Il ritorno dei prigionieri
Dopo lo sfaldamento dell'impero austro-ungarico vengono rilasciati quasi 400.000 prigionieri italiani. Essi rientrano in patria con ogni mezzo, guardati con sospetto e ostilità, come disertori.
Inizialmente vengono ospitati nelle stesse zone e negli stessi campi che hanno accolto un anno prima i militari sbandati dopo la rotta di Caporetto.
Il 17 novembre il generale Sani è incaricato della gestione dei campi nella regione emiliana, a Castelfranco Emilia e in vari paesi al confine tra le provincie di Bologna e Modena.
Si tratta di dare a tanti sventurati, “laceri, sporchi e affamati”, un rancio caldo e un riparo per la notte, rivestirli e sottoporli a disinfestazione.
A loro favore si mobilitano l'Azione civile bolognese, la Lega delle famiglie, la Croce Rossa americana, le Opere Federate. Le prime ispezioni a Castelfranco rilevano condizioni pessime: per gli abitanti del posto gli ex prigionieri italiani sono trattati peggio dei prigionieri austriaci.
Il corrispondente del “Giornale del Mattino” Bino Binazzi raccoglie la testimonianza dell'intellettuale vociano Gianni Stuparich sulle sofferenze dei prigionieri, desiderosi di riabbracciare le loro famiglie.
La smobilitazione dei campi sarà avviata a dicembre, ma la situazione rimarrà a lungo precaria in diverse località della provincia bolognese.
- Fabio Degli Esposti, La grande retrovia in territorio nemico. Bologna e la sua provincia nella Grande Guerra (1914-1918), Milano, Edizioni Unicopli, 2017, pp. 781-783