacerdoti. Si tratta di don Ildebrando Mezzetti, parroco di San Martino in Pedriolo e di don Natale Monticelli, parroco di Monzone nel Frignano. Entrambe sono accusati di favoreggiamento con la Resistenza per aver ospitato giovani renitenti alla leva. Assieme a loro sono giustiziati Rolando Zoboli, Alberto Caiumi, Mario Contri, Giovanni Dragoni, Giovanni Magoni, Marcello Biondi, Alberto Bugatti, Corrado Scardovi e Walter Stefani, catturati in giorni e luoghi diversi. Sul registro del carcere risulterà che in data 20 settembre i detenuti hanno firmato un falso rilascio e sono stati affidati alle SS. In realtà hanno trovato la morte al Poligono di via Agucchi. Alcuni di essi saranno riconosciuti partigiani dopo la guerra. A don Natale Monticelli, a lungo torturato dalle SS prima dell'esecuzione, sarà assegnata la Medaglia d'Argento al VM.dettagli
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21 settembre 1944Gli Alleati avanzano ad ovest nella valle del Serchio e in VersiliaDopo lo sfondamento americano al Passo del Giogo, il 18 settembre, parte del IV Corpo dislocato nella zona tirrenica - in particolare la 1a Divisione corazzata USA - è trasferito in questo settore. Il 370° RCT, dipendente dalla 92a Divisione, rimane responsabile del settore a nord di Lucca. Il 21 settembre è costituita a Viareggio la 370a Task Force del gen. John E. Wood, formata dal 370° RCT e dal Combat Command B della 1a Divisione corazzata USA. Essa riceve tutto il settore della 1a Divisione e dal 26 settembre comincia una veloce avanzata verso nord. Il 27 settembre un battaglione della Task Force Wood è a ridosso di Bagni di Lucca, mentre il 29 due battaglioni della FEB (Forca Expedicionaria Brasileira) occupano Borgo a Mozzano, la zona della Valle del Serchio in cui i tedeschi hanno predisposto la prima Linea Verde, composta di bunker, trincee e fossati anticarro, come al Passo della Futa. Nel frattempo la Task Force 45 avanza verso Massa attraverso la Versilia, quasi completamente liberata dal 10 al 30 settembre. Gli Alleati ricevono l'aiuto significativo delle formazioni partigiane della zona. Nei primi giorni d'ottobre la Task Force 45 è rilevata dalla 92a Divisione di fanteria USA "Buffalo", formata da soldati di colore comandati da ufficiali degli stati del sud. Le truppe tedesche intanto raggiungono in ritirata le posizioni fortificate della Linea Verde II, che saranno da esse tenute per tutto l'inverno.dettagli
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21 settembre 1944La 34a divisione USA "Red Bull" raggiunge il valico di Montepiano e conquista il Passo della FutaProveniente da Barberino del Mugello, la 34a Divisione americana “Red Bull”, comandata dal gen. Bolte, affianca la 6a Divisione sudafricana, bloccata sotto Vernio dalla forte resistenza nemica. Il 21 settembre raggiunge la 810 Hill, che domina la zona. Dopo duri combattimenti contro la 334a Divisione tedesca “Phalange Aphricaine”, al comando del gen. Bohle, gli Americani raggiungeranno il 24 settembre il valico di Montepiano, situato tra Vernio e Castiglione dei Pepoli, sulla direttrice appenninica Prato-Bologna. L'azione della 34a verso Montepiano mira ad aggirare le difese fortificate tedesche del passo della Futa, per poi procedere velocemente verso Bologna. Ha come obbiettivo anche quello di tenere impegnate una parte delle truppe nemiche, affinché non possano accorrere nel settore d'attacco principale della V Armata, cioè al Passo del Giogo. Dal 12 settembre la 34a Divisione è anche impegnata in una forte manovra diversiva sul Passo della Futa, assieme a parte della 91a Divisione del gen. Livesay. Subirà numerose perdite da parte delle robuste difese tedesche, dovendo far credere al nemico che qui si svolge lo sforzo maggiore degli Alleati. Il Passo della Futa sarà raggiunto e liberato dal 362° Reggimento della 34a solo nel pomeriggio del 22 settembre, una volta superata la debole resistenza di alcune pattuglie di retroguardia e quando ormai il grosso delle truppe tedesche si sarà ritirato più a nord, su una nuova linea di difesa.dettagli
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21 settembre 1944L'VIII Armata conquista Rimini a caro prezzoTra il 30 agosto e il 3 settembre le truppe canadesi della 5a Divisione corazzata sfondano le linee tedesche sul fiume Foglia e raggiungono, con un balzo di 20 chilometri, la Linea Verde 2 nei pressi di Riccione. Il 31 agosto le avanguardie di Alexander occupano Montegridolfo, il 1° settembre Gradara e Gabicce. Il 3 settebre sono a Cattolica e Saludecio. Qui però si infrangono le speranze di entrare presto a Rimini, per il deciso contrasto offerto dal fuoco della 1a Divisione paracadutisti (I Diavoli Verdi di Montecassino) e della 26a Panzerdivision schierata sul crinale di Coriano. Di una cinquantina di carri armati lanciati verso “Quota 204”, nei pressi di Tavullia, se ne salvano meno della metà. Il 3 settembre una compagnia di Gurkha della 4a divisione indiana conquista Tavoleto, dopo un terribile scontro corpo a corpo contro i Tedeschi difensori. Tra il 3 e il 4 settembre si svolge sul "Coriano ridge" una furiosa battaglia: già al termine del primo giorno i battaglioni corazzati canadesi perdono una buona parte dei loro carri. Il comandante Leese decide allora una manovra aggirante nella valle del Conca. Dal 4 settembre sulle colline di Gemmano, la 56a divisione alleata (reparti speciali corazzati e di fanteria inglesi, indiani e nepalesi, Sikh e Gurkha) trova l'opposizione degli alpini del 100° Reggimento "Gebirgsjaeger" del colonnello Ernst. La battaglia di Gemmano è una delle più cruente di tutta la campagna d'Italia: gli attacchi e i contrattacchi si susseguono fino al 15 settembre, con un pesantissimo tributo di perdite da entrambe le parti. Nella notte tra il 12 e il 13 settembre la 5a divisione corazzata canadese e la 1a divisione corazzata britannica lanciano l'attacco finale alla cresta di Coriano, conquistata il 14. La disperata resistenza tedesca sulle alture di Gemmano, San Francesco, Monte Gardo e Borgo Zollara, località spianate dalle bombe, fanno sì che il tentativo di rapido sfondamento della Gotica fallisca. Le truppe alleate sono attardate nei giorni successivi dalle piogge, che gonfiano i torrenti e infangano i terreni attorno a Rimini. Solo il 21 settembre il 1° Corpo d'Armata canadese, rinforzato da truppe greche e neozelandesi, entra nella cittadina romagnola semideserta e quasi completamente distrutta dai bombardamenti dei mesi precedenti (risulterà la città d'Italia più distrutta tra quelle con più di 50.000 abitanti). Lo stesso giorno la V Armata, che con la 88a Divisione USA ha sfondato la Gotica a Scarperia, occupa Firenzuola, all'imbocco della valle del Santerno. I giornali alleati daranno grande risalto alla conquista di Rimini. Per il “Manchester Guardian” “con la presa di Rimini, annunciata oggi dal Comando Alleato in Italia, la via è aperta all’8a Armata per irrompere nella grande pianura della Lombardia, oltre la Linea Gotica”. Per un altro quotidiano inglese “una breccia è stata aperta ... Le truppe alleate sono sulla strada che porta a Bologna, Venezia e Milano”.dettagli
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23 settembre 1944Resistenza all'ammasso delle bestieIl Cln di Castenaso dà ordine ai contadini di non conferire all'ammasso di Vigorso le bestie richieste dalle autorità nazifasciste. Il 23 settembre i partigiani del battaglione Pasquali della 4a Brg Venturoli e quelli del distaccamento di Castenaso della 7a GAP presidiano le strade che portano in questa località e fermano chi vi si reca con gli animali. I tedeschi reagiscono alla disobbedienza con un rastrellamento del territorio circostante. Durante l'operazione è ucciso Adalberto Mazzanti, mentre il giovane Giordano Gnudi, simpatizzante del movimento partigiano, viene freddato da una raffica di mitra a bruciapelo nel vigneto della sua famiglia.dettagli
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23 settembre 1944Giustiziati i dirigenti del Partito d'Azione bologneseIl 3 settembre numerosi partigiani nascosti nelle grotte del Farneto e appartenenti al gruppo dirigente di Giustizia e Libertà vengono arrestati grazie a due spie dell'UPI infiltrate. Il 19 settembre, dopo essere stati ripetutamente interrogati e torturati nella caserma di via Borgolocchi, sono giudicati sommariamente dal Tribunale Militare Straordinario di Guerra, presieduto dal gen. Gherardo Magaldi. Otto di essi - Luigi Zoboli, commissario politico della brigata GL, Massenzio Masia (Max, 1902-1944), comandante delle formazioni GL dell'Emilia-Romagna, Sante Caselli, Armando Quadri, rappresentante del Partito d'Azione nel CLN regionale, Mario Giurini, Arturo Gatto, Sario Bassanelli, Pietro Zanelli - vengono fucilati il 23 settembre al Tiro a Segno nazionale di via Agucchi dalla squadra speciale di polizia di Renato Tartarotti. Altri, come Gino Onofri e Orlando Canova, saranno deportati e moriranno nei lager nazisti. Il "Resto del Carlino" rivelerà che gli arrestati, quasi tutti professionisti, intellettuali o benestanti, "tenevano contatti con socialisti e comunisti". Il capo della Provincia Dino Fantozzi si è adoperato invano per evitare la fucilazione, voluta soprattutto dal commissario per l’Emilia-Romagna Armando Rocchi, tentando anche un approccio diretto con il ministro Buffarini. Anche una lettera dell'Arcivescovo Giovan Battista Nasalli Rocca al Feldmaresciallo Kesserling non ha avuto alcun effetto: “Vi assicuro che un atto di clemente giustizia sarà veramente apprezzato da questa città che, ve lo dico con tutta la forza dell'animo, è stanca di vedere scorrere così il sangue”. Il 24 settembre, per non pubblicare la sentenza di morte contro i dirigenti del P.d'A., il quotidiano cattolico "L'Avvenire" sospenderà le pubblicazioni. La scusa ufficiale è il mancato rifornimento della carta. Il giornale tornerà in edicola solo dopo la fine della guerra, il 4 settembre 1945. Sul "Resto del Carlino" appare invece un articolo in cui si afferma che "a maggior ragione debbono pagare coloro che con la loro intelligenza, con una coltura male impiegata" spingono alla lotta antifascista. Tra i fascisti protagonisti del massacro, alcuni saranno raggiunti dalla vendetta partigiana alla vigilia della Liberazione, altri saranno condannati nel dopoguerra in contumacia e poi amnistiati. Al presidente del Tribunale Magaldi, comandante regionale, benchè condannato per collaborazionismo militare, sarà concessa l'amnistia in base al DPR 460/1959. Tartarotti sarà l'unico criminale fascista condannato a morte e giustiziato ufficialmente a Bologna nel dopoguerra.dettagli
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23 settembre 1944Eccidio di SassoleoneI partigiani della 62a brigata Garibaldi Camicie rosse “Pampurio”, di stanza ai Casoni di Romagna, attaccano un camion di tedeschi a Cà Cosellini, nei pressi dell'abitato di Sassoleone, non lontano dal passo della Raticosa, facendo almeno quattro morti tra i soldati. Il 24 settembre un reparto di SS salito da Castel San Pietro (secondo altra fonte della 44ª divisione della Wehrmacht), per rappresaglia rastrella decine di persone, quasi tutte vecchi, donne e ragazzi. 23 di esse vengono trucidate a colpi di mitra e bombe a mano. Il campanile viene minato e fatto saltare, mentre molte case del paese e abitazioni coloniche dei dintorni sono cosparse di benzina e incendiate. Sotto la torre campanaria rimane ucciso anche il parroco Don Settimio Patuelli. Le vittime dell'eccidio nazista rimarranno diversi giorni insepolte, fino all'arrivo in zona degli Alleati.dettagli
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23 settembre 1944Dante Orsini colpito a morte nel cortile di casaIl 22 settembre militi delle brigate nere sparano contro Dante Orsini, commissario politico della 1a Brigata Garibaldi "Irma Bandiera", mentre si trova nel cortile della sua casa in via della Certosa (poi via A. De Carolis). Portato all'ospedale in condizioni disperate, con una grave ferita alla testa, morirà il giorno seguente. Originario di Calderara di Reno, Orsini era un meccanico iscritto al Partito Comunista. Fu arrestato nel 1932 assieme ad altri militanti per ricostituzione dell’organizzazione comunista e deferito al Tribunale Speciale. Era da tempo sorvegliato speciale come antifascista e sottoposto a periodici controlli della polizia. Negli ultimi tempi era attivamente ricercato dai brigatisti neri.dettagli
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24 settembre 1944Uccisione di Alceste Giovannini (Gino)In via della Battaglia è rinvenuto il cadavere di uno dei protagonisti dell'antifascismo e della Resistenza bolognese, Alceste Giovannini (Gino, 1908-1944), commissario della 7a GAP.La madre Elvira, anch'essa impegnata nella lotta antifascista, lo ritrova all'obitorio così straziato da poterlo riconoscere solo “da quei segni particolari che ogni uomo ha sul suo corpo e che soltanto una madre ricorda”.Militante comunista, “Celestino” nel 1838 fu arrestato e deferito al Tribunale speciale. Condannato a quattro anni di carcere per costituzione del PCI, fu rinchiuso a Civitavecchia.Dopo aver scontato la pena tornò in fabbrica nella ditta di abbigliamento Passigli e si fece eleggere fiduciario, secondo la direttiva del partito di penetrazione nel sindacato fascista.Dopo l'8 settembre fu tra i primi ad attivarsi per l'organizzazione dei gruppi partigiani, che diedero poi vita alla 7a Brigata Garibaldi GAP "Gianni". In questa formazione cittadina militò, compiendo numerose azioni ardite e ricoprendo il ruolo di commissario politico.Dopo la morte gli verrà conferita la Medaglia d'Argento al Valor Militare con questa motivazione:"Partigiano ardimentoso compiva numerosi atti di sabotaggio sulle linee di comunicazione avversarie interrompendo il traffico e provocava audacemente l'esplosione e l'incendio di un intero treno di carburante nemico. Con valore senza pari e con supremo sprezzo del pericolo dirigeva l'attacco ad un deposito di materiale di artiglieria e dopo aver eliminato il personale di guardia distruggeva con potenti cariche di esplosivo ben 36 cannoni anticarro. Catturato durante l'esecuzione di un ardito colpo di mano contro un Comando tedesco, benché sottoposto a disumane torture, manteneva fiero contegno e finiva massacrato per non tradire i suoi compagni di lotta.".Per le sevizie e l'uccisione di Giovannini nel 1946 saranno processati un sottufficiale e un milite delle Brigate Nere. Verrà coinvolto anche un tenente della GNR, poi assolto.dettagli
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24 settembre 1944Partigiani fucilati a SillaTra il 24 e il 30 settembre lungo il Reno nei pressi di Silla, frazione di Gaggio Montano, le truppe tedesche fucilano quattro partigiani. Sono i giovani Aldo Agostini, operaio di 18 anni, militante nella Brigata Garibaldi Modena “Armando”, ucciso il 24 settembre e Etneo Guccini, fornaio di 17 anni, membro della Brigata Matteotti Montagna, fucilato il 29 settembre. Il 30 settembre in località Ponte di Ferro vengono catturati e passati per le armi Alberto Mondani (66 anni) e Federico Lenzi (64), anch’essi della Brigata Matteotti.dettagli
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25 settembre 1944La 34a Divisione USA libera BruscoliLa 34a Divisione USA “Red Bull” oltrepassa il Passo della Futa spingendo i tedeschi nella valle del Setta e aprendosi la strada verso Castiglione dei Pepoli. Il 25 settembre i fanti del 135° battaglione liberano il paese di Bruscoli, sul confine toscano, dopo un'aspra battaglia a San Martino contro le truppe della 4. divisione paracadutisti e quelle della 334. e 362. divisione di fanteria. L'attacco è portato, in modo irrazionale, dal basso, anziché dal Passo della Futa. Nei giorni successivi avanzeranno su monte Bastione e monte Venere, occupando Monzuno e attestandosi successivamente sotto Livergnano, nella valle del Savena. Intanto il 168° battaglione salirà da Baragazza - appena liberata - e da Cà di Landino a Pian del Voglio e a Montefredente, continuando poi su Montorio e fermandosi nei pressi di Rioveggio.dettagli
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25 settembre 1944Liberazione di Palazzuolo sul Senio e MarradiLa 1a Divisione britannica avanza verso nord lungo la “Arrow Route”, la strada Casolana che da Firenze porta a Faenza attraverso Borgo San Lorenzo e Marradi. Il primo cedimento della Linea Gotica avviene sotto il loro attacco. Il 21 settembre è raggiunto e superato il Monte La Faggetta, che domina il Passo di Casaglia e l'avanzata prosegue nella valle del Lamone. Il 24 settembre è liberato Palazzuolo, all'inizio della valle del Senio. Prima di lasciare il paese, le truppe tedesche fanno saltare il ponte sul fiume Senio e la polveriera, provocando gravi danni a numerosi edifici, tra i quali la chiesa parrocchiale. Con la distruzione di altri ponti nei dintorni, Palazzuolo rimane completamente isolata. Le comunicazioni saranno ripristinate dagli alleati nei giorni seguenti, tramite strutture in ferro. Il fronte sul Senio avanzerà lentamente. La costruzione dei ponti sulla "Arrow Route" comporterà un notevole sforzo dei genieri. Tra i ponti Bailey, quello davanti a Casola Valsenio, lungo quasi 100 metri e sospeso a quasi 30 metri sul fiume, sarà il più alto in Italia. Solo il 29 novembre le truppe indiane dell'8a divisione entreranno a Casola Valsenio, più volte bombardata dal cielo. Il 25 settembre, grazie allo sforzo congiunto dell’8a divisione di fanteria indiana e della 1a divisione britannica è liberato anche il paese di Marradi in cima alla valle del Lamone, ma il fronte si arresta a poche centinaia di metri dal paese in direzione di Faenza. Brisighella sarà raggiunta dagli Alleati dopo circa tre mesi. Dopo sedici giorni di durissimi combattimenti – e con pessimo tempo - il 16 ottobre la 1ª divisione britannica conquisterà il Monte Cece, il principale caposaldo tedesco, assieme al Monte Battaglia, tra le valli del Santerno e del Lamone, strenuamente difeso dai granatieri della 715a divisione tedesca (già loro avversari ad Anzio) e da reparti di bersaglieri della RSI. Il fronte della Gotica rimarrà bloccato fino al 22 aprile 1945 nella valle del Senio all'altezza della Vena del Gesso, a soli 22 chilometri da Faenza. Dal novembre la 1a divisione britannica lascerà la “Arrow Route” per partecipare alla difesa della zona di Monte Grande, punto di congiunzione tra la V e l'VIII Armata a sud di Castel San Pietro. Negli ultimi mesi del conflitto, nella zona di Palazzuolo, entreranno in linea i battaglioni "Folgore" e "San Marco" del Gruppo di Combattimento italiano "Friuli".dettagli
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25 settembre 1944I Gruppi di CombattimentoIl Corpo Italiano di Liberazione (CIL), agli ordini del gen. Umberto Utili (1895-1952), embrione del nuovo esercito italiano, viene arretrato dalla Linea Gotica e accresciuto di rinforzi. Sono costituiti sei Gruppi di Combattimento, cioè divisioni leggere di 9.500 uomini circa, affiancate alle armate alleate e con armamento inglese. Ne fanno parte anche volontari e partigiani che hanno attraversato la linea del fronte. Il Gruppo "Cremona" opererà ad Alfonsine e nelle valli di Comacchio con la 28a Brigata Garibaldi di Bulow e contribuirà poi alla liberazione di Venezia, giungendo fino a Chioggia e catturando oltre 3.200 soldati tedeschi. Il "Friuli", comandato dal gen. Arturo Scattini, sarà a Brisighella e quindi a Castelbolognese e Varignana. Il "Folgore", al comando del gen. Giorgio Morigi, opererà nelle valli del Senio e del Santerno e in seguito sull'Idice. Il "Legnano" del gen. Umberto Utili combatterà nella primavera '45 tra la valle dell'Idice e della Zena nel settore della V Armata e raggiungerà Bologna attraverso Monte Calvo. I generali Utili e Gentili saranno raggiunti nel loro quartier generale, posto nella canonica parrocchiale di Querceto, vicino a Monterenzio, dal Principe di Piemonte Umberto di Savoia. Dopo la liberazione di Bologna, il GdC “Legnano” proseguirà verso il nord Italia fino a Bolzano. Il "Mantova" e il "Piceno" rimarranno invece nelle retrovie e nei centri di addestramento.dettagli
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26 settembre 1944I genieri tedeschi distruggono le centrali elettricheIl 23 settembre i genieri tedeschi mettono fuori uso la centrale elettrica di Pavana. Quella di Suviana è fatta saltare la mattina del 26 settembre, verso le 11-11,30. Gli esplosivi devastano le turbine e l'impianto brucerà per alcuni giorni. Lo stesso giorno un vasto rastrellamento delle SS, guidate da militi della GNR nella zona di Castel di Casio alla ricerca di “ribelli”, porta alla cattura di alcuni uomini. Nei pressi della diga di Suviana vengono fucilati Cirillo Masotti, partigiano della brigata Toni Matteotti Montagna, e i fratelli Gino e Silvio Guidotti. Un contadino, uscito allo scoperto perché incuriosito dallo scoppio della diga, incappa in una pattuglia di SS che lo uccidono sul posto. Lo stesso giorno i Tedeschi in ritirata fanno saltare il ponte sul fiume Reno a Ponte della Venturina, già bombardato dagli Alleati il 18 aprile 1944 e allora subito ripristinato. saltare Nel dopoguerra, secondo una relazione del Ministero dei Trasporti, le centrali elettriche di Pavana e Suviana, essenziali per il rifornimento della linea ferroviaria Transappennina, appariranno “gravissimamente danneggiate nel fabbricato, nel macchinario idraulico ed elettrico e nelle relative apparecchiature di comando, controllo e misura, in seguito alla esplosione di numerose e potenti mine”. Nel corso della ritirata tedesca anche gli impianti della Società Bolognese di eletticità subiscono gravi danni. Il fabbricato e i macchinari della centrale di S. Maria del Brasimone e di quella più a valle delle Piane vengono distrutti. Sono messi fuori uso anche gli impianti minori lungo il corso del Reno: a Vergato, a Pioppe di Salvaro, alla Canonica di Casalecchio, al Battiferro. Alle distruzioni contribuiscono i bombardamenti alleati. Quello del 23 settembre colpisce il ponte di Pioppe e la canapiera. Quello del 25, ancora più pesante, devasta le case e incendia lo stabilimento in modo definitivo.dettagli
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26 settembre 1944Il sacrificio dei giovani bersaglieri del Btg Mameli a ValsalvaI bersaglieri del Btg "Goffredo Mameli", aggregato alla 715a Grenadier Division, al comando del ten. Ilario Dani, dopo il battesimo del fuoco a Monte Cucco sono schierati intorno a Valsalva sul fiume Santerno. Il loro compito è rallentare l'avanzata degli americani, proteggendo il fianco destro delle difese tedesche su Monte Acuto. Si tratta in maggioranza di studenti di 16-18 anni, arruolatisi volontari nell'esercito della RSI fuggendo dalle famiglie. Pur essendo destinati all'Istria, hanno convinto Mussolini a spedirli in prima linea sulla Gotica. All'alba del 26 settembre contro di loro si scatena un inferno di fuoco e quasi tutti restano uccisi nelle loro precarie trincee. Sepolti frettolosamente dai contadini del posto, i resti dei giovani caduti di Almedole saranno traslati l'anno successivo in un sacrario edificato nel cimitero di Valsalva.dettagli
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26 settembre 1944I partigiani dell'8a Brigata incontrano gli AlleatiLe forze di punta dell'8a Brigata Garibaldi si congiungono con le truppe alleate a San Piero in Bagno nell'alta valle del Savio. Il comandante della seconda zona Guglielmo Marconi (Paolo) e l'agente dell'OSS Bruno Vailati (Italo Morandi) vengono incaricati dal comandante generale Ilario Tabarri (Pietro) di sottoporre agli Alleati un piano per la rapida avanzata verso la pianura. Secondo questo piano gli Alleati dovrebbero sostenere i partigiani impegnati nell'occupazione di Santa Sofia e di Sarsina, rifornendoli generosamente di armi. In seguito la Brigata Romagnola, eliminando i punti di resistenza tedeschi sulle colline, aprirebbe varchi che consentirebbero agli anglo-americani di penetrare in profondità e minacciare alle spalle lo schieramento tedesco attestato nella Pianura Padana. Il piano non sarà accolto dai comandi alleati, contrari ad iniziative autonome di vaste proporzioni da parte delle forze partigiane. L'assenza di aiuti renderà molto problematica la difesa delle postazioni dell'8a Brigata a Pieve di Rivoschio, attaccate da circa 500 soldati tedeschi il 29 settembre. Il 3 ottobre i difensori, sopraffatti da forze preponderanti, dovranno sganciarsi e dirigersi verso sud. La Brigata Romagnola sarà comunque inserita nel dispositivo militare dell'VIII Armata e i partigiani, assieme alle truppe del II Corpo polacco, contribuiranno a liberare Santa Sofia e i paesi della Valle del Bidente fino a Meldola, raggiunta il 21 ottobre.dettagli
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27 settembre 1944Eccidio di BurzanellaUna compagnia di SS del Panzer Aufklärungs Abteilung 16 giunge a Bel Poggio (o Belpoggio) di Burzanella, nel comune di Camugnano, il pomeriggio del 25 settembre e si accampa sotto i castagneti e in alcune case della frazione. In un primo tempo gli uomini della borgata si nascondono nei boschi, ma il giorno dopo, poiché i tedeschi non sembrano minacciosi, tornano a casa e riprendono il lavoro nei campi. Nel pomeriggio del 26 in casa Passini, dove è acquartierato il comando della compagnia SS, viene trovato un rotolo di miccia e l'atteggiamento dei soldati cambia immediatamente. Il proprietario è accusato di essere colluso coi partigiani e viene duramente interrogato assieme a sette abitanti del borgo. Intanto in una casa vicina alcune ragazze vengono violentate. Dopo mezzanotte gli ostaggi vengono fatti uscire da una porta laterale di casa Passini e uccisi uno alla volta da un gruppo di soldati “pieni di vino e di rabbia”. Il mattino seguente la borgata è completamente sgomberata dai civili e i cadaveri resteranno per dieci giorni insepolti, fino alla partenza della compagnia di SS per Monte Sole. Tra il 30 settembre e il 1° ottobre nella zona di Burzanella i tedeschi uccideranno anche una donna - che era già sfollata, ma era rientrata a casa per recuperare le sue bestie - e due uomini della famiglia Masotti.dettagli
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27 settembre 1944Le brigate partigiane attorno al Corno alle ScaleDopo la battaglia di Sassoguidano, nei pressi di Pavullo (21 settembre), seguita da una sanguinosa rappresaglia sulla popolazione civile, il comandante Mario Ricci (Armando) decide di dirigere la sua divisione di partigiani modenesi verso l'Appennino dell'alto Reno, andando incontro agli Alleati. La meta prescelta è Pianaccio di Lizzano, dove un migliaio di uomini, provenienti dal lago Pratignano, arrivano laceri e affamati il 27 settembre, accolti con entusiasmo dalla popolazione locale. Il giorno successivo la Brigata "Modena" darà manforte alla Brigata "Matteotti Montagna" del capitano Toni nella liberazione di Capugnano e Castelluccio, nei pressi di Porretta. Intanto il 26 settembre la “Matteotti” e la formazione “Giustizia e Libertà” del cap. Pandiani (Pietro) hanno occupato Boschi, Molino del Pallone, Lustrola e Borgo Capanne dopo due giorni di combattimenti con reparti tedeschi in linea. Il 29 e 30 settembre, a est del Reno, la formazione “Sambuca pistoiese” occuperà Treppio, Ponte della Venturina e Badi. Il 2 ottobre la formazione di Armando libererà Lizzano in Belvedere, insediando una giunta del CLN guidata da Giorgio Biagi. Nel giro di pochi giorni, una vasta zona dell'alta valle del Reno e della valle del Silla, attorno al Corno alle Scale, passerà sotto il controllo delle formazioni partigiane, in attesa dell'arrivo degli alleati. La Brigata "Modena" si stabilirà a Castelluccio di Porretta, la "Matteotti Montagna" avrà il suo quartier generale a monte Cavallo, mentre la "GL Montagna" del capitano Pietro si fermerà per un certo tempo alla Segavecchia. Nella zona di Ponte della Venturina, Castel di Casio il distaccamento "Sambuca" della Matteotti, al comando di Walther Petreni, sarà impegnato contro i tedeschi in ritirata e a difesa delle dighe di Suviana e di Pavana. Dal 3 al 5 ottobre il "Sambuca" e la Brigata "Matteotti" Montagna prenderanno possesso di una vasta zona tra le provincie di Bologna e di Pistoia, tra Castel di Casio e Pracchia.dettagli
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27 settembre 1944Eccidio di Cà BernaUna pattuglia di 4 o 5 soldati tedeschi, che si sta dirigendo a piedi dal fronte verso le retrovie, è attaccata nei pressi di Cà Berna, tra Vidiciatico e Madonna dell'Acero, in comune di Lizzano in Belvedere, da una squadra di partigiani della Divisione Modena "Armando". Secondo alcune testimonianze successive non ci sono vittime. Secondo altre, un certo numero di tedeschi vengono uccisi. Entra comunque subito in azione una colonna della divisione di cui quei soldati erano un'avanguardia, la 16a Panzergrenadier "Reichsfuhrer SS" del gen. Max Simon, in ritirata dalla Toscana, dove si è già resa protagonista di vari eccidi di civili ed azioni di rappresaglia. Sul paese si riversa il fuoco delle mitragliatrici e dei mortai. Tutti i civili catturati, 28 o 29, vengono passati per le armi e finiti con colpi alla nuca. Sono soprattutto donne, bambini, anziani, sfollati dai paesi del fondovalle, convinti di aver raggiunto un luogo sicuro. Prima di lasciare il paese, le SS compiono un ultimo atto di crudeltà, lanciando bombe a mano sui morti. Il processo contro i responsabili della strage non verrà mai celebrato: il fascicolo relativo sarà ritrovato nel 1994 nel famigerato "armadio della vergogna", un archivio di crimini di guerra tenuto per anni nascosto in uno sgabuzzino della cancelleria della procura militare di Roma.dettagli
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27 settembre 1944Liberazione di Castiglione dei PepoliDopo diversi bombardamenti aerei e un ordine di evacuazione non eseguito, tra il 12 e il 17 settembre il paese di Castiglione dei Pepoli, uno dei più importanti e popolosi dell'Appennino bolognese, viene abbandonato dalle truppe tedesche. Nel ritirarsi verso San Damiano, dopo aver razziato il paese, i guastatori tedeschi fanno saltare alcune case contigue alla strada d'accesso e la centrale idroelettrica di Santa Maria. Il 24 settembre i primi a entrare nel villaggio ormai deserto sono alcuni partigiani comunisti, che disarmano il presidio fascista e occupano il municipio. Nel pomeriggio del 27 settembre il paese è raggiunto dalle avanguardie della V Armata. Il 91° Squadrone di Cavalleria esplorante della 34a Divisione USA è seguito a breve distanza da truppe inglesi e indiane dell'Imperial Light Horse/Kimberley Regiment della 24a Brigata Guards. Insieme giungono i fanti (detti "springbocks", antilopi) della 6a Divisione corazzata sudafricana - brigate 11a, 12a e 13a - reduce dalle battaglie di El Alamein e schierata da Clark tra le valli del Setta e del Reno. I partigiani verranno disarmati e il 2 ottobre si insedierà l'amministrazione alleata. Intanto i sudafricani si spingeranno fino a Camugnano, liberata il 30 settembre.dettagli
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27 settembre 1944La conquista di Monte BattagliaLa cima del monte Battaglia (quota 715), ultimo baluardo naturale prima dello sbocco nella valle Padana, nei pressi di Imola, è conquistata, dopo duri combattimenti, dai “Blue Devils” dell'88a Divisione USA con l'aiuto determinante dei partigiani del 3° Btg. della 36a brigata Garibaldi "Bianconcini", comandato da Carlo Nicoli. Nei quattro giorni successivi infurierà il tentativo di riconquista del colle, che domina le valli del Santerno e del Senio, da parte dei soldati tedeschi della 44a e della 715a Divisione, con notevoli perdite umane da entrambe le parti. Nella notte del 4-5 ottobre il 350° Reggimento dell'88a sarà sostituito dalla 1a Brigata delle Guardie, composta da scozzesi e gallesi della 56a Divisione britannica. Nonostante la sua estrema importanza strategica, la battaglia di Monte Battaglia sarà pressoché ignorata dai bollettini di guerra alleati. In seguito verrà ricordata come una delle più sanguinose ed inutili carneficine di tutta la seconda guerra mondiale. I partigiani della 36a, che hanno preso parte ai combattimenti con un ruolo non secondario, saranno disarmati e condotti nelle retrovie, verso i centri di raccolta di Firenze. Il loro apporto sarà comunque riconosciuto dai comandanti sul terreno: senza l'azione partigiana, Monte Battaglia “it would have been another Cassino” (sarebbe stata un'altra Cassino). Dopo la conquista di questo caposaldo, la V Armata troverà la strada per la pianura padana sbarrata dalla concentrazione di molte divisioni tedesche provenienti dal fronte adriatico: la 44a, la 305a, la 334a, la 98a e la 715a. Il 1° ottobre il gen. Mark Clark riconoscerà la perdita di valore di questo settore e deciderà di ridare priorità offensiva a quello del II Corpo, lungo la statale 65. Il mancato sfondamento degli americani è dovuto anche al mutamento della strategia generale dopo lo sbarco in Normandia. Ora il loro interesse è tenere impegnate in Italia quante più divisioni nemiche possibile: un'avanzata troppo rapida verso le Alpi non rientra più nei loro piani.dettagli
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27 settembre 1944Battaglia di Cà di Guzzo e morte di Gianni PalmieriIl 27 settembre una compagnia della 36a Brigata Garibaldi è circondata a Cà di Guzzo, un casolare isolato nell’alta valle del Sillaro, da ingenti forze tedesche provenienti da Sassoleone. La base è stata individuata dopo che i partigiani imolesi sono accorsi in aiuto alla 62a Brigata, assalita il giorno prima a Casoni di Romagna. L'attacco in forze, con l'uso anche di mortai, avviene nelle prime ore del giorno successivo. I partigiani resistono per l'intera giornata e in parte riescono a sganciarsi con varie sortite, anche grazie a compagni della 62a Brigata giunti in soccorso. Alcuni raggiungeranno poi Bologna travestiti da brigatisti neri. Alla fine i tedeschi hanno il sopravvento sui difensori superstiti, entrano nella casa e uccidono subito alcuni feriti con un colpo alla nuca. Poi spingono nel letamaio sette partigiani prigionieri e quattro civili e li fucilano. Altri partigiani vengono uccisi o giustiziati nei dintorni. In totale i caduti sono circa 30. Ad assistere i feriti è rimasto volontariamente il giovane Giovanni Battista Palmieri (Gianni), studente di medicina fuggito da Bologna dopo aver partecipato alla “Operazione Radium” e aggregatosi alla 36a Brigata Garibaldi. Nei giorni successivi Palmieri è usato dai tedeschi per la cura dei loro feriti e per lo scambio di prigionieri, quindi viene trucidato il 30 settembre in località Le Piane, prima della loro ritirata. A Gianni sarà intitolato il plotone partigiani del Gruppo di Combattimento Legnano, che entrerà a Bologna con gli Alleati il 21 aprile 1945. Nel dopoguerra riceverà la laurea ad honorem in medicina e la medaglia d’oro al Valor Militare con questa motivazione: “Studente universitario di medicina, volontariamente si arruolò nella 36a Brigata Garibaldina, assumendo la direzione del servizio sanitario. Durante tre giorni di aspri combattimenti contro soverchianti forze tedesche, si prodigò incessantemente ed amorevolmente per curare i feriti, e quando il proprio reparto riusci a sganciarsi dall'accerchiamento nemico, non volle abbandonare il suo posto e, quale apostolo di conforto, conscio della fine che l'attendeva, restò presso i feriti affidati alla sue cure. Ma il nemico sopraggiunto non rispettò la sublime altezza della sua missione e barbaramente lo trucidò. Esempio fulgido di spirito del dovere e di eroica generosità”.dettagli
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27 settembre 1944Castel del Rio è il primo comune liberatoIl paese di Castel del Rio, nella valle del Santerno, è il primo comune della provincia di Bologna liberato dagli Alleati. Le avanguardie dell'88a Divisione "Blue Devils" si sono mosse lungo la valle del Santerno dalla notte del 21 settembre, sotto una pioggia intermittente, incontrando scarsa resistenza. Gran parte delle forze sono state costrette a procedere lungo i crinali, con notevole difficoltà: il 350° reggimento a destra e il 349° a sinistra, con il 351° in riserva. Durante l'avanzata, però, una pattuglia del 32° reggimento granatieri tedesco, infiltrata tra le linee nemiche, è riuscita, grazie alla migliore conoscenza del terreno, a catturare un intero posto di comando di battaglione americano. Il 23 settembre Monte della Croce, sulla destra del Santerno, è stato conquistato da truppe dell'88.a divisione, mentre, a sinistra, l'85a ha preso Monte la Fine e il 26 settembre Monte Pratolungo. Nel frattempo la 715a Divisione tedesca, coinvolta nello sfondamento del fronte a Firenzuola, ha cominciato a ricevere rinforzi dalla 362a Divisione fanteria del I Corpo Paracadutisti, proveniente dal settore adriatico, e qualche giorno dopo è arrivata al fronte anche la 44a Divisione fanteria austriaca, reduce da Stalingrado e duramente provata a Montecassino. Il tentatito di assalto a Castel del Rio comincia alle 6 del mattino del 27 settembre da parte del 351° reggimento dell'88a Divisione, richiamato dalla riserva al centro dello schieramento d'attacco. Il paese è difeso solo da un battaglione della 44a, in tutto circa 100 uomini. Una compagnia del secondo battaglione è arrestata nei pressi della piazza da un nido di mitragliatrici, appostato nel Palazzo degli Alidosi. Le postazioni difensive tedesche sono però aggirate dal terzo battaglione, che costringe i nemici a una precipitosa ritirata. Alle 9 del mattino il paese è completamente liberato. Rimarrà per un pò di tempo sotto il tiro dei cannoni tedeschi e subirà ancora notevoli distruzioni. I pochi edifici rimasti agibili saranno utilizzati dagli Alleati come magazzini e alloggi per le truppe. Il palazzo rinascimentale degli Alidosi ospiterà il maggiore inglese Burbury, governatore di distretto incaricato di una prima ricostuzione del paese.dettagli
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28 settembre 1944La V Armata oltre il passo della RaticosaSul passo della Raticosa incombono cime dai fianchi scoscesi, che danno un vantaggio notevole ai difensori. L'operazione di conquista comincia la mattina del 24 settembre, in una fitta nebbia, con un assalto della 34a Divisione USA a Monte Bastione (1300 m), sopra alla Futa, e della 91a a Monte Oggioli (1400 m), sovrastante la conca di Firenzuola. Il giorno seguente, invece, l'85a Divisione attacca sul Monte Canda (1250 m), tra le valli dell'Idice e del Sillaro. Dopo due giorni di contrasti accaniti, i difensori tedeschi della 334a Divisione, della 4a Paracadutisti e della 362a abbandonano improvvisamente tutto il settore, ritirandosi a nord. Nella notte tra il 28 e il 29 settembre viene conquistato e superato il passo della Raticosa, sul quale passa la Linea Verde 2. I Tedeschi lasciano un forte presidio all'altezza di Monghidoro e preparano, intanto, una serie di linee di difesa in profondità davanti a Loiano, Livergnano e Pianoro. Dal 1° ottobre quattro divisioni americane, al comando del gen. G. Keyes - alle tre nominate in precedenza si aggiunge l'88a Divisione "Blue Devils" - e la 1a Brigata Guardie inglese della 6a Divisione corazzata sudafricana, attaccheranno a turno nelle valli del Setta, Savena, Idice e Sillaro, su un fronte ampio oltre trenta chilometri. La 91a prenderà d'assalto l'altopiano di Monghidoro, trovando una tenace resistenza, e dopo due giorni di combattimenti conquisterà il paese, avviandosi poi sulla statale 65 verso Loiano, dietro i Tedeschi in ritirata. L'85a proseguirà con rapidità sul crinale Idice-Sillaro, sostenuta dai caccia-bombardieri dell'86° Gruppo e ostacolata da reparti della 363a Divisione e della Brigata Lehr. Il paese di Quinzano, alla base di Monte Bibele, sarà raggiunto il 3 ottobre. Lo stesso giorno l'88a occuperà Sassoleone, nella valle del Sillaro. La 34a Divisione farà la sua progressione dal 1° ottobre sul crinale tra il Setta e il Savena, in direzione di Monte Venere, raggiunto nel pomeriggio del 4 ottobre, dopo la ritirata dei tedeschi. Incontrerà una decisa resistenza aggirando da ovest il colle in direzione di Monzuno, ma riuscirà in breve tempo a raggiungere San Benedetto Val di Sambro.dettagli
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28 settembre 1944Eccidio di LabanteIl 26 settembre alcuni soldati tedeschi del SS-Pionier-Bataillon 16, che hanno compiuto una razzia di bestiame a Labante, nel comune di Castel d'Aiano, mentre scendono sulla strada per Vergato subiscono una sparatoria proveniente da un bosco vicino. Si tratta probabilmente di partigiani del gruppo “Pilota” di Gino Costantini, che in questo periodo è attivo nella zona (Zanini). Lo scontro a fuoco si protrae per alcune ore. Ritirandosi i tedeschi uccidono un contadino, intento a lavorare nel suo campo. Il risposta all'agguato, il 28 settembre a Campidello di Labante, nei pressi del torrente Aneva, le SS uccidono con raffiche di mitra e lanci di bombe a mano sette componenti della famiglia del colono Aldo Maldini, poi fanno saltare la casa con la dinamite seppellendo i cadaveri. Lo stesso giorno a Cà Nuccia uccidono un colono in bicicletta, che non si è fermato al loro alt. Altre esecuzioni, con incendi di case contadine, avvengono nei giorni successivi in località vicine. Un rapporto dell'Armee-Oberkommando 14 parla di due case fatte saltare e 15 “sospetti di appartenere alle bande” fucilati.dettagli
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29 settembre 1944Attentato partigiano all'hotel BaglioniLa notte del 29 settembre si svolge un attacco di partigiani all'hotel Baglioni in via Indipendenza, che ospita alti ufficiali tedeschi e fascisti. Il commando è composto da sei partigiani del distaccamento “Temporale” della 7a Gap “Gianni”, che si introducono all'improvviso nell'albergo, collocano una cassa di tritolo e aprono il fuoco nella sala dove è in corso una festa in onore del maresciallo delle SS Christian Knorr, uno dei liberatori di Mussolini al Gran Sasso. La benzina destinata a far scoppiare l'esplosivo non prende fuoco e i gappisti devono fuggire precipitosamente, lasciando sul terreno due tedeschi e i militi Sergio Ciabatti della GNR e Salvatore Cibella della Polizia Ausiliaria. Un comunicato delle SD dichiara che tra le vittime c'è anche una signora italiana, la marchesa Maria de Bacci Biondi. Aggiunge che per rappresaglia sono stati subito fucilati dieci ostaggi, prelevati dal carcere di San Giovanni in Monte. Tre di essi sono bolognesi: Alberto Vegetti, Cesarino Rubbini e Gualtiero Santi. Gli altri provengono dalla provincia e dalla Romagna.dettagli
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29 settembre 1944Eccidio di RonchidosUn'autocolonna della Wehrmacht è attaccata dai partigiani della brigata GL Montagna nella zona di Ronchidos (o Ronchidoso) di Gaggio Montano. 10 alpini tedeschi vengono uccisi e 4 feriti.Nel corso dei combattimenti muore Rossano Marchioni (Binda), giovane comandante di squadra, che viene sorpreso da forze nemiche soverchianti e si difende fino al termine delle munizioni (Medaglia d'Oro al V.M. alla memoria).Come rappresaglia all'attacco partigiano una colonna di SS tedesche - o forse di soldati del 146° Rgt Granatieri - uccide più di 60 civili innocenti abitanti nei dintorni.Le vittime sono soprattutto vecchi, donne e bambini, falciate dalle mitragliatrici in varie località e quindi bruciate, con la stessa tecnica usata in questi giorni a Monte Sole dai soldati della 16a divisione corazzata SS, al comando del maggiore Walter Reder.La strage prosegue il 30 settembre a Castelluccio di Montese, dove sono fucilati due ostaggi catturati a Monteacuto di Lizzano ed è impiccato il partigiano Napoléon della Brigata GL.La "colonna infame" tedesca è probabilmente la stessa che in questi giorni compie, con inusitata e sproporzionata violenza, la strage di Cà Berna e terrorizza Vidiciatico e Poggiolforato, dove 50 ostaggi sono risparmiati in extremis. Per il massacro di Ronchidoso non verrà celebrato alcun processo.dettagli
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29 settembre 1944L'immane strage di Monte SoleReparti dell'esercito tedesco e delle SS compiono una grande strage di civili intorno a Monte Sole, nel territorio dei comuni di Marzabotto, Grizzana e Vado di Monzuno. Dal 12 agosto la 16a Divisione Panzergrenadier “Reichsfurer SS” del generale Max Simon ha risalito la penisola attraverso la Versilia e la Lunigiana, effettuando rappresaglie, rastrellamenti, eccidi. A fine settembre è arrivata nell'Appennino bolognese, ai piedi dell'acrocoro di Monte Sole, area strategica di retrovia della linea di difesa tedesca e luogo ideale per ritardare o arrestare l'avanzata nemica. Qui opera la brigata partigiana Stella Rossa, guidata da Mario Musolesi, detto il Lupo, che nei mesi precedenti ha effettuato continui attacchi ai treni e ai mezzi tedeschi in transito verso il fronte. Nelle cascine e nei villaggi sparsi sulla montagna si sono rifugiati, sentendosi protetti dai "ribelli", molti abitanti delle borgate delle valli del Setta e del Reno, percosse dai bombardamenti alleati. Per tre giorni, a partire dal 29 settembre, le truppe al comando del maggiore Walter Reder - in particolare il reparto esploratori Panzer Aufklarungs-Abteilung della 16a Divisione SS (SS AA 16) - accerchiano l'acrocoro e compiono una terribile rappresaglia. E' attuato “un attacco concentrico, accuratamente pianificato a freddo, condotto entro un preciso perimetro, senza riguardi nei confronti della popolazione”, per fare terra bruciata dell'habitat della Brigata Stella Rossa con i metodi della guerra di sterminio già usati nell'Est europeo. Quasi ovunque “l'operazione ha una netta impronta eliminazionista” (Pezzino) e coinvolge deliberatamente gli abitanti più indifesi. Nella loro opera di sterminio i soldati tedeschi sono coadiuvati da fascisti locali in funzione di delatori e guide. Vestiti con la divisa mimetica delle SS, saranno talvolta riconosciuti dai superstiti per l’uso del dialetto emiliano. In poche ore vengono barbaramente uccise 776 persone in 115 diverse località: tra esse 216 bambini fino a 12 anni, 316 donne, 142 anziani sopra i 60 anni. Tra le vittime vi sono anche cinque sacerdoti, che seguono con coraggio la triste sorte delle loro comunità parrocchiali. A San Giovanni di Sotto sono massacrate 52 persone. I soldati entrano nel villaggio “dispiegandosi a tenaglia, sloggiando dalle case e dalle stalle gli occupanti e ammassandoli sullo sfondo della concimaia”. Con le mitragliatrici falciano prima i bambini e poi gli adulti e gli anziani. Fra le vittime c'è Maria Fiori - Suor Ciclamino - delle Maestre Pie. A Caprara, antico borgo fortificato e capoluogo del comune prima del suo trasferimento a Marzabotto, 62 tra donne e bambini sono rinchiusi in una casa e uccisi con lanci di bombe a mano. All'edificio viene poi dato fuoco. A Casaglia 92 civili rifugiati nella chiesa sono falciati con la mitraglia nel vicino cimitero, dopo l'esecuzione del giovane parroco don Ubaldo Marchioni, al quale viene troncato un piede e poi viene bruciato. A San Martino di Caprara, al centro dell'area del rastrellamento, c'è una bella chiesa plebanale e arcipretale fin dal XVII secolo, “inclusa nell'elenco degli edifici monumentali di Bologna”. In questa località 54 civili sono fucilati in un'aia e bruciati. A Cerpiano 43 persone, bambini, donne e due uomini anziani, sono uccisi con le bombe a mano nell'“angusto spazio murato” di un oratorio. Gli ordigni sono gettati a più riprese e a distanza di tempo. Sotto i cadaveri rimangono vivi due bambini e una maestra orsolina, Antonietta Benni, che in un memoriale descriverà il massacro. A Cadotto, uno dei pochi luoghi in cui si combatte sono trucidate 44 persone e 15-20 abitazioni vengono date alle fiamme. Qui muore il comandante della Stella Rossa Mario Musolesi (Lupo), mentre tenta di sfuggire all'accerchiamento nemico, assieme ai partigiani Gastone Rossi e Gino Gamberini. A Creda 79 tra vecchi, donne e bambini sono uccisi in una rimessa, con le raffiche di una mitragliatrice piazzata su un carro agricolo. Il 1° ottobre 45 persone sono fucilate e gettate nella botte della canapiera di Pioppe di Salvaro, compresi i sacerdoti don Elia Comini e Padre Capelli. Sono solo alcuni degli episodi principali. Pochi giorni più tardi sarà giustiziato con un colpo a bruciapelo, assieme alla sorella maestra, anche il prete titolare della nuova parrocchia di Quercia-Murazze-S. Nicolò don Ferdinando Casagrande, che con il suo carattere affabile e la sua sportività aveva portato “una ventata di freschezza nelle comunità parrocchiali di Monte Sole” (Zanini). La filosofia dei reparti tedeschi era quella di distruggere e incendiare tutto per lasciarsi alle spalle una terra di nessuno. Furono uccisi anche gli animali da cortile” (L. Baldissara). La brigata Stella Rossa viene sgominata, ma un buon numero di partigiani riesce ad evitare l'accerchiamento e a raggiungere gli Alleati o altre formazioni presenti in Appennino. Una parte della storiografia e della pubblica opinione addosserà al comportamento dei partigiani la maggiore responsabilità della strage di Monte Sole e delle rappresaglie nazifasciste nelle valli del Setta e del Reno. Molto esplicita è questa testimonianza riportata da don Dario Zanini: “I partigiani sono stati la causa di tutti i disastri. Prima hanno rovinato le famiglie, facendo razzia di quanto trovavano nelle case. E dopo aver messo nei pasticci la povera gente, stuzzicando l'ira dei tedeschi, anziché combattere fronte a fronte e difendere le donne e i bambini, li hanno lasciati alla carneficina e se la son data a gambe”. Nel suo diario don Amedeo Girotti, parroco di Montasico, apparirà invece dubbioso sul ruolo decisivo dei "ribelli": "Oggi verso sera le case e stalle di Sperticano erano in fiamme. Sempre colpa dei partigiani ed io non ho mai sentito dire che a Sperticano ci siano stati dei partigiani". Studi successivi metteranno piuttosto in risalto l'interesse strategico dell'esercito tedesco in ritirata dai capisaldi più avanzati della Linea Gotica e la componente stragista motivata dall'ideologia nazista. Secondo Luca Baldissara e Paolo Pezzino l'eccidio di Monte Sole “non fu il frutto di una ferocia gratuita o dell'irresponsabilità di qualche brigata partigiana. Al pari di quella di Sant'Anna di Stazzema e di altre stragi nazifasciste fu, invece, un capitolo della guerra antipartigiana in Italia, strategicamente condotta dagli alti comandi tedeschi attraverso la formulazione di un coerente sistema di ordini teso alla devastazione del territorio e dell'habitat della guerriglia, reso possibile nella sua forma terroristica e assassina dal "di più" di violenza legittimato dall'ideologia nazista, applicato sul campo e reso militarmente operativo da molti reparti, sia della Wehrmacht che delle SS e di altre unità di élite”. Secondo L. Klinkhammer gli eccidi dell'esercito tedesco vennero attuati in modi diversi, a seconda dei diversi comandanti. A Monte Sole il modello fu quello della “carneficina incontrollata, usando tutte le armi disponibili sul momento”. Come a Sant'Anna di Stazzema o al Padule di Fucecchio esso aveva come fine “lo sterminio dell'intera popolazione, senza distinzione tra uomini, donne, vecchi e bambini”. Don Giuseppe Dossetti parlerà di “delitti castali”, consumati dagli autori, educati alla dottrina del Mein Kampf hitleriano, “come vero e proprio dovere-missione, come servizio del proprio dio, anzi come ispirazione e impulso irresistibile proveniente da esso”. Per lo storico militare tedesco Gerhard Schreiber “Marzabotto simboleggia il dolore e la violenza, e in tale episodio si manifesta con particolare efferatezza quale disprezzo nutrissero i tedeschi per la vita degli italiani”. L' “operazione di annientamento” della Wehrmacht e delle Waffen SS sarà considerata da Kesselring un' “impresa piena di successi” e verrà citata dal comando tedesco come modello di guerra anti partigiana. Ancora nel 2002, poco prima della morte, il caporale Mayer, tra i responsabili del massacro di Cerpiano, dirà che a Monte Sole si era trattato di eliminare dei “sinistri bacilli”, che colpivano a tradimento i soldati tedeschi. L'11 ottobre 1944, un articolo del "Resto del Carlino", diretto da Giorgio Pini, definirà Voci inconsistenti le allarmanti notizie provenienti da Marzabotto. Il Capo della provincia Dino Fantozzi preferirà dar credito al console tedesco barone von Halem piuttosto che al segretario del comune di Marzabotto, che il 2 ottobre è andato da lui a riferire sulla strage e ha affermato piangendo: “Eccellenza, li hanno uccisi tutti, donne, uomini, ragazzi, vecchi”. Von Halem ammetterà la soppressione di circa 700 “ribelli”, ma escluderà rappresaglie contro gli abitanti. “Per cui è da ritenersi - concluderà Fantozzi - che le dichiarazione fattemi dal Segretario Comunale di Marzabotto siano esagerate”. La zona di Monte Sole sarà attaccata dalle truppe sudafricane dal 9 dicembre 1944 con poco successo. Verrà creata una terra di nessuno tra i due eserciti e tutti i civili saranno evacuati. Nel settore occupato dagli Alleati oltre duemila persone saranno inviate a Roma e internate a Cinecittà, mentre i superstiti del massacro di settembre saranno spinti dai Tedeschi verso Bologna. Alcune famiglie verranno ospitate a Bazzano, nell'asilo delle Minime dell'Addolorata. Al ritorno a Casaglia nel maggio del 1945 il parroco di Montorio lascerà testimonianza della desolazione trovata: “Sembra di passare per la terra dei morti. Tutto è diroccato, tutto è distrutto: case, poderi, terreno, e la chiesa, canonica, campanile non sono che un ammasso di rovine, da non conoscere più dove erano”. Le mine disseminate dai tedeschi in ritirata continueranno a uccidere, fino al 1966, altre 55 persone. Nel 1951 il paese di Caprara sopra Panico, già sede comunale, sarà dichiarato "nucleo abitato scomparso".dettagli
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30 settembre 1944Si costituisce la Brigata Matteotti di pianuraNella zona di Molinella e Medicina si costituisce la brigata partigiana Matteotti di pianura, di ispirazione socialista. E' divisa in quattro battaglioni: a Molinella operano i battaglioni “Alberani” e “Bevilacqua”, al comando di Werther Verri; a Medicina il btg “Melega”, al comando di Bruno Marchesi (Delfus) e il btg “Morara”, composto in prevalenza di giovani comunisti. L'attività delle brigate Matteotti è coordinata dal Comando di Bologna, situato nel “fondone” di Paolo Fabbri, in via de' Poeti. Capo di stato maggiore è Gianguido Borghese. Il 16 aprile 1945, pochi giorni prima della liberazione, la brigata Matteotti di pianura perderà il suo comandante, Alfredo Calzolari (Falco), mortalmente ferito durante un conflitto a fuoco con i tedeschi a Molinella. La formazione socialista sarà in seguito intitolata a Otello Bonvicini (Giorgio, 1914-1945), fucilato il 18 aprile 1945 dai fascisti e sarà riconosciuta come 5a Brigata “Bonvicini”.dettagli
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30 settembre 1944Esecuzione di partigiani a CastelluccioIl 30 settembre a Castelluccio sono passati per le armi dai tedeschi tre giovani, tra i quali il Jacques Lepeyrie (Napoleon), un francese arruolato a forza dai tedeschi, divenuto partigiano della Brigata Giustizia e Libertà. Fin dalla primavera del 1944 i boschi della Selva e della Moscheda, attorno al paese, sono rifugio di partigiani e renitenti. Ad agosto c'è già stato un grosso rastrellamento e l'uccisione di alcuni resistenti dopo un aviolancio degli Alleati.dettagli
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30 settembre 1944Battaglia di Monte Catarelto. La 6a Divisione sudafricana avanzaNel pomeriggio del 30 settembre il 1° btg. Scot Guards della 24a Brigata Guardie britannica, in forza alla Divisione Corazzata Sudafricana (6th SAAD Sixth South African Armoured Division), attacca il Monte Catarelto, tra le valli del Setta e del Brasimone. Si tratta della prima linea difensiva tedesca sugli Appennini, presidiata dal 2° btg. del 35° reggimento della 16.a Divisione Panzergrenadier "Reichsführer SS", al comando del capitano Anton Galler, responsabile un mese prima in Toscana dell'eccidio di Sant'Anna di Stazzema. La cima viene avvicinata dopo alcune ore di cruenti scontri, ma durante la notte i difensori ricevono il rinforzo del 16° btg. Esploratori Corazzati del Maggiore Walter Reder, anch'egli tristemente noto per le stragi di civili in Toscana e a Monte Sole. Il 1° ottobre un massiccio contrattacco tedesco costringe le Scots Guards alla ritirata. Intanto sul versante opposto della valle del Brasimone il 3° btg Coldstream Guards attacca il settore difeso dal 36° reggimento della 16a Div. SS. I Tedeschi lascieranno il settore nella notte tra il 2 e il 3 ottobre, consentendo l'occupazione di Monte Catarelto da parte della 24a Brigata. Questa sanguinosa battaglia è tra le più importanti sostenute dalle Scots Guards in Italia, con un centinaio di vittime. Ad essa verrà dedicata anche una marcia suonata con le cornamuse. La 24a Brigata proseguirà nei giorni successivi la sua avanzata nella Valle del Setta, sempre contrastata dai Tedeschi - che durante la ritirata fanno saltare tutti i ponti e le gallerie - arrivando a Lagaro il 3 ottobre. Il 6 ottobre gli americani del 168° rgt della 34a occuperanno Montorio. Il giorno successivo altri reparti della stessa divisione scesi da Monzuno arriveranno a Rioveggio. L'avanzata degli altri reparti della 6a divisione sudafricana, impegnate sull'altro versante del Setta, dopo la conquista di Monte Vigese subirà un rallentamento. L'8 ottobre un contrattacco tedesco costringerà i fanti della 12a brigata a retrocedere. La battaglia per il monte Stanco, poco più che “una collinetta ridicola”, ma di importante valore strategico, proseguirà fino al 12 ottobre con grande dispiegamento di forze. Conquistata anche la stazione di Grizzana, gli alleati occuperanno Veggio il 15 ottobre e Montorio il 17, giungendo il 29-30 ottobre alla Quercia e a Gardelletta, alle pendici dell'acrocoro di Monte Sole.dettagli
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30 settembre 1944Eccidio di SavignanoIn località Famaticcia di Savignano, nel comune di Grizzana, in una boscaglia vicino ai binari della ferrovia Bologna-Porretta, le SS tedesche fucilano otto operai in servizio per l'organizzazione Todt. Rastrellati in estate nella zona di Vergato e Grizzana, questi uomini erano addetti a scavare trincee e a costruire fortificazioni militari verso Pian di Casale, nell'Alta Valle del Reno. Nel gruppo iniziale di nove vi sono Giovanni Accursi, Ettore Alessani, Augusto Bonaiuti, Alfonso Bruni, Dante e Mario Fornasini, Edoardo Nanni, Nino Palmieri, Adelmo Venturi. La spiegazione dell'eccidio non è chiara: la notte precedente è stata cambiata la pattuglia, che di solito li sorvegliava e forse gli uomini, “vestiti malamente, portando a tracolla ciascuno la borsa di poche vivande per il pranzo” (Zanini), vengono scambiati per partigiani. Le SS spogliano i prigionieri di tutto e fanno loro scavare la fossa prima di fucilarli. Alfonso Bruni rimane vivo sotto i cadaveri dei compagni e dopo la partenza dei soldati, trova rifugio e cure in un casolare vicino. In questi giorni nella stessa località le SS fucilano Enea Macentelli, partigiano della 63a brigata Bolero e medico condotto a Grizzana.dettagli
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30 settembre 1944Rastrellamento della "banda Zanarini" a Baricella. Tre partigiani seviziati e uccisiAll’alba del 30 settembre una quarantina di militi GNR della famigerata “Compagnia della Morte” comandata dal capitano Enrico Zanarini compie un pesante rastrellamento a Baricella, con violenze, furti e incendi. Tre dei catturati - Egidio Giovannini, Talvanne Franceschi e Ardo Guidetti, partigiani della 4a Brigata Garibaldi Venturoli - vengono seviziati e torturati: “spogliati nudi, fustigati a sangue, colpiti al ventre da calci, punzecchiati agli occhi con matite e fatti rotolare per terra come sacchi”. Il corpo di Giovannini sarà trovato vicino a un macero a San Pietro Capofiume, quello di Franceschi in un campo tra Baricella e Minerbio, il cadavere di Guidetti a Pegola di Malalbergo. Tutti e tre risulteranno sfigurati dalle sevizie e verranno riconosciuti dai parenti solo dagli indumenti che indossano.dettagli
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1 ottobre 1944Combattimenti della 62a e della 66a BrigataA metà settembre la 62a Brigata Garibaldi “Camicie rosse” subisce un pesante rastrellamento tedesco. Circa seimila soldati della divisione Goering accerchiano la zona di Casoni di Romagna, nella valle del Sillaro. Dopo combattimenti durati due giorni, circa duecento partigiani riescono a sganciarsi, filtrando tra le linee nemiche a piccoli gruppi. In ottobre, in seguito allo sfondamento degli Alleati a Fiorenzuola, la 62a ripiega verso il territorio presidiato dalla 66a Brigata “Jacchia”, in corrispondenza del bastione di Ronco dé Britti. Si tratta di un punto strategico per la difesa tedesca, in quanto permette di tenere sotto controllo i movimenti nelle valli del Sillaro e dell'Idice e di frenare l'offensiva alleata con campi minati e postazioni di artiglieria. Il Gruppo Brigate Montagna, comandato da Luciano Proni (Kid) e Aldo Cucchi (Jacopo) per la 62a e da Eros Poggi (Polino) e Enrico Paolucci (Orso) per la 66a, concertano con gli Alleati un piano che punta ad ostacolare il rafforzamento tedesco sulla linea Castelvecchio, Monterenzio, Monte delle Formiche. Una pattuglia mista di piloti inglesi (salvati dopo l'abbattimento durante un volo di ricognizione) e di partigiani della 66a è inviata attraverso il fronte con una carta dettagliata delle linee tedesche, catturata durante una precedente azione. Tra il 1° e il 5 ottobre il G.B.M. impegna, con forze impari, i tedeschi. Il 2 ottobre il comandante Kid, ferito al petto in precedenti combattimenti, è inviato in cura a Settefonti. I partigiani lasciano filtrare tra le loro linee pattuglie nemiche, per poi accerchiarle e annientarle. Durante un combattimento presso l'infermeria di S. Anna muoiono i partigiani Nino, Tarzan e Pampurio. Cadono nelle mani dei partigiani diverse armi e sei chilometri di filo telefonico. Il 3 ottobre una colonna di tedeschi è attaccata nei pressi di Castelvecchio da vari distaccamenti partigiani: oltre a 20 soldati uccisi e quattro prigionieri, vengono catturate armi e munizioni e due stazioni radio. Con i muli lasciati dai tedeschi è costituita una squadra salmerie presso il comando del G.B.M. Il 4 ottobre due compagnie di SS salgono da Pizzano verso le postazioni partigiane, ma dopo aver ingaggiato un duro combattimento sono costrette a ripiegare fino alla Valle dell'Idice. Un rapporto tedesco segnala che l'8 ottobre, durante un'operazione antipartigiana presso Pizzano, vengono liberati due soldati e circa 20 “banditi” sono abbattuti in combattimento. Vengono inoltre distrutte numerose case e arrestati 35 civili “sospetti di appartenere alle bande”. Con l'arrivo di truppe tedesche di rinforzo, la resistenza partigiana diviene impossibile: il 5 ottobre il comando G.B.M. e le varie compagnie ripiegano su Ronco dé Britti e poi verso la terra di nessuno e gli Alleati. Il passaggio del fronte sarà tuttavia impedito da forti combattimenti in località Palmona e gran parte dei partigiani dovranno tornare sui loro passi, in direzione di Castel San Pietro. Dall'ottobre fino alla liberazione, la cittadina sulla via Emilia sarà quasi una repubblica partigiana. A dirigere la vita economica e politica, dopo la fuga dei fascisti, sarà di fatto il locale C.L.N., presieduto dal comunista Giocondo Bacchilega. A Castel San Pietro funzionerà, presso il molino Viaggi, un pastificio azionato da una trebbiatrice, requisita a Castel Guelfo e trainata a braccia in paese da una cinquantina di partigiani. Sarà attivo, inoltre, un Pronto Soccorso, che ospiterà anche il locale comando partigiano. Il 10 ottobre nell'alta valle dell'Idice è costituito il Libero Comune di Monterenzio, con sede provvisoria a Bisano, mentre il capoluogo è ancora in mani nazifasciste. Gli Alleati accettano come sindaco, nominato dal locale CLN, il partigiano Guerrino De Giovanni, comandante di compagnia della 36a Brigata Garibaldi, con l'aiuto del Commissario politico Luciano Bergonzini, e consentono ai suoi uomini di svolgere compiti di ordine pubblico. Il 14 ottobre partigiani della 36a e Garibaldi partecipano, assieme a una compagnia americana, all'assalto del Monte delle Formiche, che sarà occupato, senza perdite, dopo un massiccio bombardamento d'artiglieria. La sera del 27 ottobre il comandante della 62a Brigata Luciano Proni (Kid) sarà intercettato a Bologna in via Barbieri da una pattuglia fascista e immediatamente ucciso.dettagli
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ottobre 1944Grande ospedale militare americano trasferito a ridosso del fronteIl gigantesco ospedale militare americano 8° EVAC si trasferisce nei dintorni di Pietramala, località toscana nei pressi del Passo della Raticosa, poco oltre la prima linea di difesa tedesca sull'Appennino. Qui rimarrà ad operare per sei mesi, al comando del colonnello medico Lewis Kirkman. Una parte dei feriti gravi saranno trasferiti in aereo presso gli ospedali di Roma e Napoli. La grande struttura di soccorso, capace di 750 posti letto, era prima situata a Galluzzo, una decina di chilometri a sud di Firenze, dove accoglieva i feriti e i malati provenienti dal fronte della "Gotica". Durante l'offensiva del settembre precedente, ha curato oltre mille casi alla settimana, con oltre cinquanta operazioni chirurgiche al giorno.dettagli
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ottobre 1944La 1a Brigata "Irma Bandiera" e la 6a Brigata "Giacomo"Il quadro delle formazioni partigiane bolognesi si completa a fine estate con la costituzione della 1a Brigata - più tardi intitolata a Irma Bandiera, eroina della Resistenza - e della 6a Brigata “Giacomo”. La 1a Brigata nasce dall'azione di gruppi di resistenti formatisi fin dall'inverno del 1943 nei quartieri della periferia nord della città e animati da figure quali Beltrando Pancaldi (Ran) e Elio Vigarani. Svolgerà un'importante funzione di cerniera tra resistenza di campagna e di città, fungendo da supporto di massa e da bacino di reclutamento della 7a Gap e delle brigate di montagna. Comandata da Pancaldi e poi da Renato Capelli, avrà 1.066 partigiani riconosciuti alla Liberazione. Alla 1a Brigata “Irma Bandiera” si affiancherà in novembre la 2a Brigata “Paolo”, che raggrupperà i partigiani della pianura a nord di Bologna e a est del Reno, mentre i combattenti a ovest del fiume confluiranno nella 63a Brigata Garibaldi “Bolero”. Nel marzo del 1945, da una divisione della 1a Brigata nascerà la 4a Brigata “Venturoli”. La 6a Bgt "Giacomo" - nome di battaglia del partigiano caduto Ferruccio Magnani - è una piccola brigata nata dall'unione, voluta dal CUMER, del battaglione delle "stelle verdi" cattoliche guidato da Roberto Roveda (1922-2013) con il battaglione “Mazzini” o “Levante”, comandato da Guido Gaibara e formato da un gruppo di antifascisti repubblicani raccolti attorno a Francesco Colombo. La brigata sarà operativa dal mese di ottobre in città e a Ozzano Emilia. In sintonia con la tendenza di alcuni partiti antifascisti a non forzare la lotta armata, sarà ridotta a una cinquantina di componenti. I due gruppi originari rimaranno di fatto autonomi.dettagli
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1 ottobre 1944Eccidio della botte della canapiera di Pioppe di SalvaroIl 29 settembre, verso le sette di sera, reparti della 16a Divisione SS arrivano a Pioppe di Salvaro, nella valle del Reno, e rastrellano tutti gli uomini. Li rinchiudono dentro la chiesa del paese e in alcune case limitrofe, assieme agli ostaggi catturati a Sperticano, Montasico, Sibano, Pian di Venola: in tutto circa trecento persone. Tra gli arrestati vi sono due preti, don Elia Comini e padre Martino Capelli, fermati la mattina mentre cercavano di portare soccorso alle vittime della rappresaglia di Creda e costretti a trasportare munizioni per i soldati al fronte. Il giorno seguente i prigionieri vengono interrogati e divisi tra abili e inabili al lavoro. Alla selezione partecipano un ufficiale italiano della RSI e un ex partigiano traditore. Tra i nazisti vi sono anche ragazzi in divisa SS, che parlano con accento bolognese. Alcuni testimoni ricorderanno la presenza, dopo i rastrellamenti, del Segretario comunale di Marzabotto Agostino Grava, che tenterà di scagionare gli ostaggi presso i Tedeschi, e del reggente Lorenzo Mingardi, che invece affermerà: “sono tutti partigiani e quelli che non lo sono, sono dei bolscevichi”. La sua voce “inconfondibile e crudele” sarà udita poco prima della strage della Botte: “Questi sono da uccidere perchè sono partigiani e bolscevichi”. (Mandreoli) I prigionieri abili sono inviati in treno alle Caserme rosse: una parte di essi finirà in Germania nei campi di lavoro, una parte sarà destinata a governare le bestie per i tedeschi. Il 1° ottobre, all'imbrunire, il gruppo degli inabili, del quale fanno parte anche i due preti, sono avviati allo stabilimento di Pioppe, semidistrutto dai pesanti bombadamenti alleati delle settimane precedenti. Ai prigionieri vengono fatte levare le scarpe e i nazisti li derubano di orologi e portafogli. Poi a gruppi sono schierati sul ciglio della botte della canapiera - un serbatoio d'acqua in questo periodo quasi asciutto e fangoso - e falciati con le mitragliatrici. I cadaveri, gettati sul fondo, sono ancora fatti oggetto di colpi di mitraglia e lanci di bombe a mano. Dei 46 uomini giustiziati solo tre rimarranno superstiti. Altri tre, che riusciranno a sfuggire al massacro, moriranno poco dopo per le ferite riportate. Tra le vittime dell'eccidio c'è Martino Palma, partigiano della 7a Bgt GAP Gianni Garibaldi, residente a Marzabotto. Nei giorni successivi, a causa delle piogge torrenziali, verranno aperte le paratie della botte e i cadaveri ormai decomposti dei fucilati, compresi quelli dei due sacerdoti, scivoleranno nelle acque del Reno e non saranno mai più ritrovati.dettagli
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1 ottobre 1944Eccidio di CasignoDue soldati tedeschi del SS-Pionier-Bataillon 16 con l'incarico di requisire del cibo giungono nei pressi di casa Verardi a Pradellino di Casigno. Qui, assieme alla famiglia che la abita e a quattro rifugiati, sono presenti alcuni partigiani. Una donna che si è attardata a vendemmiare scorge i soldati e dà l'allarme. Un partigiano esce di corsa e spara, ferendo uno dei tedeschi, ma viene a sua volta colpito e ucciso. Giungono rinforzi da Cereglio - secondo alcune testimonianze le due SS se la sbrigano da soli - e si scatena la repressione contro gli abitanti della casa, che viene data alle fiamme assieme al fienile. In tutto vengono uccise nove persone, tra le quali un'anziana colona e le sue quattro figlie. Il giorno seguente i soldati tornano sul luogo e bruciano la casa vicina. Le vittime dell'eccidio potranno essere seppellite nel piccolo cimitero di Casigno solo il 4 ottobre, dopo la partenza degli occupanti.dettagli
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2 ottobre 1944Eccidio di RoncastaldoIl 1° ottobre, durante la ritirata dal fronte della Linea Gotica da Monghidoro a Loiano, un plotone di soldati tedeschi della 4a Divisione Paracadutisti in cerca di “banditi” cattura a Piamaggio, con l'aiuto di un collaborazionista, otto uomini tra i 20 e i 40 anni, conosciuti come antifascisti. Portati a Cà dé Rossi, un prigioniero riesce a fuggire. Il giorno seguente gli altri vengono trascinati in un campo a Roncastaldo, a pochi chilometri da Loiano, quindi torturati e orrendamente massacrati. Sono Carlo Calzolari, Fortunato Caramalli, Bruno Gamberini, Ernesto Gamberini, Giuseppe Marchetti, Emidio Minarini e Pietro Minarini. Questa strage è collegata ad altre esecuzioni che avvengono nei dintorni di Monghidoro. Il 29 settembre a Cà di Giorgio, sede di comando tedesco, vengono mitragliate quattro persone inermi, tra le quali due donne e un bambino. Il 2 ottobre a Cà di Lavacchio.vengono uccisi tre contadini.dettagli
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2 ottobre 1944Combattimento tra partigiani e Brigate Nere a Boschi di BaricellaIl 2 ottobre circa cinquanta partigiani del battaglione Gotti della 4a brigata Venturoli Garibaldi si scontrano con un contingente di Brigate Nere lungo la via Scalone, che collega Boschi a Malalbergo. Il combattimento dura tutta la giornata. Al termine i fascisti contano quattro morti e sette feriti. L'azione frutta ai “ribelli” numerose armi, tra le quali una mitragliatrice Breda. Il partigiano Ardo Guidetti, rimasto ferito, viene catturato e giustiziato sul posto. Il suo corpo abbandonato verrà recuperato e seppellito da due giovani donne del luogo. Il giorno seguente un ampio rastellamento coinvolge il paese di Boschi di Baricella. Diverse persone vengono fermate e condotte alle scuole elementari di Baricella, dove è minacciata una fucilazione, che fortunatamente non avviene. In serata molti degli arrestati sono portati a Bologna. Alcuni di essi finiranno nei lager tedeschi. Il 4 ottobre, in località Prato Grande di Minerbio, le brigate nere fucilano Talvanne Franceschi, renitente alla leva della RSI e partigiano del btg Oriente della 4a brigata Venturoli Garibaldi. Il suo cadavere è ritrovato dalla sorella Diana.dettagli
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2 ottobre 1944Eccidio di MolinaccioDiciassette uomini vengono fucilati dai soldati tedeschi a Molinaccio di Gaggio Montano, sul greto del fiume Reno, dopo essere stati costretti a scavarsi la fossa. Sono contadini, artigiani, operai rastrellati a Silla, a Casa Fontana e lungo la strada Porrettana. Nei giorni precedenti i tedeschi erano stati attaccati a Casa Menante dai partigiani, lasciando morti e prigionieri. I resti delle vittime saranno ritrovati casualmente da un contadino nel marzo 1945.dettagli
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3 ottobre 1944Muore il comandante Sergio (Nerio Nannetti)A Ponte Samoggia un gruppo di partigiani del distaccamento “Tarzan” di Anzola Emilia della 7a GAP attacca un camion tedesco. Il comandante Nerio Nannetti (Sergio) decide di affrontare i due soldati alla guida e disarmarli delle loro machinenpistole. Ma un terzo soldato, sdraiato sul fondo del carro, gli spara e lo uccide. È una grave perdita per la Resistenza bolognese. Originario di Calderara di Reno, Nannetti (1910-1944) era un attivista comunista, condannato dal Tribunale Speciale nel 1932 e inviato al confino a Ponza. Era stato uno dei primi promotori della Resistenza sull’Appennino, nell’autunno del 1943. Sfuggito assieme a Monaldo Calari a un rastrellamento nei pressi di Lizzano in Belvedere, era rientrato a Bologna e aveva trovato lavoro come operaio al calzaturificio Montanari. Dopo lo sciopero del 1° marzo 1944 era entrato in clandestinità e aveva cominciato ad operare nella 7a Gap. Il 31 marzo era stato ferito e catturato nel quartiere Libia. Era stato poi liberato assieme agli altri prigionieri politici nell’azione partigiana contro il carcere di San Giovanni in Monte dell’8 agosto. Dopo la morte, a Nannetti sarà intitolato il battaglione Gap di Anzola Emilia, mentre dal dopoguerra porterà il suo nome la Casa del Popolo di Santa Viola.dettagli
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4 ottobre 1944L'artiglieria alleata colpisce la cittàDalla zona di Livergnano, su cui il fronte si è attestato, per la prima volta l'artiglieria Alleata cannoneggia la città. Una granata, sparata da un cannone "Long Tom" americano, esplode il 6 ottobre sul Palazzo del Podestà, danneggiando alcuni affreschi di De Carolis. Un'altra granata colpisce l'Albergo Stella Italia in via Rizzoli, causando un morto. Alcuni proiettili cadono nella zona est della città, finora abbastanza immune dalle distruzioni dovute ai bombardamenti aerei.dettagli
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5 ottobre 1944130 uomini catturati a CereglioIl pomeriggio del 5 ottobre un bando affisso dai tedeschi intima a tutti gli uomini tra i 17 e i 55 anni di Cereglio, paese tra Vergato e Tolè occupato in settembre da un reparto di SS, di presentarsi al comando nella canonica, pena l'essere considerati ribelli e passati per le armi. In 130 vengono spontaneamente o sono raccolti da soldati in tenuta da rastrellamento. La prima notte la trascorrono stipati in un corridoio e nel campanile, i giorni seguenti nella sacrestia e nella chiesa. Il 7 ottobre un certo numero di prigionieri è inviato a scortare il bestiame razziato dai soldati tedeschi in direzione di Zocca. Gran parte di essi riescono a fuggire col favore del buio e del cattivo tempo. La mattina del giorno successivo gli ostaggi rimanenti vengono condotti in direzione di Bologna: alcuni riescono a rientrare per la scarsa sorveglianza della scorta armata, altri finiscono alle Caserme Rosse. La strage temuta, analoga a quella consumata nei giorni precedenti a Monte Sole, è probabilmente scongiurata per la convinzione, maturata presso i tedeschi, che tra i catturati non vi siano partigiani. La formazione dei “ribelli”, nascosta sul Monte Pero, è stata nel frattempo avvertita di non muoversi e non tentare colpi di mano.dettagli
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5 ottobre 1944Fucilazione di Enzo CinelliIn via Fioravanti viene fucilato Enzo Cinelli (1924-1944), pcommissario politico della 1a Brigata Garibaldi “Irma Bandiera”. Catturato per una spiata il 1° ottobre dalle Brigate Nere, è stato rinchiuso nella prigione della Casa del Fascio di via Manzoni. Il suo gruppo operava nella zona del Meloncello.dettagli
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5 ottobre 1944Assassinio di Bruno TosarelliDi ritorno da una riunione di comandanti partigiani, Bruno Tosarelli, responsabile del 6° raggruppamento SAP, è riconosciuto da militi fascisti nel centro di Bologna. Subito circondato e arrestato, viene brutalmente ucciso sul posto. Operaio metalmeccanico, di famiglia antifascista - il padre Pietro sarà sindaco socialista di Castenaso nel dopoguerra - fin da giovanissimo ha svolto attività politica. “Era un operaio cresciuto alla dura scuola della classe operaia e da quella educato a lottare e a credere nella redenzione del lavoro” (Broccoli). Con il gruppo della Stellina partecipò a Castenaso alla raccolta fondi per il soccorso rosso. Nel 1930 venne arrestato e processato come membro dell'organizzazione comunista clandestina. Nel 1937 raggiunse la Spagna e combatté nella Brigata Garibaldi con il grado di tenente, rimanendo ferito due volte. In seguito venne internato in vari campi di concentramento francesi. Tradotto in Italia nel 1941, fu condannato dal Tribunale Speciale a 15 anni di carcere. Liberato nel luglio del 1943, ha partecipato alla riorganizzazione del PCI e dopo l'armistizio ha contribuito alla formazione dei primi gruppi gappisti e sappisti. Nel maggio 1944, dopo l'arresto di Monaldo Calari, è diventato commissario politico della 63a Brigata Garibaldi Bolero, con la quale ha combattuto a Monte Vignola, Monte S. Pietro e Monte Capra. Considerato “fulgido esempio di fede e di eroismo”, nel dopoguerra gli sarà assegnata la Medaglia d'Oro al V.M.dettagli
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5 ottobre 1944Eccidio di LastraLa notte del 5 ottobre nei pressi del piccolo villaggio di Lastra di Rioveggio (Monzuno) le SS tedesche sorprendono sedici persone in un rifugio scavato nella roccia e in alcune case. I soldati si stanno ritirando da Montorio, dove hanno profanato la chiesa - gettando nel letamaio “la scatola dell'ostie” - e fatto saltare il ponte sul Sambro, ridotto a un ammasso di macerie. Alla Lastra probabilmente i Tedeschi trovano del materiale compromettente, come stelle di stoffa o un fucile mitragliatore. In zona hanno le loro famiglie alcuni partigiani della Brigata Stella Rossa. La rappresaglia è feroce e implacabile. Nessuna delle persone catturate viene risparmiata. Tutte vengono uccise e le case date alle fiamme. La strage è senza testimoni, tanto che alcuni la collocheranno già il 29 settembre, in contemporanea all'operazione di Monte Sole. Dopo la partenza dei nazisti nel rifugio e in paese saranno rinvenuti i cadaveri di Arturo Baldazzi, Ezio Baldazzi, Elisa Bertocci, Giuseppe Cella, Tarcisia Collina, Dario Ferretti, Dino Ferretti, Giancarlo Ferretti, Amedea Franchi, Antonia Gnudi, Adalcisa Laffi, Giuseppina Lazzaroni, Clementa Macchiavelli, Claudio Mingarelli, Maria Mingarelli, Ada Neri. Nel dopoguerra si deciderà di lasciare le vittime sepolte nel rifugio, “chiudendo il tunnel con un muretto di cemento”. Il 2 giugno 1958 i resti saranno finalmente trasferiti, su proposta del parroco di Montorio, nel cimitero di quel vicino paese.dettagli
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5 ottobre 1944L'uccisione di don Mauro FornasariUn diacono del seminario bolognese, don Mauro Fornasari (1922-1944), residente a Longara (Calderara di Reno), viene barbaramente ucciso da cinque gendarmi in borghese della Guardia Nazionale Repubblicana di Riale. Il giovane, di idee antifasciste e in contatto con partigiani e renitenti, è stato segnalato dal veterinario del paese, con il quale in passato ha avuto uno screzio. I militi che lo prelevano dalla sua casa, in via Fornace 195, sono smaniosi di vendicare la morte del capitano della GNR Attilio Pappalardo, caduto in un agguato partigiano a Ponte Ronca. Un primo tentativo va a vuoto. Il giovane riesce a fuggire e ritorna dalla sua famiglia. In seguito però rifiuta di nascondersi. I repubblichini lo portano via di nuovo la mattina seguente e, dopo averlo brutalmente torturato, lo finiscono con diversi colpi di pistola al volto sul greto del torrente Lavino a Gesso di Zola Predosa.. La morte di don Fornasari, “ucciso per odio contro la religione”, sarà a lungo controversa. La memorialistica di parte fascista sosterrà che il diacono “offertosi come unico ostaggio dopo un attacco partigiano, salvò un paese intero dallo sterminio” (Pisanò). Il processo a carico di Elio Lolli, uno degli assassini del diacono, lo vedrà condannato a trent’anni di reclusione, ma la pena, dopo vari ricorsi, sarà notevolmente ridotta.dettagli
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5 ottobre 1944L'avanzata della V Armata ostacolata dall'accanita difesa dell'esercito tedescoDopo il ritiro dalla prima Linea Gotica i Tedeschi preparano tre nuove linee di difesa in profondità, all’altezza di Loiano, Livergnano e Pianoro. Lo scopo è rallentare l'avanzata degli Alleati e costringerli ad arrestarsi prima della pianura padana per tutto l’inverno successivo. Il 5 ottobre l’attacco tra Idice e Sillaro della 85a divisione USA porta alla conquista di Monte Bibele, che domina la valle dell'Idice presso Bisano, ma in seguito l'azione è bloccata nei pressi del Monte delle Formiche, bastione chiave della terza linea di difesa tedesca, tenuto saldamente da reparti della 362.a, 65.a e 98.a divisione di fanteria tedesca. L'altro reggimento dell'85a riesce ad avanzare con difficoltà nella valle dell'Idice fino a Monterenzio, trovando poi impedimento nella presenza di gole profonde e ampi terreni allo scoperto, che favoriscono nettamente la difesa. Alla destra dello schieramento alleato l'88a divisione, dislocata lungo il Sillaro, avanza oltre Sassoleone, ostacolata dai resti della 4a divisione paracadutisti, alla quale va in aiuto la 334a divisione, proveniente dalla Valle del Setta. L'8 ottobre l'88a conquista il Poggio del Falchetto e il Monte delle Tombe sul crinale del Sillaro, mentre la 78a divisione e la Brigata Guardie - unità del XIII Corpo - sono incaricate di proteggere il fianco del II Corpo, impegnato nel massimo sforzo offensivo. Gli scarsi risultati dell'avanzata delle truppe del gen. Keyes in questo settore sono dovuti, oltre che all'accanita resistenza nemica, alle pessime condizioni atmosferiche, che impediscono il supporto aereo e rallentano i mezzi corazzati. Il villaggio di Loiano, sul crinale tra Idice e Savena, è conquistato all'alba del 5 ottobre da reparti della 91a divisione, mentre non riesce un assalto a sorpresa al caposaldo di Monte Castellari, due miglia a nord, da dove l'artiglieria tedesca continua a colpire. Il rilievo sarà raggiunto solo il 9 ottobre, sotto una pioggia battente, da una pattuglia della 91a. I reduci del 145° reggimento della 65a divisione tedesca verranno scacciati con attacchi notturni e assalti con scale di corda sulla cresta rocciosa. La battaglia attorno a Loiano costerà agli americani circa 1.400 perdite. Dopo la conquista di Monte Castellari e del villaggio di La Guarda gli americani si troveranno di fronte il baluardo di Livergnano, sul contrafforte pliocenico, strenuamente difeso dalla 65a div. fanteria tedesca. Intanto il 2 ottobre gli uomini del 133° e del 168° reggimento della 34.a divisione, dopo aver liberato Pian del Voglio, Montefredente e Madonna dei Fornelli, sul crinale tra Savena e Setta, muovono in direzione di Monte Galletto, conquistato in serata. Il 4 ottobre, con l'appoggio di carri armati, occupano la cima di Monte Venere. Il 5 ottobre anche il paese di Monzuno, a nord di questo monte, è liberato dai fanti della 34a divisione "Toro", che troveranno in seguito una disperata opposizione presso la massiccia fortezza naturale di Monterumici. Nella valle del Setta la 34a raggiunge Rioveggio il 6 ottobre e poi prosegue per un breve tratto sulla destra del fiume. La valle del Setta tra Monterumici e Monte Sole è difesa dalla 16a div. SS del gen. Simon, che comprende il battaglione di Reder, responsabile della strage di Marzabotto. Tra le valli del Setta e del Reno è in marcia la 6a divisione sudafricana - con le brigate 11a, 12a, 13a - e la 24a brigata di guardie irlandesi e scozzesi. Dopo la conquista di Camugnano e il superamento del Vigese, i sudafricani sono bloccati fino al 13 ottobre sotto Monte Stanco e raggiungono Monte Salvaro solo dieci giorni dopo. Il fianco occidentale di monte Salvaro e la valle del Reno saranno tenuti saldamente, fino alla primavera successiva, dalla 114a divisione Jaeger e dai fanti della 94a divisione.dettagli
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5 ottobre 1944Gli Alleati a Porretta accolti dai partigianiIl 26 settembre, dopo duri combattimenti contro la 362a divisione di fanteria tedesca, la 6a divisione corazzata sudafricana supera il vallo fortificato della Gotica nei pressi della Collina pistoiese. Qui è rimpiazzata dal Combat Command B americano. Tra il 2 e il 3 ottobre i partigiani della Brigata Matteotti Montagna, comandata da Antonio Giuriolo (il Capitano Toni) liberano Castel di Casio e - assieme a partigiani della 7a divisione Modena “Armando” e della brigata Giustizia e Libertà comandata da Pietro Pandiani - occupano Granaglione e Porretta Terme. Il 5 ottobre gli americani entrano a Porretta accolti dai partigiani e nei giorni successivi, con l'11. btg. di fanteria della 1a divisione, prendono possesso della "terra di nessuno" tra Lizzano, Porretta e Gaggio. Nella cittadina termale Ferdinando Baroncini, in nome del CLN, ha già eletto il nuovo sindaco: è l'avvocato Emilio Buini, pioniere del movimento operaio e socialista nell'Alta Valle del Reno. Tra il 30 ottobre e il 9 novembre raggiunge l'alto Reno anche la Forza di Spedizione Brasiliana (FEB), che viene aggregata al IV Corpo d'Armata USA. Nella zona di Lizzano e Pianaccio i giovani resistenti affiancano gli Alleati come esploratori della Linea Verde II, oltre a compiere numerose azioni di disturbo contro i Tedeschi in ritirata. L'offensiva alleata si esaurisce comunque alle pendici dei rilievi che dominano il territorio attorno a Porretta: Monte Belvedere e Monte Castello. I Tedeschi, attestati sulle cime dominanti la Valle del Reno, possono continuare a colpire il paese e i dintorni con l'artiglieria pesante. L’aeroporto costruito dagli americani nell’area della Daldi verrà spostato in zona più sicura dopo la distruzione di alcuni veivoli da parte dei difensori di Monte Castello. Porretta rimane per tutto l’inverno terra di frontiera. I pochi abitanti vivono alla giornata, al servizio dei soldati americani e brasiliani occupanti. Alcool e donne sono “le vere merci di scambio”. Con traffici di ogni genere alcuni approfittano della situazione e si arricchiscono: “A tratti sembrava di vivere in una cittadina del West toccata dalla scoperta improvvisa di un filone d’argento” (Melchioni).dettagli
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6 ottobre 1944La difesa tedesca sui monti della Riva e sul BelvedereL'ordine di Alfred Jodl, capo di stato maggiore tedesco, emanato il 6 ottobre, è di tenere a tutti i costi, “fino all'ultimo uomo”, le postazioni della Linea Verde B. Nell'area di Lizzano in Belvedere giungono le truppe alleate della Task Force 45, formata anche da artiglieri inviati in prima linea per carenza di effettivi di fanteria. Arrivano in zona anche le truppe corazzate del Combat Command B, dotate di carri Sherman. I tedeschi della 232a Divisione si sono asserragliati su posizioni formidabili. Dai monti della Riva controllano Rocca Corneta. La loro linea sale attraverso Corona fino alla vetta del monte Belvedere. Gli alleati, che non sono attrezzati per la sosta invernale, si affidano ai partigiani della zona per le pattuglie sul fronte. A Lizzano e Gaggio Montano operano la brigata Giustizia e Libertà guidata da Pietro Pandiani (100 uomini), la Matteotti di Toni Giuriolo (250 uomini) e la Modena (1100), al comando di Mario Ricci (Armando). A scardinare le difese tedesche saranno inviate, nel febbraio del 1945, le truppe scelte della 10a Divisione da montagna USA (13.000 uomini divisi in tre reggimenti: l'85°, 86° e 87° fanteria).dettagli
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6 ottobre 1944Il distaccamento partigiano dell'OSSE' creato il distaccamento partigiano dell'Office of Strategic Services (OSS) americano. Il suo compito è ottenere informazioni con missioni a breve raggio sul fronte del 4° Corpo d'Armata. Su pressione di Armando Ricci, comandante della Divisione "Modena", la nuova unità ottiene anche l'incarico di fornire armi, cibo, uniformi e denaro a un numero determinato di partigiani aggregati all'esercito alleato e di organizzare lanci aerei per le formazioni dietro le linee nemiche. Entro una settimana dalla sua formazione, il distaccamento OSS invia quattro ufficiali e 17 soldati di origine italo-americana presso le principali brigate partigiane operanti tra il fiume Reno e il Tirreno, cioè i resti della Divisione "Modena", la Matteotti, la Giustizia e Libertà e la 7a Garibaldi comandata da Mario Levi (Mario), capo di stato maggiore di Ricci.dettagli
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6 ottobre 1944Tre partigiani uccisi a Ghiandolino di ImolaIl Battaglione Sap Montano, costituito nel giugno 1944 dopo la liberazione di Roma su indicazione del CUMER e del CLN di Imola, ha il compito di operare sulle colline a sinistra del Santerno. Durante la ritirata tedesca deve servire da collegamento con la 36a Brigata Garibaldi Bianconcini e collaborare poi con le altre Sap e con i Gap alla liberazione di Imola. Il 5 ottobre i sappisti del btg Montano compiono alcune azioni contro i Tedeschi nella periferia della cittadina romagnola. Al termine decidono di spostarsi dalla zona per sfuggire ad eventuali azioni di rastrellamento. I partigiani Rino Ruscello e Marino Dalmonte (Petit) rimangono a Cà Genasia, nei pressi della chiesa di Ghiandolino, per coprire la ritirata dei compagni e controllare i movimenti dei nemici. Il 6 ottobre soldati della Wehrmacht guidati da spie circondano il podere di Cà Genasia e lo perlustrano accuratamente, facendosi scudo con la giovane staffetta Elisa Gambassi. I "ribelli", nascosti nel fienile, sparano e uccidono per errore la ragazza. Immediatamente i Tedeschi danno fuoco alla cascina e i due muoiono intrappolati nell'incendio. Rino Ruscello ha fatto parte di uno dei primi gruppi armati confluiti in Appennino nella 4a brigata Garibaldi (poi 36a bgt Bianconcini). E' stato comandante gappista e poi effettivo del btg Sap Montano. Anche Marino Dalmonte, ex militare in aeronautica, prima di essere assegnato alla brigata Sap era nel distaccamento imolese della 7a Gap. Ha partecipato a vari combattimenti e azioni contro i nazifascisti. I due partigiani saranno trovati “uno vicino all'altro stringendo ancora tra le braccia i resti bruciacchiati delle armi con le quali si erano difesi fino alla fine”. Entrambe saranno insigniti della Medaglia d'Oro alla memoria.dettagli
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6 ottobre 1944Esecuzioni e torture a Colle AmenoTra il 6 ottobre e la fine di dicembre a Colle Ameno, nei pressi di Pontecchio Marconi, oltre venti uomini - invalidi al lavoro o sospetti partigiani - sono uccisi e sepolti in fosse comuni dai gendarmi SS della 16a Panzergrenadier Division “Reichsführer”. Nel piccolo borgo è allestito un campo di smistamento per prigionieri civili "Z-G" (Zivil Ghegagener), al comando del sergente Friedrich Brotschy (Fritz). La grande villa costruita dal senatore Filippo Ghisilieri nel XVIII secolo - conosciuta volgarmente come la Ghisiliera - è stata per qualche tempo utilizzata dalla Lufthansa come base logistica e in seguito come ospedale militare. In questo periodo i sotterranei vengono trasformati in prigione e in luogo di tortura per oltre 400 uomini rastrellati dai tedeschi al di qua della Linea Gotica, tra Loiano e Porretta. Dopo pochi giorni di detenzione in condizioni disumane, gran parte degli ostaggi sono trasferiti a Bologna alle Caserme Rosse e alla caserma di artiglieria di porta d'Azeglio e quindi deportati in Germania o utilizzati in loco dalla organizzazione Todt. Nel 700 e nell'800 la villa di Colle Ameno, tra le più grandi del contado bolognese, fu centro di feste, accademie, recite teatrali. Il senatore Ghisilieri vi teneva una preziosa collezione di medaglie, mentre nel borgo funzionava una rinomata tipografia e una fabbrica di maioliche. I magazzini contenevano una raccolta completa di tutte le macchine agricole in uso all'epoca. Durante l'occupazione tedesca, dalla bella cappella barocca dedicata a San Pio V, che al contrario della villa sopravviverà al conflitto, vengono portate all'aperto - e usate come bersaglio - alcune statue di santi, mentre quelle dei fattori di casa Ghisilieri sono appese come monito per i prigionieri.dettagli
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6 ottobre 1944Il battaglione autonomo Patrioti italianiA Bagni di Lucca nella valle del torrente Lima si costituisce il Battaglione autonomo Patrioti italiani formato da partigiani - soprattutto del Partito d'Azione e cattolici - che nei mesi precedenti hanno combattuto i nazifascisti tra l'Appennino e le Apuane con la denominazione XI Zona Patrioti dell'Esercito di Liberazione Nazionale (ELN). La formazione è comandata da Manrico Ducceschi (Pippo, 1920-1948) e raggiungerà la Linea Gotica a fianco delle truppe brasiliane e statunitensi. Sarà una delle poche in Italia mantenuta in linea dagli Alleati in piena efficienza e operativa assieme alle loro truppe. Presiederà alcune zone avanzate tra Pania Secca e Putignano, controllando circa quaranta chilometri di fronte. Nell'aprile 1945 parteciperà all'offensiva finale alleata - solo la 28a Brigata Garibaldi “M. Gordini” di Bulow e la Brigata Maiella di Ettore Troilo avranno questo onore - e all'inseguimento dell'esercito tedesco oltre l'Appennino e nella Pianura Padana, contribuendo alla liberazione di Modena, Reggio Emilia, Parma e Piacenza. I Patrioti italiani di Pippo saranno tra i primi ad attraversare il Po e a entrare a Milano. Verranno smobilitati con l'onore delle armi all'Abetone l'8 giugno 1945. Il 24 agosto 1948 il comandante Pippo, in posizioni fortemente critiche verso una parte della Resistenza, sarà trovato morto nella sua casa di Lucca. L'ipotesi di suicidio non convincerà le persone a lui più vicine.dettagli
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8 ottobre 1944A Bologna si attende il segnale dell'insurrezioneA Bologna si attende il segnale per l'inizio dell'insurrezione partigiana, volta ad assumere il controllo dei punti nevralgici della città subito prima dell'arrivo degli Alleati. Si dice che gli uomini della Resistenza siano pronti ad “attaccare i tedeschi e i fascisti entro le mura ed in periferia” dopo aver udito un segnale acustico lanciato da un'aereo sulla piazza Vittorio Emanuele. Il passaggio di un aereo alleato sui cieli di Bologna l'8 ottobre viene interpretato da alcuni in questo senso. Secondo altre fonti l'inizio delle operazioni, atteso per il 14 ottobre, sarà annunciato da tre colpi di artiglieria, che dovranno colpire la piazza. La notizia dell'insurrezione appare a queste date del tutto infondata. Gli Alleati non hanno alcun cannone che possa colpire con precisione da 18 chilometri, la distanza da Bologna in cui si trovano attualmente. Anche le operazioni di concentramento dei partigiani in città, secondo le direttive del CUMER, non sono ancora state attuate: la maggior parte delle forze partigiane occupano ancora le ripettive zone di influenza sulle montagne e nella bassa padana.dettagli
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8 ottobre 1944Battaglia di RasiglioLa 63a Brigata Garibaldi, al comando di Corrado Masetti “Bolero”, opera nella zona tra Monte Capra e Monte San Pietro, alle spalle della Linea Gotica. L’8 ottobre la brigata, forte di 150-200 uomini, divisi in varie basi in località Rasiglio, subisce un pesante rastrellamento da parte di una divisione di SS. La battaglia più importante avviene in località Cavallazzo (o Cà Cavallaccio). Dopo diverse ore di combattimento con armi leggere, un certo numero di partigiani riesce a rompere l’accerchiamento della casa colonica in cui sono asserragliati e a porsi in salvo verso i boschi di Brasa. Rimangono sul campo una dozzina di morti, mentre alcuni feriti sono nascosti e curati a Cà di Chiuzzo. Nella zona di Monte San Pietro sono fatti prigionieri decine di uomini e bruciate trenta case. Il 9 ottobre tre civili che hanno fornito aiuto ai partigiani sono fucilati sul posto. Altri 13 partigiani fatti prigionieri saranno trucidati il 10 ottobre al cavalcavia ferroviario di Casalecchio di Reno, dopo essere stati a lungo interrogati e torturati. Il comando della brigata, in trasferimento verso Bologna con Bolero e Monaldo Calari, sarà sorpreso dai tedeschi e annientato il 30 ottobre sull’argine del Reno, nei pressi di Casteldebole. Tra le vittime vi sono anche i partigiani russi guidati da Karaton, che hanno combattuto eroicamente a Rasiglio.dettagli
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8 ottobre 1944Rastrellamenti e uccisioni delle SS tra Sasso Marconi e Anzola EmiliaNei primi giorni di ottobre reparti della 16a divisione Waffen SS Reichsführer, la stessa della strage di Monte Sole, effettuano una serie di incursioni nei comuni di Sasso Marconi, Monte San Pietro, Casalecchio di Reno, Zola Predosa, Anzola dell'Emilia - territorio operativo della 63a Brigata Garibaldi - allo scopo di raccogliere manodopera per il lavoro coatto e reprimere la Resistenza. Durante le operazioni di rastrellamento vengono uccise diverse persone nelle frazioni di Zola Predosa: a Riale, alle Tombe, a Rigosa e a Gessi. Tra le vittime figura il dott. Clemente Cocchi (1879-1944), militante socialista, uno dei fondatori della Farmacia Cooperativa di Bologna, freddato con un colpo alla nuca. Una trentina di uomini catturati nelle cascine lungo la strada Bazzanese sono rinchiusi la notte dell'8 ottobre in un porcile “stretti come sardine in scatola” e il giorno dopo sono fatti proseguire a piedi per Casalecchio e Bologna. Arrivati alla sera alle Caserme Rosse, sono subito inviati al campo di smistamento di Fossoli. Sempre l'8 ottobre padre Mario Ruggeri, frate carmelitano nel convento di S. Giovanni Battista di Ravenna, è trucidato sulla strada di Tignano. Convalescente da una grave malattia, non riesce a stare al passo con la colonna dei prigionieri a cui è stato aggregato. Viene prima ferito e poi finito con un colpo alla tempia da un maresciallo tedesco. Un giovane militare italiano, malato di pleurite, è invece abbandonato per la strada morente durante un trasferimento a piedi verso Bologna. Il parroco di Nugareto don Ugo Romiti viene privato di ogni indumento sacerdotale e gravemente minacciato e offeso. Nella piazzetta del cavalcavia ferroviario di Casalecchio, dove sono state composte le salme di due soldati tedeschi uccisi dai “ribelli”, viene consegnato ad alcuni ufficiali SS, che lo colpiscono con pugni, schiaffi e calci. Dopo ripetute minacce di fucilazione sarà avviato alle Caserme Rosse assieme a un nutrito gruppo di rastrellati, di cui fanno parte altri due preti: don Andrea Balestrazzi e don Roberto Tassinari. I tedeschi se la prendono specialmente con i sacerdoti, accusati di appoggiare la Resistenza. Minacce e derisioni subiscono anche tre padri barnabiti prelevati con altri all'eremo di Tizzano e condotti prigionieri a Bologna. Il 10 ottobre avverrà l'episodio più efferato del grande rastrellamento: sempre al cavalcavia di Casalecchio tredici partigiani, catturati dopo la battaglia di Rasiglio, saranno impiccati con fil di ferro e falciati a colpi di mitra.dettagli
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9 ottobre 1944Il fronte si arresta sotto MonterumiciDopo l'occupazione di Monzuno tra il 4 e 5 ottobre, la 34a Divisione americana punta alle alture poco distanti di Monterumici, dominanti le valli del Setta e del Savena. Qui incontra la dura opposizione della 16a Divisione SS. L'offensiva alleata è rallentata anche dal maltempo e si esaurisce tra l'8 e il 9 ottobre ai piedi di Monterumici. Il 10 ottobre gli Alleati arrivano da due direzioni nei pressi della Torre di Montorio - gli americani scendendo il Sambro e gli inglesi il Setta - che fino a poco prima ha ospitato il maggiore Reder e il comando della 16a Divisione SS Reichsfürer, responsabile della strage di Monte Sole. La linea del fronte si fermerà per tutto l'inverno 1944-45 tra Sant'Ansano nella Valle del Savena, Furcoli, Vado e Monte Sole. Gli Alleati e i tedeschi saranno separati da una terra di nessuno di poche centinaia di metri e continue saranno le scaramucce tra pattuglie e le imboscate agli avamposti con cattura di prigionieri. La ripresa delle ostilità su larga scala avverrà il 15 aprile 1945 e la conquista di Monterumici, con il suo caposaldo difeso dagli alpini della 8a Divisione, avverrà solo la mattina del 18 aprile, ad opera dei fanti della 88a Divisione, dopo che gran parte dei difensori si saranno sganciati per non rimanere accerchiati.dettagli
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9 ottobre 1944Decine di uomini rastrellati a Sesto ImoleseA Sesto Imolese - e nelle frazioni intorno - vengono rastellati centinaia di uomini, colpevoli di aver partecipato, un mese prima, a una manifestazione antifascista. Il 14 settembre il Cln aveva organizzato a Sesto, assieme ai sappisti e ai gappisti locali, un raduno a carattere preinsurrezionale. Dichiarato “lo sciopero generale politico”, erano state tagliate le linee telefoniche e telegrafiche e bloccate le strade d'accesso al paese. Circa duemila persone - soprattutto donne - erano confluite in piazza inneggiando alla liberazione e alla pace. Un rappresentante del Cln, Ezio Serantoni, aveva tenuto un discorso, seguito da un corteo con canti antifascisti. Truppe speciali, appartenenti alla 305. Infanterie-Division della Wehrmacht, muovono alle 6 del mattino del 9 ottobre dalle località di Balia, Bettola e Sterlina. Passando di casa in casa, portano via con la forza tutti gli uomini che trovano. 269 civili vengono inizialmente radunati nella piazza di Sesto. I più anziani sono rimandati a casa, mente un centinaio vengono condotti a Medicina per una ulteriore selezione. L'intervento di un reggente del Fascio, infiltrato dalla Resistenza, consente la liberazione della metà di essi. Gli altri, oltre una cinquantina, sono avviati al Sammellager di Fossoli e infine tradotti, assieme a molti alti prigionieri italiani, nei campi di lavoro del Reich.dettagli
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9 ottobre 1944Partigiani uccisi a Funo di ArgelatoNella notte tra il 9 e il 10 ottobre una squadra di militi fascisti delle brigate nere (o forse della GNR) si recano a Funo di Argelato - a seguito di una soffiata o di una confessione estorta sotto tortura - e prelevano alcuni uomini dalle loro case. Sono tutti partigiani della 2a Brigata Garibaldi "Paolo". Il primo ad essere catturato è Adelmo Bernardi, che viene brutalmente picchiato. Poi i fascisti vanno a casa del quindicenne Cesare Grazia e lo portano via assieme ad Agostino Stagni. Ai tre è intimato di rivelare i nomi di alcuni dei comandanti partigiani operanti nella zona. Dopo averli picchiati e torturati li trascinano lungo la strada tra Casadio e Argelato. Sul luogo scelto per l'esecuzione Stagni riesce a fuggire, mentre Grazia e Bernardi rimangono uccisi. Poco dopo i fascisti fanno irruzione nella casa del caposquadra Renato Tampellini (Sandalo, 1924-1944), lo torturano ferocemente e lo finiscono. Cercano anche Carlo Bernardi, fratello di Adelmo, ma non lo trovano. Infine arrestano e uccidono Alfonso Machesini, bruciando anche la stalla della casa colonica in cui vive. Secondo alcune testimonianze, al rastrellamento di Funo partecipano i capi del PFR bolognese, che davanti ai cadaveri delle vittime si abbandonano “perfino a oltraggiosi schiamazzi e grida, invitando la popolazione ad assistere alla macabra scena”.dettagli
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10 ottobre 1944Eccidio al cavalcavia di CasalecchioTredici partigiani della 63a Brigata Garibaldi, fatti prigionieri dopo la battaglia di Rasiglio, sono condotti dai tedeschi nel giardinetto presso il cavalcavia ferroviario di Casalecchio di Reno (piazzetta della Vittoria, poi piazza Matteotti). Qui due giorni prima, nel corso di uno scontro con i “ribelli”, erano stati uccisi due carristi della 16a divisione Waffen-SS Reichsführer-SS, la stessa di Monte Sole. Ad uno ad uno gli ostaggi vengono legati alla gola e alle mani con filo spinato, appesi a pali e cancellate, falciati alle gambe con raffiche di mitra e lasciati morire dopo lunga agonia. Si tratta di Giacomo Dall'Oca, Mauro Emeri, Ubaldo Musolesi, Alberto Raimondi, Gino Zacchini, tre partigiani sovietici e lo studente costaricano Carlo Martinez Collado. Quattro rimarranno ignoti. I cadaveri rimarranno esposti come monito alla popolazione. Al collo di uno di essi sarà appeso un cartello con la scritta: “Questa è la fine di ogni partigiano o spia antitedesca”. Lo scrittore-partigiano Antonio Meluschi lascerà un’efficace descrizione dell’olocausto di Casalecchio. Dopo alcuni giorni i corpi ormai in decomposizione saranno seppelliti in fretta dal parroco di Casalecchio don Carlo Marzocchi in una buca provocata da una bomba d'aereo e recuperati solo alla fine della guerra. Il sistema particolarmente crudele di rappresaglia farà pensare in un primo tempo al boia di Marzabotto Walter Reder e ai suoi uomini come responsabili dell'eccidio. Le indagini condotte dal 2000 per i fatti di Casalecchio dalla procura di La Spezia, dopo l'apertura del cosiddetto “armadio della vergogna”, vedrà coinvolti alcuni ufficiali della 16a divisione SS. Sono il capitano Karl Manfred Schmidt del 16° reparto carristi, il maggiore Helmut Looss, responsabile del reparto Ic, il più coinvolto nella repressione della Resistenza, e il generale delle Waffen SS Max Simon, comandante della divisione durante la campagna d'Italia.dettagli
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11 ottobre 1944Il direttore dell'Archiginnasio tra i morti del bombardamento di CasagliaUn bombardamento aereo degli Alleati colpisce l'edificio della colonia comunale di Casaglia, sui colli cittadini, provocando morti e feriti tra gli alunni e le assistenti scolastiche. Tra coloro che rimangono sotto le macerie vi è anche il direttore della biblioteca dell'Archiginnasio, Lodovico Barbieri (1883-1944), assieme ad Alcibiade Natalini, addetto a Casa Carducci, e ad altri operai e impiegati. Dopo l'incursione del 29 gennaio, che ha distrutto una parte della storica e centralissima sede della biblioteca, i fondi librari più preziosi sono stati depositati nella scuola, situata in una zona ritenuta più sicura e al riparo dalle bombe. Proprio il movimento dei camion che trasportavano i libri dell'Archiginnasio ha forse insospettito i piloti alleati, inducendoli a pensare a un probabile obiettivo militare.dettagli
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11 ottobre 1944La battaglia di Purocielo e il sacrificio dei medici partigianiIl 9 ottobre, nella zona di Santa Maria di Purocielo, tra le valli del Sintria e del Lamone, quasi 700 partigiani della 36a Brigata Garibaldi, guidati da Luigi Tinti (Bob), prendono posizione alle spalle della Linea Gotica. Viene decisa un’azione attraversamento delle linee tedesche per ricongiungersi con le forze alleate, attestate a meno di due ore di cammino verso sud. La manovra però non riesce e i partigiani subiscono un violento contrattacco, che nei tre giorni successivi provoca in varie località della zona (Cà di Malanca, Poggio Termine, Monte Colombo) lunghi scontri armati, con numerose perdite da entrambe le parti. L'11 ottobre tedeschi e fascisti attaccano la sede del comando di brigata a Cà di Gostino, facendo molte vittime. Il comandante Bob riesce tuttavia a forzare l'accerchiamento. Nella notte tra il 13 e il 14 ottobre il grosso della brigata esce dalla valle di Purocielo a nord, giunge il 16 a Modigliana, passando da Monte Melandro e si incontra con gli Alleati a Monte Freddo. I feriti di Purocielo rimangono nella canonica di Cavina con medici e infermieri volontari. Saranno catturati dai tedeschi il 14 ottobre e trasferiti a Brisighella. Qui verranno prelevati dalla Brigata Nera di Faenza, torturati e poi trasferiti a Bologna, dove il 20 ottobre saranno tutti fucilati al Poligono di Tiro. Tra essi il dottor Ferruccio Terzi e lo studente Renato Moretti, mentre l’infermiera Laura Guazzaloca morirà nel lager di Fossoli. Dei sanitari aggregati ai partigiani faceva parte anche il tenente medico austriaco Wilhelm, soppresso subito dopo la cattura. Nella battaglia di Purocielo, l'ultima sostenuta dalla 36a Brigata, cadono una sessantina di partigiani. Nonostante la dura sconfitta la formazione ha dimostrato di aver raggiunto un grado notevole di efficienza militare. I partigiani superstiti del II e IV btg. saranno disarmati dagli inglesi e inviati al centro profughi di Firenze, dove potranno abbracciare i compagni reduci da Monte Battaglia. Bob e il Moro cercheranno di mantenere uniti gli uomini e di prepararli per un ritorno in prima linea. Il 22 febbraio 1945 entreranno quasi tutti nei gruppi di combattimento del nuovo esercito italiano.dettagli
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12 ottobre 1944Alfonso Melloni rastrellato e deportatoIl 12 ottobre Alfonso Melloni, presidente diocesano dei giovani dell'Azione cattolica (GIAC), è catturato durante un rastrellamento a San Ruffillo, mentre è alla ricerca di cibo. E' inviato nel lager di Fossoli e quindi rinchiuso nel campo di prigionia di Chemnitz in Sassonia. Qui sarà costretto a lavorare duramente nella fabbrica Reinecher. Riuscirà in seguito a farsi trasferire a Monaco di Baviera, dove sarà impiegato in banca, ma anche assistente spirituale degli internati italiani, in particolare dei carabinieri arrestati a Roma dopo l'8 settembre. Poco prima della caduta del nazismo potrà tornare in Italia con un lungo viaggio a piedi. Nato nel 1902, Melloni è stato, assieme ai fratelli Giorgio e Lorenzo, uno dei protagonisti dell'esperienza del Circolo di Azione cattolica Leone XIII. Ha rifiutato con fermezza l'adesione al fascismo. Poco prima della sua cattura, operando presso l'oratorio Salus, vicino a porta Saragozza, ha preso ad aiutare i rastrellati toscani, che don Giulio Salmi è riuscito a far evadere dal lager di transito delle Caserme Rosse. Nel 1948 sarà ordinato sacerdote e nel 1952 diventerà Rettore del Seminario Diocesano. La sua esperienza sarà rievocata il 5 maggio 1976 in un incontro promosso dal Centro di documentazione “Comunità di Fede e Resistenza” di mons. Luciano Gherardi.dettagli
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12 ottobre 1944La distruzione degli stabilimenti DucatiIl bombardamento del 12 ottobre distrugge il grande stabilimento della Ducati a Borgo Panigale. L'operazione “Pancake” (frittella) è condotta da 75 fortezze volanti B-24 Liberator, scortate da P-38 Lighting. La fabbrica è centrata da 21 bombe da 500 libbre in una prima ondata alle 12,30 e da 12 bombe un'ora dopo. Chiamata “la cittadella del proletariato”, la Ducati è nel 1943 la più grande industria bolognese, con oltre 6.000 dipendenti e 4.000 macchine utensili. La prima pietra della fabbrica modello era stata posata il 1° giugno 1935. Dei quaranta padiglioni adibiti alla produzione, 14 sono completamente distrutti e i restanti danneggiati fino al 70%. Al momento del bombardamento, una parte delle macchine e delle unità produttive è già stata evacuata altrove. La sezione micromeccanica e tecnica, che produce pompe d'iniezione per i Tedeschi è stata trasferita, nel maggio 1944, a Crevalcore, in alcuni edifici requisiti (650 lavoratori e oltre 200 macchine). Altri settori hanno trovato rifugio nel circondario bolognese (Anzola, Bentivoglio, al Pontelungo), lungo la direttrice di Vignola (Crespellano, Bazzano) e in alcune località del nord (Vicenza, Cavalese, Milano).dettagli
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12 ottobre 1944Il bombardamento più lungo e massiccioIl 12 ottobre viene effettuato un devastante bombardamento a tappeto su Bologna e dintorni, che dura praticamente una intera giornata. Si tratta dell'incursione aerea più pesante in Italia, dopo quella che ha raso al suolo l'abbazia di Montecassino. Tra le 9,30 e le 13,20 si susseguono cinque ondate di bombardieri. Secondo fonti alleate, all'azione partecipano circa 1.200 veivoli della 15. e 12. Air Force USA e della Desert Air Force. Vengono interrotte in più punti le linee ferroviarie: a Casaralta, Corticella, Borgo Panigale, San Ruffillo. Sono colpite le Caserme Rosse di Corticella e le installazioni militari di via Fossolo. Nonostante il tempestivo allarme, la violenza dell'attacco provoca nel capoluogo più di 400 morti e quasi 1.500 fabbricati danneggiati. Viene colpita anche una base di partigiani con numerosi feriti condotti all’ospedale dagli stessi compagni. I malati della Clinica Ostetrica del Sant'Orsola, salvati dal maggiore medico Augusto Bonola, sono in parte ricoverati all'Ospedale Rizzoli, occupato dall'esercito tedesco. I danni arrecati agli impianti lasciano la città senza energia elettrica. Il "Resto del Carlino" esce, in edizione ridotta, solo dopo cinque giorni. Migliaia di bombe vengono lanciate anche nella campagna intorno. Vengono colpiti sistematicamente vigne, stalle, poderi, case coloniche. Nella zona orientale si contano diverse vittime alla Croara. L'obiettivo principale dell'azione è scompaginare e distruggere le retrovie tedesche attorno a Bologna con il lancio di migliaia di ordigni a frammentazione: un vero e proprio bombardamento "a uomo". Il risultato, però, non viene ottenuto, anche a causa del maltempo che imperversa sulla zona.dettagli
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12 ottobre 1944Chiusura del campo per i rastrellati delle Caserme RosseA seguito del pesante bombardamento alleato, che provoca anche diverse vittime tra i prigionieri, viene chiuso il campo di smistamento per i rastrellati delle Caserme Rosse in via Corticella, in funzione dall'8 settembre 1943. Secondo don Giulio Salmi, cappellano del campo, solo tra giugno a ottobre 1944 sono passati di qui più di 35.000 prigionieri, poi smistati per il lavoro nel Reich o a servizio dell'esercito tedesco sul fronte italiano. Dopo il 12 ottobre i fuggiaschi del campo sono soprattutto nascosti in città: nelle chiese, nei conventi, negli ospedali e anche presso privati. I rastrellati continueranno ad affluire nella caserma del XIII Artiglieria di porta d'Azeglio, nella caserma Magarotti in via dei Bersaglieri e a San Giovanni in Monte. Nonostante l'accordo di sospensione intervenuto a novembre tra i tedeschi e la RSI, i rastrellamenti e gli eccidi continueranno nel bolognese fino alla liberazione. Nel dopoguerra il quartiere militare delle Caserme Rosse diventerà una sorta di bidonville, ospitando numerose famiglie di immigrati e senzatetto.dettagli
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13 ottobre 1944Liberata Grizzana e i monti circostantiLe avanguardie degli Alleati liberano Grizzana il 10 ottobre e due giorni dopo occupano la stazione ferroviaria sulla Direttissima. Fra il 13 e il 14 ottobre la 6a Divisione corazzata sudafricana e la 24a Brigata Guardie britannica occupano i monti Stanco e Vigese, poi più volte perduti e riconquistati contro i difensori tedeschi, appartenenti al 36° btg. della 16a Divisione Corazzata "Reichsfuhrer SS", rilevato, da ultimo, dalla 94.a Divisione di fanteria. Sul monte Stanco i tedeschi subiscono oltre 500 perdite, tra le quali 60 morti e oltre 120 prigionieri. Nella 9a compagnia - 274. Rgt. della 94a Divisione rimarranno solo 18 uomini. Dopo i ripetuti contrattacchi i soldati tornano alle loro basi "sfiniti ed accasciati".dettagli
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13 ottobre 1944Disarmo dei partigiani socialisti a MedicinaI dirigenti comunisti dei GAP di Medicina ordinano il disarmo delle formazioni SAP locali di ispirazione socialista. La motivazione addotta è l'inattività delle stesse. Il CUMER interviene prontamente presso il comando del distaccamento con un documento, firmato da Sante Vincenzi (Mario) responsabile dei collegamenti con le formazioni combattenti, che ordina “di restituire immediatamente e integralmente armi e munizioni tolte arbitrariamente ai compagni socialisti di Medicina”, minacciando il massimo rigore contro qualsiasi infrazione.dettagli
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13 ottobre 1944Il 13° Corpo avanza verso la pianura padanaA est del 2° Corpo della V Armata, che sostiene l'attacco principale alla Gotica in Appennino, opera il 13° Corpo britannico. Quest'ultimo schiera la 78a divisione, in avanzata verso Imola, sui due versanti del fiume Santerno. Tra il 13 e il 16 ottobre essa fallisce i suoi obiettivi sul Monte La Pieve. La 1a divisione procede a fatica nella valle del Senio - via "Arrow" - verso Castel Bolognese. Si trova davanti una serie di alture, tra le quali il Monte Cece (759 m), che con i suoi pendii ripidissimi domina la strada Casolana. Qui alle truppe inglesi avanzanti si oppongono i granatieri della 715a divisione tedesca, reduce da Anzio e alcuni reparti di bersaglieri della RSI. La battaglia durerà quasi due settimane con pessime condizioni atmosferiche. Il primo attacco è portato senza fortuna il 3-4 ottobre dai fucilieri della 3a Brigata di fanteria. Il secondo è sferrato dal 5 all'8 ottobre dal Duke of Wellington's Regiment, che conquista faticosamente la vetta con molte perdite, compreso il suo comandante. Lasciando molti prigionieri, i tedeschi si ritirano sul Cerro e sul Monte della Vecchia. Lasceranno il Monte Cece il 16 ottobre, dopo un sanguinoso attacco che costerà 700 perdite solo tra gli inglesi. Lungo il fiume Lamone, in direzione di Faenza, opera l'8a divisione indiana. Fino al 23 ottobre è impegnata sul Monte Casalino e i suoi progressi sono limitati. Infine la 6a divisione corazzata procede lungo la valle del Montone, sulla statale 67 - denominata "Star" - verso Forlì. L'8 ottobre tenta senza successo di raggiungere Portico di Romagna.dettagli
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13 ottobre 1944Uccisione di don Fornasini, l' "Angelo di Marzabotto"Nella zona di Monte Sole, accanto al muro del cimitero di San Martino, i tedeschi uccidono don Giovanni Fornasini (1915-1944), parroco di Sperticano. Durante i rastrellamenti avvenuti in estate nella zona e dopo l'eccidio di Monte Sole il giovane prete si era prodigato presso i comandi tedeschi per il salvataggio di molti dei suoi parrocchiani. A volte era stato fermato e rinchiuso perché sospettato di rapporti con i partigiani della brigata Stella Rossa e per la sua capacità di “far sfuggire alla mitraglia nemica molte persone”. Infatti “riusciva a smuovere molti cuori”. Padre Cattoi ricorderà che don Giovanni “non calcolava il rischio, non diceva di no a nessuno (...) decideva e partiva, senza dar retta a tante raccomandazioni alla prudenza”. Don Zanini lo dipingerà come “il giovane impaziente trascinato da uno zelo a volte intemperante, l'eroe che si butta dove c'è bisogno senza troppi calcoli perché ragiona col cuore”. “Era costantemente in allarme, come se fiutasse l'aria per avvertire ciò che andava succedendo nei dintorni ed era sempre fra i primi a portare aiuto là dove scoppiava qualche calamità”. Nonostante il divieto dei nazisti, dopo la strage aveva dato sepoltura ai morti di Casaglia e di Caprara. La sera del 12 ottobre, durante una festa di soldati, aveva affrontato con decisione un ufficiale nazista, che voleva trascinarvi le donne rifugiate nella sua casa. Chiamato da Luciano Gherardi “l'Angelo di Marzabotto”, sarà insignito della Medaglia d'oro al Valor Militare, “povero curato di montagna, che aveva letto nel Vangelo che doveva essere agnello tra i lupi, e come rassegnato agnello si offrì per tutti, serenamente” (E. Biagi). Don Zanini lo ricorderà “con quei grandi occhi incantati di eterno fanciullo stupito dietro le lenti rotonde cerchiate di ferro”. Nel 1978, presso lo spiazzo erboso dove si è consumato il suo sacrificio, Angelo Bertuzzi erigerà una stele, primo segno memoriale della grande strage di Monte Sole.dettagli
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14 ottobre 1944Eccidio di Sabbiuno di PianoNel corso di una vasta operazione di rastrellamento, forse al fine di procurarsi mano d'opera, condotta nella zona di Castel Maggiore dalle SS del BdS Italien/Aussenkommando Bologna, da militi della GNR e dalla Compagnia d'assalto della 23a Brigata Nera “Facchini”, sono catturati circa duemila uomini. Un gruppo sarà condotto a piedi alla stazione di Bologna e inviato alla deportazione o ai lavori forzati nel Nord. Un'altro gruppo sarà dapprima concentrato nel cimitero di Casadio di Argelato e poi trasportato a Libiola di Serravalle Po, dove verrà impiegato in lavori di fortificazione. Nel tentativo di liberare alcuni partigiani catturati durante il rastrellamento - tra essi il vice comandante provinciale delle Sap Aroldo Tolomelli (1921-2011) - tenuti prigionieri nella casa colonica Guernelli a Sabbiuno di Piano, muore il comandante di distaccamento della 7a Gap Franco Franchini (Romagna, 1910-1944). Ex operaio della Cogne, Franchini ha costituto a Imola il Gruppo di Azione Patriottica (Gap), che il 4 novembre 1943 ha compiuto una delle primissime azioni gappiste in Italia, sopprimendo Fernando Barani, comandante della 68a Legione fascista. Come comandante a Castel Maggiore ha guidato con coraggio e intelligenza azioni devastanti contro i nazifascisti. Alcune vittime tra i militi fascisti sono la causa di una furibonda caccia all'uomo, effettuata nella campagna circostante al termine dei combattimenti e dopo lo sganciamento della formazione partigiana. Una trentina di uomini e donne, molti dei quali non hanno niente a che fare con il movimento partigiano, vengono arrestati, immediatamente fucilati e sepolti in una buca usata come rifugio antiaereo, divenuta fossa comune, mentre la cascina dei Guernelli è data alle fiamme.dettagli
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14 ottobre 1944Grande rastrellamento a ImolaLa gendarmeria tedesca di stanza ad Imola organizza il 14 ottobre un grande rastrellamento. Circa 4.000 uomini vengono prelevati dalle loro case e radunati negli stabilimenti della Cogne. Gran parte di essi verranno mandati a lavorare sulla Linea Gotica per potenziare le difese tedesche, ma 170 finiranno a Mauthausen e una ventina non faranno ritorno. Un altro vasto rastrellamento è avvenuto il 9 ottobre nella frazione di Sesto Imolese. I soldati tedeschi, muovendo dalle località Balia, Bettola e Sterlina, hanno battuto la zona, prelevando tutti gli uomini. Dopo il concentramento nella piazza del paese, i più anziani sono stati rimandati a casa, mentre un centinaio di rastrellati più giovani sono stati inviati a Medicina per una ulteriore selezione. Grazie a un reggente del Fascio infiltrato dalla Resistenza una metà di essi sono stati rilasciati, mentre una cinquantina sono stati avviati al campo di smistamento di Fossoli, per il lavoro coatto in Germania.dettagli
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14 ottobre 1944I tedeschi abbandonano Livergnano dopo una strenua difesaA difesa delle valli a sud di Bologna i tedeschi sfruttano le cime del contrafforte pliocenico, una barriera rocciosa di nove chilometri disposta in senso trasversale rispetto ad esse. Monte Sole, Monterumici, Livergnano e Monte delle Formiche costituiscono la cosiddetta “Linea Cesare”, una serie di baluardi naturali quasi insormontabili per gli Alleati. Le truppe del II Corpo, al comando del gen. Keynes, li attaccano dal 10 ottobre. Sotto il muro di Livergnano, ribattezzato ironicamente dagli americani "Liver and Onion" (fegato e cipolla), la 91a Divisione USA incontra gravissime difficoltà a procedere. Tra la 4a Divisione Paracadutisti e la 362a fanteria, nel settore avversario è stata schierata la 65a Divisione di fanteria del gen. Pfeiffer, una delle migliori formazioni della riserva della Wehrmacht. Due compagnie del 361° reggimento della 91a riescono a fatica ad arrampicarsi sui pendii scoscesi del contrafforte e a penetrare nell'abitato, ma vi restano inchiodate per tre giorni dal fuoco di sbarramento nemico. La posizione strategica è conquistata il 14 ottobre, grazie alle condizioni atmosferiche favorevoli, che consentono un furioso bombardamento aereo e terrestre contro il caposaldo tesdesco (la sola 91a spara circa 24.000 colpi di cannone su Livergnano). I combattimenti continuano fino alla notte, quindi i tedeschi si ritirano furtivamente, attestandosi poco lontano, sui bastioni montuosi attorno a Monte Adone, dove rimarranno fino alla primavera successiva. Dalla collina della chiesa di Livergnano gli americani della 91a Div. vedono in lontananza la città di Bologna, da essi definita “the Gate of the Po Valley”. Il 15 ottobre la 1a Divisione corazzata alleata rileva la 34a nella zona di Scascoli e Anconella. Il 16 ottobre, sulla statale 65 compaiono a difesa i primi reparti della 29a Divisione Granatieri, giunti a marce forzate dalla Romagna. Devono coprire un arco di fronte che va da Livergnano a Monterumici, attraversando la Valle del Savena. Davanti all'85a Divisione USA, impegnata nella conquista di Monte delle Formiche, sono schierati reparti delle divisioni tedesche 98a, 362a e 65a, provenienti da tre diversi corpi d'armata, determinate a impedire con ogni mezzo lo sfondamento alleato. Il monte, elevato sulle altre quote e isolato, di importanza strategica per il controllo del territorio tra la Romagna e la Futa, è conquistato il 14 ottobre, mentre sul versante opposto della Valle dell'Idice l'85a occupa la zona collinare di Monterenzio. Tra il 10 e il 15 ottobre, in questo settore avanzato del fronte, gli Alleati subiscono circa 2.500 perdite e per la prima volta durante la campagna d'Italia si trovano senza riserve. Dall'altra parte il feldmaresciallo Kesselring chiede formalmente a Hitler di ritirarsi dagli Appennini e attestarsi a nord del Po (Operazione "Nebbia autunnale"), ma il Fuhrer ordina la difesa ad oltranza sulla Gotica. La strada verso Bologna è ormai aperta, ma l’inverno imminente costringe gli Alleati a fermarsi. La Linea Gotica, attestata sul contrafforte pliocenico tra l’inverno 1944 e la primavera 1945, sarà conosciuta come Winter Line.dettagli
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15 ottobre 1944La ritirata tedesca e la distruzione di fabbriche e impiantiTra il luglio 1943 e l'ottobre 1944 i tedeschi distruggono a Bologna circa 400 stabilimenti industriali considerati importanti dal punto di vista bellico. La maggior parte delle fabbriche viene demolita tra settembre e ottobre 1944, quando, dopo lo sfondamento della Linea Gotica, appare oramai imminente l'arrivo degli Alleati. Il CLN regionale, venuto a conoscenza che il comando tedesco di occupazione "ha preordinato la distruzione a mezzo di mine degli impianti di pubblica utilità (acquedotto, gas, luce, ecc.) della città di Bologna", ordina ai funzionari pubblici di fare il possibile per impedire l’esecuzione di questo piano. Si teme inoltre che avvenga a Bologna ciò che è stato in altre città della regione, dove l’esercito tedesco ha provveduto alla distruzione di "impianti e stabilimenti interessanti anche l'approvigionamento e l'alimentazione delle popolazioni civili (molini, pastifici, zuccherifici, fabbriche di conserve alimentari, depositi di combustibili e di prodotti vari)”.dettagli
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17 ottobre 1944Bombe al napalm sull'AppenninoDall'autunno del 1944 è sperimentata in Appennino una bomba dagli effetti devastanti, utilizzata per la prima volta dagli Alleati nella campagna di giugno in Normandia. E' un ordigno incendiario, dotato di un involucro di alluminio contenente una sostanza gelatinosa detta napalm - il nome deriva dai principali elementi costitutivi: naftenato di alluminio e palmitato di sodio - che sviluppa un enorme calore e ha grande durata e adesività. Accanto alle bombe al fosforo, quelle al napalm sono particolarmente adatte sui boschi e sulle trincee nemiche. Bombe incendiarie sono usate ad esempio il 17 ottobre durante l'attacco a Monte Belmonte (Castel San Pietro) e il 13 novembre su Tolè, dove la piazza viene invasa da "un lago di fuoco" e l'incendio consuma le case fino al giorno successivo. Il 15 aprile 1945 il napalm sarà utilizzato dagli Alleati contro le difese tedesche a Monte Sole e Monte Caprara, durante l'avanzata della 6a Divisione corazzata sudafricana. In seguito diverrà tristemente noto per i devastanti bombardamenti americani nel Vietnam.dettagli
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17 ottobre 1944Il comandante Marzocchi muore in un'imboscataIl battaglione "Sergio" della 63a Brigata Garibaldi Bolero, composto da un centinaio di sappisti della Bassa, viene intercettato dai Tedeschi lungo la linea ferroviaria Verona-Bologna in località Bargellino di Tavernelle, nei pressi di Calderara di Reno, La formazione è in marcia di trasferimento in ottemperanza all'ordine del CUMER di convergere verso Bologna, essendo la liberazione ritenuta imminente. Nello scontro a fuoco muore subito il comandante Marzocchi, che si trova in testa alla fila. Gli altri partigiani si disperdono e sono costretti a ripiegare verso le basi di partenza. Ex ufficiale pilota, Antonio Marzocchi (Toni Mas, 1920-1944) è stato uno dei primi resistenti bolognesi. Prima di aggregarsi alla 63a Brigata, ha militato in una formazione sul monte Falterona. Ha compiuto numerose azioni nella zona di San Giovanni in Persiceto, Anzola Emilia e Calderara di Reno. In settembre, dopo la morte di Nerio Nannetti (Sergio), ha assunto il comando del battaglione "Sergio". Il giorno successivo alla battaglia il suo cadavere è appeso ad un albero della circonvallazione di San Giovanni in Persiceto “in balia del dileggio e delle sevizie degli avversari” nazifascisti. A lui sarà intitolato il battaglione di Anzola Emilia della 63a Bolero. Gli verrà assegnata la Medaglia di Bronzo al V.M.dettagli
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17 ottobre 1944A Massa Lombarda sterminate le famiglie Baffé e FolettiPresso una casa colonica di Massa Lombarda (RA) soldati tedeschi e militi fascisti fucilano per rappresaglia dieci componenti della famiglia di Alfonso Baffé, affittuario di un podere delle Opere pie, insieme ad alcuni lavoranti e sfollati, in tutto 17 persone. I corpi delle vittime vengono poi gettati nella casa, minata e incendiata con la benzina. Unico superstite della famiglia è il figlio Sante, prigioniero in Germania, che saprà della tragedia al suo ritorno, dopo la guerra. Nella stessa strada c'è un'altra casa colonica. Qui i nazifascisti uccidono e bruciano cinque persone appartenenti alla famiglia Foletti, forse per non lasciare testimoni del massacro precedente.dettagli
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18 ottobre 1944Secondo attacco partigiano all'hotel BaglioniLa notte del 18 ottobre 1944 alcuni gappisti della squadra “Temporale”, comandati da Nazzareno Gentilucci (Nerone), definito dal questore “uomo intrepido, giustiziere di ogni misfatto fascista e nazista”, collocano due casse con 90 chili di tritolo davanti all'ingresso dell'hotel Baglioni, sede di rappresentanza del comando tedesco a Bologna. Sono Dante Drusiani (Tempesta), Evaristo Ferretti (Remor), Giorgio Giovagnoni (Crissa), Achille Paganelli (Celere), Vincenzo Toffano (Terremoto), Claudio De Fenu (Gravelli), Lorenzo Ugolini (Naldi), Golfiero Magli (Maio), Dante Palchetti (Lampo). Nell'esplosione crolla la parte centrale dell'edificio. Per questa azione i partigiani riceveranno un elogio da Radio Londra. Il "Resto del Carlino" parlerà, invece, di una "prodezza da fuorilegge", che ha interrotto bruscamente la quiete notturna.dettagli
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18 ottobre 1944Evacuazione dei civili dalle zone del fronteIl 18 ottobre gli abitanti di Cereglio, Rodiano e del territorio a sud di Tolè ricevono dal comando tedesco l'ordine di sfollare entro un'ora. Sono costretti ad abbandonare nella fretta quasi tutto il bestiame e le masserizie. I profughi si concentrano a Tolè, provenienti anche da Vergato e Liserna. A partire dal 4 novembre anche nel territorio della Valle di Setta i soldati della 24a Brigata Guardie inglese e i carabinieri italiani costringono oltre duemila persone a liberare la fascia di territorio a ridosso del fronte. Per un chilometro la presenza dei civili è completamente interdetta, mentre per un ulteriore chilometro è ammessa una persona per famiglia per il governo degli animali. Centinaia di persone vengono caricate a forza su camion e trasferite a Firenze nella “lugubre” caserma di via della Scala, vicina alla stazione. Qui sono raccolte in vasti stanzoni e dormono sul pavimento, su giacigli fatti con due coperte militari di lana piene di pidocchi (D. Zanini). Tutti vengono nutriti ogni giorno con una specie di farinata di piselli e ceci. Per alcuni, dopo mesi di sofferenze e privazioni nei rifugi scavati nella “terra di nessuno” continuamente bombardata, il centro profughi di via della Scala è un luogo sicuro e accogliente: “Siamo stati trattati bene, si mangiava all'americana. C'erano i formaggini in scatola che erano una bontà”. Molti profughi proseguiranno il loro viaggio verso la provincia senese e alcuni arriveranno fino a Roma-Cinecittà. A partire dal 15 ottobre i Tedeschi faranno sfollare i civili dalla zona di Panico e dal 15 novembre li cacciano da Marzabotto, spingendoli verso Bologna. L'evacuazione delle zone operative ha lo scopo di eliminare spie e "ribelli", ma anche di mettere gli edifici a disposizione delle truppe. Lo sfollamento è attuato da entrambe gli eserciti fino a una distanza di circa dieci chilometri dal fronte, chiamata "fascia di sicurezza".dettagli
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18 ottobre 1944Il patto colonico dei contadini di Medicina e CastelguelfoNella Bassa bolognese le agitazioni dei mezzadri continuano anche oltre la “battaglia del grano” , che ha comportato il sabotaggio delle trebbiatrici e il ritardo degli ammassi. Tra l'estate e l'autunno la lotta investe comuni quali Medicina, Castelguelfo e il territorio imolese, ma presto si allarga a tutta la provincia, in concomitanza con l'avvicinarsi del fronte. Di pari passo va l'azione partigiana, che prende di mira alcuni proprietari terrieri e affittuari collusi col fascismo. Il 3 ottobre nell'azienda di Portonovo, nei pressi di Medicina, è ucciso il fattore Elio Mari, iscritto al Fascio Repubblicano. Il 5 settembre era stato soppresso Mario Caliceti, affittuario a Villa Fontana, e il 25 settembre l'agricoltore Federico Dal Rio, eliminato per errore al posto del fratello fascista. L'obiettivo principale della lotta dei mezzadri è la ridefinizione dei riparti. Il 18 ottobre a Medicina viene approvato un nuovo patto colonico, firmato dal Comitato di difesa dei contadini, che prevede il 60% del frumento per l'affittuario. Sono inoltre abolite le spese del colono e le consuete regalie ai padroni. Questo accordo sarà applicato per l'anno agricolo 1944 e solo in alcuni comuni. Lo stesso Partito comunista clandestino è favorevole, in questa fase, a commisurare il concordato alle singole realtà locali. Diventerà comunque la base per molte rivendicazioni del dopoguerra. Tra i promotori delle lotte dei mezzadri e del Patto di Medicina vi è il colono socialista Licurgo Fava (1906-1944), commissario politico della 5a brigata “Bonvicini Matteotti”, catturato dai gendarmi tedeschi il 25 settembre e fucilato il 30 a Medicina dalle brigate nere (Medaglia d'Oro al V.M.)dettagli
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18 ottobre 1944Il 2° Corpo Polacco nelle valli romagnoleA fine settembre i combattimenti nell'alta valle del Bidente sono rallentati dal maltempo. Il 27 settembre i partigiani dell'8a Brigata Garibaldi fanno un primo tentativo di liberare Sarsina e Santa Sofia sperando nell'aiuto degli Alleati, che occupano già la valle del Savio. L'azione non ha buon esito ed è seguita da rappresaglie contro la popolazione civile. Dopo il ritrovamento dei cadaveri di due commilitoni, tra il 27 e il 29 settembre nella zona di Sodelle i soldati tedeschi incendiano diverse cascine e massacrano 14 civili. All'inizio di ottobre le operazioni militari dell'VIII Armata coinvolgono il 2° Corpo Polacco, che punta a respingere le unità tedesche che nelle valli dell'alta Romagna impediscono l'accesso alla Pianura padana e a Bologna. Per alcuni storici la scelta di impegnare “le truppe più anticomuniste operanti in Italia” in luogo di quelle inglesi ha anche valore politico: “Era un modo per bilanciare, controllare e contenere i partigiani ... per controllare una popolazione partigiana e antifascista, impegnata in una insurrezione di proporzioni grandiose” (Flamigni, Marzocchi) Dal passo dei Mandrioli il 14 ottobre la 5a Brigata di Fanteria della 5a Divisione "Kresowa", sostenuta dal 4° Reggimento della 2a Brigata Corazzata e dal 15° Reggimento “Lancieri di Poznan”, penetra nella valle del Bidente. Il 18 ottobre Santa Sofia viene liberata con l'aiuto delle forze partigiane, il 20 ottobre i Polacchi raggiungono Galeata e successivamente Civitella di Romagna. Altre unità della 5a Divisione “Kresowa” e della 3ª Divisione “Fucilieri dei Carpazi” entrano nella valle del Rabbi e il 27 ottobre raggiungono Predappio, il paese natale di Mussolini, aprendo la strada per l'attacco alleato su Forlì.dettagli
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20 ottobre 1944Territorio libero sull'Appennino bologneseDal 20 settembre i tedeschi, incalzati da reparti della V Armata americana e molestati dai partigiani, si ritirano dalle Piastre per attestarsi sulla nuova linea Verde II, tra Abetone, Libro Aperto, Cima Tauffi, Monte Spigolino, Monti della Riva, Monte Belvedere, Gaggio Montano, Bombiana. Il 26 settembre la Brigata “Matteotti Montagna” occupa Castelluccio di Porretta e il giorno successivo Granaglione e le frazioni di Borgo Capanne, Boschi, Lustrola e Molino del Pallone. Il 29 settembre la formazione “Sambuca Pistoiese” occupa Ponte della Venturina, sulla strada Porrettana, e il 30 arriva a Suviana. Tra il 3 e il 5 ottobre la “Matteotti” e la “Sambuca Pistoiese” prendono possesso della zona Monte Cavallo, Pracchia, Castel di Casio, Porretta. Il 16 ottobre a Lizzano le brigate “Matteotti Montagna” e “GL” con le brigate Garibaldi, giunte in zona il 29 settembre al comando di Mario Ricci (Armando), d'accordo con i servizi segreti americani (OSS), danno vita alla Divisione partigiana “Armando” Il 20 ottobre la brigata “Giustizia e Libertà” libera Gaggio Montano, dove si insedia una nuova giunta comunale guidata da Luigi Amaduzzi (con Francesco Berti segretario). La vasta zona appenninica del Belvedere sopra Porretta, comprendente i comuni di Lizzano, Castelluccio e Vidiciatico (liberato il 17 ottobre), divenuta "terra di nessuno" tra le linee tedesche e alleate diventa una vera e propria "repubblica" partigiana, la seconda in Emilia-Romagna dopo quella di Montefiorino. Secondo le direttive del CLN, vi sono subito elette amministrazioni civili ed è insediata una polizia partigiana incaricata dell'ordine pubblico. Il comando generale è stabilito a Lizzano nel palazzo detto "Faccetta nera", dove è anche ripristinato l'ospedale. I partigiani difenderanno il territorio libero fino all'arrivo, l'11 novembre, degli americani della Task force 45. Il 29 ottobre, con l'aiuto dell'artiglieria alleata, attaccheranno per la prima volta il caposaldo tedesco di Monte Belvedere. Dopo il ricongiungimento con la V Armata, le brigate partigiane non saranno completamente disarmate e smobilitate, ma in parte nuovamente equipaggiate e messe in linea, sotto il controllo dei comandi alleati.dettagli
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20 ottobre 1944La formazione partigiana "Pilota" passa il fronteUn gruppo di partigiani, appartenenti alla 1a Brigata Garibaldi “S. Folloni” della Divisione “Modena”, si ricongiungono agli Alleati filtrando tra le truppe tedesche sopra le colline di Calvenzano. La piccola formazione, guidata da Gino Costantini (John, 1918-2013), che ha già combattuto nella Brigata Stella Rossa, è stata costituita in giugno da giovani del vergatese tra le montagne di Finocchia e Labante, nella zona di Castel d'Aiano. Ha operato sulle colline a sinistra del Reno, distinguendosi in azioni di disturbo contro i convogli tedeschi e nell'occupazione di Tolè, rimasta per sette ore nelle mani dei "ribelli". Divisi in cinque squadre, i partigiani di John saranno utilizzati dagli Alleati per il controllo di un tratto del fronte, nella zona di Carbona e Oreglia in comune di Grizzana, ed effettueranno missioni in territorio nemico per conto dell'OSS (i servizi segreti americani) della V Armata. Nel gennaio 1945 la formazione sarà nominata "Pilota" dal nome di battaglia del partigiano caduto Dario Pedrini.dettagli
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20 ottobre 1944Tre giovani partigiani fucilati a San LucaUna squadra delle brigate nere in perlustrazione sorprende e cattura nei pressi del Meloncello tre partigiani della Brigata Garibaldi “Irma Bandiera”: Giordano Bergonzoni, Mario Fabbri e Antonio Gentili (Rudy), commissario politico. I giovani “ribelli” sono subito passati per le armi sul sentiero per San Luca, in località Stradella della Rocca, e i loro corpi vengono abbandonati insepolti tra il fogliame.dettagli
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20 ottobre 1944Gli Inglesi entrano a CesenaL’VIII Armata avanza in Romagna con grande difficoltà per le abbondanti piogge, che trasformano il territorio in un mare di fango. Nel settore canadese, la 2a Divisione corazzata procede lungo la costa adriatica, con a sinistra la 2a neozelandese. Nel settore britannico operano la 4a, la 46a e la 56a Divisione e in seguito la 10a indiana.I disagi delle popolazioni locali aumentano con l’intensificarsi dei bombardamenti su città e paesi e la distruzione di numerosi edifici, spesso di notevole valore artistico e storico.Il 28 settembre la 56a Divisione britannica raggiunge il Rubicone ed entra a Savignano, dopo duri scontri e dopo che i Tedeschi hanno distrutto l’antico ponte romano a tre arcate, risalente al I secolo a.C.Il giorno precedente i Canadesi hanno occupato San Mauro, patria di Giovanni Pascoli. Il 5 ottobre i Sikh conquistano Sogliano.L’offensiva generale riprende il 10 ottobre dopo alcuni giorni di arresto dovuto alla tenace difesa tedesca - i soldati della Wehrmacht hanno l’ordine di difendere ad oltranza ogni metro di terreno - e alle pessime condizioni atmosferiche.Il 19 ottobre, dopo quattro giorni di terribili bombardamenti, soldati della 46a Divisione del 5° Corpo Britannico occupano l’Abbazia benedettina della Madonna del Monte sopra Cesena, che fino al giorno precedente ricoverava centinaia di sfollati.Il giorno seguente gli inglesi entrano nella città romagnola, “in silenzio come un cimitero”, mentre la 10a Divisione indiana conquista una testa di ponte oltre il fiume Savio.Il 21 ottobre la 4a Divisione britannica raggiunge Forlimpopoli e la 10a indiana si attesta sulle rive del Ronco, mentre la 5a Divisione polacca punta da sud su Predappio.La campagna dell’VIII Armata in Romagna prosegue ininterrotta fino a dicembre, ma ormai il settore romagnolo è secondario rispetto a quello dell’Appennino bolognese. La difesa tedesca è più impegnata ad impedire il dilagare degli Alleati a Bologna e Imola, che a difendere ad oltranza il territorio romagnolo.Qui la difesa è mobile tra i tanti fiumi, torrenti e canali, che sfociano nel corso trasversale del Reno. Pur di reggere il fronte bolognese il comando tedesco sacrifica un corso d’acqua dopo l’altro, ottenendo anche l’accorciamento della linea e un più facile spostamento delle riserve.dettagli
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20 ottobre 1944Battaglia all'UniversitàUna cellula di partigiani del Partito d'Azione è attiva all'Università dall'estate del 1943, con base presso la biblioteca di Lettere e Filosofia. Qui, tra gli scaffali pieni di libri, sono nascoste armi, munizioni e anche l'archivio della Brigata GL. Vi è inoltre depositata una radio clandestina in collegamento con gli Alleati. Trasferita da poco in via San Giacomo, presso l'Istituto di Geografia, la base GL viene individuata grazie a spie e collaboratori e attaccata il 20 ottobre da uomini dei RAP (Reparti d'Assalto della Polizia) e da militi delle brigate nere “Facchini” e “Pappalardo”. Assieme al questore Marcello Fabiani, indicato come lo “stratega” dell’azione, sono presenti il capitano Gaddo Jermini, il maggiore Agostino Fortunati dell’UPI, il tenente Alberto Noci dei Volontari della Morte, l’ispettore generale delle brigate nere Enrico Cacciari, il capitano Angelo Arpino, il capitano Pifferi e altre figure minori. Cinque giovani tecnici e studenti dell'ateneo - Ezio Giaccone, Luciano e Leo Pizzigotti, Stelio Ronzani, Antonino Scaravilli (1917-1944) - combattono fino all'ultimo colpo, quindi sono costretti ad arrendersi. Assieme a Mario Bastia (Marroni), membro del CUMER - già sfuggito all'accerchiamento e tornato ad aiutare gli assediati - i giovani sono torturati e poi trascinati nel cortile del Rettorato. Vengono tutti fucilati a raffiche di mitra presso il muro esterno dell'Aula Magna dell'Università e finiti con un colpo di pistola alla nuca, quindi lasciati insepolti fino al giorno successivo, secondo un macabro rituale. Per ulteriore rappresaglia le brigate nere perquisiscono e svaligiano le case delle famiglie sfollate all'Ateneo, molte delle quali saranno costrette ad usare indumenti di fortuna fino alla fine della guerra. Il vice brigadiere della CAS Renzo Bedeschi sarà elogiato dal prefetto Fantozzi per aver permesso “di scoprire un gruppo organizzato di fuori legge, responsabile di numerose grassazioni e di molteplici assassini, nonché di sequestrare un ingente materiale di armamento e radio”. Nel dopoguerra i responsabili dell'operazione all’Università verranno processati. Il maggiore Agostino Fortunati, ufficiale superiore della Polizia Ausiliaria e capo dell’UPI della Questura, avrà la pena di morte. I giudici gli riconosceranno un "contegno spietato" contro i partigiani feriti. La condanna sarà in seguito commutata in trent’anni di carcere e poi cancellata dall’amnistia. Alberto Noci, comandante del RAP, denominato “l’uomo dal nervo di bue” verrà accusato di assassini e rastrellamenti indiscriminati. Rinchuso nel campo di prigionia di Coltano, riuscirà ad evadere. Nel 1950, al momento della sentenza contro di lui, risulterà latitante. Nel 1952 il mandato di cattura nei suoi confronti sarà revocato. Assieme a Noci la Corte d’Assise di Firenze processerà per i fatti dell’Università anche Marcello Fabiani, condannandolo a trent’anni di carcere e all’interdizione dai pubblici uffici. Poco dopo l’ex questore avrà un condono di ventuno anni e nel 1954 otterrà la libertà condizionale.dettagli
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20 ottobre 1944I martiri del SenioI brigatisti neri di Lugo compiono un rastrellamento nelle frazioni a sud del paese, prelevando otto giovani antifascisti e partigiani della zona. Tra essi vi sono Luigi Ballardini (Gigetto) responsabile del Fronte della Gioventù di Lugo e Renzo Berdondini, contadino di 17 anni, tra i primi a entrare nella Resistenza dopo l'8 settembre 1943. Vi sono inoltre Giovanni Dalmonte, Domenico Facciani, Giorgio Folicardi, Floriano e Gianni Montanari, Carlo Landi. Tutti vengono interrogati e a lungo selvaggiamente torturati a Lugo nel Comando della Brigata Nera. Carlo Landi è ucciso il 25 ottobre e esposto come ammonimento ai piedi della Rocca. Gli altri sette sono consegnati in fin di vita ai nazisti, che li trascinano in riva al Senio in piena e li fucilano, gettandoli poi in acqua. Alcuni dei corpi saranno rinvenuti solo al termine del conflitto. Di Domenico Facciani, Luigi Ballardini e Floriano Montanari non si troverà più alcuna traccia.dettagli
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21 ottobre 1944Battaglia di VigorsoNelle campagne a nord-est di Bologna viene effettuata una grossa operazione di “bonifica”, eseguita da truppe specializzate nella guerra antipartigiana. Due colonne della 305a Divisione della Wehrmacht e uomini della Brigata Nera “Facchini” di Bologna partono da Castenaso e da Riccardina per chiudere in una morsa le varie basi ubicate nelle cascine intorno al corso del torrente Idice. I soldati penetrano nelle aie ed effettuano minuziose perquisizioni, arrestano tutti gli uomini che trovano - contadini, braccianti, operai - e li tengono sotto la minaccia delle armi. Nella casa Maccagnani del podere Mazzacavallo, tra le frazioni di Vigorso di Budrio e Fiesso di Castenaso, sono asserragliati quaranta sappisti del Battaglione “Pasquali” della IV brigata Garibaldi “Venturoli” e un numero imprecisato di partigiani delle brigate della montagna (36a “Bianconcini”, 62a “Camicie rosse” e 66a “Jacchia”), scesi in pianura in vista della imminente liberazione. Una raffica contro un gruppo di nazifascisti impegnati nella caccia dà il via ad una battaglia tra forze impari. Dalle cascine intorno affluiscono verso casa Maccagnani decine di soldati della Wehrmacht. Entrano in funzione i mortai e per gli uomini del “Pasquali” non rimane scampo. Chi tenta di sfuggire all'accerchiamento viene abbattuto a raffiche di mitraglia. Rimangono uccisi i partigiani Medardo Bottonelli, Carlo Casarini, Ilario Giuliani, Enzo Melloni, Mario Pirini, Giovanni Tassoni, Modesto Zanetti, Enzo Zuffi. Con loro vengono giustiziati Ivo Galletti, la figlia Anna Teresa, Celestino Gabrielli, Giuseppina, Ida, Emma, Enrica Maccagnani, abitanti nella cascina. Solo pochi “ribelli” riescono a mettersi in salvo lanciandosi nel greto dell'Idice. I partigiani catturati, trascinati a Medicina, vengono identificati da un disertore cecoslovacco aggregato alla 62a brigata e fucilati il 22 ottobre, dopo aver subito atroci sevizie nella locale "villa triste" occupata dalle SS. Sono Bruno Collina, Armandino Grossi, Libero Nardi, Guerrino Negrini, Spartaco Rossi, Dante Scagliarini, Bruno Stagni, Paolo Tassoni. Alberto Totti, sopravvissuto alle torture, ricorderà con orrore: “I tedeschi portarono fuori i ragazzi a braccia, perché da soli non si sostenevano in piedi tanto erano stati torturati. Li addossarono al muro e fecero fuoco”.dettagli
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22 ottobre 1944I frati Minori rientrano nel convento dell'AnnunziataIl priore dei Frati Minori, padre Cornelio Nobili (1896-1955), riceve dall’autorità militare, in forma di consegna temporanea, il convento e la chiesa dell’Annunziata, fuori porta San Mamolo. Il complesso era adibito dal 1866 a officina e magazzino militare. Con il trasferimento nel nord Italia di una parte dell’esercito, alcune strutture, requisite dallo stato dopo le soppressioni del 1866, tornano disponibili al culto e alla residenza religiosa. Il restauro dell'Annunziata, a spese dello Stato e dei Minori, comincerà alcuni giorni dopo l'assegnazione. La chiesa, divenuta sede parrocchiale il 20 maggio 1945, sarà consacrata dal card. Lercaro il 25 ottobre 1952. La liberazione completa del lungo portico antistante avverrà diversi anni dopo, nel 1975. Il 20 marzo 1983, in occasione dell'ottavo centenario della nascita, sarà inaugurato sul piazzale il monumento a San Francesco, opera di Cesarino Vincenzi, scultore di Monte San Pietro e insegnante al Liceo Artistico. In quest'area nel 1925 era stato progettato di collocare un monumento, poi non realizzato, ai Caduti dello Sport.dettagli
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22 ottobre 1944Tre "ribelli" giustiziati a Porta LameIl 22 ottobre presso Porta Lame sono ritrovati i cadaveri di tre uomini. Si tratta di Giorgio Chierici, Elio Mandini (D'Artagnan) e Ernesto Sabattini (Nessuno). Il prof. Chierici, militante azionista e partigiano dell'8a brg Masia GL, unico assolto il 19 settembre nel processo contro il gruppo dirigente del Pd'A bolognese, è stato nuovamente arrestato in ottobre da miiti fascisti e fucilato. Mandini e Sabattini sono due ex partigiani della Stella Rossa sfuggiti al massacro di Monte Sole e aggregati alla 7a Gap Gianni Garibaldi in previsione dell'insurrezione. Usciti in azione, sono stati sorpresi dopo il coprifuoco da un posto di blocco fascista istituito dopo la battaglia all'Università, riconosciuti come “ribelli” e giustiziati sul posto. La segnalazione di queste uccisioni da parte del comando SS porta la data del 18 ottobre.dettagli
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22 ottobre 1944Le fortificazioni tedesche lungo il litorale adriaticoLa mattina del 22 ottobre le truppe dell'VIII Armata entrano a Cervia (RA) assieme ai partigiani. La liberazione del paese è annunciata dalla campana del comune suonata a stormo e la gente si riversa in piazza Garibaldi. Gli Alleati trovano un'intensa difesa tedesca a Milano Marittima, con cecchini che sparano dalle colonie “Varese” e “Montecatini” e dai bunker collocati sulla riva del mare. Alcuni soldati canadesi rimangono uccisi. Il fianco orientale della II Linea Gotica è protetto da migliaia di appostamenti difensivi. I tedeschi vogliono impedirne l'aggiramento con distese di filo spinato e campi minati, mentre gli avamposti sono coperti da cannoni e mitragliatrici Flak (acronimo di FligerabWehrKanone, pezzo antiaereo). Le diffuse fortificazioni rispondono anche all'aspettativa di un attacco dal mare degli anglo-americani nella zona tra Ravenna e il Po. Tra le varie tipologie di fortificazioni, molti sono i piccoli bunker interrati di tipo VF 58c Tobruk, che ospitano uno o due soldati dotati di mitragliatrici Flak o mortai. Ma sono presenti anche numerosi bunker di tipo R668 Regelbau (Costruzione Standard), che possono contenere fino a sei-nove soldati con tutto l'occorrente per la sopravvivenza (letti, bagno chimico, stufa). Questi ultimi sono normalmente collegati a un bunker Tobruk, oppure ospitano un cannone per la difesa attiva. I bunker sono costruiti con muri spessi due o tre metri, capaci di resistere a bombe di 500 libbre e sono collegati tra loro da trincee interrate. Attorno ad alcuni di essi sono installati sbarramenti anticarro, chiamati “denti di drago”. Il sistema delle fortezze tedesche lungo l'Adriatico è opera, come in altri settori della Linea Gotica, dell'Organizzazione Todt, un'impresa di costruzioni nazista, che utilizza lavoratori coatti, perlopiù reclutati sul posto.dettagli
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23 ottobre 1944La conquista di Monte SalvaroCon la conquista del Monte Salvaro, “the key to holding Bologna”, da parte delle truppe della 6a Divisione corazzata sudafricana e della 24a Brigata Guardie inglesi, si esaurisce l'avanzata degli Alleati nella Valle del Reno. I difensori tedeschi - appartenenti alla 94a Divisione con il 274° e 275° Btg Granatieri e il 194° Btg Fucilieri - hanno contrastato con efficacia l'azione nemica, contrattaccando a più riprese. Costetti a ritirarsi al di là del Reno, hanno lasciato una piccola testa di ponte nel territorio di Carviano. Decimate e stremate, le unità combattenti alleate vengono ritirate dal fronte e reintegrate in vista dell'offensiva primaverile. Il comandante della divisione sudafricana gen. Poole definirà le battaglie dei monti Stanco e Salvaro “the hardest fighting”, le più dure tra quelle combattute dai sudafricani in Italia. La zona di Vergato è stata pesantemente bombardata da terra e dal cielo e il paese appare un cumulo di macerie, uno spettrale deserto al centro della "terra di nessuno", seminato di mine anticarro e antiuomo. Il 24 ottobre gli inglesi della 24a Brigata Guardie occupano il Monte Termine ormai senza difensori, mentre la 1a Div. corazzata entra a Riola. Il generale Clark paragonerà la V Armata, bloccata a soli 15-20 chilometri da Bologna, a un maratoneta che cade in vista del traguardo.dettagli
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23 ottobre 1944Fantozzi: "I tedeschi portano via tutto"La drammatica situazione annonaria di Bologna è oggetto di due lettere inviate a Mussolini dal capo della provincia Dino Fantozzi (14 e 23 ottobre). Nella prima si denuncia che i tedeschi hanno prelevato l'80% dei capi bovini. Nella seconda si entra nel dettaglio delle requisizioni: "Senza esagerare si può dire che i tedeschi portano via tutto: dalla macchina da cucire al vitello, dal vaso artistico alla pezza di stoffa, dalla scatola di fiammiferi alle bottiglie di liquori". Il 17 ottobre Fantozzi si era lamentato con il colonnello Dollmann sull’atteggiamento di rapina dei militari tedeschi: “Bologna, mutilata e sanguinante per le ferite inferte dal nemico, è piena di panico e di sgomento per le violenze usate dall’alleato. I rastrellamenti sono continuati e gli episodi di dolore si ripetono e si moltiplicano”. Originario di Pescia (PT), Dino Fantozzi (1899-1967) ha un passato di fascista esemplare: comandante di squadre d’azione a Firenze, partecipante alla marcia su Roma, seniore della Milizia dalla sua fondazione. Nel gennaio 1944 è stato nominato da Pavolini come Capo della provincia, incarico che manterrà fino alla Liberazione. E’ implicato nel tentativo di occultare la strage di Monte Sole ed è coinvolto in numerosi eventi luttuosi. E’ tuttavia considerato un moderato e ha continui contrasti con i comandanti delle brigate nere e i dirigenti del PFR cittadino. Con l’aiuto dei tedeschi occupanti riuscirà ad allontanarne alcuni dalla città. Nel maggio 1945 sarà arrestato a Milano e la corte d’Assise di Bologna lo condannerà a dieci anni di carcere, pena amnistiata nel marzo 1946.dettagli
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24 ottobre 1944Eccidio di Susano. Altri trucidati a Prunarolo e a Buda di RodianoIl 23 ottobre per vendicare l'uccisione di un soldato da parte dei partigiani a Monte Pero, sopra Vergato, i tedeschi compiono un immediato rastrellamento, durante il quale uccidono tre persone e ne catturano altre. Il giorno seguente, con il pretesto di portarli a scavare trincee, prelevano altri ostaggi a Campo Golino, rifugio di sfollati. Assieme a quelli del giorno precedente, i prigionieri vengono condotti a Susano, lungo la strada tra Vergato e Cereglio, e fucilati in tre luoghi diversi: vicino alla Cà, a ridosso del cimitero e dietro al campanile. Il 27 ottobre quattro civili saranno uccisi dai nazifascisti a Buda di Rodiano e pochi giorni dopo altri tre a Prunarolo. L'attraversamento della terra di nessuno nella Valle del Reno rimarrà a lungo a rischio di incontri fatali con pattuglie tedesche.dettagli
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25 ottobre 1944A Vedriano e sul monte Castellazzo si infrangono le ultime speranze del gen. ClarkUna direttrice d’attacco della V Armata si sviluppa lungo l’antica strada Flaminia Minor in direzione di Claterna. Dal 2 al 9 ottobre si svolgono feroci combattimenti sul crinale tra l’Idice e il Sillaro. Il 3 ottobre un devastante bombardamento aereo spiana la strada ai neozelandesi verso Bisano. Il 13 ottobre gli americani dell'85a Divisione conquistano Monterenzio con l’uso dei tanks, nonostante la strenua difesa tedesca. L'avanzata prosegue nei giorni successivi sul costone di Monterenzio. Una parte della divisione sarà impiegata, assieme all'88a, nella conquista di Monte Grande. Il 13 ottobre il gen. Keynes sposta più a destra la 34a Divisione, tra la 91a e l'85a, a nord di Monte delle Formiche: l'obiettivo è superare d'un balzo, con un attacco concentrato in un settore limitato, il Monte Belmonte e sfociare nella pianura padana. Gli americani, però, trovano un insuperabile ostacolo nella difesa della 29a Divisione motocorazzata del gen Polack, che in precedenza si è distinta sul fronte di Nettuno. E' formata da granatieri specializzati nella lotta ravvicinata ed è una delle migliori unità della Wehrmacht in Italia. La conquista di Monte Belmonte è sostenuta anche da parte della 91a Divisione, impegnata contemporaneamente in quella di Monte Adone assieme alla 1a corazzata USA. Il 17 ottobre essa affronta le due divisioni tedesche motocorazzate a difesa della statale 65, la 29a a est, la 16a SS a nord ovest. I precisi colpi dell'artiglieria nemica fanno presto capire agli americani l'impossibilità di proseguire in questo settore. Tra il 19 e il 20 ottobre dal fondovalle del Sillaro parte invece l’attacco dell'88a Divisione a Monte Grande, Monte Cerere e Monte Calderaro, destinato a proseguire su Castel San Pietro. 158 bombardieri devastano l’area con bombe incendiarie ad alto esplosivo, mentre l’artiglieria spara oltre 8.000 colpi in un’ora sull’obiettivo. Il 20 ottobre i Blue Devils conquistano queste alture, spingendosi poi verso Monte Castellazzo e la collina di Ribiano, sovrastanti Castel San Pietro. Per sostenere la poderosa avanzata della V Armata, il gen. von Vietinghoff, succeduto a Kesselring, ha spostato dalla Romagna tre divisioni di punta della Wehrmacht, la 1a Paracadutisti, la 29a e la 90a Panzergrenadier. Dal 23 al 25 ottobre gli ultimi tentativi di raggiungere la via Emilia si infrangono contro le difese tedesche di Vedriano, antico forte romano e ultimo bastione naturale davanti alla grande pianura. Qui il 25 i germanici eliminano interamente due compagnie americane. Da questo momento l'attacco del II Corpo USA si esaurisce: la 88.a e la 85.a divisione si trincerano in prossimità di Monte Castellazzo. Alla loro sinistra si arrestano la 34.a e la 91.a, rispettivamente sopra Pianoro e di fronte a Monterumici. Lo stretto saliente di Monte Grande-Monte Cerere-Monte Calderaro, esposto su tre lati agli attacchi nemici, diventerà il punto di osservazione più a nord della "Winter Line", a pochi chilometri dalla via Emilia. Perno centrale dell'intero fronte e punto di congiunzione ta la V e l'VIII Armata, sarà difeso per tutto l'inverno, pur con gravi perdite, dai contrattacchi dei tedeschi, fino all'offensiva di primavera.dettagli
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25 ottobre 1944Uccisione di un portalettereUna pattuglia fascista ferma in via Piana per un controllo Romolo Veronico (1920-1944), portalettere di 24 anni. Trovato in possesso di una rivoltella, viene immediatamente ucciso. Il giovane era stato richiamato alle armi dall'esercito della Repubblica Sociale con il grado di sergente del 2° Granatieri. Il 2 luglio aveva disertato, senza tuttavia aderire alla Resistenza.dettagli
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27 ottobre 1944Si esaurisce l'attacco degli Alleati verso Bologna e si stabilizza la "Winter Line"Dal 16 ottobre gli Alleati tentano di conquistare gli ultimi capisaldi tedeschi nel settore centrale del fronte, ormai in vista di Bologna: si tratta di Monte Belmonte sopra Pianoro, cresta dominante sul lato est della statale 65, del Monte Grande sopra Castel San Pietro e di Monte Adone, sovrastante le valli del Savena e del Reno. Scambiando le rispettive posizioni, la 34a e la 91a Divisione attaccano le difese poste attorno alla Statale della Futa, dopo pesanti bombardamenti con uso di napalm. Vengono lanciati anche assalti notturni alla luce dei bengala e, per la prima volta, di lampade fotoelettriche, utilizzando quelle della contraerea posizionata nei dintorni di Monghidoro (da questo momento l'uso delle fotoelettriche diventerà procedura standard per il II Corpo). La strenua difesa dei tedeschi della 65a Divisione e della 362a, con l'aiuto di due reggimenti (71° e 15°) della 29a Panzer Granatier Division, costringe gli Alleati ad arrestarsi all'altezza del villaggio di Zena. Alla veterana 34a Divisione non riesce la conquista di Monte Belmonte. A destra della 34a, la 85a Divisione prosegue alcuni chilometri oltre il Monte delle Formiche, facilitata dall'operare nella zona di congiunzione tra la X e la XIV Armata tedesca. Dal 22 ottobre l'88a e l'85a Divisione compiono un ultimo sforzo nella valle del Sillaro, in direzione di Castel San Pietro, ma dopo aver conquistato Monte Grande sono costrette ad arrestarsi di fronte all'ultima linea di difesa tedesca, rinforzata dalla 90a Panzer Division, a circa cinque chilometri dalla pianura. Le ultime conquiste, difese poi strenuamente dai contrattacchi della 90a e 305a Div. tedesca, sono il monte Castellaro (491 m), occupato da due reggimenti dell'85a, e il vicino monte Calderaro (568 m), preda dell'88a. Saranno invece vani gli sforzi delle due divisioni americane per conquistare definitivamente Vedriano, su cui i Tedeschi concentreranno le migliori riserve. Nell'ultimo mese gli Alleati hanno subito oltre 15.000 perdite, 5000 solo nella 88a Divisione. Intanto le condizioni metereologiche stanno peggiorando rapidamente, impedendo l'avanzata delle truppe e dei mezzi e lo svolgimento dei bombardamenti aerei. Di qui l'ordine, giunto il 27 ottobre dal Quartier generale della V Armata ai comandi dei reparti avanzati, di interrompere le operazioni di grande respiro e di trincerarsi a difesa. Un rapporto del capo dell'OSS Tompkins descriverà efficacemente la situazione: negli ultimi giorni dell'offensiva “gli uomini erano sfiniti, con gli occhi infossati, battuti dalla peggiore concentrazione di artiglieria nemica dai tempi di Cassino” e avanzavano “a passo di lumaca, a prezzo di numerose perdite, con una linea di rifornimento che si assottigliava sempre di più”. La Winter Line, estrema versione della Linea Gotica, destinata a tenere per tutto l'inverno 1944-45, ha la forma di una grande freccia rivolta verso la Pianura Padana, con al vertice la 88a e la 85a Divisione in vista di Castel San Pietro. Le alture strategiche di Monte Grande, Montecalderaro e Monte Cerere divengono il punto di osservazione più a nord del nuovo assetto del fronte, a pochi chilometri dalla via Emilia, e anche il punto di cerniera tra le Armate alleate (V e VIII). Con la sosta forzata sulla Winter Line, la corsa degli Alleati verso il Po e le Alpi si trasforma in una logorante guerra di posizione, "orrore degli orrori per una mente militare" (Day). E' tempo di instancabili pattugliamenti, con condizioni atmosferiche proibitive, di missioni per la cattura di soldati nemici, di pressione sulle linee per mantenere impegnate più divisioni tedesche possibili e distoglierle dai fronti decisivi del nord Europa. Il gen. Mark Clark parlerà alcuni anni dopo nelle sue memorie dell'avanzata americana, morta "lentamente e penosamente, quando ormai era giunta ad un passo (un lungo passo) dal successo".dettagli
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27 ottobre 1944I partigiani di Armando e il Gruppo Brigate Est Giardini sul Monte BelvedereNella notte tra il 27 e il 28 ottobre tre brigate di partigiani della Divisione "Modena Armando" (due attaccanti e una di riserva di circa 60 uomini ciascuna) muovono dalla località Querciola alla conquista del Monte Belvedere, uno dei principali capisaldi tedeschi sulla Linea Gotica, nei pressi del Corno alle Scale. L'azione, effettuata sotto la pioggia e con visibilità molto scarsa a causa della nebbia, è stata concordata con gli Alleati, che devono subentrare subito dopo l'assalto. I "ribelli" conquistano la vetta abbastanza facilmente, uccidendo diversi tedeschi e catturandone undici, ma l'attesa dei rinforzi è vana e si rende necessario abbandonare la posizione raggiunta, di fronte a un forte contrattacco nemico a colpi di mortai e artiglieria pesante. I tedeschi si trincerano nuovamente sul caposaldo del Belvedere, che terranno fino al 20 febbraio 1945. La Divisione partigiana "Armando" si è costituita il 16 ottobre nella “terra di nessuno” tra Porretta e Lizzano, dall'unione delle brigate Garibaldi modenesi di Ricci con le brigate GL e “Mattetotti Montagna”. In questo periodo conta circa 600 effettivi. Altri 900 partigiani ad essa aggregati sono stati disarmati e smobilitati dal comando del IV Corpo statunitense. In un primo tempo la formazione era destinata alla liberazione di Bologna, ma con il cambio dei piani alleati, il comandante Ricci (Armando), d'accordo col capo della missione dell'ORI-OSS Victory 1, ha deciso di trasferirsi verso Lizzano in Belvedere e Porretta, insediandosi tra le linee tedesca e americana. Il 10 novembre un'altra formazione reduce da Montefiorino, il Gruppo brigate Est-Giardini della Divisione Modena - guidato da Renato Giorgi e forte di 650 unità - si congiunge con gli uomini di Armando sul Belvedere, dopo un sanguinoso combattimento con i tedeschi nella zona di Benedello, in cui restano uccisi 32 partigiani. Ennio Tassinari, a capo della missione alleata Victory 2, ha raggiunto anche questa compagine, per impedirle “di andare ad un inutile massacro” nella marcia verso Bologna.dettagli
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28 ottobre 1944Quattro ragazzi impiccati a CorticellaNei pressi di una casa colonica in via delle Fonti, a Corticella, quattro giovani partigiani di età tra i 17 e i 20 anni appartenenti alla brigata Garibaldi “Irma Bandiera” - Franco Albertini (Smit), Renato Bartolini, Mauro Pizzoli, Valentino Zuppiroli - sono intercettati mentre tentano di recuperare del bestiame razziato dai nazifascisti (secondo altra versione delle armi). Responsabile del Fronte della Gioventù di Corticella, Albertini è ucciso a bruciapelo da un soldato tedesco. Gli altri tre sono condotti a Bologna al comando delle SS di via Sant'Anna e lì interrogati e torturati. Secondo altra versione sono consegnati alla GNR. Il giorno dopo vengono riportati in via delle Fonti - dove è stato ucciso un militare tedesco - e impiccati per rappresaglia ad uno dei pali della linea tramviaria. I loro corpi senza vita, sorvegliati da guardie armate, sono lasciati esposti per ammonimento alla popolazione. Il giorno seguente le madri dei ragazzi giustiziati riescono prelevarli con l'aiuto di un furgoncino a pedali e a riportarli a casa in un silenzioso corteo. Si dice che vengano aiutate da una delle guardie impietosita.dettagli
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29 ottobre 1944Alluvione a MolinellaNella notte tra il 29 e il 30 ottobre l'Idice rompe l'argine sinistro nei pressi di Mezzolara e invade Molinella e una parte della zona circostante. Gli abitanti, già oppressi dalla guerra, si ritrovano in una situazione drammatica. Nel rione delle case popolari stile Africa di via Roma l'acqua raggiunge un metro e mezzo. Per attraversare le case e i terreni allagati di Malborghetto vengono messe in funzione delle barche. Il livello dell'acqua è molto alto anche all'Ospedale, da tempo requisito dalle truppe tedesche e trasformato in ospedale militare. Un certo numero di civili vengono impiegati per sgomberare l'acqua e costruire una passerella di sacchi di sabbia che collega l'ingresso alla strada. Nella zona di Mezzolara, San Martino in argine e Miravalle sono allagati i terreni vicini all'argine, mentre gli abitati sono risparmiati. Dal 2 novembre le acque cominceranno a defluire da Molinella, lasciando intorno un grande ammasso di fango (paciug).dettagli
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30 ottobre 1944Battaglia di CasteldeboleLa mattina del 30 ottobre la squadra comando della 63. Brigata Garibaldi, diretta a Bologna per prendere parte all'insurrezione della città, viene sorpresa al capanno di Beriani, sulla riva del Reno in piena, da reparti di paracadutisti tedeschi e di SS della 16a divisione SS Reichsführer in azione di rastrellamento. Diciannove partigiani, tra cui il comandante Corrado Masetti (Bolero, 1915-1944), il vice comandante Ubaldo Poli e il commissario politico Monaldo Calari (1914-1944), cadono combattendo. Al termine della battaglia i nazisti si abbandonano a una serie di sanguinose rappresaglie nei dintorni. Alcuni anziani sono falciati mentre cercano rifugio. Il giorno seguente i loro cadaveri, pietosamente raccolti e ricomposti dalle donne del vicinato, vengono ritrovati dai tedeschi. Le case che li accolgono sono “intrise di petrolio e incendiate”. I vecchi, i bambini e le donne vengono allontanati con la forza dalla borgata, che brucia “come un immenso rogo”, e avviati verso Bologna. A nessuno è permesso di raccogliere effetti personali. Tra il 30 e il 31 ottobre altri dieci uomini vengono catturati durante un rastrellamento punitivo. Legati - con un filo di ferro intorno al collo - a un cancello, ai pali della corrente elettrica e alle colonne di un portico sulla via principale di Casteldebole, sono quindi fucilati e impiccati. Massimo responsabile di questo massacro è considerato il maggiore Walter Reder, il boia di Marzabotto. Numerosi testimoni diranno di aver visto sul luogo del massacro un ufficiale tedesco con un braccio solo. Egli però negherà di essere stato presente.dettagli
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31 ottobre 1944Terza linea di difesa tedesca prima di BolognaDopo quelle del Ronco-Fiumi Uniti in Romagna e del Santerno, tra Imola e Argenta, i Tedeschi iniziano a costruire una terza linea di difesa prima di Bologna, sul percorso dei fiumi Savena e Idice, tra San Lazzaro e Molinella. E' costituita da una rete di fossati anticarro, la cui connessione è facilitata dall'esistenza in zona di un gran numero di canali artificiali. Intanto vengono allagate le risaie di Molinella per rendere impraticabile il terreno ai mezzi motorizzati. A Vedrana, non lontano da Budrio, l'acqua raggiunge in alcuni punti i due metri di altezza. Si forma una nuova, grande palude, destinata a diventare in inverno una immensa lastra di ghiaccio. Nelle ville e nelle case del territorio si installano comandi e alloggi militari. Le case sinistrate vengono fatte saltare con le mine dai tedeschi per ricavare legna da ardere. Oltre che da questi approntamenti difensivi, le operazioni militari degli Alleati sono ostacolate dal maltempo, che impedisce ulteriormente l'azione delle unità corazzate anglo-americane.dettagli
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novembre 1944La sanità partigianaIl CUMER affianca alla rete militare e politica, che guida la Resistenza nel territorio bolognese, una vera e propria organizzazione sanitaria clandestina, che si appoggia a strutture pubbliche e private, con la collaborazione di medici e infermieri antifascisti. Guidata dal dott. Giuseppe Beltrame (Pino), l'organizzazione provvede all'assistenza e alla cura dei combattenti feriti, spesso facendoli ricoverare in incognito negli ospedali o nelle case di cura della città. Si occupa inoltre della ricerca di basi sicure per i servizi sanitari e del rifornimento di materiale di medicazione e chirurgico. Cassette di pronto soccorso vengono preparate in un piccolo laboratorio segreto. Le attrezzature e il materiale di medicazione provengono dagli ospedali e dalle ditte SAMO e FARMAC, che li forniscono gratuitamente. I contatti con le direzioni delle ditte farmaceutiche sono tenuti da Mario Bastia (che cadrà nella battaglia dell'Università, Medaglia d'oro al V.M.). Dopo le battaglie dell'autunno 1944, un piccolo ospedale clandestino è allestito a villa Moneti, in via Duca d'Aosta. Il personale sanitario della Resistenza deve seguire regole ferree: gli spostamenti avvengono solo di notte e gli interventi di pronto soccorso sono spesso affidati alle staffette. Tra le strutture che collaborano alla rete sanitaria clandestina vi sono: il collegio San Luigi, con i frati Paolo Moris e Massimo Stucchi, l'ospedale "Putti" della Croce Rossa, installato nel seminario regionale di Villa Revedin e guidato dal prof. Oscar Scaglietti, e l'Istituto di Anatomia patologica del Sant'Orsola, dove il prof. Armando Businco ha organizzato un nucleo antifascista. Anche il dott. Gennaro Ciaburri, direttore dell'Ospedale Militare "Marconi", situato nelle scuole di via Laura Bassi, milita nelle fila della Resistenza e fa ricoverare nella sua struttura numerosi partigiani feriti. Così fa anche il dott. Galassi, direttore della Casa di Cura "Sabaudia". Il trasferimento dei partigiani feriti in città avviene soprattutto tramite due personaggi che, collegati ai comandi tedeschi, possono ottenere automezzi con targhe militari e speciali lasciapassare: sono l'avv. Maccaferri, amministratore della fabbrica di munizioni Baschieri e Pellagri (poi ucciso dai fascisti) e l'ex corridore motociclista Guglielmo Sandri, responsabile del parco macchine della Kommandatur germanica. I feriti sono accolti nell'infermeria chirurgica, dove ricevono una prima assistenza e una accurata preparazione psicologica (devono risultare feriti sotto bombardamenti o provenienti da zone liberate), prima di essere accompagnati nei vari ospedali. Un problema particolare è l'assistenza medica nelle brigate isolate, che devono affidarsi alle staffette per i rifornimenti di medicinali e necessitano di un medico direttamente aggregato alla formazione combattente. Una prima istruzione di pronto soccorso per le staffette delle brigate è offerta da Liliana Alvisi, giovane medico antifascista appartenente al Comitato dei Gruppi di Difesa della Donna (GDD). In previsione dei combattimenti per la liberazione di Bologna, la partigiana cattolica Rosalia Roveda organizzerà l'assistenza ai partigiani feriti in varie canoniche della città, con l'aiuto di una ventina di crocerossine.dettagli
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novembre 1944I partigiani bolognesi al di là del fronteUna parte dei partigiani bolognesi e imolesi, che riescono a passare il fronte, sono inquadrati nei reparti del nuovo esercito nazionale. Le brigate di montagna Matteotti e Giustizia e Libertà rimangono invece in linea e si battono a fianco degli Alleati fino alla Liberazione. La compagnia comando della 62a Brigata Garibaldi, guidata da Guerrino De Giovanni, è bene accolta dagli americani nei pressi di Bisano di Monterenzio e opererà con loro fino al febbraio 1945. Altri combattenti della 62a e della 66a sono invece perquisiti e privati delle armi, viene loro distribuito “qualche biscotto ed una polverina contro i pidocchi”, poi sono trasportati su camion a Loiano. Inviati al Centro Profughi di Firenze, dormiranno in camerate con centinaia di altre persone provenienti da ogni parte d'Italia “per i motivi più diversi” e mangeranno il rancio passato dagli alleati. Anche i partigiani del 3° btg della 36a Brigata, che consegnano agli alleati Monte Battaglia, vengono disarmati, trasportati a Firenze e sistemati in una caserma del Genio, in completa inattività e con vitto scarso. Convogliati in seguito a Marradi, costituiranno il reparto "ALF Partisan" (Allied Labour Force, servizio speciale della V Armata americana) al comando di Ernesto Venzi e saranno impiegati nel riassetto delle strade percorse dai mezzi militari, fino a Cà di Landino, sotto Castiglione dei Pepoli. Nel febbraio 1945, assieme ad altri ex componenti del 2° e del 3° btg della 36a Brigata, reduci dalla battaglia di Purocielo, saranno trasferiti, grazie all'interessamento e all'aiuto del gen. Cerica, a Cesano presso Roma per un periodo di addestramento e rientreranno in linea in aprile, con il Gruppo di Combattimento "Cremona", sul fronte del Senio. Il 1° btg della 36a, al comando di Libero Golinelli parteciperà all'offensiva di primavera con la V Armata e, rafforzato con membri Gap e Sap, combatterà fin oltre al Po. Nel Gruppo di Combattimento “Legnano” sarà incorporato un plotone di partigiani intitolato a Gianni Palmieri, il giovane medico bolognese della 36a Brigata caduto a Cà di Guzzo. Parteciperà all'offensiva di primavera e alla liberazione di Monterenzio.dettagli
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1 novembre 1944Attentato al commissariato di via Porta di CastelloLa squadra “Temporale” della 7a Gap fa saltare con l'esplosivo la sede del commissariato di polizia di Galliera in via Porta di Castello, in pieno centro cittadino. Cinque agenti rimangono uccisi e due feriti. Secondo altre fonti, alcuni degli agenti indicati come vittime di questa azione muoiono invece in agguati o in attentati a caserme.dettagli
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4 novembre 1944Bombardamento di Castel d'AianoIl 4-5 novembre l'aviazione alleata bombarda pesantemente il territorio Castel d'Aiano sull'Appennino bolognese. Nei pressi vi sono i capisaldi difensivi tedeschi della “Linea Verde”. Il capoluogo è devastato dagli ordigni incendiari. Vengono distrutti il Santuario della Brasa, il municipio, la scuola e la chiesa parrocchiale. Dopo i ripetuti attacchi del marzo-aprile 1945, in occasione dell'assalto finale alla Gotica, il paese risulterà quasi completamente raso al suolo.dettagli
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7 novembre 1944Battaglia di Porta LameDai primi di ottobre vari gruppi di gappisti e una parte dei partigiani operanti in provincia sono concentrati, in vista dell'insurrezione ritenuta imminente, nei sotterranei dell'Ospedale Maggiore distrutto dai bombardamenti aerei.Qui si nascondono circa 230 uomini appartenenti alla 7a GAP, ai distaccamenti di Castenaso, Castel Maggiore e Anzola Emilia e a una squadra SAP.Altri sono appostati in un caseggiato vicino, di cui fa parte un vecchio lavatoio, e in uno stabile di vicolo del Macello: sono 75 partigiani della 62a e 66a Brigata Garibaldi e del distaccamento di Medicina.Sono dotati di mitra, mitragliatrici pesanti e leggere e un gran numero di munizioni, frutto dell'assalto a un treno militare. Possiedono anche alcune automobili e un camion, nascosti sotto l'ex ospedale.All'alba del 7 novembre i tedeschi scoprono casualmente la base di via del Macello e iniziano una dura battaglia con l'ausilio di cannoni e di un carro armato Tiger, richiamato dal vicino fronte (Il 14° Corpo d'armata corazzato tedesco è di stanza nella zona di Sala Bolognese).Accanto a loro sono impiegati come incursori gli agenti del Reparto d'assalto della polizia (RAP). Si spara da tutti gli edifici compresi nell'area tra il macello, il dopolavoro della Manifattura Tabacchi, le scuole Fioravanti, il panificio comunale.Una parte dei partigiani riesce a superare l'accerchiamento, scappando attraverso il canale Navile con l'aiuto di fumogeni, e si allontana verso altre basi del quartiere Bolognina, portando con sé anche i feriti.Alle 18,45 entrano in azione a sorpresa i combattenti in attesa tra le rovine dell'ospedale Maggiore, aprendo la seconda fase della battaglia. I vari distaccamenti partigiani circondano le forze nemiche nei pressi del cassero di Porta Lame, infliggendo loro notevoli perdite.Tra i partigiani si contano una quindicina di feriti e dodici morti: Oddone Baiesi, Oliano Bosi, Nello Casali, Enzo Cesari, Ercole Dalla Valle, Guido Guernelli, John Klemlen, Ettore Magli, Rodolfo Mori, Alfonso Ricchi, Alfonso Tosarelli e Antonio Zucchi.Quella di porta Lame è ricordata come la più importante battaglia tra partigiani e nazifascisti all'interno di una città, in tutta la guerra.Nei giorni seguenti alcuni scontri di minore ampiezza (Bolognina, via Lombardi, via De Marchi) vedranno protagonisti i partigiani di ritorno alle loro basi.dettagli
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9 novembre 1944La liberazione di ForlìDopo aver raggiunto un accordo di massima con il comando britannico, l'8a Brigata Garibaldi guidata da Ilario Tabarri (Pietro Mauri) è pronta ad entrare a Forlì. E' stabilito che nella notte tra l'1 e il 2 novembre l'intera formazione partigiana raggiunga la zona di Carpena, a pochi chilometri dal capoluogo, ma è necessario che giungano anche le armi richieste agli Alleati. Invece delle armi, arriva l'ordine del comando britannico di rientrare alla base di Meldola. Nella giornata del 2 novembre i partigiani tornano a Meldola sfiduciati e delusi. L'idea che siano i partigiani ad entrare per primi nella “città del Duce” non piace certo ai fascisti e ai Tedeschi, ma neanche gli Inglesi vedono di buon occhio una conquista in compartecipazione con uomini considerati in gran parte sovversivi e comunisti. D'altra parte la Brigata romagnola vive l'arresto imposto dagli Inglesi come un'ingiunzione autoritaria e come la sottrazione di un diritto. Dopo una giornata di bombardamenti e mitragliamenti nelle località della periferia, l'8 novembre Forlì è circondata a tenaglia dalla 4a Divisione britannica del generale Ward e dalla 46a di fanteria del generale Hawkesworth. Contro di esse è schierata a difesa la 278a Divisione tedesca di fanteria del generale Hoppe, che in serata comincia lentamente a ritirarsi, lamentando la perdita di circa 700 uomini, tra i quali molti ufficiali. Il giorno prima, a Vecchiazzano, i Tedeschi hanno compiuto un pesante rastrellamento, massacrando nove componenti di due famiglie contadine. Durante la notte tra l'8 e il 9 novembre fanno saltare in aria le costruzioni più alte del centro storico: la torretta degli Uffici statali, il campanile del Duomo, il serbatoio dell'Acquedotto. La Torre dell'Orologio crolla sul Teatro comunale. Viene distrutto il ponte di Schiavonia, ma fortunatamente non il campanile romanico di San Mercuriale, anch'esso minato. All'alba del 9 novembre il primo ad entrare a Forlì è un battaglione scozzese della 4a Divisione britannica. Subito la gente comincia a riversarsi sulle strade per salutare le formazioni avanzanti. Nei giorni successivi la città continuerà ad essere sottoposta ai cannoneggiamenti tedeschi. Ancora il 10 dicembre alcune enormi bombe d'aereo distruggeranno la chiesa di San Biagio e la zona di Ravaldino, facendo una ventina di vittime. Il comando della II Brigata Corazzata dell’VIII Armata disporrà il 15 novembre la raccolta e il disarmo di tutti i partigiani a Pieve di Rivoschio. Tra i motivi del disarmo vi è l’eliminazione del comandante Libero, fiduciario degli alti ufficiali inglesi operanti con la Resistenza. Forlì è l’unico capoluogo emiliano in cui non viene consentita l’entrata dei patrioti italiani al momento della liberazione. L'8a Brigata Garibaldi al completo vi sfilerà solo il 30 novembre, assieme alle formazioni Gap e Sap e alla Banda Corbari, guidata dal fratello di Silvio, Romeo. Alcuni partigiani forlivesi riusciranno comunque a raggiungere il ravennate e ad aggregarsi alla 28a Brigata Garibaldi di Bulow.dettagli
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10 novembre 1944Eccidio di Suore di MongardinoDall'autunno 1944 un comando delle SS si insedia a Casa Suore di Mongardino, sulle colline di Sasso Marconi, per presidiare un territorio dove operano diverse formazioni partigiane. Grazie alle informazioni ottenute dai fascisti locali, i tedeschi effettuano in zona diversi rastrellamenti, che portano, a più riprese, alla cattura di persone e alla loro uccisione. Il 22 ottobre, durante una retata, viene arrestato Arturo Prosperi, partigiano della brigata Stella Rossa, fucilato il giorno seguente a Casa Suore. Il 1° novembre una spiata conduce i nazisti al dott. Vittorio Patrignani, che in diverse occasioni ha curato partigiani feriti. La sua casa viene devastata ed egli è arrestato poco distante mentre passeggia con la figlia. Il 5 novembre è giustiziato al comando SS. Il 10 novembre una raffica di mitra a bruciapelo spegne le vite di due poveri ciechi, padre e figlio, incapaci di obbedire alle intimazioni dei soldati. Alfonso Laffi, catturato il 24 novembre e utilizzato come facchino al comando di Suore, è riconosciuto partigiano e fucilato il 1° dicembre con alti due compagni della 63a brigata Bolero. Tra le vittime di Suore sarà riconosciuto anche Mario Tosi della formazione modenese 65ma Garibaldi Tabacchi, che si credeva caduto in altro luogo.dettagli
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10 novembre 1944Una "tragica fossa" tra le rovine dell'ospedale MaggioreIl “Resto del Carlino” denuncia la scoperta di una “tragica fossa” presso le rovine dell'ospedale Maggiore, che fino a pochi giorni prima hanno ospitato una parte dei partigiani combattenti a Porta Lame. Per il giornale numerosi cittadini risultano brutalmente torturati e impiccati nello stile “dei carnefici bolscevichi”. I muri della città si riempiono, nei giorni successivi, di foto dei cadaveri recuperati, mentre i tedeschi fanno affiggere avvisi che minacciano rappresaglie contro i "ribelli" e i loro aiutanti e promettono ricompense in denaro e in sale a chi fornisce indicazioni utili alla loro cattura. Alla campagna diffamatoria del "Carlino" il comando della 7a GAP risponderà il 26 dicembre con un documento sull'identità degli otto cadaveri riesumati all'Ospedale Maggiore: si tratta di tre fascisti, tre spie e due soldati tedeschi, catturati durante le sporadiche sortite dei gappisti dalle basi e fucilati nel corso del periodo di permanenza tra le rovine dell'ospedale. Al contrario di ciò che afferma il giornale filo-fascita, essi non sono stati catturati insieme e uccisi in un solo giorno. Sarà inoltre respinta come "grossolana fandonia" l'accusa ai partigiani di usare la tortura.dettagli
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10 novembre 1944Ricostituita la Camera del LavoroIl 10 novembre, in una riunione nella canonica della chiesa di Santa Cristina in via del Piombo, è sancita la ricostruzione della Federterra, della Federazione operai metallurgici e della Federazione muratori e fornaciai. Torna in vita la Camera del Lavoro, la cui sede è stata distrutta dai fascisti nel 1921. La commissione reggente è formata da membri designati dai partiti clandestini riuniti nel CLN, con l'eccezione dei liberali. Ne fanno parte i comunisti Paolo Betti, Agostino Ottani e Giorgio Volpi, i socialisti Giuseppe Bentivogli, Ottorino Guidi e Giuseppe Gottellini. Clodoveo Bonazzi rappresenta la vecchia camera anarco-sindacalista, mentre Angelo Salizzoni e il conte Cavazza sono i delegati della Democrazia Cristiana. Nella stessa riunione, su iniziativa di Giuseppe Dozza e Renato Tega, è approvata la stesura di un manifesto sul "maltolto", a favore della restituzione dei beni delle organizzazioni sindacali e delle cooperative espropriati con la forza dai fascisti negli anni Venti. I primi incontri clandestini tra esponenti dei partiti antifascisti, per la rifondazione della Camera del Lavoro, si sono tenuti dal settembre 1944 in vari luoghi appartati indicati dagli esponenti democristiani Salizzoni e Cavazza: ad esempio in un granaio vicino alle rovine del teatro del Corso e in diverse chiese, con la complicità dei parroci.dettagli
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12 novembre 1944Ordine di mascheramento delle formazioni partigianeIn una riunione molto accesa con i responsabili dei Gap e delle Sap, che si tiene il 12 (o il 13) novembre in via Falegnami, l'ufficiale del CUMER Sante Vincenzi (Mario) dà la disposizione di smobilitare le formazioni, dividendole in piccoli gruppi. L'ordine per i partigiani rimasti in città è di “mascherarsi” e “legalizzarsi”, confondendosi tra i normali cittadini. E' scoraggiata la presenza di grosse unità durante l'inverno, soprattutto nelle zone montane e collinari. Per il CUMER il "mascheramento" è considerato "l'elemento essenziale per colpire giusto e non essere colpiti". Un rapporto informativo del triumvirato insurrezionale comunista afferma che dopo la battaglia di Porta Lame la situazione militare in città è completamente cambiata: "si rischia di perdere tutto senza aver combattuto", oppure di combattere alla disperata. Con il fronte stazionario, il metodo del contrattacco deve sostituire quello dell'offensiva. Vincenzi deve imporsi d'autorità a diversi comandanti che non approvano questa linea. Sono per una difesa più attiva una parte dei partigiani della 7a Gap, i sappisti Giacomo Masi e Aroldo Tolomelli (Ernesto), i comandanti della brigata "Irma Bandiera" Renato Capelli e della brigata "Paolo" Beltrando Pancaldi (Ran). Nei mesi seguenti l'attività partigiana si riduce comunque al minimo: le azioni condotte tra settembre e dicembre sono il 5% di quelle dei mesi estivi. Durante l'inverno a Bologna restano pochi gruppi autonomi di gappisti, mentre la grande maggioranza dei partigiani sono dislocati nelle campagne della Bassa, presso famiglie di contadini. Di giorno essi aiutano nei campi e di notte partecipano ad azioni di guerriglia inquadrati nelle Sap (Squadre di Azione Patriottica). Intanto in città i tedeschi hanno minato gli impianti di pubblica utilità, acquedotto, luce, gas, pronti a fare terra bruciata in caso di ritirata. Il coprifuoco è in vigore, in pratica, dalle 18: oltre a continui controlli e perquisizioni, non sono infrequenti sparatorie e mitragliamenti per ogni piccolo movimento o rumore nelle strade. Gli automezzi tedeschi si rifugiano spesso sotto i portici e nelle vie del centro "tenendo anche durante le incursioni i fari accesi ed esponendo il cuore della città ai pericoli dei bombardamenti aerei".dettagli
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13 novembre 1944Il proclama di AlexanderIl generale Harold R. Alexander (1891-1969), comandante delle forze alleate in Italia, in un messaggio radiofonico del 13 novembre proclama conclusa la campagna estiva degli eserciti alleati, iniziata con lo sfondamento della linea Gotica. La decisione implica l'arresto del fronte alle porte di Bologna, con l'esposizione alle rappresaglie nazifasciste delle formazioni partigiane. E' previsto che queste cessino le operazioni su larga scala, conservino munizioni e materiali e attendano nuovi ordini tramite radio o volantini. Con una circolare del 2 dicembre il CVL indica l'esigenza di "reagire nel modo più fermo alle interpretazioni pessimistiche e disfattiste" del proclama e di considerare solo la cessazione di operazioni su vasta scala. Il comando del CUMER ordina il "mascheramento", ma non la smobilitazione, delle GAP e delle SAP bolognesi. Consiglia la discesa dei resistenti in pianura e la frammentazione delle brigate di montagna. Nel contempo ordina l'epurazione degli elementi inaffidabili o sospetti e predispone che “l'energica azione dei patrioti colpisca il menico ed i fascisti traditori della patria”. Durante l'inverno del '44 i Gap cittadini saranno limitati a cinque piccole squadre, costrette ad operare in condizioni di estrema difficoltà.dettagli
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13 novembre 1944La nuova FederterraLa Commissione esecutiva della rinata Camera del Lavoro decide la costituzione del Comitato provvisorio della Federterra bolognese. E' composto di sei rappresentanti dei braccianti e salariati, sei dei coloni e mezzadri, tre dei fittavoli. La grossa novità di questo esecutivo rispetto a quello del periodo prefascista è che non c'è più il primato dei braccianti sulle altre categorie contadine. Per garantire parità di rappresentanza, a comporre l'esecutivo della Federterra provinciale sono chiamati cinque rappresentanti di ogni corrente sindacale, comunista, socialista e democristiana.dettagli
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14 novembre 1944Giovanni Casoni ucciso in strada dai fascistiL'odontotecnico Giovanni Casoni, partigiano della 2a Brigata Garibaldi "Paolo", è assassinato a colpi di pistola dalla polizia fascista in via Begatto, a poca distanza dal suo laboratorio, divenuto base della resistenza e luogo di smistamento di armi per i partigiani. Già in passato Casoni era stato gravemente ferito da squadristi armati e arrestato tre volte quale antifascista. Il dott. Filippo D'Aiutolo, esponente del Partito d'Azione, riuscirà a scattare di nascosto alcune foto al cadavere di Casoni dalla sua abitazione di via San Vitale n. 57 (la stessa in cui è nascosto il radium dell'Ospedale Sant'Orsola, sottratto ai nazisti). Le foto saranno pubblicate sul periodico "Resistenza Oggi" molti anni dopo.dettagli
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14 novembre 1944Incontro delle autorità del fascismo bolognese con il segretario PavoliniIl segretario del PFR Pavolini è a Bologna per organizzare, con le autorità locali, la nuova fase della guerra. Sono presenti alla riunione il colonnello delle SS Dollmann, comandante di piazza, il capo della provincia Fantozzi, il commissario regionale Rocchi, il segretario federale Torri, l'ispettore regionale Pagliani, il podestà Agnoli. Il capo della provincia dichiara di non poter provvedere al sostentamento della popolazione senza i mezzi di trasporto requisiti dai tedeschi. Esprime la necessità che cessino i rastrellamenti di manodopera per le fabbriche del Reich e che gli ingaggi avvengano tramite uffici competenti. Chiede infine che l'evacuazione della popolazione dalle zone d'operazione sia fatta con un preavviso ragionevole e senza requisizioni arbitrarie. In questa occasione prendono la parola anche gli esponenti del partito: Franz Pagliani denuncia il prof. Scaglietti come collaboratore della Resistenza e propone il trasferimento al nord del Centro Putti, mentre il questore Fabiani chiede l'internamento di circa duemila oppositori politici. Lo scontro tra le varie autorità fasciste è rivelato dalla relazione sulla consistenza della Resistenza bolognese fatta dal federale Torri e consegnata da Fabiani a Pavolini, dove si denuncia la debolezza di Fantozzi nella lotta contro i "ribelli". Oggetto del contendere è anche la cosiddetta "lista Jacchia", un elenco di persone molto note a Bologna indicate come antifasciste.dettagli
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14 novembre 1944Eccidi sulle rive del MontoneIl 14 novembre a Ragone di San Pancrazio, frazione di Russi (RA), in un podere nei pressi dell'argine del Montone, 24 persone vengono barbaramente uccise. Tre giorni dopo nello stesso territorio - a Casa Capra - avviene un'altro eccidio, con la morte di 13 persone. In provincia di Ravenna le truppe della Wehrmacht in ritirata compiono varie stragi, che coinvolgono intere famiglie, perlopiù non per ragioni politiche, ma per motivi militari. Edifici con funzione strategica sono fatti saltare assieme ai loro abitanti per salvaguardare la ritirata e la tenuta delle linee difensive presso gli argini fluviali. E' la strategia della tabula rasa. Di solito le stragi non vengono rese pubbliche, ma anzi occultate con cura. A casa Fornaci, posta sulla linea difensiva del Montone, i corpi dei fucilati - tra essi donne e bambini - sono ammucchiati vicino a un pagliaio, cosparsi di infiammabili e bruciati. I responsabili della strage di San Pancrazio Roncalceci e di Casa Capra sono forse soldati della 305a o della 356a Infantrie Division.dettagli
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14 novembre 1944Mobilitazione dei partigiani nel ravennate. L'eccidio di Madonna dell'AlberoIl 10 novembre la Porter Force dell'VIII Armata libera Gambellara e si avvicina a Coccolia (RA). L'11 avanza sulla litoranea e occupa Fosso Ghiaia. Il 14 novembre i partigiani proclamano la mobilitazione per la liberazione del territorio ravennate prima dell'arrivo delle truppe alleate. Il Distaccamento "Garavini" della 28a Brigata Garibaldi, affiancato alla Porter Force, occupa, tra il 15 e il 16 novembre, San Piero in Trento e Coccolia. Il 18 novembre avviene a Cervia l'incontro tra Arrigo Boldrini (Bulow), comandante della 28a Brigata Garibaldi, e alcuni ufficiali dell'VIII Armata, per concordare la liberazione di Ravenna. Il 19 il Distaccamento "Garavini", assieme alla Popski's Private Army, occupa Classe e sloggia l'osservatorio tedesco dal campanile di S. Apollinare, salvando l'antica basilica dal previsto bombardamento. Il 27 novembre a Madonna dell'Albero, frazione pochi chilometri a sud di Ravenna, presso la confluenza del Ronco nel Montone, il presidio tedesco, a seguito della morte di un soldato, compie un rastrellamento in cerca di partigiani. Una ventina di persone vengono rinchiuse in un capanno e abbattute a colpi di mitragliatrice. Gli abitanti delle case vicine sono giustiziati con fucilate e lanci di bombe a mano. In totale muoiono 56 civili innocenti, appartenenti a 15 famiglie della zona, soprattutto vecchi, donne e bambini. Il 30 novembre è attuata la mobilitazione generale delle forze partigiane di Alfonsine, Cotignola, Lugo, Bagnacavallo, Fusignano e Russi, che si portano verso Ravenna. L'ora zero della battaglia per la conquista della città scatterà il 2 dicembre alle 8 del mattino.dettagli
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15 novembre 1944Battaglia della BologninaUn imponente rastrellamento tedesco - 16 carri armati e un gran numero di truppe SS e militi repubblichini - porta all'individuazione di una base partigiana in un palazzo di piazza dell'Unità alla Bolognina. Vi sono asserragliati 17 gappisti reduci dalla battaglia di Porta Lame (altri due sono usciti poco prima dell'azione nazifascista, in cerca di ordini da parte del comando cittadino). Dopo alcune ore di scontri a fuoco una decina di partigiani risultano uccisi o feriti. I caduti in combattimento sono Amos Facchini (Joe), Daniele Chiarini, Edgardo Galetti, Gino Comastri (Rolando) e Bruno Comellini (Slavo). Mario Ventura (Sergio), già Commissario di guerra della 62a Brigata Garibaldi “Pampurio”, è catturato durante il rastrellamento e verrà in seguito torturato e fucilato al Poligono di Tiro. I superstiti fuggono attraverso le cantine e si rifugiano tra le macerie del mercato ortofrutticolo fino al calare della notte. Due di essi, stremati dalla tensione, tentano il suicidio nel timore di essere catturati. I feriti più gravi saranno trasferiti con mezzi di fortuna nell'ospedale partigiano di via Duca d'Aosta. Il "Resto del Carlino" pubblica due giorni dopo la notizia della battaglia, definendo i partigiani "fuorilegge", "avanzi di galera", "vagabondi senza mestiere", "delinquenti comuni". Viene esaltato l'intervento del Reparto d'assalto della polizia e segnalata la presenza dell’Alto Commissario dell’Emilia Romagna, del delegato regionale del PFR e del Commissario federale.dettagli
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16 novembre 1944Interrogatori e torture di partigiani nella Facoltà di IngegneriaL'Ufficio Politico Investigativo (UPI) della Guardia Nazionale Repubblicana si trasferisce nella sede della Facoltà di Ingegneria in via Risorgimento, dove da qualche tempo sono acquartierati l'Ispettorato regionale, il Comando provinciale e la Compagnia comando della GNR. Ricostruita nel novembre 1943, l'ex polizia segreta dell'MVSN aveva prima due sedi: in via Mengoli - camuffata da Ispettorato Sanitario - e presso la caserma di artiglieria di viale Panzacchi. Dalla primavera del 1944 fino alla Liberazione il capo dell'UPI bolognese è Angelo Serrantini, prima al comando del Servizio politico dell'Ispettorato regionale. Ha ai suoi ordini una quarantina di uomini, divisi in due squadre: alcuni di essi si distinguono per i metodi violenti degli interrogatori, le torture, le esecuzioni sommarie. I partigiani arrestati sono rinchiusi in celle ricavate al primo e al secondo piano, alcune senza servizi igienici. Gli interrogatori sono condotti nei locali dell'Istituto di Elettrotecnica. Secondo numerose testimonianze, per estorcere informazioni sono usate maschere antigas tappate, scudisciate, fornelli e ferri roventi. I metodi dei fascisti sono considerati dai comandi partigiani ancor più pericolosi di quelli delle SS. E' opinione generale che sia impossibile resistere a lungo alle loro torture. La direttiva è di provare a non rivelare nulla per le prime 24 ore. L'edificio della Facoltà di Ingegneria sarà liberato dai partigiani il 21 aprile 1945: nella sede e negli immediati dintorni saranno uccisi due militi della GNR e fatti prigionieri alcuni soldati tedeschi. Il capo dell’UPI Serrantini sarà giudicato in contumacia dalla Corte d’Assise straordinaria di Bologna nel 1947. Gli saranno contestati 22 capi d’imputazione, tra i quali l’aver organizzato rastrellamenti e rappresaglie e aver partecipato a sequestri e omicidi di partigiani e antifascisti.dettagli
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18 novembre 1944Ucciso a botte il partigiano Bruno PasqualiNella notte del 18 novembre è ritrovato il cadavere di Bruno Pasquali (1908-1944), giardiniere, perseguitato nel Ventennio come agitatore antifascista. Nel 1938 fu arrestato per aver messo in piedi una cellula comunista all'interno dell'azienda tramviaria bolognese. Dopo l'armistizio fu, assieme a Walter Busi, Luigi Gaiani, Vittorio Gombi, Walter Nerozzi, Remigio Venturoli e altri, tra i primi organizzatori dei gruppi armati in città. Nei primi mesi di attività dei Gap fu autore di attentati contro comandi e locali frequentati dai nazifascisti. Fu uno dei tre gappisti che uccisero il federale fascista Eugenio Facchini. In precedenza con Monaldo Calari, Libero Lorenzini e altri diede vita sull'Appennino modenese a una formazione partigiana denominata “distaccamento Carlo Pisacane”, che non ebbe grande capacità operativa e venne sciolta poco dopo. Nella primavera del 1944 si è spostato nel Ferrarese e ha militato nella 35a brigata Rizzieri Garibaldi. Assieme a Bruno Rizzieri ha dato vita ai primi gruppi gappisti nel capoluogo estense. Arrestato una prima volta il 7 giugno a Pontelagoscuro, è stato sottoposto alle più atroci sevizie e internato in fin di vita al Policlinico Sant'Orsola. Il 10 luglio è evaso grazie ad alcuni infermieri e a un addetto alla protezione antiaerea ed è stato poi curato da medici vicini al movimento partigiano. Secondo il prof. Palmieri il suo corpo “pareva fatto soltanto di pelle ed ossa e diafano come fosse di cera”. La sua latitanza è durata poco. Catturato all'inizio di novembre da una pattuglia di SS al Pontevecchio assieme a Walter Busi e riconosciuto da militi della brigata nera, è stato picchiato a più riprese fino alla morte nel comando delle SS in via Santa Chiara. I fascisti ne hanno anche simulato la fucilazione. Il compagno Busi è stato invece passato per le armi in via Agucchi pochi giorni dopo l'arresto e il suo corpo abbandonato per strada.dettagli
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18 novembre 1944Ancora fucilazioni al Poligono di TiroDopo la battaglia di Porta Lame i fascisti vogliono offrire una prova di forza. In un salone delle carceri di San Giovanni in Monte vengono messi in fila alcuni partigiani prigionieri e selezionati quelli con il numero di branda dispari. I malcapitati vengono quindi portati al Poligono di Tiro di via Agucchi e fucilati. Tra essi vi sono Walter Busi (Michele) e Angiolino Motta, commissari politici della 1a brigata Garibaldi "Irma Bandiera", Giuseppe Rimondi (Ciro), vice-comandante della stessa formazione, e Mario Ventura (Sergio), commissario della 62a brigata Garibaldi "Camicie Rosse" (Medaglia d'Argento al V.M.). Sono uccisi inoltre due gappisti operanti a Bologna, Bruno Galeotti e Amedeo Magoni, e tre partigiani della 5a brg Bonvicini Matteotti, di ispirazione socialsta: Giordano Barilli, Tonino Bonora e Lino Rubbini. Prima di morire, tutti hanno subito pesanti torture. La responsabilità del massacro al famigerato capitano Tartarotti è contraddetta dal fatto che già il 16 settembre precedente la Compagnia Autonoma Speciale (CAS) è stata sciolta e i suoi uomini sono fuggiti a Trieste al seguito del questore Giovanni Tebaldi. “Terrore della popolazione” a Perugia come capo della polizia, nella città friulana Tebaldi si è messo - assieme ai suoi accoliti - al servizio dell’amministrazione tedesca di occupazione.dettagli
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21 novembre 1944Trucidati quattro noti professionistiTra il 21 e il 22 novembre vengono assassinati quattro professionisti bolognesi molto noti. Essi risulterebbero citati nella cosiddetta “lista Jacchia”, un elenco di antifascisti trovato nella borsa dell'azionista Mario Jacchia al momento del suo arresto a Parma il 3 agosto 1944.. Sono il medico pediatra Pietro Busacchi, l'industriale Francesco Pecori, l'avvocato Alfredo Svampa e il direttore della fabbrica di esplosivi Baschieri e Pellagri, avvocato Giorgio Maccaferri. I loro corpi vengono ritrovati per la strada in vari punti della città, con addosso biglietti, che mirano ad addossare la responsabilità degli omicidi ai partigiani. Ma in città corre voce che i veri mandanti sono i capi delle brigate nere locali, Franz Pagliani e Pietro Torri. Le uccisioni sarebbero un ammonimento agli esponenti della borghesia che non vogliono aderire alla Repubblica di Salò e magari collaborano con la Resistenza. Anche il commissario Armando Rocchi, in un fonogramma al ministro Buffarini datato 7 dicembre, deplorerà il misfatto, addossando la colpa ai capi delle brigate nere. La responsabilità di queste sarà confermata negli interrogatori giudiziari del dopoguerra, ad esempio dal tenente dell’UPI Bruno Monti. I metodi criminali dei brigatisti sono da tempo stigmatizzati dai fascisti più moderati, di cui si fa portavoce il podestà Mario Agnoli. Alcune settimane più tardi i capi oltranzisti saranno espulsi da Bologna dagli stessi occupanti tedeschi.dettagli
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23 novembre 1944Il Forgotten FrontIl settore di guerra italiano è definito, in un articolo del “New York Times”, the Forgotten Front, il fronte dimenticato. Le previsioni degli Alleati di raggiungere Bologna e la pianura Padana prima dell'inverno sono state vanificate dalla accanita resistenza dell'esercito tedesco sull'ultima linea difensiva, la Linea Verde II, situata sulle colline a soli 15 chilometri dalla città. La campagna della “Gotica” ha avuto un alto prezzo in vite umane: gli Alleati hanno subito la perdita in battaglia di oltre 30.000 uomini, tra i quali 5.000 morti. La maggior parte delle perdite si sono avute entro il 26 ottobre e hanno colpito soprattutto le quattro divisioni impegnate nel maggiore sforzo offensivo: la 34a, 85a, 88a e 91a. La causa della stasi del fronte italiano è dovuta, oltre che alle notevoli perdite e al precoce inverno, anche al suo declassamento dopo gli sbarchi alleati in Normandia e nella Francia meridionale. La Winter Line può servire allora a tenere impegnate più divisioni tedesche possibile, per evitare che siano assegnate ad altri fronti. Dietro al declassamento c'è anche una "important divergence" strategica fra Churchill e Roosevelt: mentre gli inglesi si propongono di balzare quanto prima nei Balcani per arginare l'avanzata sovietica, gli americani, pensando già ad un'Europa futura sotto la tutela di USA e URSS, si oppongono alla loro iniziativa.dettagli
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23 novembre 1944Il prof. Scaglietti si adopera per scongiurare il trasferimento del Centro PuttiViene deciso il trasferimento nel nord Italia dell'ospedale “Vittorio Putti” situato nei locali del Seminario arcivescovile a Villa Revedin e specializzato in traumi per cause belliche. Secondo la denuncia di Franz Pagliani, capo del PNF bolognese, al ministro Pavolini, l'istituto è un covo antifascista, che accoglie e cura partigiani e militari alleati. Il prof. Oscar Scaglietti, direttore del Putti e luminare dell'ortopedia, parte il 23 novembre in auto per Maderno e incontra Mussolini, dal quale ottiene una sospensione del trasferimento. All'alba del 29 novembre, le brigate nere e le SS tedesche in assetto di guerra accerchiano l'ospedale, piazzando ovunque sentinelle e mitragliatrici, e irrompono nell'edificio, perquisendo ogni locale. Scaglietti viene arrestato assieme ad altre quattro persone sospette e trascinato per un lungo interrogatorio nella sede del comando SS in via Santa Chiara.dettagli
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24 novembre 1944L'VIII Armata è sul LamoneDopo la liberazione di Forlì, L'VIII Armata prosegue la sua avanzata. Il 5° Reggimento “Hampshire” della 128a Brigata britannica giunge il 24 novembre sul fiume Lamone, alla periferia di Feanza. All'offensiva lungo la via Emilia partecipa il 5° Corpo britannico con la 4a e, soprattutto, con la 46a Divisione. Il 2 Corpo polacco e il 1° canadese proseguono da sud e da est. I Polacchi collaborano all'avanzata con la 3a Divisione carpatica e la 5a Kresova. I tedeschi si difendono con tre divisioni di granatieri corazzate, la 90a, la 26a e la 29a, tra le più valide e fidate unità della Wehrmacht. Dal 3 dicembre l'artiglieria neozelandese inizia, con una "terribile orchestra", l'attacco a Faenza.dettagli
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24 novembre 1944Sequestro di Angelo SeninLe Brigate Nere sequestrano Angelo Senin (1907-1991), dirigente dell'Ufficio legale della Cassa di Risparmio ed esponente antifascista cattolico, il cui nome figura della cosiddetta Lista Jacchia. L'avvocato è tenuto prigioniero per una ventina di giorni senza essere interrogato. Per chiedere la sua liberazione il prof. Oscar Scaglietti e padre Domenico Acerbi, priore dei Domenicani, si recano a Maderno e, grazie all'aiuto di Giorgio Pini, sottosegretario agli Interni, riescono a conferire con Mussolini in persona. Il 15 dicembre i tedeschi, che hanno avuto Senin dai brigatisti della “Pappalardo”, lo lasciano andare. Si è trattato di un pesante avvertimento all'antifascismo moderato bolognese, dopo l'uccisione, nei giorni precedenti, di alcuni noti professionisti contrari al regime di Salò. Dopo la guerra l'avv. Senin sarà consigliere comunale della Democrazia cristiana fino al 1951 e dal 1956 al 1960. Sarà anche dirigente e presidente della Cassa di Risparmio. Nel 2021 gli sarà intitolato un giardino nel Quartiere Savena.dettagli
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25 novembre 1944Attaccata una base dei Gap in via de' MarchiI militi del reparto d'assalto del questore Fabiani attaccano una base partigiana in via de' Marchi, nei pressi della chiesa di San Francesco. Qui si sono rifugiati cinque componenti della squadra "Temporale" della 7a Gap, reduci dalla battaglia di Porta Lame. Dopo uno scontro a fuoco e un tentativo di fuga per i tetti, due di essi, Aroldo Cristofori (Vento, 1926-1944) e Novella Albertazzi (Wanda, 1925-1997), vengono catturati. Gli altri tre - Lampo, Moretto e il fratello di Aroldo Cristofori, Francesco - sono usciti alla spicciolata poco prima del rastrellamento. I prigionieri saranno brutalmente torturati dalla Gestapo e dalla polizia politica fascista e rinchiusi in carcere. Cristofori verrà fucilato il 24 dicembre 1944 a Paderno, la Albertazzi sarà rilasciata il 30 marzo 1945 grazie all'intervento dell’avvocato Lenzi, capo della Massoneria.dettagli
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26 novembre 1944I partigiani promettono "odio mortale" ai nazifascistiIl 23 novembre il comandante generale tedesco della zona di operazioni di Bologna Frido von Senger und Etterlin fa pubblicare un manifesto nel quale invita la popolazione a favorire la caccia ai partigiani “fuorilegge” e la repressione del “banditismo”. Il 26 novembre la federazione comunista di Bologna diffonde un manifesto dal titolo: Risposta al comandante tedesco. Odio mortale. Si tratta di “uno dei più implacabili incitamenti alla repulsa ed alla ribellione contro i tedeschi che sia mai stato diffuso” (Arbizzani). Il testo è di Ducati, alias Giuseppe Dozza (1901-1974), futuro sindaco della città.dettagli
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29 novembre 1944Arresto di Walter TampieriTra il 23 e il 29 novembre le fila della Resistenza imolese vengono scompaginate per la delazione di una spia, che porta all'arresto di numerosi partigiani: tra essi Augusto e Franco Dall'Osso, Luciano e Oreste Gardelli, Virginia Manaresi, Eros Marri, Antonio Morini, Sante Noferini, Cleo Ricchi, Vero Vannini, Vittoriano Zaccherini. Il 29 è arrestato in via Cavour Walter Tampieri (1920-1945), impiegato della Cogne e militante delle Sap, che ha aderito alla Resistenza subito dopo l'armistizio, impegnandosi nella redazione del giornale del Partito Comunista imolese "La Comune" e del periodico del FdG "Vent'anni". Durante la perquisizione effettuata nel suo appartamento dalle Brigate Nere sono trovate matrici di carta cerata dei fogli clandestini e materiali del numero 25 de "La Comune" da poco ricevuti da una staffetta. Inoltre il giovane custodisce elenchi di macchinari trasportati in Germania dai Tedeschi, compilati al fine del loro recupero dopo la guerra. Rinchiusi nel carcere della Rocca, i partigiani imolesi saranno a lungo torturati. Verranno poi trascinati nel lager di Bolzano, con destinazione finale Mauthausen in Austria. Marri, Noferini e Ricchi non torneranno dal campo di sterminio e anche Tampieri, di salute cagionevole, morirà alla vigilia della Liberazione. Gli sarà conferita la Medaglia d'Argento alla memoria.dettagli
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dicembre 1944Gli alberi della Montagnola usati come legna da ardereDurante l'inverno la città rimane senza combustibile. Vengono effettuate potature straordinarie e tagli degli alberi della Montagnola, con la distribuzione di 14.000 buoni legna. Ai prelievi consentiti si affiancano gli abbattimenti arbitrari di alberi nei parchi pubblici o nei giardini privati abbandonati e il recupero del legname tra gli edifici bombardati. I soldati tedeschi riscaldano le loro caserme tagliando gli alberi della circonvallazione e sbullonando le traversine delle ferrovie secondarie.dettagli
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4 dicembre 1944La liberazione di RavennaE' attuata l'azione combinata su Ravenna proposta agli Alleati da Arrigo Boldrini (Bulow, 1915-2008), comandante della 28a Brigata Garibaldi. Alle 8 del mattino del 4 dicembre, d'accordo con l'Armata privata del generale Vladimir Peniakov (Popski) - una formazione militare al servizio degli Alleati, che esegue missioni ad alto rischio e incursioni oltre le linee nemiche - la 28a Brigata “Mario Gordini” inizia l'attacco conclusivo contro le difese tedesche. Alle 12,30 i partigiani del distaccamento "Settimio Garavini" comandato da Arturo Minghelli (Barilot), assieme alla 5a divisione del 1° Corpo Canadese, entrano a Ravenna. L'occupazione della città, avvenuta senza la perdita del grande patrimonio artistico dell'ex capitale bizantina, apre una promettente prospettiva per l'aggiramento del bacino del Reno. La conquista definitiva della provincia di Ravenna avverrà il 10 gennaio 1945 con la liberazione di S. Alberto. Questo giorno segna anche la conclusione del ciclo operativo iniziato dalla VIII Armata in agosto sul Metauro. Al contrario di altre formazioni partigiane romagnole, come la 8a Brigata Garibaldi e in parte la 36a, la 28a Brigata, finora operativa su tutta la provincia di Ravenna, non sarà smobilitata dopo la congiunzione con gli Alleati. Il 12 gennaio 1945, dopo un periodo di addestramento nel capoluogo, entrerà in linea alla destra del Reno, alle dipendenze dell'VIII Armata, e poco dopo sarà riconosciuta come unità di combattimento autonoma. Il 4 febbraio, in piazza Garibaldi, durante la celebrazione della liberazione della città, Bulow riceverà dal generale McCreery la Medaglia d'oro al Valor Militare. Durante l'attacco della primavera 1945 la Brigata sarà alle dipendenze del Gruppo di combattimento “Cremona” e parteciperà alla liberazione delle Valli di Comacchio e del Veneto. Al termine del conflitto, alcuni partigiani appartenenti alla 28a Brigata "Mario Gordini" saranno coinvolti a Codevigo (PD), assieme ad altri partigiani veneti e a militari del Gruppo di combattimento "Cremona", nell'eccidio di militi fascisti del Comando provinciale di Verona (circa 130 vittime).dettagli
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5 dicembre 1944Grande rastrellamento tra Amola in Piano e Anzola EmiliaNella notte tra il 4 e il 5 dicembre, ad Amola di San Giovanni in Persiceto, mentre il paese è immerso nel sonno, i tedeschi e i fascisti iniziano un vasto rastrellamento. Il loro obiettivo è sgominare il distaccamento della 63a Brigata Garibaldi, che controlla la zona della pianura a sinistra del Reno. Il contingente dei rastrellatori è formato da soldati della Wehrmacht, uomini del Sicherheitsdienst (il servizio di sicurezza delle SS) e probabilmente reparti della Panzer Division "Hermann Goering" di stanza a Crespellano, già responsabili della strage di Monchio nel modenese (18 marzo 1944). I militari, in assetto di guerra, irrompono nelle case della borgata, le devastano e catturano tutti gli uomini e alcune donne. Vengono fermati e concentrati nel forno del paese anche operai di passaggio. Tutti sono avviati nella chiesa di Amola. Assieme ai soldati ci sono un sedicenne italiano, già nel battaglione "Tarzan" della 63a, e due tedeschi, Hans e Fred, che conoscono bene le basi partigiane, per aver trascorso parecchi mesi in brigata come disertori. Le persone indicate dalle spie, circa una cinquantina, sono caricate su camion e condotte nel teatro di Sant'Agata Bolognese. Altre 200, comprese otto donne, sono avviate in paese per la strada di S. Bernardino. A Sant'Agata i prigionieri sono nuovamente messi al vaglio di Hans e Fred: quelli che non sono riconosciuti come partigiani vengono liberati, gli altri sono condotti a Bologna nella prigione della Gestapo, in via Santa Chiara. Il 7 dicembre l'operazione antipartigiana proseguirà alle Budrie e in altre frazioni di San Giovanni in Persiceto. Un altro rastrellamento è effettuato la mattina del 5 dicembre ad Anzola Emilia, indirizzato contro le basi clandestine della 7a GAP. I prigionieri, indicati dalla spia Lambertini come “ribelli”, finiscono anch'essi in via Santa Chiara a Bologna. Le SS sottopongono le persone catturate a duri interrogatori: vogliono sapere dove si nasconde il comandante della 63a Brigata, Adelfo Maccaferri (Brunello). In seguito gli arrestati - tra essi vi sono i gappisti Dante Drusiani e Adolfo Fantini, definiti “figure interessanti per le loro instancabili attività criminali” - sono trasferiti nelle carceri di San Giovanni in Monte e, dopo altri interrogatori, 65 di essi sono trattenuti. Della loro sorte si saprà solo a guerra conclusa: 29 saranno trucidati a Sabbiuno di Paderno in due gruppi, il 14 e il 23 dicembre, 33 saranno deportati nel campo di sterminio di Mauthausen-Gusen e non faranno più ritorno. Pio Galli sarà ritrovato nelle fosse di San Ruffillo. Tra gli uccisi a Sabbiuno vi è Aldo Zanetti, uno degli animatori, assieme al fratello Bruno, della resistenza anzolese. Il comandante Brunello, ritenuto dai tedeschi il cervello della resistenza persicetana, sfugge alla cattura a casa Manganelli, dove in questo periodo di solito va a dormire. La sera del rastrellamento non ha potuto andarci per un banale imprevisto. Nell'immediato dopoguerra nella zona del rastrellamento saranno sommariamente giustiziati per vendetta due sacerdoti, sospettati di aver fatto da guida agli uomini delle SS. Don Domenico Gianni, arciprete di S. Vitale di Reno, sarà prelevato in canonica il 22 aprile 1945 da tre giovani armati, processato e condannato a morte per collaborazionismo e fucilato a Calderara. Il 5 dicembre 1945, anniversario del rastrellamento, don Alfonso Reggiani, parroco di Amola di Piano, sarà sorpreso da due individui mentre torna in bicicletta da San Giovanni in Persiceto e freddato a raffiche di mitra.dettagli
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7 dicembre 1944Liberate le prime frazioni di CasalfiumaneseIl 7 dicembre truppe del 13° Corpo del Commonwealth britannico aggregate alla V Armata USA liberano le frazioni di Filetto e Sassonero nel comune di Casalfiumanese. Il 2 e il 4 ottobre i soldati americani hanno invece occupato le frazioni di Sassoleone e Casoni di Romagna. Per l'occupazione definitiva del comune occorrerà attendere l'offensiva della primavera successiva. Il capoluogo sarà liberato il 12 aprile 1945: alle 10,30 entrerà in paese il battaglione "Nembo" del Gruppo di combattimento "Folgore". Entro il 15 aprile i tedeschi saranno respinti dalle frazioni circostanti.dettagli
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9 dicembre 1944Scoperta l'infermeria partigiana in via Duca d'AostaI partigiani feriti nelle battaglie di Porta Lame e della Bolognina trovano soccorso nell'infermeria allestita a villa Moneti in via Duca d'Aosta (poi Andrea Costa), nei pressi del torrente Ravone, per iniziativa del dott. Giuseppe Beltrame (Pino). Vi opera un giovane ufficiale medico austriaco, disertore della Luftwaffe, assieme al dott. Vicenzi e a un giovane partigiano trentino. I servizi di mensa e pulizia sono svolti dalle partigiane Stella Tozzi e Ada Pasi. La piccola struttura, funzionante come un vero e proprio ospedale da campo, è dotata di sala operatoria e di alcune stanzette di degenza. Il 9 dicembre l'infermeria cade nelle mani delle brigate nere, in seguito alla delazione di una ex partigiana passata tra le fila dei nazifascisti. I quattordici feriti catturati - Arrigo Brini, Giancarlo Canella, Franco Dal Rio, Settimo Dal Rio, Ardilio Fiorini, Gian Luigi Lazzari, Rosano Mazza, Lino Panzarini, Enrico Raimondi, Luciano Roversi, Riniero Turrini, Giorgio Zanichelli e gli stranieri Olandese e Nicolai. - vengono caricati su un camion e portati alla caserma Magarotti. Qui sono sottoposti a sevizie: alcuni sono messi a nudo, legati a una cancellata e frustati; ad altri premono mozziconi accesi sulle carni e riaprono le piaghe. Infine tutti saranno fucilati al Poligono di Tiro il 14 dicembre.dettagli
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12 dicembre 1944La seconda battaglia della BologninaUna base gappista in via Lombardi 13 alla Bolognina è circondata dalle SS la mattina del 12 dicembre. I partigiani presenti decidono di rompere l'assedio con le armi in pugno. Tra essi, Dante Palchetti (Lampo) e Elio Cicchetti (Fantomas) vengono più volte colpiti durante la fuga, riuscendo però a percorrere un lungo tratto di via Saliceto. Ferito più volte alle gambe, Cicchetti sarà ricoverato sotto falso nome all'ospedale di Bentivoglio, mentre Palchetti, oramai in fin di vita per una raffica di mitra che gli ha trafitto il petto, è trascinato in un cortile di via Cignani, dove muore poco dopo. Dante Palchetti (1923-1944) è stato uno dei primi organizzatori dei ribelli armati dopo l'armistizio. Fu tra i bolognesi saliti al Monte Faggiola che entrarono a far parte della 36a brigata Garibaldi "Alessandro Bianconcini". Guidò in seguito una squadra d'azione della brigata Stella Rossa e, dopo l'estate del '44, fu aggregato alla squadra "Temporale" della 7a Gap bolognese. Partecipò all'attentato al Baglioni e alla battaglia di Porta Lame e sfuggì fortunosamente alla cattura il 25 novembre, uscendo dalla base gappista di piazza dé Marchi poco prima dell'irruzione delle brigate nere. Elio Cicchetti (1923-1986) sarà vice comandante del distaccamento di Castel Maggiore della 7a Gap fino al 10 febbraio 1945 e poi sarà comandante del btg Oriente di Minerbio e vice comandante della 4a brigata Venturoli.dettagli
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12 dicembre 1944I paracadutisti tedeschi tentano di riprendere Monte CerereDopo aver strappato agli Alleati Monte Castellaro il 28 novembre con un attacco a sorpresa, i tedeschi tentano di conquistare Monte Cerere (605 m), una delle cime che dominano la pianura padana sopra Castel San Pietro e punta estrema della "Winter Line". Mirano inoltre a tagliare la cosiddetta "Boston Bye Way", l'unica via che consente agli americani una spola continua di rifornimenti tra le basi logistiche della valle dell'Idice e la zona di Monte Grande. Tre compagnie della 1a Divisione paracadutisti, veterani di Montecassino, avanzano contemporaneamente verso la pieve di Monte Cerere, verso Cà Nuova e a sinistra su Frassineto. Il guadagno di terreno è però molto ridotto e presto i tedeschi sono costretti a retrocedere per mancanza di scorte. I plotoni che le trasportano sono infatti decimati dai mortai inglesi. L'assalto è inoltre contrastato efficacemente dai soldati dei reparti Argyll & Sutherland Highlanders dell'8a Divisione Fanteria Indiana. I paracadutisti lasciano sul terreno un centinaio di morti. Per diversi giorni e diverse notti dopo la battaglia i barellieri continueranno a cercare feriti nei dirupi e nei calanchi sottostanti.dettagli
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12 dicembre 1944Cattura e fucilazione di disertori della GNR a San Giorgio di PianoIl reparto Arditi della GNR comandato dal capitano Gaspare Pifferi compie una retata per ordine del comandante provinciale col. Giuseppe Onofaro nei territori di San Giorgio di Piano e San Pietro in Casale alla ricerca di disertori. Vengono catturati nove uomini: Clodoveo Belluzzi, Pietro Bergami, Paolo Brunetti, Guerrino Colombari, Carlo Culatina, Francesco Franchi, Gilberto Gamberini, Cesare Martelli, Vincenzo Onofri. In ottobre avevano scelto di non seguire la loro compagnia GNR nella ritirata verso il Nord Italia. D'accordo con il comandante, avevano riconsegnate le armi ed erano tornati alle loro case. Cinque di loro sono giustiziati in via Cinquanta e quattro sulla strada per Argelato. I cadaveri sono lasciati in strada. Il Capo della provincia Fantozzi giustificherà l'eccidio affermando di avere agito "in obbedienza al Bando del Duce sui disertori armati". Nelle settimane precedenti lo "specialista" Pifferi ha condotto rastrellamenti e fucilazioni di disertori della GNR anche a Osteria Grande (7 dicembre) e a San Lazzaro di Savena (30 novembre). L'abbandono dei cadaveri dei fucilati provoca notevoli proteste anche all'interno del partito fascista.dettagli
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12 dicembre 1944Attacco disperato dei brasiliani della FEB a Monte CastelloI soldati brasiliani della FEB attaccano le difese tedesche sul Monte Castello, sopra Gaggio Montano, in condizioni atmosferiche proibitive. Riportano notevoli perdite (146 caduti), anche per un bombardamento prematuro dell'artiglieria americana. Nell'azione di conquista dell'Abetaia muoiono 17 soldati in una sola compagnia ("I diciassette dell'Abetaia"). E' solo l'ultimo di una serie di vani assalti (i precedenti il 24 e il 29 novembre, con 416 caduti) portati dai brasiliani e dai soldati americani della 45a Task Force. Il corpo di spedizione brasiliano (FEB) è formato da una divisione di fanteria (circa 25.000 uomini di cui 15.000 combattenti) appoggiata da una piccola forza aerea. Giunta in Italia nel luglio 1944, al comando del generale J. B. Mascarenhas de Morais, la FEB è stata aggregata al 4° Corpo della V Armata americana. Ha iniziato la sua campagna militare in settembre nella zona di Camaiore e in Garfagnana e dai primi giorni di novembre è stata trasferita nell'Alto Reno, con l'obiettivo primario della conquista di Monte Castello. Il caposaldo tedesco, tenuto da fanti della 232a divisione "Tridente", formata di veterani del fronte russo e da giovani reclute della regione di Francoforte al comando del gen. von Gablenz, resisterà per tutto l'inverno e sarà conquistato solo nel febbraio 1945, nell'ambito del Piano Encore. Un monumento della scultrice Mary Vieira alla Guanella ricorda il sacrificio dei "pracinhas" (soldatini) carioca sulla "cima imprendibile". Verso la fine del conflitto il Corpo di spedizione brasiliano sarà protagonista dell'operazione della "sacca di Fornovo", importante manovra strategica, che consentirà agli Alleati la cattura di due divisioni tedesche (la 148a e la 90a Panzergranadieren) e della divisione "Italia" della RSI - in tutto circa 15.000 uomini - prima dell'attraversamento del Po.dettagli
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13 dicembre 1944Eccidi alla Chiusa di Cavacchio e a Boschi di SusanoIl 13 dicembre una quindicina di civili sono fermati da soldati tedeschi mentre tentano di attraversare il fronte nei pressi di Vergato. Vengono fucilati, forse in più riprese, in località Chiusa di Cavacchio (Vergato). Tra essi anche una bambina di 7 anni. I corpi abbandonati saranno ritrovati molti mesi dopo, ormai irriconoscibili. Raffaele Nanni e la moglie Cleofe Rita Donati, i cui nomi sono sul cippo che ricorda l'eccidio, in realtà muoiono lo stesso giorno, assieme ad altre nove persone, a Boschi di Vergato (o Boschi di Susano), vicino a Ponzano. In questa località quattro soldati tedeschi entrano in una casa, poche ore prima oggetto di una razzia di maiali, e uccidono tutti i presenti a colpi di pistola: i proprietari, i loro coloni e alcuni sfollati, che stanno tentando di raggiungere gli Alleati oltre il Reno. Tra le vittime di Boschi c'è il rag. Ettore Bortolotti (1889-1944), esponente di rilievo del mondo cattoico in Appennino, animatore di opere di carità, corrispondente dell' “Avvenire d'Italia” e direttore dell'agenzia del Credito Romagnolo di Vergato. Assieme a lui viene uccisa la cognata Emma Marchetti, “donna di rare virtù”, mentre la moglie Ada sopravvive alcuni giorni, in tempo per lasciare una eccezionale testimonianza del massacro e della sua personale agonia. Nei giorni dei due eccidi di Boschi e di Cavacchio è in corso nella zona di Vergato una cruenta battaglia tra i tedeschi e le truppe alleate, coadiuvate dai partigiani della Brigata Matteotti Montagna.dettagli
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13 dicembre 1944Rastrellamento alla Casa Buia di CorticellaIl 13 dicembre i fascisti compiono un pesante rastrellamento a Corticella, con informazioni avute da partigiani torturati. Verso le 5 di mattina militi della Brigata Nera - secondo L. Bergonzini della Prima Compagnia Arditi della GNR, comandati dal capitano Gaspare Pifferi - irrompono nella fornace della Casa Buia, dove è allestita una base della 1a Brigata "Irma Bandiera". Tutti i civili trovati all'interno vengono arrestati. I partigiani Alfredo Tarozzi (Fieschi), Bruno Pinardi (Camoscio) e il fratello Vanes (Topo) vengono giustiziati subito dopo la cattura. Una ragazza, Gemma Beltrami, è spogliata e seviziata, quindi trascinata a Bologna, assieme ad altri sospetti, nella caserma della Guardia Repubblicana presso la Facoltà di Ingegneria. Nei giorni seguenti i prigionieri subiranno durissimi interrogatori e torture da parte dei gendarmi comandati dal tenente dell’UPI Bruno Monti.dettagli
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14 dicembre 1944Decine di partigiani fucilati a Sabbiuno di PadernoUna parte degli uomini catturati nei rastrellamenti avvenuti dal 5 al 7 dicembre tra Amola in Piano e Anzola Emilia viene prelevata la mattina del 14 dicembre dalle carceri di San Giovanni in Monte da militi della Polizia di Sicurezza (SD) tedesca. Assieme ad altri prigionieri - tra essi i più noti e “pericolosi” componenti della squadra Temporale della 7a Gap e di altre brigate della provincia di Bologna - sono condotti a piedi fino ai calanchi di Sabbiuno, una località deserta non lontana dal fronte. Nei pressi di una piccola casa colonica sono messi in fila sull'orlo del precipizio e uccisi a colpi di mitraglia. I loro corpi rotolano in fondo al calanco e col tempo verranno sepolti dal fango e dalla neve. Lo stesso macabro rituale si ripeterà il 23 dicembre, quando un altro consistente gruppo di ostaggi sarà prelevato, quasi di nascosto, dal carcere bolognese e fucilato a Sabbiuno. Delle due esecuzioni saranno date poche notizie: l'elenco di 24 "ribelli" giustiziati, ma senza l'indicazione del luogo, per la prima; nulla per la seconda. Il numero totale delle vittime non si saprà mai. Verranno identificati 58 nomi, anche grazie ai registri del carcere. I cadaveri saranno rinvenuti solo nell'agosto del 1945. Le fucilazioni di Sabbiuno fanno parte di una campagna di "svuotamento" del carcere di San Giovanni in Monte dai partigiani e dai detenuti politici, effettuata dai nazifascisti a più riprese e in varie località della periferia di Bologna, fino alla immediata vigilia della Liberazione.dettagli
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14 dicembre 1944Eccidio di San Cesario sul PanaroGrazie a diverse delazioni, che consentono di individuare nuclei di Resistenza tra Castelfranco Emilia e San Cesario sul Panaro, i Tedeschi iniziano vasti rastrellamenti nella zona. Il 14 dicembre la Compagnia Scorta Divisionale e la 5° Batteria del III reggimento d’artiglieria della 16° Divisione SS Reichsfuhrer, assieme a uomini del presidio tedesco di Castelfranco e ad alcuni fascisti rastrellano una settantina di persone. Gli ostaggi vengono rinchiusi nell'ammasso canapa di Castelfranco. Dopo un interrogatorio i sospetti partigiani vengono trattenuti a parte: nei locali dell'ammasso subiscono torture di ogni tipo. All’alba del 17 dicembre 1944 dieci prigionieri sfiniti e agonizzanti sono condotti a Ca’ Nova di San Cesario e fucilati sul greto del Panaro. Viene uccisa anche una donna incinta, Gabriella Degli Esposti. I corpi saranno ricoperti dalla neve e ritrovati solo a fine gennaio 1945. I materiali dell'inchiesta sul rastrellamento del 14 dicembre e sulle fucilazioni del 17 (Fascicolo 663) saranno "provvisoriamente" archiviati nel 1960 nel cosidetto "Armadio della Vergogna" dal Procuratore Generale Militare assieme ad altri 694 provvedimenti contro i responsabili delle stragi nazifasciste in Italia. Nel marzo del 2004 il Tribunale Militare di La Spezia processerà il tenente Karl Schiffmann, il capitano Richard Heidemann, il capitano Kurt Wilhelm August Hinze e il tenente Kurt Rüdiger, comandanti dei reparti tedeschi coinvolti nella strage. Tre degli imputati risulteranno deceduti al momento del processo e anche il ten. Schiffmann morirà poco dopo l'inizio di esso.dettagli
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15 dicembre 1944Morte di Giovanni Martini (Paolo) e di Ferruccio Magnani (Giacomo)Giovanni Martini (Paolo), vice-comandante del distaccamento di città della 7a GAP, è arrestato a causa di una spiata assieme ad altri partigiani in un bar di via del Pratello, vicino alla sua abitazione. Per questa impresa il colonnello della GNR Giuseppe Onofaro riceve le congratulazioni del Capo della provincia Dino Fantozzi: “Con tale importante operazione viene eliminato uno dei più pericolosi banditi che infestavano la città e viene inferto un colpo decisivo all’organizzazione gappista”. Tra gli animatori della principale formazione partigiana operante a Bologna, Paolo si è reso protagonista di numerose azioni eclatanti, quali la liberazione dei prigionieri politici dal carcere di San Giovanni in Monte e la battaglia di porta Lame, Per diversi giorni sarà torturato crudelmente nella caserma di via Borgolocchi, alla presenza del tenente Bruno Monti e del colonnello Angelo Serrantini dell'UPI. Un cerchio di ferro gli verrà applicato alla testa e stretto a poco a poco per strappargli notizie sui "ribelli". Non farà rivelazioni, se non per sviare i suoi aguzzini, e morirà il 15 dicembre per le torture. Il suo cadavere verrà gettato presso l'ingresso principale della Certosa e ivi lasciato a terra insepolto come monito. Nel dopoguerra sarà insignito della Medaglia d'Oro al V.M. Il 5 dicembre è stato ucciso anche il vice-commissario politico della 7a GAP Ferruccio Magnani (Giacomo): ferito dai fascisti al torace e all'addome in via Borgonuovo, è morto poco dopo all'ospedale Sant'Orsola. In clandestinità dall'agosto 1944, è stato fino all'ottobre commissario politico della Brigata "Stella Rossa", conquistando la fiducia dei partigiani nonostante la diffidenza del comandante Lupo. Poi è passato, con lo stesso incarico, alla 63a Brigata "Bolero". La notizia della morte di Giovanni Martini e di Ferruccio Magnani sarà data il 27 dicembre da un volantino del comando della 7a brg GAP Gianni Garibaldi. Di Magnani sarà ricordato il passato di tenace oppositore del fascismo: “Lottò tenacemente negli anni più duri della reazione fascista; condannato dal famigerato Tribunale Speciale sopportò con fermezza parecchi anni di galera fascista e ne uscì più ferrato, più temprato, più irremovibile nel proposito di combattere fino alla distruzione del fascismo e dell'hitlerismo”.dettagli
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16 dicembre 1944Repressione nazifascista e polizia partigianaDopo le battaglie di Porta Lame e della Bolognina il movimento partigiano è costretto sulla difensiva. Durante tutto il mese di dicembre le azioni dei Gap in città sono in tutto 19, mentre nel carcere di San Giovanni in Monte risultano in ingresso 456 detenuti, dato inferiore solo a quello del marzo 1944, il mese dei grandi scioperi operai. Di fronte a una accentuata attività di repressione da parte dei tedeschi e dei fascisti, molti partigiani si arrendono o abbandonano la guerriglia, alcuni passano al nemico. L’attività di delazione è particolarmente devastante in questo periodo. Il 18 dicembre il "Resto del Carlino" pubblica un articolo dal titolo Crepuscolo dei gappisti. Tradimento a catena tra le fila dei banditi, in cui rimarca l'importanza delle informazioni ricevute da "onesti cittadini" desiderosi di eliminare "i terroristi al soldo del nemico". In una controversa lettera al Questore, Nazzareno Gentilucci, comandante gappista, riconosce il successo della repressione poliziesca, maledice “quei rinnegati che fino a ieri si sono pavonati Capi” e difende al contempo il "carattere ferreo" di tanti partigiani caduti in mani nemiche. Per il CUMER “chi è indotto a fare la spia commette l'ultima delle abiezioni, egli avrà il disprezzo dello stesso nemico, ed in ogni caso presto o tardi sarà raggiunto inesorabilmente dalla santa giustizia dei compagni che ha tradito”. Con la direttiva del 16 dicembre il Comando unico partigiano costituisce una squadra di otto uomini, non conosciuti dagli apparati repressivi della RSI, destinata ad agire immediatamente contro le spie e i provocatori. Al comando di Renato Romagnoli (Italiano), la squadra di polizia partigiana identificherà in breve tempo ed eliminerà la maggior parte dei partigiani delatori e molti dei peggiori aguzzini fascisti. Secondo Luciano Bergonzini, tra il gennaio e l'aprile 1945 saranno circa 90 le spie e i delatori eliminati nel Bolognese. Romagnoli lo definirà "un lavoro tremendo ma indispensabile, necessario per mantenere viva una speranza" per il movimento partigiano.dettagli
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16 dicembre 1944Uccisione di Amedeo LammaIl 16 dicembre in piazza San Francesco i fascisti uccidono Amedeo Lamma, un imbianchino residente nel Pratello. Il fratello Otello, falegname, è un perseguitato politico più volte arrestato dalla polizia. Il padre era “Anzléin la Pgnata”, uno dei primi ballerini “alla filuzzi” all'inizio del secolo, campione della polka “a chinéin”. Aveva trasmesso ad Amedeo il soprannome Pignatta, dovuto probabilmente alla bassa statura.dettagli
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17 dicembre 1944Ritirata tedesca sul Senio. Eccidio a Villa Rossi di BiancanigoIl 15 dicembre le truppe tedesche - in ritirata dopo la battaglia del Lamone - arrivano sul Senio nei pressi di Castelbolognese. Da alcuni mesi sono già presenti in zona i paracadutisti della 4a Divisione. Si sono avuti rastrellamenti e uccisioni, come quella di Bruno Bandini a Tebano. Il 17 dicembre, giorno della liberazione di Faenza, i tedeschi decidono di far saltare in aria Villa Rossi a Biancanigo e le case coloniche adiacenti, per liberare il campo di tiro verso il fiume. Nelle cantine della villa hanno trovato ricovero le famiglie Cristoferi e Montanari e alcuni sfollati da Faenza. Le esplosioni alle prime luci dell'alba travolgono diciotto civili e altri tre muoiono nella casa a Crociaro di Sopra. Tra le vittime vi sono sette bambini tra i due e i quattordici anni. Nonostante il loro diniego, i tedeschi sapevano che la villa era abitata. Pochi giorni prima da Villa Rossi erano state evacuate trenta donne cieche sfollate da Bologna.dettagli
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17 dicembre 1944Liberazione di Brisighella e FaenzaLa Brigata Maiella, formata da patrioti abruzzesi al comando dell'avvocato socialista Ettore Troilo e aggregata al 2° Corpo d'Armata Polacco, combatte a Brisighella in condizioni avverse per la pioggia insistente e il fango. Negli scontri che avvengono nella notte tra il 4 e il 5 dicembre alcune decine di giovani abruzzesi perdono la vita o rimangono feriti. All'alba del 5 dicembre la cittadina è conquistata. Nei giorni seguenti reparti della Maiella conquistano d'assalto Monte Mauro e Monte della Volpe "asperrimi, disperatamente difesi dal nemico". Si tratta di battaglie cruciali per lo sfondamento delle linee tedesche sul fiume Lamone. Il 17 dicembre le truppe neozelandesi liberano definitivamente Faenza. I primi reparti dell’VIII Armata britannica hanno raggiunto il Lamone il 24 novembre attraverso il Borgo Durbecco semidistrutto. Il 15 dicembre i Tedeschi, incalzati da reparti della 2a divisione neozelandese, della 3a brigata Gurkha e della 46a divisione britannica, hanno cominciato a ritirarsi oltre il fiume Senio. Faenza appare alle truppe alleate come un mucchio di rovine senza luce e senz'acqua. A partire dal maggio 1944 quasi cento bombardamenti alleati l'hanno praticamente rasa al suolo. Il resto l'hanno fatto i Tedeschi in ritirata. Gli abitanti sono fuggiti in massa. Sull'asse della via Emilia il fronte si stabilizza il 20 dicembre nei pressi di Castelbolognese: la cittadina sul Senio sarà liberata dai Polacchi della Divisione carpatica solo il 12 aprile 1945. La Brigata Maiella parteciperà in primavera ai combattimenti attorno a Bologna e terminerà ad Asiago il suo ciclo operativo. Sarà sciolta con solenne cerimonia nella piazza di Brisighella il 15 luglio 1945.dettagli
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18 dicembre 1944Due partigiani uccisi a CastenasoDopo la battaglia di Porta Lame i nazifascisti riescono a scoprire numerose basi partigiane grazie all'azione delle spie e compiono rastrellamenti a colpo sicuro. Il 18 dicembre a Corticella le brigate nere - secondo L. Bergonzini la compagnia GNR del capitano Pifferi - catturano numerosi partigiani appartenenti al btg Pinardi della 1a Brigata Garibaldi "Irma Bandiera". I prigionieri vengono caricati su un camion, che si dirige verso Granarolo. Presso Castenaso il capo della spedizione fascista fa scendere due uomini, Giuseppe Veronesi e Vittorio Cavazza. Uccide il primo con un colpo di pistola alla nuca e il secondo con una raffica di mitra. Sulle tombe dei due partigiani nel Monumento Ossario della Certosa sono riportate date di morte discordanti: il 7 ottobre per Cavazza e il 10 per Veronesi.dettagli
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22 dicembre 1944Il giornale partigiano "Patrioti"Il primo numero del giornale “Patrioti” annuncia l'avvenuta liberazione di Gaggio Montano. Organo della Brigata partigiana “Giustizia e Libertà”, è stampato in una tipografia di Porretta Terme e venduto ai combattenti e ai civili del territorio di Lizzano e Vidiciatico. Vi si raccontano le principali azioni partigiane e la liberazione dei paesi appenninici dall'oppressione nazifascista. La redazione è affidata a un giovane giornalista originario della zona, Enzo Biagi (1920-2007), divenuto partigiano della Brigata GL per non rispondere alla chiamata alle armi della RSI. Il secondo numero ricorda la morte eroica sul Belvedere del capitano della Brigata Matteotti Toni Giuriolo (1912-1944), il terzo racconta la Liberazione di Bologna.dettagli
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23 dicembre 1944Sbarca in Italia la 10a Divisione Montagna USATra il 23 dicembre 1944 e il 13 gennaio 1945 sbarca in Italia la 10th Mountain Division, l'unica divisione alpina dell'esercito americano e l'ultima ad entrare in guerra in Europa. Nei giorni successivi, via Napoli-Livorno, gli uomini di questa unità raggiungono l'Appennino tosco-emiliano, rilevando le posizioni tenute dalla 92a Divisione “Buffalo”. La 10a Divisione è nata per sopperire le difficoltà incontrate dagli alleati nelle operazioni contro la Linea Gotica, difesa da truppe tedesche ben preparate per la guerra in montagna. Lo Stato Maggiore dell'Esercito USA ha avviato nel 1944 il programma di arruolamento per questa speciale divisione, sottoposta ad addestramenti intensivi a Camp Hale, sulle Montagne Rocciose in Colorado, per le operazioni di fanteria di montagna e a Camp Swift, in Texas, per i compiti di fanteria di campagna. Il comando operativo della 10a si installa a Campo Tizzoro, località sopra San Marcello Pistoiese che ospita una importante industria bellica, e i tre reggimenti di montagna (85°, 86° e 87°) si schierano sulla linea del fronte della "Gotica", al comando del gen. Robinson E. Duff. Il compito della divisione è quello di liberare la statale 64 dalle micidiali batterie tedesche, che impediscono l'avanzata verso Bologna. I soldati della 92a divisione e i brasiliani della FEB hanno tentato inutilmente per tre volte di prendere il monte Belvedere, caposaldo della Winter Line a presidio della Valle del Reno. L'8 febbraio 1945 sarà presentato a Lucca il Piano "Encore”, l'offensiva sul crinale appenninico tra il Reno e il Panaro, che sarà affidata alla 10a Divisione Montagna USA e al Corpo di Spedizione Brasiliano (F.E.B.) e che scatterà il 18 febbraio successivo. Sul crinale del Belvedere la 10a affronterà la 232a e la 114a divisione della Wehrmacht e in seguito sarà impegnata a Rocca di Roffeno contro la 334a divisione e nell'area di Tolè contro la 94a.dettagli
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25 dicembre 1944Pacchi dono natalizi per i rastrellatiLa vigilia di Natale i rastrellati al servizio dell'esercito tedesco sul fronte intorno a Bologna, rinchiusi a villa Malvasia di Sasso Marconi e in altri centri, ricevono la visita di don Salmi della Pro.Ra., che consegna loro più di duemila pacchi regalo, contenenti cibo e pochi generi di conforto, confezionati dalle giovani dell'Associazione e dalla Croce Rossa. Lo stesso giorno i cento rastrellati toscani nascosti da Don Guerrino Fantinato nella chiesa di S.Salvatore ricevono per l'occasione il loro pane tradizionale "alla lucchese", mentre 3.000 pacchi dono sono distribuiti ai profughi in Comune, alla presenza del cardinale Nasalli Rocca.dettagli
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25 dicembre 1944Controffensiva tedesca in GarfagnanaA mezzanotte del 25 dicembre scatta l'operazione “Wintergewitter” (tempesta invernale) contro le postazioni tenute dalla 92a Divisione statunitense “Buffalo” in Garfagnana, nella valle del Serchio. E' decisa in modo autonomo dal comandante della 14a Armata gen. von Tippelskirch ed è indicata come una “ricognizione in forze”. Vi partecipano unità tedesche della 148a Divisione fanteria e reparti della RSI provenienti soprattutto dalla 4a Divisione “Monterosa” e della 3a Divisione “San Marco”. L'attacco è portato lungo tre direttrici, su un fronte di circa 20 chilometri, tra Sommacolonia a nord est e il monte della Pania Secca a sud ovest. Dopo due giorni di combattimenti gli americani sono costretti a cedere terreno. I reparti della 92a Divisione si ritirano in modo disordinato per oltre 10 chilometri, lasciando armi, munizioni, viveri e attrezzature nelle mani del nemico. La controffensiva tedesca ha, però, breve durata e termina prima dell'entrata in azione dell'8a Divisione indiana e della 1a Divisione corazzata accorse a tamponare la falla. Buona parte delle posizioni perdute vengono poco dopo riconquistate, ma i tedeschi mantengono posizioni tattiche migliori sulle alture, intorno alla Pania Secca. Rimane la pessima prova fornita dai “bufali” della 92a, messi in rotta con relativa facilità. Ancora nel febbraio 1945 gli americani di colore avranno un impiego deludente con l'operazione "Fourth Term", sempre nella valle del Serchio e lungo la costa tirrenica. Quindi la divisione parteciperà all'offensiva di aprile verso la Lunigiana e la Liguria, conquistando Massa il 10 aprile ed entrando a La Spezia il 24. Il 27 aprile la “Buffalo” concluderà a Genova la sua partecipazione alla campagna d'Italia.dettagli