Dopo i fatti di Sarzana a Bologna chiusi per protesta negozi e fabbriche
Dopo mesi di violenze, tollerate e a volte apertamente favorite dalle autorità, le squadre di combattimento trovano, per la prima volta, a Sarzana, vicino a La Spezia, l'opposizione dei rappresentanti dello stato.
Il 21 luglio circa 500 fascisti toscani, capitanati da Amerigo Dumini, occupano la stazione del paese e dichiarano ai carabinieri presenti l'intenzione di liberare, "pacificamente o con la forza", dieci camerati arrestati in Lunigiana.
Chiedono inoltre la consegna del sottufficiale, che ha preso a schiaffi il capo fascista Renato Ricci (il futuro organizzatore dei Balilla).
In breve si crea una situazione di tensione e, a un colpo di pistola, i carabinieri rispondono sparando a bruciapelo sugli squadristi, che si danno alla fuga lasciando sul terreno quattro morti e numerosi feriti.
La strage si compie nella campagna intorno a Sarzana, dove ai protagonisti della spedizione punitiva si contrappongono gruppi di Arditi del Popolo e contadini esasperati dalle violenze dei giorni precedenti. Il bilancio è di alcune decine di vittime.
In seguito a questi avvenimenti i fascisti si mobilitano in molte città. A Bologna, in accordo con gli industriali, proclamano la serrata delle fabbriche e la chiusura dei negozi come segno di protesta.
Dino Grandi dichiara a nome dei fascisti: "Noi siamo lo Stato e la Nazione". In luglio e agosto nelle roccheforti dello squadrismo sono assaltati con spedizioni punitive in grande stile le cooperative, le sedi sindacali, i luoghi di ritrovo dei socialisti. Sono uccise complessivamente più di 80 persone.
- Mimmo Franzinelli, Squadristi. Protagonisti e tecniche della violenza fascista 1919-1922, Milano, Mondadori, 2003, pp. 344-345
- Sven Reichardt, Camicie nere, camicie brune. Milizie fasciste in Italia e in Germania, Bologna, Il mulino, 2009, p. 85
- Angelo Tasca, Nascita e avvento del fascismo, a cura di Sergio Soave, Scandicci, La nuova Italia, 1995, pp. 263-266