Attentato a Mussolini. Linciaggio di Anteo Zamboni
Al ritorno dall'inaugurazione del congresso scientifico, tenuta all'Archiginnasio, l'auto di Mussolini, un'Alfa Romeo rossa guidata da Leandro Arpinati, svoltando in via Indipendenza all'altezza del Canton dé Fiori, è fatta oggetto di alcuni colpi di pistola.
Il Duce rimane illeso: un proiettile gli ha lacerato la fascia del Gran Cordone Mauriziano - che rimarrà esposta a lungo, come un cimelio, nel negozio Old England dello squadrista Giuseppe Ambrosi - e si è conficcato nell'imbottitura dell'auto.
Un gruppo di fascisti si avventa immediatamente sul giovane Anteo Zamboni, studente bolognese di 16 anni, e lo massacra a colpi di pugnale.
Tra essi Carlo Alberto Pasolini, padre del poeta Pier Paolo, Arconovaldo Bonacorsi (Bonaccorsi), futuro governatore delle Baleari, Albino Volpi, aministiato per il delitto Matteotti.
Più tardi i quadrumviro ferrarese Italo Balbo correrà alla stazione per mostrare al Duce il pugnale insanguinato del linciaggio, proclamando: “Giustizia è fatta”.
Nei giorni successivi le squadre fasciste, prendendo a pretesto quanto accaduto a Bologna, compiranno violenze in tutta Italia.
A Genova sarà incendiata la sede del giornale socialista "Il Lavoro". A Napoli sarà assaltata la casa del filosofo Benedetto Croce e in Lunigiana quella dell'ex ministro liberale Carlo Sforza. In Veneto saranno devastate numerose sedi di organizzazioni cattoliche.
Le indagini sull'attentato porteranno all'arresto e alla condanna del padre, della madre e dei fratelli di Anteo, tutti di fede anarchica.
Nel 1932 l'avvocato antifascista Roberto Vighi invierà a Mussolini un lungo memoriale a difesa del padre di Anteo, condannato a trent'anni di carcere con accuse superficiali e incongruenti.
Le circostanze dell'attentato rimarranno in gran parte oscure, per ammissione dello stesso Mussolini. Sarà messa in dubbio la paternità del gesto e si ipotizzerà una responsabilità dell'ala radicale del fascismo guidata da Farinacci e dello stesso accompagnatore del duce, Leandro Arpinati.
Proprio a seguito dei fatti di Bologna, saranno approvate alcune leggi eccezionali, che sanciranno in Italia l'avvento di un regime dittatoriale.
La legge 25 novembre 1926 n. 2008, Provvedimenti per la difesa dello Stato, stabilirà la fine della libertà di pensiero e di stampa, lo scioglimento dei partiti antifascisti, l'istituzione del tribunale speciale per gli oppositori del regime e la reintroduzione della pena di morte.
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