Eccidio a Guarda di Molinella
A Guarda di Molinella avviene un gravissimo fatto di sangue, a conclusione delle violente lotte agrarie che si sono protratte per tutta l'estate.
Un gruppo di “crumiri”, provenienti da paesi poveri della provincia di Padova e dal modenese, viene assalito da centinaia di braccianti e mezzadri in sciopero.
Sul terreno restano cinque morti - un autista, un fuochista e tre braccianti padovani - e si contano diversi feriti, tra i quali il segretario dell'Agraria Alberto Donini. Gli agrari sono costretti a fuggire "come veri austriaci sparando e fuggendo, fuggendo e sparando".
Nelle ore successive circa tremila militari mettono Molinella in stato d'assedio ed effettuano numerosi arresti. Le sedi delle leghe e delle cooperative vengono perquisite senza il regolare mandato.
Il sindaco Massarenti, che si è messo alla testa dei lavoratori - il Prefetto lo definisce “uomo astuto e violento” - viene accusato dalla stampa “borghese” di essere il mandante dell'eccidio.
Destituito dall'incarico e braccato dalla polizia, riesce a fuggire nella Repubblica di San Marino assieme ad alcuni sindacalisti.
Il “Resto del Carlino” commenta così: “Il governo ha finalmente compreso il suo dovere. Ha sospeso il sindaco Massarenti che è, da troppo tempo, il responsabile impunito di uno stato di cose assurde ed iniquo”. Secondo l’articolista, nel molinellese “tutto è sovvertito e sconvolto”. Massarenti vi ha stabilito una “stolta tirannia di parte e di classe”.
E l’ “Avvenire” rincara la dose: “A Molinella si è fatta la coltura intensiva della delinquenza proletaria, con una perfidia raffinata e implacabile ... si è organizzata la teppa come un esercito di banditi ... Molnella è una piaga purulenta aperta da una mano infame nel cuore della provincia”.
Il 12 novembre il consiglio comunale di Molinella sarà sciolto e il Prefetto aprirà un'indagine sull'operato della giunta socialista.
In una interpellanza al ministro degli Interni il deputato nazionalista Luigi Federzoni definirà “di incredibile anarchia” la situazione creatasi da qualche tempo in Emilia e in particolare nella provincia “rossa” di Bologna.
Massarenti sarà rinviato a giudizio per peculato, truffa e omicidio. Verrà assolto con formula piena solo nel giugno del 1919.
Dopo l'arresto, decine di lavoratori saranno confinati sull'isola di Capraia e torneranno a Molinella alla fine della guerra assieme all'ex sindaco, grazie a un'amnistia.
Le leghe rosse, accusate di boicottaggi, minacce, violenze, rimarranno nel mirino del Prefetto Quaranta, schierato apertamente con i proprietari terrieri.
Per spezzarne l'egemonia egli si adopererà a costituire leghe e cooperative “apolitiche”. Una lega autonoma sorgerà, ad esempio, a Marmorta con l'appoggio del latifondista Malvezzi.
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