Bilancio delle violenze fasciste
Nel 1921, secondo un rapporto della Camera del Lavoro di Bologna, gli attacchi delle squadre fasciste hanno provocato 19 morti e quasi duemila feriti solo nella provincia. Sono state distrutte case del popolo, camere del lavoro, cooperative, leghe, circoli e sezioni socialiste.
Lo scontro nelle campagne si incentra sul collocamento, sull'imposizione di un nuovo patto colonico fascista, sulla scelta delle trebbiatrici.
L'assalto delle squadre d'azione alle strutture cooperative segue uno schema consueto, con due obiettivi: il capolega e la sede.
Sul capolega si scatenano intimidazioni e violenze fino all'uccisione e alla cacciata dal luogo di lavoro e di residenza. La sede è esposta ai vandalismi e ai saccheggi, mentre l'ente subisce il taglio dei finanziamenti, la revoca degli appalti e degli affitti.
Solo nel 1921, 23 cooperative subiscono l'azione repressiva e la chiusura forzata. Quelle che non sono distrutte vengono "fascistizzate", con la nomina di nuovi amministratori.
Nel 1922 il bilancio delle violenze fasciste sarà ancora più pesante: si giungerà a vere e proprie stragi, perpetrate con l'occhio complice del governo e della forza pubblica.
Tra gennaio e marzo nei paesi della provincia di Bologna non si contano le spedizioni punitive, che lasciano sul campo morti e feriti da entrambe le parti.
Il 12 gennaio in città un colpo di pistola uccide il sindacalista anarchico Mario Biavati. Il 18 a San Venanzio di Galliera vengono uccisi gli operai socialisti Luigi Cantelli e Rocco Sacchetti. Il 28 febbraio è incendiata la sede della lega di Castel Maggiore.
Il 4 marzo a Castel San Pietro muore il fascista Enrico Lazzari. Il 5 è assalita la cooperativa di consumo di Anzola Emilia: un bracciante anarchico è freddato a revolverate e due fratelli rimangono gravemente feriti.
Il 13 marzo a Bologna sono aggrediti i militanti del Partito popolare e il 18 seguente vengono manganellati sette legionari fiumani. E' solo un elenco sommario.
Un'indagine della Federcoop di Bologna del 1952 parla di 75 cooperative assaltate e sottratte ai lavoratori dalle squadre fasciste.
Dopo le elezioni del 1920 nella provincia di Bologna si erano insediate 52 amministrazioni comunali a guida socialista. Nel giugno del 1922 ne rimangono 15.
Molti sindaci sono stati più volte minacciati e bastonati dagli squadristi, le loro case incendiate. I primi cittadini - e assieme a loro sindacalisti, cooperatori e attivisti politici - sono stati espulsi dai paesi.
Nel settembre 1922 il fascio conta in città almeno 5.000 iscritti e circa 20.000 nel complesso della provincia, metà dei quali fanno parte di squadre d'azione.
In omaggio all'azione antisocialista delle squadre di Arpinati e dei ras della provincia Mussolini definirà Bologna "il quadrivio della rivoluzione fascista".
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- Le origini del fascismo in Emilia-Romagna, 1919-1922, a cura di Andrea Baravelli, Bologna, Pendragon, 2022, p. 161
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