Caccia ai renitenti alla leva e ai garibaldini
Cento uomini della Guardia Nazionale, carabinieri e soldati della Brigata Volante richiamata dal Modenese, partecipano a una grande caccia ai disertori della leva obbligatoria sull'Appennino bolognese.
La battuta ha esiti nulli, poiché le popolazioni locali, in particolare i parroci della montagna, offrono protezione e rifugio ai renitenti.
Il governo sabaudo si preoccupa che le autorità periferiche usino tutta la loro influenza e le loro conoscenze "per persuadere gli inesperti e gli illusi" della necessità di ottemperare all'obbligo di servire la patria.
Un altro grave motivo di turbamento sono i giovani che vogliono arruolarsi nella "banda di Garibaldi": l'Eroe dei Due Mondi non fa mistero di voler liberare Roma, mentre Vittorio Emanuele teme la reazione degli stati europei fedeli al papa.
La caccia ai garibaldini si concentra sui treni per la Toscana. Numerosi volontari al seguito del Generale si rifugeranno alcuni anni dopo sui monti dell'Appennino Tosco-Emiliano, reduci dalla disfatta di Monterotondo (25 ottobre 1867).
- Mario Facci, Alessandro Borri, Porretta dall'Unita alla Repubblica, 1859-1948. Cronache porrettane, aspetti politico-sociali, i sindaci e i podestà, Porretta Terme, Gruppo di studi Alta Valle del Reno - Comune, 1998, pp. 51-53, 69