Un teatro nella Casa del Popolo di Castello d'Argile
Il 22 settembre a Castello d'Argile, alla presenza dei deputati socialisti Enrico Ferri e Genuzio Bentini, è inaugurato un teatrino all'interno della locale Casa del Popolo.
A differenza di altri teatri della provincia di Bologna, d'origine borghese, esso è un vero edificio-simbolo della classe operaia e i lavoratori ne sono soci-azionisti.
La sala rettangolare circondata su tre lati da una galleria con balconata, sostenuta da pilastrini in legno. Il piccolo palcoscenico è ricoperto da tavelloni in legno.
Nei primi anni varie compagnie presenteranno commedie, farse e opere in dialetto. Frequente sarà la partecipazione dell'attrice Vera Mayer, che qui reciterà il suo spettacolo di addio.
Dopo la prima guerra mondiale il teatro subirà le vicissitudini del turbolento “biennio rosso”. La notte del 30 maggio 1922 sarà danneggiato da una squadra di fascisti provenienti da Cento e Pieve di Cento.
In seguito la Casa del Popolo diventerà la Casa del Fascio di Castello d'Argile. L'attività del teatro, utilizzato per spettacoli, ma anche per feste da ballo e cinema, riprenderà nel secondo dopoguerra.
- Lidia Bortolotti, "Amor di patria impavido / mieta i sanguigni allori". Feste teatri e celebrazioni nelle Romagne, in: ... E finalmente potremo dirci italiani. Bologna e le estinte Legazioni tra cultura e politica nazionale 1859-1911, a cura di Claudia Collina, Fiorenza Tarozzi, Bologna, Editrice Compositori - Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna, 2011, p. 270
- Simone Cortesi, La piuma e il mattone: storia della casa del popolo di Castello d'Argile, basato sulla ricerca Le quattro stagioni della casa del popolo di Castello d'Argile di Magda Barbieri, a cura di Elena di Gioia, Bologna, Pendragon, 2017
- Le stagioni del teatro. Le sedi storiche dello spettacolo in Emilia-Romagna, a cura di Lidia Bortolotti, fotografie di Riccardo Vlahov, Bologna, Grafis, 1995, p. 138 (foto)
- Teatri storici in Emilia Romagna, a cura di Simonetta M. Bondoni, Bologna, Istituto per i beni culturali della Regione Emilia-Romagna, 1982, p. 213