Moto antirepubblicano
Alcune voci non controllate - diffuse ad arte da “subdoli agitatori del partito austriacante” - affermano che elementi repubblicani fuggiti dalla Lombardia intendono organizzare un'insurrezione nello Stato Pontificio.
A Bologna la reazione non si fa attendere: gruppi di popolani prorompono in grida di morte contro i repubblicani, invettive ribadite con scritte sui muri della città.
Il pomeriggio del 6 giugno un folto corteo, al quale si aggiungono i lavoranti della Casa di lavoro dell'Abbadia, percorre le strade centrali, gridando anche contro i liberali.
Particolarmente preso di mira è il Circolo Felsineo, designato come un "nido di nemici d'Italia". Alcuni popolani si raccolgono davanti al Caffè del Commercio e cominciano a tirare sassi contro questo locale, ritenuto un covo di repubblicani.
Ne nasce presto una colluttazione con i clienti abituali, con alcuni feriti. La polizia non interviene, ingenerando sospetti di connivenza del Governo con i manifestanti.
Di fronte a questi fatti, e alle incertezze dei responsabili della cosa pubblica, crescono gli aderenti al partito di Carlo Alberto.
Dopo due giorni il Legato Amat pubblica finalmente un proclama, che esorta all'ordine e alla concordia tra i cittadini nella difficile contingenza.
- Enrico Bottrigari, Cronaca di Bologna, a cura di Aldo Berselli, Bologna, Zanichelli, 1960-1962, v. 1., pp. 366-368
-
Giovanni Natali, I circoli politici bolognesi nel 1848-49, in: "Rassegna storica del Risorgimento", (1938), pp. 184-185