Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi
Archivio di notizie sulla storia della città e del suo territorio dal 1796 ad oggi. Con riferimenti bibliografici, link, immagini.
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1848Anziani poveri per lavori di faticaIl Municipio impiega un gruppo di anziani poveri per lavori di sbancamento e trasporto di terra lungo le mura cittadine e per la sistemazione di strade suburbane. Nel 1859 una piccola parte di questi lavoratori saranno impiegati per la raccolta della spazzatura lungo le strade e lo sgombro della neve durante l'inverno. Ad essi è dedicato un componimento poetico dal tono amaro: Coraggio, coraggioscaviamo la terraFra poco a nasconderciandremo sotterraLasciamo durevolememoria di noiBuschiamoci un requieda chi verrà poidettagli
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1848Leonardo Scorzoni e i burattini "in persona"La maschera di Persuttino Gambuzzi, primo esempio di burattino “in persona”, debutta nel teatrino di San Gregorio in via del Poggiale. E' una semplice saletta rettangolare con due ringhiere laterali a fungere da palchi, adibita soprattutto a spettacoli di marionette. Secondo la “Gazzetta di Bologna” è poco più che “un rozzo accozzamento di tavolati”. L'idea di recitare "in persona" è di Leonardo Scorzoni (1808-1885), operaio intagliatore, uomo "pieno di verve e non affatto privo d'ingegno" (Sarti) finito per gioco nel “casotto” del burattinaio Onofri. Al Persuttino seguiranno altri noti protagonisti delle farse del teatro di marionette a fili, quali Balanzone, Fagiolino, Narciso. Gli attori "burattein in persouna" reciteranno nello stile della Commedia dell'Arte, con una maschera sul volto, trucco esagerato e abiti fuori moda, proprio come le marionette o le tradizionali "teste di legno". Persuttino rimarrà attivo in San Gregorio e al teatro popolare della Nosadella fino alla scomparsa di Scorzoni, poi diventerà protagonista della commedia dialettale al Teatro Contavalli.dettagli
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1 febbraio 1848Il Tricolore al Caffè San PietroLe rivolte di Palermo del 9 gennaio e di Napoli del 13 gennaio si concludono con la concessione della Costituzione da parte di Ferdinando II di Borbone. La rivoluzione napoletana è festeggiata con grande entusiasmo anche a Bologna. Al Caffè San Piero, ritrovo abituale dei liberali di fianco alla cattedrale, viene esposto per tre giorni consecutivi il Tricolore, “con il concorso della studentesca universitaria”. Il 1° febbraio lo stendardo è portato al Teatro comunale e a quello del Corso in mezzo alle grida festanti del popolo. Dopo il sacro rito del rendimento di grazie all'Altissimo in San Petronio, diversi cortei con la banda percorrono la città. Al Comunale, dove interviene anche il Legato Amat, la folla vestita in tricolore intona più volte l'Inno a Pio IX. Anche al Teatro del Corso e al Teatro Loup si festeggia il “grande avvenimento” del Regno di Napoli.dettagli
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11 febbraio 1848La Società Protettrice delle Belle ArtiAlcuni amatori delle Belle Arti, tra i quali il marchese Carlo Bevilacqua (1803-1875), fondatore della Cassa di Risparmio, consigliere comunale e direttore del Liceo Filarmonico, e i pittori Francesco Cocchi e Ottavio Campedelli, costituiscono una società che ha come fine la resurrezione delle arti - considerate molto decadute - attraverso l'acquisto di dipinti e sculture. Esse vengono ordinate in una esposizione annuale e quindi distribuite a sorte tra i soci, che contribuiscono alla società pagando ciascuno una piccola somma triennale. Per gli scettici l'iniziativa non è sufficiente a promuovere le “grandi imprese dell'arte”, perché i giovani possono trovare qui “un facile mercato senza gravi studi e gravi fatiche”. I difensori dell'Accademia, in primis il segretario Cesare Masini, temono che una Società promotrice finisca per allontanare gli artisti dai suoi principi, in particolare dall'esercizio della pittura di storia, considerata genere predominante. La Società Protettrice delle Belle Arti decollerà senza indecisioni dal 1853, dopo l'elezione alla presidenza dell'Accademia di Bevilacqua. L'anno seguente, guidata dal conte Camillo Salina (1782-1855), accademico dell'Istituto delle Scienze e socio della Società Agraria, conterà già quattrocento soci, compreso il cardinale Legato Amat e affiancherà la propria esposizione a quella accademica, mostrando fin da subito "una propria autonomia di critica e di gusto" (Maugeri Iozzi). Concluderà nel 1874 "la propria funzione di svecchiamento delle posizioni artistiche locali" (Pasquali) e sospenderà le attività per mancanza di fondi e di interesse da parte dei sostenitori. Alcuni eventi sono comunque documentati anche tra il 1886 e il 1888.dettagli
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15 febbraio 1848Alberto Mario a BolognaIn fuga da Padova, dove ha partecipato alle manifestazioni studentesche dell'8 febbraio contro gli Austriaci, il giovane Alberto Mario (1825-1883), rampollo di nobile famiglia ferrarese da tempo stabilitasi in Veneto, giunge il 15 febbraio a Bologna. Qui viene presentato e raccomandato alla contessa Nina Serego Alighieri, moglie di Giuseppe Gozzadini. E' ospitato in alcune case patrizie bolognesi e conosce "chiari uomini", come il poeta veronese Aleardo Aleardi (1812-1878). A Bologna inizia per lui un esilio che durerà oltre vent'anni, durante il quale parteciperà a tutte le lotte risorgimentali contro l'invasore austriaco e sarà testimone e protagonista dei maggiori eventi della storia nazionale. Unitosi ai volontari aggregati alle truppe di Pio IX, combatterà a Treviso e Vicenza. Sarà ancora a Bologna nel maggio 1849, ospite nella casa del dott. Andrea Caronti in via San Vitale. Completamente scagionato da un ingiusto sospetto di spionaggio, lascerà furtivamente la città dopo l'assedio degli Imperiali. A Genova conoscerà Mazzini e Garibaldi. Sposerà a Londra la giornalista repubblicana Jessie White. In esilio a Lugano, frequenterà Mazzini e Cattaneo dirigerà il periodico mazziniano "Pensiero e azione". Il 19 agosto 1859 sarà arrestato con la moglie a Pontelagoscuro (FE), per ordine di Leonetto Cipriani, con l'imputazione di "turbare l'ordine pubblico" e sarà trattenuto in carcere a Bologna per cinque settimane. Dopo la partecipazione alla spedizione garibaldina in Sicilia, diventerà convinto federalista e fermo sostenitore del decentramento amministrativo, secondo le dottrine di Cattaneo e Gioberti. Sarà ancora con Garibaldi a Mentana e dopo il 1870 si dedicherà attivamente al giornalismo, collaborando a periodici repubblicani e democratici. Amerà definirsi "soldato della spada e della penna". Per Giosue Carducci, suo amico devoto, sarà "il più naturalmente repubblicano degli italiani e il più artisticamente italiano dei repubblicani". Nel luglio 1883 i massoni della Loggia Rizzoli chiederanno a Felice Cavallotti e a Carducci di ricordare "degnamente" Alberto Mario, scomparso pochi giorni prima, in occasione del locale congresso democratico. L'anno seguente manderanno un loro rappresentante alle celebrazioni di Lendinara.dettagli
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26 febbraio 1848Balli per l'abbigliamento della Guardia CivicaLa Società del Casino organizza un “divertimento” in tempo di carnevale per l'abbigliamento della Guardia Civica. Il biglietto d'ingresso costa cinque franchi. Interviene anche il Legato Amat, che offre personalmente 80 biglietti. In una sala di palazzo Tanari sono esposte le bandiere dei battaglioni della Guardia Civica offerte dal “sesso gentile” cittadino. Tra le patronesse vi sono Emilia Loup e le marchese Eleonora Albergati, Elena Marescotti e Brigida Tanari. Anche il 2 marzo si terrà una grande festa "a beneficio dell'abbigliamento della Guardia Civica" e l'impresario farà eseguire a sue spese un nuovo Inno Nazionale. Il veglione di beneficenza è, in questo periodo, il tipo di festa con la quale si intende sostituire i soliti "puerili sollazzi" e "leggeri diletti", per raccogliere aiuti a favore di coloro "che offrono volonterosi cuore e braccia in difesa dell'indipendenza della Nazione". Formata da cittadini tra i 21 e i 60 anni, con l'esclusione di preti, servitori, braccianti e persone che esercitano "mestieri sordidi ed abbietti", la Guardia Civica è stata concessa da Pio IX nel marzo 1847. Allo scoppio della guerra di indipendenza una parte di questo corpo militare sarà inviato sul Po, con lo scopo dichiarato di difendere il confine dello stato pontificio. Molti dei volontari, però, partiranno con la speranza di intervenire nella guerra contro l'Austria.dettagli
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6 marzo 1848Una delegazione per la CostituzioneUna delegazione di esponenti liberali bolognesi, di cui fanno parte Rodolfo Audinot, Carlo Berti Pichat e Carlo Rusconi (1819-1889), va a Roma per chiedere a Pio IX la concessione della Costituzione, sull'esempio degli altri stati italiani.dettagli
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10 marzo 1848Minghetti, Galletti e Mezzofanti ministri di Pio IXIl magistrato bolognese Marco Minghetti (1818-1886) entra appena trentenne, come Ministro dei Lavori pubblici, nel primo governo costituzionale concesso da papa Pio IX. Di famiglia borghese e liberale, è stato allievo di Paolo Costa e Gabriello Rossi. Ha visitato diversi paesi europei, studiandone le istituzioni politiche ed economiche. Nel 1847 ha fatto parte a Roma della Consulta di Stato. Sarà più volte ministro anche dopo l'Unità e Presidente del Consiglio del Regno d'Italia nel 1863-64 e nel 1873-76. Assieme a Minghetti, altri due bolognesi fanno parte del Governo Pontificio: Giuseppe Galletti (1798-1873) alla Polizia e il Cardinale Mezzofanti (1774-1849), noto linguista e poliglotta, all'Istruzione.dettagli
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14 marzo 1848Lo Statuto Costituzionale PontificioDopo i moti del 1848, Pio IX concede ai suoi sudditi lo Statuto Fondamentale pel Governo Temporale degli Stati della Chiesa, cioè la Costituzione tanto attesa dai liberali. Sono affermati i più salienti principi liberali: il testo prevede, infatti, l'indipendenza dell'ordine giudiziario dal potere politico, l'abolizione dei tribunali speciali, la rinuncia alla censura preventiva sulla stampa (art. 11), l'inviolabilità del diritto di proprietà e il riconoscimento della proprietà letteraria. L'amministrazione dei comuni passa ai laici. Delle antiche prerogative assolutistiche rimangono solo la dichiarazione del cattolicesimo come religione di stato e il diritto di censura preventiva per le opere contrarie alla religione. Il provvedimento di Pio IX segue quelli degli altri regnanti italiani: dopo Ferdinando II di Borbone (11 febbraio), anche Leopoldo II di Toscana ha approvato, il 17 febbraio, la carta costituzionale, mentre il 4 marzo Carlo Alberto ha firmato lo statuto per il Regno di Sardegna. La costituzione concessa dal Papa è accolta a Bologna con favore. Lo stesso cardinale Oppizzoni interviene pubblicamente per esprimere il proprio entusiasmo. Il nuovo statuto decadrà di fatto, se non formalmente, dopo la prima guerra di Indipendenza e l'esperienza rivoluzionaria della Repubblica Romana.dettagli
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18 marzo 1848Lo Statuto festeggiato con i "Lombardi" di VerdiIl 18 marzo, in occasione della pubblicazione dello Statuto Costituzionale Pontificio - e dell'insurrezione di Milano - al Teatro del Corso è messa in scena un'opera di Giuseppe Verdi, I Lombardi alla prima crociata, dramma lirico in quattro atti su libretto di Temistocle Solera. Benché allestito in pochi giorni dall'impresario Camuri, l'esito dello spettacolo è "a dir poco entusiastico" (Calori). Anche il controverso Commissario Amat, che ha concesso la rappresentazione, è accolto a teatro con favore, nel proprio cocchio tirato "a braccia d'uomini". Tra gli interpreti dell'opera vi sono il soprano Marietta Gresti (1826-?) e il basso Giovanni Zucchini. La Gresti ha debuttato con successo a Ferrara nella primavera del 1844 nell'opera Il Bravo di Saverio Mercadante e la sua carriera è proseguita in varie città italiane. Tra il 1848 e il 1850 si esibirà anche in Portogallo, facendo furore nel Macbeth verdiano.dettagli
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20 marzo 1848Spedizioni della Guardia Civica a Modena e FerraraContingenti di volontari e della Guardia Civica si preparano a partire per Modena e Ferrara. A Modena intendono favorire l'istituzione di un governo liberale, dopo la partenza del duca Francesco V. A Ferrara devono verificare la possibilità di resa del presidio austriaco. Bologna è all'avanguardia del moto nazionale. Presso il Caffé degli Studenti e nella vicina Piazza del Teatro arrivano da ogni parte giovani trepidanti. Mancano però le armi, non consegnate ai quartieri della Guardia Civica, e l'attesa si fa febbrile. Il comandante Guidotti ordina la partenza per Modena la sera del 20 marzo dal quartiere di San Gervasio: per l'occasione, dalla via dei Vetturini a via San Felice tutte le case sono illuminate. La colonna mobile si mette in marcia al comando del Maggiore Carlo Bignami (1808-1885), con la banda in testa, tre plotoni di finanzieri, gli studenti guidati da un prete con la bandiera tricolore, la Guardia Civica in colonna serrata. Lungo il cammino, il contingente di seicento uomini si ingrossa per l'apporto di volontari dai paesi della provincia. La colonna ha l'ordine di raggiungere il confine a Castelfranco senza oltrepassarlo. L'ordine di partenza della colonna mobile della Civica per Ferrara è per il 26 marzo. Sarà preceduta il giorno prima da 1.500 soldati del Reggimento Svizzero.dettagli
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21 marzo 1848La colonna Zambeccari entra a ModenaSi sparge a Bologna la notizia che i liberali modenesi sono insorti contro il Duca. Livio Zambeccari, esponente dell'ala estrema, repubblicana e democratica, della Guardia Civica, raccoglie una colonna di circa 400 uomini e marcia verso Castelfranco, seguita da una colonna di regolari al comando del maggiore Carlo Bignami. Nonostante l'intimazione del cardinale Legato Amat di non oltrepassare il confine, la colonna Zambeccari entra a Modena il 21 marzo, festosamente accolta dalla popolazione. La presenza dei volontari bolognesi contribuisce all'esautoramento della reggenza ducale e alla proclamazione del governo provvisorio. Della colonna Zambeccari fanno parte, tra gli altri, il marchese Sebastiano Tanari, il conte Cesare Mattei, Rinaldo Andreini, fervido promotore della spedizione, Angelo Masini (o Masina) e Pietro Inviti. Durante la marcia verso Modena vengono disarmati i posti di guardia di Borgo Panigale e Anzola. Altri “eccessi” sono compiuti dentro Modena, all'ex convento dei Gesuiti. I volontari più animosi vorrebbero muovere verso la Lombardia, seguendo la ritirata degli Austriaci, ma l'ordine del Legato è di tornare a Bologna e Zambeccari obbedisce.dettagli
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23 marzo 1848Bologna accoglie i corpi militariA seguito dell'occupazione austriaca di Ferrara, Pio IX decide di inviare l'esercito pontificio a difesa delle frontiere. Vengono formate due divisioni, una delle quali, composta di truppe indigene e svizzere, è posta agli ordini del generale Giovanni Durando (1804-1869), già ufficiale dell'esercito sardo con una lunga esperienza di guerra in Spagna. Nominato il 21 marzo comandante dell'esercito pontificio, il 23 egli parte da Roma con il suo contingente e rimarrà per alcuni giorni di stanza a Bologna. L'altra divisione papalina, composta di guardie civiche e volontari agli ordini del generale napoletano Andrea Ferrari (1770-1849), si forma nel capoluogo emiliano e all'ultimo momento riceve un equipaggiamento e un armamento appena sufficienti. Bologna diviene in questi giorni un grande crocevia di corpi militari, un "campo di concentramento delle truppe pontificie". Qui si ha un primo coordinamento di quelle truppe, “il servizio tappa, la prima disciplina di soldati e ufficiali e il loro primo inquadramento” (Natali). Ai battaglioni di volontari romani e umbri si uniscono in città altre formazioni: due battaglioni di Guardia Civica mobilizzata, comandati da Carlo Berti Pichat, Carlo Bignami e Camillo Zanetti, e un battaglione formato e comandato dal marchese Pietro Pietramellara, che più tardi si trasformerà in battaglione bersaglieri. Il contingente di Ferrari comprende anche i bersaglieri di Ferrara e il battaglione universitario romano, nel quale sono arruolati anche numerosi studenti bolognesi. Il 28 marzo arriva in città il battaglione di Faenza, comandato dal conte Raffaele Pasi. Ai volontari romagnoli si fa incontro la banda musicale e "molto popolo plaudente". Da Porta Maggiore vengono accompagnati, attraverso in centro, al quartiere degli Abbandonati.dettagli
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23 marzo 1848Padre Gavazzi arringa i giovani romani al ColosseoDalla tribuna del Colosseo il padre barnabita bolognese Alessandro Gavazzi (1809-1889) incita i giovani romani a partire per la liberazione dell'Italia e lancia una vera e propria crociata contro lo straniero. Tiene in mano una croce coperta da un velo e giura che non toglierà quel velo fino a quando "i barbari" non avranno sgomberato il suolo italiano. Tra l'entusiasmo e lo slancio patriottico dei romani, il Padre si prepara a partire con 800 studenti verso Bologna. Anche alcuni degli antichi patrizi romani sono pronti ad aiutarlo: il principe Spada, ad esempio, dona mille scudi.dettagli
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24 marzo 1848La Guardia Civica e il battaglione Zambeccari verso FerraraUna riunione delle Guardie civiche bolognesi e romagnole, che si tiene a Bologna il 24 marzo, delibera la mobilitazione generale verso Ferrara incontro agli Austriaci. Diverse colonne si muovono il 26 marzo tra le acclamazioni del popolo. Da Bologna, sulla strada di Malalbergo, parte un corpo regolare di circa mille guardie, al comando del tenente colonnello Cesare Mattei e del maggiore Antonio Montanari. Intanto Livio Zambeccari (1802-1862) conduce la sua colonna di volontari, formata da coloro che lo hanno seguito nell'occupazione di Modena, in direzione di San Giorgio di Piano. Accertata l'impossibilità di assaltare la fortezza di Ferrara - manca tra l'altro l'assenso delle autorità ad un attacco contro gli Austriaci - la colonna di Mattei e buona parte della colonna di Zambeccari rientrano poco dopo a Bologna “senza aver potuto darer alcuno sfogo alle loro smanie guerresche” (Cavazza). Vari corpi romagnoli e bolognesi rimangono in zona, incerti se arruolarsi come corpi franchi per qualche governo provvisorio nel Veneto.dettagli
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31 marzo 1848Il generale Durando predispone le difese al confineIl generale Giacomo Durando (1807-1894) giunge il 27 marzo a Bologna per guidare la concentrazione dell‘esercito pontificio. Il 31 marzo, in un convegno di corpi franchi a Ferrara, dispone le forze a sua disposizione a difesa del Po. La colonna Zambeccari, da ora nominata Battaglione dei Cacciatori dell'Alto Reno, è inviata il 1° aprile a Francolino, mentre il Battaglione del Basso Reno del tenente colonnello Tommaso Rossi, formato di volontari centesi e di altri comuni della Bassa, è dislocato a Stellata di Bondeno. Il Battaglione del Senio si apposta a Pontelagoscuro e quello dell'Idice, comandato da Luigi Cocchi (1808-1894) - un ex studente esiliato dopo moti del 1831 - e formato da 500 volontari di Budrio, Medicina e Molinella, è insediato a Zocca. Questi corpi sono messi agli ordini del colonnello Costante Ferrari (1785-1851), comandante del Battaglione del Senio.dettagli
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5 aprile 1848I corpi franchi passano il PoIl 5 aprile i battaglioni dell'Alto Reno e del Senio attraversano il Po, assecondando l'impazienza dei volontari e i richiami dei comitati provvisori delle città venete, nonostante non sia giunto un ordine del governo pontificio per l'intervento.dettagli
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5 aprile 1848Il proclama di DurandoIl 5 aprile a Bologna Giovanni Durando (1804-1869), comandante l'esercito della Santa Sede, lancia un proclama - ispirato dal suo aiutante di campo Massimo D'Azeglio - chiamando all'azione i “soldati nella Croce di Cristo” contro le “immonde bande di croati” di Radetzky. Il generale dichiara che le sue truppe opereranno d'accordo e sotto la volontà del re di Sardegna Carlo Alberto, il quale il 29 marzo ha varcato con i suoi soldati il confine lombardo. Per questa “crociata” è adombrato un assenso del Pontefice, presentato come l'emulo di Alessandro III, il papa della lotta dei Comuni contro il Barbarossa. Ma l'assenso di Pio IX non ci sarà, anzi arriverà una sconfessione ufficiale. Il 12 aprile le truppe di Durando si dirigeranno comunque al Po e lo passeranno ad Ostiglia, sventolando sul carroccio "il tricolore colle le Somme Chiavi".dettagli
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9 aprile 1848Il Battaglione UniversitarioCarlo Berti Pichat (1799-1878), maggiore della Guardia Civica, organizza il Battaglione Universitario bolognese, pronto a combattere per l'Italia “col fucile e colla spada”. Si articola in otto compagnie di cento studenti, ognuna delle quali divisa in decurie. I professori eleggono gli ufficiali e gli studenti i sottufficiali. L'uniforme è simile a quella della Guardia Civica. In più prevede una coccarda tricolore appuntata sul petto. Il motto del battaglione è “Studio e servizio della Patria”. Il 9 aprile, nell'Aula Magna dell'Università gremita, viene compilato lo statuto e il primo ordine del giorno. Con le armi della Guardia Civica, il Battaglione Universitario parteciperà alla difesa di Venezia, fino alla resa della città il 23 agosto 1848.dettagli
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9 aprile 1848I volontari dell'Alto Reno alla difesa del PiaveIl 4 aprile il battaglione dell'Alto Reno guidato da Livio Zambeccari, dichiaratosi autonomo, passa il Po. Il 9 aprile occupa il castello di Bevilacqua e per dieci giorni riesce a frenare le scorrerie del vicino presidio austriaco di Legnago. Quattro volontari a cavallo, tra i quali Angelo Masini (1815-1849), sono inviati più volte come esploratori sotto la fortezza, baluardo del Quadrilatero. Il 19 aprile giungono a Legnago i rinforzi richiesti dal comandante austriaco per arginare i corpi franchi: sono otto compagnie con quattro pezzi di artiglieria. Le milizie di Zambeccari si allontanano da Bevilacqua prima dell'attacco degli Austriaci. Mentre questi ultimi si sfogano contro il castello oramai vuoto, cannoneggiandolo e mettendolo a ferro e fuoco, i volontari si dirigono verso Padova, raggiunta il 21 aprile dopo una marcia estenuante. Da questo momento l'Alto Reno sarà impiegato, assieme agli altri corpi volontari, nella difesa del Piave, coordinata dal generale Alberto La Marmora fino al 30 aprile, poi dal generale Alessandro Guidotti. Dal 25 aprile il battaglione sarà inviato a vigilare il Piave nei pressi di Treviso.dettagli
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23 aprile 1848I volontari romani arrivano a BolognaUn numeroso contingente di volontari romani, comandato dal generale Andrea Ferrari (1770-1849), entra in città il 23 aprile, giorno di Pasqua. "Avevano messo tutti la croce sul petto, segnale della guerra santa, e la croce brillava pure su l'asta delle bandiere state benedette su l'altare della patria". La maggior parte dei soldati sono disarmati e mal vestiti. Agli occhi dei bolognesi, che li vedono sfilare a Porta Maggiore, provenienti da Ancona, sembrano dei “birichini”, cioè dei tipi poco raccomandabili. Tra le file dei volontari, "come ufficiali o come militi“, vi sono in realtà anche “uomini eminenti della nobiltà e della borghesia, il fiore della cittadinanza per studi, per ingegno, per censo". Assieme a loro vi sono i padri barnabiti Alessandro Gavazzi (1809-1889) e Ugo Bassi (1801-1849), che il 24 aprile cominciano a predicare dagli scalini di San Petronio. I cittadini bolognesi sono invitati a portare tele e camicie per vestire i volontari, “poveri disgraziati mezzi nudi”. Si chiede alle donne di consegnare anelli e orecchini d'oro per la causa italiana. Nei giorni successivi i due barnabiti tengono memorabili discorsi e prediche patriottiche al popolo che riempie le piazze, raccogliendo grandi quantità di oro e argento e inoltre “Corame Vitelli, quadri, calderine, candeglieri”. Molti uomini si levano pubblicamente le camicie per donarle ai volontari e molte donne si privano delle loro gioie. Protestano invece il clero bolognese e una parte dei professori dell'Università, tacciati dai due barnabiti di inerzia sulla questione nazionale.dettagli
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27 aprile 1848Rossini contestatoIl 27 aprile un battaglione di volontari romani sfila in Strada Maggiore con la banda in testa. Davanti a Palazzo Donzelli, residenza di Gioachino Rossini, la fanfara attacca un pezzo del maestro, che si affaccia al balcone per ringraziare dell'omaggio. Viene però accolto da salve di fischi e ingiurie da parte di un gruppo di facinorosi aggregati al corpo militare. Sentendosi "odiato e deriso dal popolo", il giorno dopo Rossini lascia Bologna in incognito e si rifugia a Firenze, accompagnato dalla seconda moglie Olympe Pélissier. Alcuni patrioti lo accusano di non appoggiare la rivoluzione, "di amar molto gli agi e gli onori, poco la libertà e l'indipendenza della patria", oltre al fatto di non aver onorato a dovere il suo incarico al Liceo musicale. Il cronista Enrico Bottrigari lo considera "egoista per eccellenza" e, sebbene ricco, "impopolarissimo". Altri però lo difendono, sostenendo che le sue opere sono sufficienti a dimostrare il suo impegno per la causa liberale. Lo stesso padre Ugo Bassi interviene in suo favore affermando che "chi ha scritto il Guglielmo Tell non può essere tacciato di scarso amor patrio". Pur rimanendo prudentemente lontano da Bologna, giustificandosi con la salute malferma della moglie, Rossini accetterà la lettera riparatrice del patriota barnabita e il suo invito a comporre un Inno italiano, che sarà eseguito in Piazza Maggiore la sera del 21 giugno 1848.dettagli
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29 aprile 1848L' allocuzione di Pio IX sconcerta i liberaliNel concistoro del 29 aprile Pio IX fa pubblicare l'allocuzione Non semel, in risposta ai ministri, che il 25 aprile gli hanno chiesto il suo pensiero sulla guerra nel Lombardo Veneto. Il Papa ricorda le aperture in senso liberale all'inizio del suo pontificato e il perdono dato a chi si era allontanato “dalla fedeltà dovuta al Governo pontificio”. Riguardo agli eventi in corso, sottolinea di non voler fare guerra all'Austria. Le truppe mandate ai confini hanno solo il compito di difendere “l'integrità e la sicurezza” dello Stato della Chiesa. In particolare sono respinti i “subdoli consigli” di chi lo vuole a capo di una “nuova Repubblica degli universi popoli d'Italia”. Non è infatti sua intenzione allargare “i termini del principato civile”, ma semmai la presenza e l'impegno spirituale della Chiesa nel mondo. Pio IX si scaglia infine contro quei “libelli pestiferi” nei quali si fa guerra alla Religione e si attaccano i beni della Chiesa. L'allocuzione produce un'enorme impressione. Molti di coloro che avevano visto nel Papa il capofila della riscossa nazionale, parlano ora di “tradimento”. Tra i sette ministri che si dimetteranno dopo questo pronunciamento c'è anche il bolognese Marco Minghetti (1818-1886), titolare del dicastero dei Lavori Pubblici nel primo governo costituzionale dello Stato Pontificio.dettagli
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29 aprile 1848I volontari romani partono per il VenetoLa 1a e la 2a legione dei volontari romani, comandate dal generale Andrea Ferrari (1770-1849), lasciano Bologna e si dirigono in Veneto. Il 30 aprile si avvia una seconda colonna con la 3a legione. Due reggimenti rifiutano di mettersi in marcia, perchè non bene equipaggiati. Alla fine però, “mossi dall‘esempio degli altri”, partono anch’essi per Ferrara. I volontari e i corpi civici, che formano la seconda divisione dell‘esercito pontificio, hanno lasciato la capitale il 24 marzo in poco più di 2.000. Attraversando le Marche e le Legazioni “ingrossavano per via come valanga ruinosa, terribile”. Durante il concentramento a Bologna sono ancora notevolmente aumentati e ad essi si aggiungeranno anche i Cacciatori dell‘Alto Reno organizzati da Livio Zambeccari. Il 2 maggio la divisione romana lascerà Ferrara “con gli studenti, gl‘imolesi, una compagnia di Siciliani” per passare il Po. Il 5 arriverà a Padova “fra l‘entusiasmo dei cittadini”. L‘8-9 maggio combatterà contro gli Austriaci a Cornuda a fianco dell‘esercito regolare pontificio del generale Durando, con il quale Ferrari non andrà mai veramente d’accordo. Nel corso della campagna militare in Veneto vi saranno tra i due “deplorevoli polemiche” e alla fine Ferrari, “con i debiti riguardi”, verrà richiamato a Roma.dettagli
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1 maggio 1848Il Circolo FelsineoIl 1° maggio a Palazzo Bianchetti in Strada Maggiore è inaugurato il Circolo Felsineo, promosso da Rodolfo Audinot, Carlo Berti Pichat e Carlo Rusconi. E' un luogo di ritrovo “per la lettura dei giornali e per conversare insieme”, frequentato da cittadini delle più disparate tendenze: vi sono “nobili, professionisti, negozianti, popolani, cospiratori e amnistiati, entusiasti di Pio IX e fervidi ammiratori di Mazzini, federalisti giobertiani, fusionisti, autonomisti, repubblicani”. Partecipano molti elementi della massoneria bolognese, quali Livio Zambeccari, Quirico Filopanti, il marchese Albergati. L'avvocato Antonio Zanolini è eletto Presidente, con Audinot vice. Nel settembre 1848 il Circolo conterà ben 584 soci. Nei mesi successivi sarà uno dei principali centri di attività politica, una specie di “parlamentino municipale” o di “anticamera della Legazione” (Natali). Verrà chiuso nel maggio 1849 con decreto governativo, dopo l'abrogazione dello Statuto.dettagli
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6 maggio 1848Un Comitato di guerraIl 6 maggio si tiene nella sede del Circolo Felsineo un'animata discussione tra repubblicani e liberali sostenitori di Carlo Alberto di Savoia. Entrambe le fazioni disapprovano l'intervento del presidente avv. Zanolini in favore di Pio IX. Il discorso conclusivo di Rodolfo Audinot riporta alla calma l'assemblea. L'8 maggio nella sede del Felsineo si parla della guerra contro l'Austria e della necessità di parteciparvi. Viene chiesta l'istituzione di un Comitato di guerra, sostenuto con calore da Carlo Pepoli, che vorrebbe estenderlo anche ad altre città. La proposta è accolta dal card. Legato Amat, che indica come membri i capi del Circolo Felsineo: Zanolini, Pepoli, Audinot e Rusconi.dettagli
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9 maggio 1848Gli Austriaci sfondano a Cornuda e scendono su TrevisoDopo un abile diversivo attorno a Feltre, che ha distolto dalla difesa il grosso delle truppe pontificie al comando del generale Durando, il corpo di spedizione austriaco del generale Nugent investe tra l'8 e il 9 maggio sulle colline di Cornuda, a sud del Piave, le labili difese del generale Ferrari. I rinforzi promessi dal Durando arrivano in ritardo e i pontifici sono costretti a una rapida ritirata, che va oltre Montebelluna e si ferma, tra aspre polemiche e accuse di tradimento, solo a Treviso, posta sotto assedio dal 12 maggio. Su Treviso convergono anche le altre truppe poste a difesa del Piave, tra le quali il Battaglione dell'Alto Reno, che l'11 maggio, a Castrette, protegge la ritirata degli altri corpi, affrontando con successo l'assalto degli Ulani austriaci. La successiva ritirata dell'Alto Reno verso Mestre susciterà aspre proteste contro lo Zambeccari da parte dei comandanti dei Crociati veneti rimasti a Treviso.dettagli
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9 maggio 1848Arriva a Bologna l'esercito napoletanoL'8 maggio il generale Guglielmo Pepe e una parte del suo stato maggiore arrivano ad Ancona da Napoli sulla nave corvetta Stromboli.Le avanguardie dell'esercito napoletano arrivano a Bologna il giorno seguente. Intanto da Napoli partono 600 volontari per il Veneto.Nei giorni seguenti altri contingenti napoletani provenienti da Ancona raggiungono il capoluogo emiliano. Tra essi una batteria di artiglieria e un reggimento di dragoni.Il 15 maggio a Napoli le truppe regie e i mercenari svizzeri attaccano le barricate erette nel centro dalla guardia nazionale. E‘ l‘inizio di un “combattime nto quasi generale”, che dura tutto il giorno e si conclude con una carneficina - circa 500 morti - e numerosi arresti.Re Ferdinando II di Borbone scioglie il Parlamento e la guardia nazionale e proclama lo stato d'assedio. Dopo il colpo di stato del 15 maggio il numeroso contingente napoletano, in procinto di attraversare il Po per combattere gli Austriaci, sarà fatto rientrare in patria.dettagli
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12 maggio 1848La morte di Alessandro GuidottiNel corso di una disperata sortita contro gli Austriaci nei pressi di Treviso, muore colpito in pieno petto da una palla nemica il marchese Alessandro Guidotti Magnani (1790-1848). Discendente di una nobile famiglia senatoria bolognese, fu protagonista delle campagne militari fin dall'epoca napoleonica, dove meritò la Legion d'Onore e la Corona di Ferro. E' stato paggio di Eugenio Beauharnais e ufficiale d'ordinanza di Gioacchino Murat. Di idee liberali, ha militato nel 1831, con il grado di colonnello, agli ordini del generale Zucchi, nell'esercito delle Provincie Unite. Quindi, a seguito della reazione pontificia, è emigrato in vari paesi europei. Nel 1847 è stato nominato Comandante in Capo della Guardia Civica di Bologna. Nel fatto d'arme di Cornuda è stato accusato di imperizia dal generale Ferrari e degradato da generale di brigata, una umiliazione che ha accettato pur di continuare a combattere come semplice soldato sulle barricate di Porta San Tommaso. Il corpo di Guidotti sarà recuperato personalmente dalla marchesa Anna Sampieri, la “Sampireina”, moglie separata del marchese Francesco, che da lui ha avuto un figlio. Assieme a Guidotti rimane ferito alla spalla e a una mano anche il padre Ugo Bassi, che invano aveva tentato di trattenerlo.dettagli
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13 maggio 1848Le truppe pontificie si ritirano verso Mestre e VeneziaDopo l'insuccesso di Treviso, le truppe pontificie del generale Ferrari si ritirano a Mestre e Venezia. Verso Mestre si dirigono 4.000 uomini, tra i quali anche i Cacciatori del Reno comandati dallo Zambeccari. Il battaglione mobile della Guardia Civica bolognese è fatto avanzare da Padova a Venezia.dettagli
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17 maggio 1848L'abbandono dei napoletaniUna parte del corpo di spedizione napoletano, diretto in Veneto in soccorso ai pontifici del gen. Durando in difficoltà, giunge il 17 maggio a Bologna al comando di Guglielmo Pepe (1783-1855). Il 23 maggio, accompagnati da grandi dimostrazioni popolari, il contingente lascia il capoluogo felsineo diretto a Ferrara incontro agli Austriaci. Il generale Pepe è tuttavia richiamato in patria in seguito al colpo di stato del 15 maggio. Il 25 maggio le truppe napoletane di stanza a Ferrara si ritirano a Ravenna, allontanandosi dal confine. A Bologna si vivono ore di grave agitazione: la gente sospetta il tradimento dei comandanti borbonici e li ammonisce. "Se restano a Bologna", dicono molti, "morte certa, infamia certissima". Una delegazione del Circolo Felsineo è inviata da Pepe per convincerlo a a disobbedire agli ordini di re Ferdinando, a mantenere il comando delle sue truppe e a oltrepassare il Po. E' assieme consegnato un appello alle truppe napoletane “per suscitare in loro sentimenti di lealtà e di devozione alla causa nazionale”. L'8 giugno una piccola parte dei Napoletani, circa 7-800, appartenenti all'artiglieria e al genio - le “armi dotte” - passano finalmente il Po al comando del generale Pepe, mentre il grosso dell'esercito torna nel regno seguito dall'indignazione e dallo sconforto delle popolazioni romagnole. Giunto a Venezia con 2.000 uomini, Pepe verrà nominato capo dell'esercito e presidente della commissione di difesa dal governo della repubblica. Sarà protagonista della disperata resistenza della città lagunare e, dopo la sua caduta, andrà in esilio in Francia e in Piemonte fino alla morte.dettagli
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20 maggio 1848I corpi franchi combattono a Vicenza e TrevisoIl battaglione dei Cacciatori dell'Alto Reno, comandato da Livio Zambeccari, partecipa con valore alla difesa di Vicenza, assalita dagli Austriaci il 20 maggio. Per molte ore resiste agli assalti della cavalleria nemica sul lato sinistro dello schieramento e il comandante rimane leggermente ferito. Si distingue in modo particolare la 6a compagnia, di cui fanno parte Felice Orsini e Angelo Masini, che respinge i nemici con una sortita dalla barricata di Santa Lucia a Borgo Scroffa. Assieme ai Cacciatori dell'Alto Reno combatte valorosamente a Vicenza il Battaglione del Basso Reno, formato da volontari provenienti dai comuni della pianura bolognese e comandato da Tommaso Rossi (1809-1855), un agricoltore benestante di Palata, che durante la lotta mantiene in ordine i suoi uomini "colla freddezza e il coraggio di un vecchio soldato". Il 21 maggio al corpo comandato da Nugent si uniscono le truppe imperiali provenienti da Verona. Vengono portati vari assalti tutti respinti. Tra le truppe papaline impegnate nella difesa si distinguono gli svizzeri, che si dimostrano "brava gente", molto coraggiosi. Nella notte tra il 23 e il 24 gli attacchi si ripetono, ma gli Austriaci devono ritirarsi con molte perdite. Anche i difensori vengono colpiti, soprattutto dai "maledetti" razzi alla Congrève. Il 1° giugno Zambeccari è nominato comandante del presidio di Treviso e guiderà la resistenza di quella città. Vicenza capitolerà il 10 giugno e Treviso il 14, dopo un bombardamento sulla città durato parecchie ore. Gli scontri costeranno oltre 300 morti e 1.600 feriti. In entrambi i casi i difensori otterranno l'onore delle armi e la possibilità di ritirarsi "con armi e bagagli", sfilando in mezzo agli Austriaci "a tambur battente e a bandiere spiegate". La capitolazione firmata la sera del 10 giugno imporrà ai corpi franchi di rinunciare per tre mesi a combattere contro gli Austriaci. Il generale Durando dovrà ordinare il ritiro delle sue truppe oltre il Po.dettagli
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22 maggio 1848I giornali "L'Unità" e "La Dieta italiana"Il 22 maggio esce “L'Unità”, che si definisce “giornale politico, scientifico e letterario”. Si presenta come l'organo del partito dei “costituzionalisti pontifici”, a cui appartengono liberali moderati come Minghetti, Agucchi, Audinot. Fondato da Francesco Jussi e dal dottor Fangarezzi, è diretto da Luigi Frati. Nel primo numero il giornale annuncia il programma politico per il quale si batterà: la promozione dell'unità italiana attraverso una dieta nazionale permanente. Tra le polemiche suscitate con tanti giornali della sua epoca, saranno notevoli quelle con la "Dieta Italiana", un altro quotidiano bolognese, di tendenze mazziniane e repubblicane "non esaltate", diretto da Carlo Rusconi.dettagli
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29 maggio 1848Alessandro Corticelli col Battaglione universitario a Curtatone e MontanaraIl 29 maggio gli Austriaci tentano l'aggiramento dell'esercito piemontese tra i paesi di Curtatone e Montanara. La resistenza delle postazioni italiane avanzate, benchè sopraffatte dai nemici, consente l'organizzazione dei Piemontesi, che in seguito batteranno le truppe di Radetzky a Goito. Tra i partecipanti alla battaglia, con il grado di Maggiore, c'è il bolognese Alessandro Corticelli (1802-1873), laureato in medicina all'Alma Mater e in seguito professore di fisiologia e patologia a Urbino e a Siena. A Curtatone comanda i Volontari senesi del Battaglione universitario - 4 professori e 55 studenti, tra i quali il figlio Riccardo - che combattono eroicamente. Negli anni successivi Corticelli insegnerà igiene e medicina legale all'Università di Pisa. Sarà Deputato del Regno d’Italia per la IX Legislatura. Verrà ricordato come “uomo dottissimo, della cui erudizione al pari che della bontà e nobiltà dell'animo, rimarrà viva ognora e lodata la memoria”.dettagli
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30 maggio 1848Minghetti a Goito e a CustozaMarco Minghetti (1818-1886), già ministro costituzionale di Pio IX, è aggregato all'esercito piemontese. Ha deciso di combattere con le armi per la causa italiana, non avendo potuto fare nulla con il consiglio e la diplomazia. Con il grado di capitano di stato maggiore partecipa il 30 maggio alla battaglia di Goito, ricevendo, per il coraggio dimostrato, le congratulazioni del re. A giugno sarà incaricato di trattare l'invio di truppe pontificie nei ducati, per sostituirvi quelle piemontesi destinate alla difesa di Venezia. Il 25 luglio parteciperà alla battaglia di Custoza, dove sarà nuovamente elogiato e promosso al grado di maggiore.dettagli
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30 maggio 1848Muore Antonio BasoliMuore a Bologna il pittore e incisore Antonio Basoli (1774-1848), già insegnante di architettura e ornato all'Accademia. E' noto per le sue vedute, che costituiscono “un grande censimento delle tipologie edilizie e urbane” del capoluogo emiliano. Alla Raccolta di Porte della città di Bologna del 1817, fecero seguito nel 1833 le Vedute pittoresche della città di Bologna, realizzate con i fratelli Luigi e Francesco. Da giovane, già educato in varie discipline artistiche da maestri quali Angelo Venturoli, Petronio Fancelli e Vincenzo Martinelli, prese a frequentare assiduamente la biblioteca del conte Carlo Filippo Aldrovandi, assieme all'amico Pelagio Palagi. Qui scoprì e si innamorò della pittura di scene teatrali, divenendo "il primo grande maestro della scenografia romantica" (Lenzi). Tra il Sette e l'Ottocento lavorò per i principali teatri bolognesi, quali il Formagliari, il Marsigli, il Contavalli. Nel 1802, ormai famoso, fu invitato in Russia come scenografo del Teatro Imperiale di Pietroburgo, incarico che rifiutò. Di vasta erudizione, capace di utilizzare "con disinvolta e rapida abbreviazione" vari materiali e tecniche - tra esse l'acquatinta, che a breve diventerà tra i mezzi di riproduzione più popolari e diffusi - fu a Bologna il talento più moderno della prima metà dell'800 (Varignana). Assieme a Palagi, e attraverso l'esempio del più anziano Felice Giani, Basoli si legò alla cultura romana e ai suoi revivalismi, in costante contestazione del clima tardo-barocco. Fu invece un mondo esotico, incantato, che il pittore riciclò continuamente, influenzato anche dalle "stampe incise a bolino" dell'inglese John Martin (1789-1854). Lo ripropose in molti album, caratterizzati da "un polistilismo scorrente dall'egizio all'assiro", e nelle Parti del mondo, eseguite negli anni Trenta. Nei palazzi in cui fu chiamato a decorare interni spesso progettò anche mobili, tende, lampade, quadri. Oltre che un lavoratore instancabile, fu un uomo gioviale, abile nella conversazione, e un ottimo insegnante.dettagli
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6 giugno 1848Moto antirepubblicanoAlcune voci non controllate - diffuse ad arte da “subdoli agitatori del partito austriacante” - affermano che elementi repubblicani fuggiti dalla Lombardia intendono organizzare un'insurrezione nello Stato Pontificio. A Bologna la reazione non si fa attendere: gruppi di popolani prorompono in grida di morte contro i repubblicani, invettive ribadite con scritte sui muri della città. Il pomeriggio del 6 giugno un folto corteo, al quale si aggiungono i lavoranti della Casa di lavoro dell'Abbadia, percorre le strade centrali, gridando anche contro i liberali. Particolarmente preso di mira è il Circolo Felsineo, designato come un "nido di nemici d'Italia". Alcuni popolani si raccolgono davanti al Caffè del Commercio e cominciano a tirare sassi contro questo locale, ritenuto un covo di repubblicani. Ne nasce presto una colluttazione con i clienti abituali, con alcuni feriti. La polizia non interviene, ingenerando sospetti di connivenza del Governo con i manifestanti. Di fronte a questi fatti, e alle incertezze dei responsabili della cosa pubblica, crescono gli aderenti al partito di Carlo Alberto. Dopo due giorni il Legato Amat pubblica finalmente un proclama, che esorta all'ordine e alla concordia tra i cittadini nella difficile contingenza.dettagli
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20 giugno 1848Vincenzo Gioberti socio dell'Accademia delle ScienzeIl 20 giugno Vincenzo Gioberti (1801-1852) è nominato Accademico delle Scienze in una solenne adunanza pubblica alla quale partecipano le autorità cittadine e il Legato Amat. L'Accademia sale in questo giorno alla ribalta della storia italiana. Alla sera, “accolto da fervidissime dimostrazioni di consenso e di plauso” (Natali), il filosofo torinese tiene un discorso al Circolo Felsineo sul rapporto e il possibile accordo tra democrazia e principato, tra laicato e clero. Il suo progetto neoguelfo, che vede Pio IX regnante sull'Italia unita, entusiasma a Bologna sia gli ambienti cattolici meno conservatori, che quelli liberali moderati. Antonio Montanari e Vincenzo Ferranti (1811-1896) ne sono “divulgatori fervidi e fedeli”. Per il giovane Marco Minghetti, trascinato all'impegno pubblico dal Primato giobertiano, Gioberti ha aperto un nuovo periodo della storia politica italiana, indicando "una meta meno ardua", raggiungibile con "mezzi chiari, pratici e soprattutto onesti". All'uscita dall'Università, alcuni ammiratori staccano i cavalli dalla carrozza di Gioberti e la trascinano a braccia fino al palazzo del Legato, preceduta da un drappello di guardie civiche. Alla sera il "sommo filosofo" è ricevuto al Circolo Felsineo, gremito di soci e di forestieri distinti. I vari discorsi in suo onore da parte del prof. Filippo Martinelli, di Rodolfo Audinot e Carlo Rusconi, sono in seguito dati alle stampe. Il 21 giugno Gioberti è accolto con grande pompa all'Archiginnasio dalle autorità municipali e proclamato cittadino onorario di Bologna davanti al cardinale Oppizzoni.dettagli
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21 giugno 1848Coro di Rossini per Pio IXLa musica di Rossini risuona durante la cerimonia organizzata dal Municipio per festeggiare l'elezione di Pio IX al pontificato. Un imponente coro esegue l'inno che il maestro ha inviato in maggio in onore della Guardia Civica bolognese su invito di Ugo Bassi. La folla radunata in piazza Maggiore lo accoglie con entusiasmo. Pochi giorni dopo i capi del Comune e della Guardia Civica chiederanno per lettera a Rossini di ritornare a Bologna, "aderendo all'ardente desiderio di tutti".dettagli
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22 giugno 1848Arrivano gli ex Pontifici sconfittiIl battaglione dell'Alto Reno, comandato da Livio Zambeccari, rientra a Bologna il 22 giugno dopo la capitolazione di Vicenza. L'arrivo dei volontari è accolto “con freddezza”. I moderati li considerano “una accolta di pericolosi repubblicani”. Allo Zambeccari è addossata, almeno in parte, la responsabilità della morte del generale Guidotti a Treviso. Nell'ambiente militare è considerato un incapace, per la sua condotta bellica non ortodossa, ispirata ai metodi della guerriglia. Dal mese di luglio Bologna dovrà sperimentare, più di ogni altra città italiana, la presenza di migliaia di armati, compresi alcuni corpi franchi, che al momento degli accordi di capitolazione si stavano ancora organizzando e che sono rimasti in sosta in città, aumentando i motivi disordine e di disturbo della quiete pubblica. Fino a settembre la città sarà frequentata dagli arruolatori di vari governi, impegnati a reclutare intere formazioni, oppure singoli ufficiali e soldati. Il battaglione dell'Alto Reno non si scioglierà completamente: rimarranno gli ufficiali, mentre la truppa sarà integrata con altri militi, “non tutti degni e immuni da colpe”. Si formerà un corpo di circa seicento uomini, molti dei quali indisciplinati e con “propositi di vendetta”. Il direttore della Polizia non esiterà a chiederne l'allontanamento dalla città.dettagli
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13 luglio 1848Il Comitato di Pubblica SaluteIl 13 e 14 luglio in una riunione al Circolo Felsineo un gruppo di militari e alcuni simpatizzanti albertisti tentano di imporre un governo provvisorio. Massimo d'Azeglio, in questi giorni a Bologna per curare una ferita ricevuta a Vicenza, in uno scritto si dichiara contro l'adesione al regno sabaudo. Gli Austriaci intanto occupano Ferrara con l'intenzione dichiarata di procurarsi razioni alimentari per poi procedere su Modena. Dalla città estense escono verso Comacchio le poche truppe piemontesi presenti, mentre i Pontifici lì stanziati si dirigono a Bologna. Il 15 luglio il Circolo Felsineo invia una delegazione al Pro-Legato Bianchetti per chiedergli di istituire un Comitato di Pubblica Salute. Vengono proposti il generale Antonini, giunto a Bologna il giorno precedente, e i colonnelli Morandi e Zambeccari. Il 16 luglio la riunione generale degli ufficiali di stato maggiore di ogni arma e dei commissari di guerra delibera la costituzione del nuovo Comitato di guerra, con il compito di organizzare e armare le milizie e concorrere alla conquista dell'indipendenza italiana. Di esso fanno parte il conte Livio Zambeccari, l'avvocato Filippo Canuti, il marchese Luigi Pizzardi e il conte Annibale Ranuzzi. E' scongiurato un governo provvisorio, avversato dal comandante della guarnigione svizzera col. Latour, deciso ad opporsi con la forza a qualsiasi sommossa. All'interno del Circolo Felsineo è Rodolfo Audinot ad avversare tenacemente ai partigiani di Zambeccari e a sostenere la necessità di ordine pubblico e la fedeltà al Sovrano Pontefice.dettagli
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3 agosto 1848Gli Austriaci al di qua del PoDopo la sconfitta dei Piemontesi e l'occupazione della Lombardia, gli Austriaci invadono l'Emilia. Il tenente maresciallo Franz Ludwig Welden, al comando di un contingente di 7-8000 uomini, con reggimenti di cavalleria e artiglieria, pone il suo quartier generale a Bondeno, al di qua del Po. Nei giorni seguenti occupa Reggio e Modena e si spinge verso le Legazioni. Ferrara è occupata il 2 agosto, con l'aiuto della guarnigione della Fortezza (XVI sec.) situata nei pressi della città. Viene disarmata la Guardia Civica e fatti prigionieri i duecento soldati svizzeri di presidio. Il 3 agosto Welden pubblica un proclama, in cui afferma che l'Austria non è in guerra con lo Stato Pontificio, ma che l'esercito imperiale è intervenuto per sedare i tumulti e reprimere le bande “che si chiamano Crociate”. Minaccia di bombardare chi volesse far resistenza e cita l'esempio di Sermide, la cittadina in provincia di Mantova assalita il 29 luglio e saccheggiata da 1.500 soldati Austriaci comandati dal generale Perglas. Alle truppe di Welden sono aggregati gruppi di sanfedisti italiani, guidati dal famigerato Virginio Alpi di Faenza, spia e traditore, che a Sermide è stato protagonista di soprusi e violenze. In marcia verso Bologna, il 4 agosto, nei pressi di Malalbergo, gli Austriaci catturano un'altra compagnia di Svizzeri e una trentina di dragoni pontifici: oltre a disarmarli, li insultano “in mille modi, spezzandogli per dispregio le armi” e li derubano. Il senatore Zucchini invita il popolo "a far mostra di prudenza, di tranquillità e di dignitosa fermezza". Per il pro-legato "il martirio e il sagrifizio se non è guidato dalla ragione è suicidio, è follia". Contro il desiderio dei bolognesi, Bianchetti dichiara impossibile la difesa della città e fa partire verso la Cattolica le truppe pontificie, con i loro armamenti e le salmerie. Nella notte tra il 4 e il 5 agosto vengono requisiti numerosi cavalli per accellerare la marcia dei seimila uomini e degli oltre 20 cannoni costretti a lasciare in tutta fretta Bologna. Nel frattempo i nobili e i ricchi si rifugiano nelle loro ville di campagna. A Bologna invece sale lo sdegno contro i “Tedeschi”: la popolazione eccitata chiede armi e anela vendetta. La difesa della città è affidata alla Guardia Civica e a circa duecento carabinieri a piedi e a cavallo. La mattina del 5 agosto Bologna sembra "in preda a un morbo micidiale, che mietendo a dismisura la popolazione, rende tetre e deserte le contrade".dettagli
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6 agosto 1848La "canaglia" si armaIl 6 agosto le avanguardie austriache giungono sotto le mura di Bologna e ottengono il presidio delle porte San Felice, Lame e Galliera. Il grosso del contingente rimane accampato fuori città, nei pressi di Porta San Felice. Il pro-legato conte Cesare Bianchetti (1775-1849) e il senatore Zucchini inviano una delegazione a parlamentare con Welden. Il generale austriaco dichiara che le sue truppe sono decise a rimanere attorno a Bologna, finché non cessi “lo stato presente d'effervescenza”. Avverte che il giorno seguente entrerà in città, lasciando al popolo la scelta se "aprirgli le porte come amici o provocarne l'ostilità". Il pro-legato annuncia le intenzioni del generale e prega i cittadini di riceverlo amichevolmente. Piazza Maggiore intanto si riempie di gente, "si grida alle armi" e si chiede a gran voce la pubblicazione del motu proprio con cui il Papa esorta i popoli a tutelare i loro diritti. La Guardia Civica si raduna nelle caserme e occupa i posti lasciati il 4 agosto in tutta fretta dai soldati pontifici. Le campane delle chiese suonate a martello fanno accorrere la "canaglia". Si comincia ad innalzare barricate: la prima è nella piazzetta della parrocchia di S. Maria Maddalena in San Donato, dove sono accatastate tutte le panche e le porte della chiesa. E' nominato un Comitato di pubblica salute di cui fanno parte Bianchetti, Lodovico Berti, Gioacchino Napoleone Pepoli, Silvestro Gherardi, Ermolao Conti e Federico Loup, ai quali il 9 agosto si aggiungeranno il conte Oreste Biancoli, Francesco Rizzoli e Domenico Frezzolini. Assiduo assistente dei feriti il dott. Rizzoli, futuro fondatore dell’istituto ortopedico, meriterà la nomina di “comandante interino della piazza di Bologna” con il grado di tenente colonnello.dettagli
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7 agosto 1848Calma apparenteLa mattina del 7 agosto due ufficiali e tre soldati di cavalleria austriaci oltrepassano porta San Felice e vanno al gran galoppo al Palazzo Pubblico, seguiti da “sonore fischiate”. Alle 9 sfilano da Porta Maggiore due squadroni di cavalleria e si schierano in piazza Maggiore. La città è deserta: i negozi sono chiusi e i Bolognesi sono quasi tutti rimasti in casa. Poco dopo i soldati austriaci ripartono ed escono nuovamente dalla città. Forse non avevano ricevuto gli ordini di Welden di stazionare fuori dalle mura. Altri soldati disarmati entrano alla spicciolata per fare acquisti, malvisti dai bolognesi, mentre pattuglie di ricognitori ispezionano le colline di San Michele in Bosco e dell'Osservanza alla ricerca di postazioni dominanti per l’artiglieria. E' il contegno di alcuni ufficiali, intervenuti in centro nel pomeriggio, a suscitare lo sdegno dei cittadini: strisciano rumorosamente le spade per terra, nei caffè guardano la gente negli occhi, la provocano “con atti e con parole”, ordinano sorbetti tricolori. Si scatena qualche parapiglia, ma per “il buon senso e la generosità dell'animo” dei Bolognesi, non accade nulla di grave. Il generale Welden, intervenuto ad un pranzo con i suoi ufficiali nel Grande Albergo (poi hotel Brun), torna in tutta fretta al suo quartier generale. Alla sera pattuglie armate di Austriaci percorrono le strade, con la scusa di proteggere i loro ufficiali, mentre la Guardia Civica, per timore di una sommossa, è radunata nel Palazzo Pubblico. Per il testimone Francesco Majani si conclude così un giorno di grande trepidazione, “di batti cuore, da augurarsi d'eser sepolti alla Certosa”.dettagli
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8 agosto 1848Battaglia alla Montagnola. Cacciati gli AustriaciLa mattina dell'8 agosto alcuni ufficiali austriaci, entrati con alterigia nei caffè, vengono aggrediti e malmenati dai bolognesi. Alla Deputazione, che lo prega di non imputare al governo “questi fatti parziali”, il generale Walden chiede immediatamente che gli siano consegnati “gl'individui offensori”. Pretende di avere in ostaggio sei “persone distinte” e di ricevere un risarcimento di trentamila scudi. Il Pro-Legato Bianchetti, che intende offrirsi come ostaggio, ne è impedito dai popolani. Tutti i campanili della città vengono occupati e le campane cominciano a suonare a stormo. La rabbia popolare monta: si fanno barricate “con panche da chiesa, travi, tavole” e si disfano i selciati per aver pietre da lanciare a mitraglia. Si decide di resistere e di "rigettare con le armi le pretese del barbaro". Il popolo accorre: chi è senza fucile porta pistole, mannaie, lance improvvisate. Dopo due ore di combattimenti, le porte Lame e San Felice sono chiuse dietro al nemico e puntellate. Il popolano Paolo Mela serra Porta San Felice sotto il fuoco nemico e tra gli applausi dei difensori. Un drappello di Austriaci a cavallo, intervenuto da Porta Galliera, riesce a riaprire Porta Lame, da dove penetra un grosso corpo di truppa. I soldati, protetti dai portici, arrivano fino alla chiesa dei SS. Filippo e Giacomo e qui sono respinti da una folla di popolani “di buon sangue”. Intanto un drappello di Ulani tenta invano, da San Mamolo, una scorreria per occupare i colli di San Michele e dell'Osservanza. La vera battaglia avviene alla Montagnola e dura più di tre ore. Gli Austriaci occupano il giardino, in posizione dominante sul centro cittadino, con due battaglioni di fanti e tre pezzi d'artiglieria. Contro di loro combatte valorosamente la Guardia Civica, comandata da Gioacchino Napoleone Pepoli. Molte case di fronte alla collina vengono bombardate e incendiate. Il fuoco arde nel palazzo Gnudi, sul canale del Reno, subito spento dai pompieri. La popolazione bolognese si precipita contro gli occupanti: sono, secondo il testimone Pompeo Bertolazzi, “cittadini, civici, popolani, finanzieri, carabinieri, vecchi, donne, ragazzi, con fucili, bastoni, sassi”. Gli scontri si concludono a sera con la cacciata degli Austriaci, che, dopo la morte del loro comandante di artiglieria, escono in rotta da porta Galliera. Gli Imperiali lasciano sul terreno numerose vittime: circa 400, contro 57 difensori bolognesi. In un casolare vicino alla città ammucchiano i loro morti e li bruciano, “secondo il loro barbaro costume”. Nella ritirata sfogano la loro rabbia sulle campagne, "incendiando, involando, uccidendo" artigiani, braccianti e coloni negli appodiati di Arcoveggio e Borgo Panigale. Tra gli altri l'intera famiglia del macellaio Luigi Bettini. Nei dintorni di Cento compiono saccheggi e rappresaglie. Una settantina di prigionieri austriaci sono concentrati in Palazzo Comunale, nel cortile della cisterna, dove “alcuni bolognesi dabbene” donano loro “pane, denaro e tabacco da pipa”. I soldati vengono salvati dal linciaggio della folla e consegnati al guardiano del Torrone. Il conte Pepoli e la Guardia Civica impediscono al "popolaccio" di invadere il carcere. "Senza alcun materiale di guerra e quasi senza armi", solo con il "valore che ispira l'amore della patria e della libertà", Bologna, secondo Enrico Bottrigari, ha saputo "cacciare lo straniero dalle sue mura". E l'onere e l'onore della difesa della città sono rimasti soprattutto nelle mani dei popolani, dal momento che i signori, tranne poche eccezioni, si sono nascosti. Secondo Natali "la difesa eroica di Bologna fu la rivelazione delle forze latenti della città; fu la rivoluzione degli umili e dei diseredati".dettagli
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8 agosto 1848Le donne partecipano alla "gloriosa giornata"Carolina Pepoli Tattini (1824-1892), nobile bolognese, figlia di Taddeo Pepoli e Letizia Murat, partecipa assieme a molte popolane ai combattimenti dell'8 agosto: “Tutti sapevano che ero stata io la prima ad andare in istrada e a lavorare alle barricate e subito son venute in istrada tutte le altre”. Colta, attiva e politicamente impegnata sul fronte liberale, la giovane contessa si definisce donna di fatti e non di parole. Da tempo ritiene sia giunto il momento dell'azione: nel suo palazzo di via Castiglione si cuciono divise e bandiere italiane, si curano i volontari feriti. Nei giorni successivi alla battaglia riconoscerà il ruolo del popolino bolognese: “Tutto il merito però è quasi interamente della canaglia”. Farà la spola tra gli ospedali per far visita ai feriti, aprirà una sottoscrizione per soccorrere le famiglie dei combattenti più poveri, si muoverà da sola, nonostante la presenza per le strade di bande di avventurieri in cerca di armi. Dopo la delusione per il voltafaccia di Pio IX, appoggerà la causa sabauda, criticando la politica del cugino Napoleone III. Ospiterà Giuseppe Garibaldi nella quiete di Villa Favorita ai piedi dei colli, nel luogo chiamato "Coffee-House" dominante l'incrocio tra via Castiglione e via Sabbioni. Qui nell'estate del 1859 il generale, allora comandante dell'Armata emiliana, andrà tutte le sere a prendere il the e rimarrà affascinato da Paolina, sorella di Carolina. L'albero che coprirà le loro conversazioni - purtroppo abbattuto nel 1929 da un fulmine - sarà per tutti da allora "l'alber ed Garibéldi". Carolina Pepoli accoglierà nel suo palazzo molti dei protagonisti del Risorgimento, da Bixio a Minghetti, da Farini a D'Azeglio. Sarà in corrispondenza con Cavour. Nel periodo postunitario fonderà e dirigerà la sezione femminile della Società Operaia e sarà tra i fondatori della Società per il risanamento e la costruzione di case per gli operai. Nel 1888 presiederà il comitato di ricevimento dei Reali d'Italia durante le feste per l'VIII Centenario dell'Università e sarà nominata vicepresidente della sezione femminile della Croce Rossa.dettagli
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9 agosto 1848Il popolo è in armi. La minaccia austriaca è scongiurataIl 9 agosto il popolo in armi occupa tutti i posti dove si pensa che il nemico possa attaccare la città e presidia, con l'aiuto degli abitanti del forese, i colli di San Michele in Bosco e dell'Osservanza. Nella notte dell'8 agosto sono costruite barricate in varie strade attorno alla Montagnola - via Zini, via Falegnami, casette di San Benedetto - con il legname fornito da Giuseppe Lodi, che per questa commessa non sarà mai rimborsato. L'unico cannone rimasto a Bologna è collocato alla Montagnola e punta sulla strada esterna di Galliera. I "bravi artiglieri della Città" provvedono costruire il terrapieno e tutto ciò che può servire alla difesa. Il governo di Roma ordina alle truppe pontificie, ritiratesi oltre Rimini, di tornare a Bologna e arruola nella capitale un corpo di milizia volontaria da inviare a soccorso della città emiliana. Il cardinale Legato Amat è andato alle terme di Porretta, adducendo motivi di salute. In città comanda un comitato di salute pubblica, presieduto dal conte Bianchetti, che, in previsione di un probabile assedio, rinforza le difese, organizza le vettovaglie, chiama in soccorso con un messaggio le città romagnole. Già durante la gloriosa giornata precedente, "un branco di popolani" ha cominciato ad operare fuori controllo. Alcune caserme della Guardia Civica sono state saccheggiate dei fucili e dei tromboni, poi ridotti ad armi corte. Diversi militi sono stati singolarmente aggrediti e derubati delle armi. Il popolo minuto comincia a organizzarsi per squadre e a pretendere paghe giornaliere. Molti sono polemici per l'assenza delle autorità e dei cittadini più in vista nel momento della lotta. L'affermazione dialettale "I san pianté da par no" (ci hanno lasciati soli), riecheggia nella testimonianza della marchesa Tanari: "Quelli della bella gabbana, tutti se la son fatta". Il commediografo Agamennone Zappoli (1811-1853) fa affiggere un proclama, che riconosce il ruolo della “plebe generosa” nel fatto d'arme dell'8 agosto e chiede ai ricchi una “distribuzione di denaro” per il popolo che ha salvato i loro palazzi “dal sacco e dagl'incendi” a prezzo del proprio sangue. Per parecchi giorni sarà distribuito gratuitamente pane e vino, e sarà assegnata una paga di venti soldi a testa sia ai cittadini difensori delle porte, che agli uomini del contado addetti alle barricate. Centinaia di “valorosi” sono accorsi in aiuto della città da paesi della provincia, come Borgo Panigale, Budrio e Medicina. Intanto a Rovigo si svolgono trattative febbrili tra la Deputazione Pontificia guidata dal cardinale Marini e il generale Welden. Un'ulteriore minaccia austriaca alla città è finalmente scongiurata. La fine del conflitto è segnata da uno scambio di prigionieri. Welden sarà sconfessato dal maresciallo Radetzky per la sua condotta ostile verso Bologna.dettagli
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10 agosto 1848Ritornano le milizie volontarieTornano a Bologna dalla Romagna le milizie volontarie del colonnello Belluzzi, mentre rimangono a Forlì i reggimenti svizzeri reduci dalla capitolazione in Veneto. Così recita l'ordine del giorno del comandante, emesso il 10 agosto: "Eccomi di ritorno fra voi, miei bravi concittadini dopo essermi allontanato per pochi istanti con sommo mio rammarico, in forza di disposizioni ch'io doveva rispettare. Io porto meco uomini ed armi che sapranno aiutarvi a compiere quella giusta vendetta, che voi sapeste così bene e così gloriosamente cominciare". I giovani volontari sono accolti con grande giubilo dai cittadini e subito parte di essi vengono impegnati a presidiare alcune postazioni strategiche, sui colli e a Monte Paderno. Il 12 agosto il colonnello Belluzzi ordina una rivista delle milizie popolari in Piazza d'Armi e organizza varie compagnie, richiamando alla necessità di una ferma disciplina.dettagli
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14 agosto 1848Il disordine aumentaIn mancanza di aiuti finanziari da Roma, il Municipio e la Provincia emettono buoni per 100.000 scudi per provvedere alle spese giornaliere. Essi hanno valore di moneta effettiva dal 16 agosto al 31 dicembre 1848. In parte questi buoni servono per pagare gli operai delle squadre popolari addette alla rimozione delle barricate divenute inutili o al completamento di quelle poste nei punti strategici della città. E' inoltre garantita fino al 26 agosto - poi prorogata di altri dieci giorni - la sovvenzione di 20 baiocchi accordata “a tutti coloro che si prestarono in soccorso della patria”. Alla moltitudine di operai, facchini e giornalieri, "popolo scioperante, ma pure onesto", si aggregano, però, "scellerati, gente da galera, ladri, assassini dalle mani lorde di sangue", decisi a mettere Bologna "a ruba ed a sacco" (Bertolazzi). A poco valgono i richiami del Comitato di Pubblica Salute, che invita la plebe “a tornare all'onorato lavoro” ed esorta i difensori in armi ad arruolarsi nella Guardia Civica. Inizia un periodo di disordini e delitti, di “ignobile anarchia” (Rossi), reso possibile anche dal fatto che in città manca “truppa assoldata” in grado di disarmare la plebe e ricondurla al rispetto della legalità. Per le strade si vedono continuamente girare popolani che impugnano tromboni, schioppi, sciabole, coltelli e “avanzi di galera” armati fino ai denti. Con la scusa di difendere la città, individui poco raccomandabili, “il fiore della canaglia”, cominciano ad entrare nei palazzi e nelle case private e a taglieggiare gli abitanti, chiedendo denaro, cibo o vino. Una viva testimonianza della situazione è offerta dal Bottrigari: “Questa nostra povera Bologna trovasi in una condizione di vera anarchia. La plebe armata s'impone agli onesti Cittadini e il Comitato di salute pubblica non trova modo di disarmarla e ricondurla al rispetto della legge e dell'ordine. L'antico, abituale lavoro è abbandonato, ogni officina manca di operai. E' un disordine grave che bisognerebbe domare con la forza”. Presto i “birichinon” passeranno alle vendette. La prima vittima è un membro della Guardia Civica, poi diversi altri sono uccisi: il custode delle carceri, un infermiere dell'ospedale, il piantone di Palazzo Baciocchi e molti ancora. Il poliziotto Bianchi è assalito in casa da sei o sette individui armati mentre è a letto gravemente ammalato ed è ucciso barbaramente davanti agli occhi della moglie e del figlio. Si dà caccia agli uomini come fossero animali feroci, ma “le fiere sittibonde di sangue e non mai sazie” (Bertolazzi) sono in questo caso gli assassini e non le vittime. L'incertezza del periodo indurrà molti bolognesi a ritirare i loro depositi dal Monte di Pietà, portandolo a una vera e propria crisi, che per fortuna sarà di breve durata.dettagli
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17 agosto 1848Il settimanale cattolico "Il Vero Amico"Dal 17 agosto esce a Bologna il settimanale cattolico “Il Vero Amico”, stampato dalla Tipografia Sassi di Bologna e in seguito a Bertinoro (FO). Si definisce esclusivamente religioso, ma non mancano dichiarazioni sulla “necessità di natura” delle disparità sociali e sulla inviolabilità della proprietà privata. Sulle sue colonne si arriverà a sostenere che “beato, anche più del ricco, è il povero artiere”, che si accontenta di guadagnarsi con il lavoro la casa, il pane e le vesti. Giornale intransigente, porterà avanti le battaglie clericali contro i principi liberali e a difesa del potere temporale del Papato, riportando le opinioni delle autorità pontificie.dettagli
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18 agosto 1848In balia della plebe armataLa “plebe armata” continua a vagare per la città, andando per le case a chiedere elemosine, requisendo armi, vino, danaro. Il 19 agosto un ordine del giorno del colonnello comandante superiore della Guardia civica Belluzzi deplora "gli sfregi ed i guasti vandalici" alle tombe della Certosa e invita i capi del popolo a denunciare gli autori "di così brutta colpa". Il 21 agosto un testimone riferisce che “uomini della plebe” girano giorno e notte con il fucile e alla sera si sentono canti e grida “spaventevoli”. Nei giorni successivi i disordini proseguono. Vengono messe in circolazione stampe che parlano di comunismo. Popolani in divisa da guardia civica "si presentano armati e domandano denaro con la forza", ingannano il prossimo, compiono assassinii: l'anarchia è all'ordine del giorno. La vita cittadina è turbata da violenze e omicidi, in cui è difficile distinguere moventi politici, vendette personali o pura delinquenza. Per il Comitato di pubblica salute i colpevoli sono scellerati condotti da una potenza occulta, "iniqui e tristi satelliti di uno stolto ed infame sistema, che rabbiosamente si contorcono e cercano salute in tutto ciò che v'ha di laido e schifoso nella povera umanità". Una notificazione del ministero dell'Interno del 22 agosto dichiara la necessità "che chiunque non è addetto ai corpi militari di linea, o della Guardia civile stanziale o mobilizzata, lasci le armi, che ora acquisterebbero nelle mani sue taccia di usurpate, e che torni alle proprie civili occupazioni".dettagli
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19 agosto 1848"I corpi franchi vanno sciolti"Una circolare del 19 agosto, emanata dal Ministro delle Armi Gaggiotti, ordina lo scioglimento dei corpi volontari, che di fatto comandano a Bologna, e contemporaneamente apre l'arruolamento di truppe regolari. La riforma dei corpi franchi è da tempo ritenuta necessaria dalle autorità e dalla polizia bolognese, che ha fin da luglio assistito all'aggregazione di volontari, amnistiati dei moti repubblicani e "facinorosi" del basso popolo. Preoccupa soprattutto la situazione degli ufficiali, pochi dei quali hanno i titoli per essere inquadrati col loro grado nei corpi regolari. A fine agosto, lo scioglimento delle formazioni irregolari non potrà più essere rimandato: gli elementi più indisciplinati avranno preso il sopravvento. Al loro arrivo i commissari Amat e Farini troveranno un importante alleato nel colonnello Domenico Belluzzi, comandante delle forze volontarie, che con molto tempismo e scaltrezza proporrà l'istituzione di una Legione Bolognese, sul modello della Guardia Reale napoleonica.dettagli
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26 agosto 1848A un passo dalla rivoluzioneAlla indisciplina della “plebe” si aggiunge quella di tanti uomini armati provenienti da vari luoghi: entrano in questo periodo a Bologna legioni di Guardie Civiche romagnole e Corpi Franchi, che si ingrossano dei soldati reduci dalle battaglie al di là del Po. La città, deserta dei cittadini, è percorsa da “tribù nomadi vario-vestite e vario-armate, e da una tribù semi-ignuda e scalza” di popolani. Tra le formazioni che hanno preso stanza in città vi sono, oltre ai Volontari dell'Alto Reno e al Battaglione Universitario Romano, il Battaglione Frosinonese (o Campano), con ufficiali provenienti da famiglie agiate di quella provincia, ma difettoso di armi e indumenti. Giunto a Bologna il 10 luglio, vi è rimasto di guarnigione, ingrossato con un piccolo contingente di Civici romani. Dopo l'ingresso degli Austriaci nelle Legazioni, ha seguito le altre truppe pontificie nella ritirata in Romagna ed è rientrato dopo l'8 agosto con le truppe comandate dal colonnello Belluzzi. Il Battaglione dell'Alta Romagna e Umbria è un corpo di volontari di Forlì, entrati a Bologna il 17 giugno. Con l'arrivo di un reparto di civici di Todi, è salito a 300 effettivi e ha assunto il nome di Battaglione Civici riuniti Alta Romagna ed Umbria. Dopo l'8 agosto è rientrato a Bologna per rafforzare la difesa della città. Il Battaglione Civico Mobile è uscito da Ferrara dopo l'invasione degli Austriaci, dirigendosi a Bologna con 400 effettivi. E' stato la retroguardia del contingente papalino partito per la Romagna il 5 agosto. Rientrato il 14 agosto a Bologna, per qualche giorno ha presidiato il ponte sul Reno a Casalecchio. Il Battaglione Volontari dell'Alta Romagna è stato formato a Forlì dal tenente colonnello Alessandro Gariboldi, su incarico del colonnello Belluzzi. Ad esso si è unita una colonna civica di cesenati agli ordini del capitano Gian Battista Nori. La Compagnia Marcellini è stata arruolata a Roma dal capitano Francesco Marcellini e si è unita al 2° Battaglione fucilieri di stanza a Bologna. L'Artiglierìa civica bolognese è reduce dalla campagna del Veneto, mentre la Colonna Civica di Senigallia non ha ancora partecipato ad azioni militari. Tutti questi corpi formano un complesso di circa 3.600 soldati e 200 ufficiali. Ad essi vanno aggiunti almeno 2.500 popolani armati, divisi in squadre, che presidiano le porte della città, la Montagnola, San Michele in Bosco e altri luoghi strategici. Essi riconoscono come propri comandanti Angelo Masini, Agamennone Zappoli e Padre Alessandro Gavazzi. Nel pomeriggio del 26 agosto cinquecento uomini armati dei Corpi Franchi, guidati dal colonnello Belluzzi e dallo Zambeccari, invadono il Palazzo Pubblico assieme a gruppi di popolani. Con un comunicato i membri del Comitato di pubblica salute rassegnano il potere nelle mani del Legato, "non volendo essere cagione di divisioni e di disordine nel proprio paese". Il colonnello Zuccari, comandante della 3a divisione papalina di stanza nelle Legazioni, venuto con l'ordine di scioglimento dei Corpi Franchi, è tratto in arresto e consegna a Masini la spada e le spalline. Le posizioni contrastanti dei “rivoluzionari” e l'intervento deciso di Gioacchino Napoleone Pepoli, comandante della Guardia civica, fanno sì che l'azione non arrivi alle conseguenze estreme. Poco dopo Padre Alessandro Gavazzi, "barnabita bolognese, cappellano crociato", chiamato alcuni giorni prima a Bologna dal Comitato, arringa il popolo in Piazza Maggiore, religiosamente ascoltato da tutti i presenti.dettagli
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28 agosto 1848La commedia "Il Trionfo del Popolo Bolognese"La sera del 28 agosto la cittadinanza è invitata all'Arena del Sole per uno “straordinario trattenimento”: la Drammatica Compagnia Etrusca mette in scena una commedia di Agamennone Zappoli (1811-1853) intitolata La Memorabile Vittoria dell'8 agosto 1848 nella Montagnola, ovvero il Trionfo del Popolo Bolognese contro i barbari tedeschi. Il dottor Zappoli, attore e autore di testi teatrali d'origine bolognese, ma ridotto per motivi politici a soggiornare per lunghi periodi all'estero, ha partecipato di persona alla sollevazione popolare dell'8 agosto e racconta quegli eventi con fedeltà di cronista. Gli attori mettono le mani avanti rispetto alle possibile intemperanze del pubblico, annunciando di essere costretti, “con loro grandissimo cordoglio”, a recitare le parti degli Austriaci e assicurano di “non partecipare ai sentimenti dei nemici d'Italia”.dettagli
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31 agosto 1848Si chiede un Comitato militareLa sera del 31 agosto Agamennone Zappoli, Angelo Masini (o Masina), Callimaco Zambianchi, noto “demagogo” romagnolo, e Livio Zambeccari, accompagnato da cento uomini armati del proprio battaglione, irrompono nel palazzo comunale. La Guardia Civica di presidio è messa in stato di arresto. Viene chiesta la sostituzione dell'attuale governo con un Comitato militare. Angelo Masini consegna al pro-legato una lettera "spontanea" di dimissioni del colonnello Zuccari, comandante della 3a divisione papalina, che è stato rilasciato dopo alcuni giorni di arresto ed è partito per Forlì. Il pro-legato, a contrastare l'azione ostile di Zambeccari, chiama a rinforzo un centinaio di soldati pontifici. Nel frattempo gli ufficiali civici gli offrono il loro appoggio e propongono di invitare il cardinale Amat, ritirato ai Bagni della Porretta, a rientrare a Bologna per imporre al disordine presente la sua autorità di Commissario straordinario. A questo proposito è nominata una deputazione di quattro persone, due per la Guardia Civica e due per il popolo. Anche Zambeccari viene convinto a non insistere in una richiesta di secessione, che per molti porterebbe danno alla causa italiana.dettagli
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2 settembre 1848Muore Pietro GiordaniLa notte del 2 settembre muore a Parma Pietro Giordani (1774-1848), una delle glorie letterarie d'Italia, molto legato anche a Bologna, da lui sempre considerata la sua seconda patria. Qui, durante il periodo napoleonico, ha ricoperto il prestigioso incarico di Vice-segretario dell'Accademia di Belle Arti, contribuendo in modo decisivo alla formazione della Pinacoteca Nazionale. Amico di Canova e di Leopardi, si è dedicato con grande impegno alla rinascita degli studi classici, frequentando ed animando i migliori salotti letterari della sua epoca.dettagli
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3 settembre 1848Verso la fine dell'anarchiaIl 2 settembre arriva in città il Commissario Luigi Carlo Farini (1812-1866), inviato dal governo di Roma. Il giorno successivo ritorna a Bologna il cardinale Amat, questa volta in qualità di Commissario Straordinario delle Quattro Legazioni, e viene scortato al Palazzo Pubblico dai popolani armati, mentre per le strade continuano le uccisioni e le vendette. Farini chiede al governo romano la facoltà di mettere Bologna in stato d'assedio: secondo i suoi calcoli ammonta a circa 6.000 armati la forza irregolare che presidia Bologna e vi comanda “con audaci propositi e incredibile disordine”. Ma il Ministro delle Armi è convinto di poter restaurare l'ordine con altri mezzi. Una reazione decisa all'anarchia dilagante comincia il 4 settembre, dopo il tentato assassinio di un carabiniere in Piazza Maggiore. Non colpito, questi insegue i suoi aggressori e ne arresta uno. E' il segnale atteso da coloro che vogliono la fine delle prepotenze e del disordine. I dragoni affiancano i carabinieri nell'opera di repressione. Gioacchino Napoleone Pepoli, comandante provvisorio della Guardia Civica, “riunisce qualche compagnia” e forma grosse pattuglie con l'incarico di perlustrare la città nelle ore notturne e di liberarla “dagli eccessi delittuosi che la contaminano”. Rientrano tra gli applausi i due reggimenti svizzeri del generale Latour, da tempo fermi a Forlì. Anch'essi hanno il compito di garantire l'ordine pubblico. Si comincia a riorganizzare la polizia. La fine dell'anarchia lascia comunque uno strascico di miseria e non tutti i malfattori vengono disarmati. I furti e le aggressioni continueranno anche nelle settimane successive. Amat e Farini, con l'assenso degli amministratori comunali, proporranno una serie di interventi per affrontare in modo più strutturale il problema della disoccupazione e della povertà della popolazione bolognese, attraverso la manutenzione di strade e la costruzione di tronchi ferroviari, chiedendo a supporto l'intervento finanziario dello stato. Il primo ministro Pellegrino Rossi approverà il piano, ma negherà l'aiuto economico, sostenendo la necessità dell'impegno del capitale privato. Il 10 ottobre Farini lascerà Bologna e il 31 il Commissario Straordinario sarà esonerato.dettagli
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7 settembre 1848I corpi franchi più indisciplinati lasciano la cittàIl 7 settembre il battaglione dell'Alto Reno e buona parte del battaglione Universitario Romano lasciano Bologna. Il patto con gli Austriaci - tre mesi di astensione dalle operazioni belliche - sta per scadere e i due battaglioni vanno ad arruolarsi per la Repubblica Veneta. Questa scelta allontana da Bologna due corpi franchi tra i più irrequieti e allo stesso tempo li salva dallo scioglimento imminente. Il battaglione dell'Alto Reno lascia in città pochi ammalati, alcuni addetti al deposito e il piccolo squadrone dei Cavalieri di Angelo Masina. Il battaglione Universitario Romano invece si divide per gravi dissensi al suo interno. Partono per Venezia 400 uomini comandati dal Maggiore Ceccarini, mentre a Bologna rimane la parte più disciplinata della formazione, circa 130 militi, con il Capitano Barbetti. Il 16 settembre il battaglione Zambeccari raggiunge la città lagunare ed è passato in rivista in piazza San Marco dal generale Pepe. I volontari bolognesi saranno destinati al presidio di Marghera.dettagli
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18 settembre 1848Arruolamento del Reggimento dell'UnioneIl 18 settembre è emanata una ordinanza che apre l'arruolamento volontario di un reggimento speciale di truppe regolari, chiamato Reggimento dell'Unione, formato da elementi tra i 18 e i 40 anni. Il provvedimento è dettato dalla necessità di "ridurre a milizia bene ordinata e disciplinata i vari Corpi Armati" presenti nelle Legazioni. Si apre la possibilità di una carriera onorata per tutti i giovani che hanno militato volontariamente sotto le bandiere pontificie nei conflitti trascorsi. L'ordinanza, molto vantaggiosa, attrae subito i volontari. A soli cinque giorni dal provvedimento, Farini può far sapere al Ministro delle Armi che ormai Bologna si sta liberando dei corpi franchi "e cosi sarà tolto, se altro non fosse, lo scandalo del più imprudente furto legalizzato ed il pascolo all'anarchia di piazza e di caserma". Nonostante qualche contrattempo, lo scioglimento delle squadre irregolari procederà in fretta e il successo dell'operazione sarà dovuto anche all'avvenuta partenza da Bologna dei corpi franchi più agguerriti e indisciplinati, quali il Corpo di Zambeccari e il Battaglione universitario romano. Il 1° ottobre Farini scriverà al Ministro dell'Interno Pellegrino Rossi che i corpi franchi "sono del tutto disciolti" e che sono "sperperate le varie accozzaglie d'uomini in arme, che erano qui, disarmate in parte, disgregati i novelli Ciompi bolognesi".dettagli
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29 settembre 1848Decisa l'attivazione urgente del telegrafoIl Governo pontificio stanzia 12.000 scudi per l‘attivazione urgente di due linee telegrafiche, da Civitavecchia a Roma e da Roma a Ferrara attraverso Ancona e Bologna. Il fine è unire “i punti interessanti del nostro Stato e dei nostri confini”. Il nuovo mezzo di comunicazione è considerato “un prodigio che riavvicina fra loro e riavvicina a Roma non solo tutte le parti dello Stato, ma tutte le parti della penisola italica”.dettagli
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ottobre 1848Minaccia di coleraProveniente dalla Russia o dalla penisola balcanica, il cholera morbus conquista l'Austria e contagia Francia e Spagna. In ottobre è ai confini dello Stato Pontificio. La Congregazione speciale di Sanità ordina la disinfezione della corrispondenza che proviene dalla Toscana, da Modena e dal Veneto. E' prescritto l'uso dello zolfo, materiale più economico e meno sofisticato di altri composti chimici. Le navi e i passeggeri in arrivo da luoghi infetti o sospetti vengono respinti da tutti i porti del Mediterraneo.dettagli
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2 ottobre 1848Riapre il Circolo FelsineoPer iniziativa di alcuni nuovi attivisti politici raccolti attorno al giornale “L'Unità” - tra essi Luigi Frati, Cesare Fangarezzi, Filippo Bianconcini - e di un gruppo di liberali conservatori, riapre il 2 ottobre il Circolo Felsineo, con Clemente Taveggi come presidente. Nella prima riunione è approvata l'adesione al congresso federale, previsto a Torino il 10 ottobre a sostegno del progetto di Vincenzo Gioberti per una confederazione italiana. Progetto che però non incontrerà il favore del governo pontificio, né di quello toscano, preoccupati delle mire espansionistiche del Piemonte.dettagli
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17 ottobre 1848"Un Esperimento", il giornale di Padre GavazziPadre Alessandro Gavazzi (1809-1889), “cappellano Crociato alla prima guerra d'indipendenza”, fonda un giornale che corrisponde al suo carattere irruento e appassionato. Si chiama “Un Esperimento” ed è per molti versi singolare: non ha indicazioni di data o numero progressivo, ha una veste grafica trasandata, è pieno di errori tipografici. Un linguaggio aggressivo pervade tutte le sue pagine. Gavazzi si scaglia contro altri giornali come la “Gazzetta di Bologna”, si accanisce contro la burocrazia e i “mangiapane a tradimento”, attacca la censura e la stampa venduta. Al contempo si batte per la Costituente, la libertà di stampa, chiama alla guerra contro l'Austria. Alcuni considerano il padre “un po' leggiero di spirito” e amante della popolarità e non sono turbati per le misure restrittive dell'autorità nei suoi confronti: il barnabita sarà costretto infatti a lasciare Bologna e ad andare a “meditare” altrove. Giunto a Viterbo in stato d'arresto, sarà preso in custodia dalla locale Guardia Civica. Poco dopo, però, sarà liberato e potrà raggiungere Garibaldi a Roma.dettagli
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27 ottobre 1848La Legione bolognese in VenetoLa Legione bolognese, agli ordini dei colonnelli Bignami e Berti Pichat, partecipa nel 1848 alla guerra di Indipendenza e nel 1849 alla difesa della Repubblica Romana. E' composta di due battaglioni, per complessivi 780 uomini. Il comandante Carlo Bignami (1808-1885), milanese d'origine, da borghese esercitava, assieme ai fratelli, il commercio bancario. Ha partecipato come ufficiale della Guardia Nazionale alla rivoluzione del 1831. Tra il maggio e il giugno del 1848 la Legione opera nei dintorni di Padova e svolge servizio di presidio alla città. Da Padova si trasferisce a Venezia, dove al contingente emiliano sono aggiunte tre compagnie marchigiane. Qui partecipa, tra luglio e ottobre, ad alcune azioni nel territorio veneziano. Il 27 ottobre, durante la sortita dal forte di Mestre, i volontari bolognesi, impiegati con i milanesi nella colonna di centro, portano l'azione a fondo e infliggono gravi perdite ai nemici. Il generale Guglielmo Pepe testimonia che i Bolognesi disprezzano ogni ostacolo, “come si fa da chi è deciso a vincere o morire” e mostrano “la calma, l'ordine, l'ardire da onorare i più esperti veterani”. Il Battaglione Bignami sarà richiamato in patria il 2 dicembre, dopo la proclamazione della Repubblica Romana, e lascerà Venezia il 17 dicembre. Gli uomini della Legione saranno inviati a Roma, dove costituiranno il 1º battaglione dell'XI reggimento di linea. Carlo Bignami, invece, rimarrà a Bologna come comandante generale della Guardia Civica. Alla sortita di Mestre partecipano anche duecento Cacciatori dell'Alto Reno, giunti a Venezia il 14 settembre assieme al Battaglione Universitario e preceduti da cattiva fama presso i corpi bolognesi di stanza in laguna. Per Carlo Berti Pichat, il battaglione Zambeccari include "non pochi tristi soggetti", "uomini di pessima condotta morale e civile", sfuggiti alla debole giustizia pontificia. In un primo tempo le autorità veneziane cercheranno di impedire il rientro a Bologna dei Cacciatori dell'Alto Reno e del Battaglione Universitario, ma in seguito, su insistenza dello Zambeccari, il generale Pepe darà anche a loro il permesso di partire, per partecipare alla difesa del capoluogo felsineo e della Repubblica romana.dettagli
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30 ottobre 1848Terza ascesa in pallone di Luigi Piana. Raccolta di offerte per VeneziaIl 30 ottobre l'aeronauta Luigi Piana tenta per la terza volta il volo con il suo grande globo. Subito dopo l'inizio della salita dalla Selciata di San Francesco, una nebbia fitta toglie alla vista il pallone e i numerosi spettatori accorsi non riescono a scorgere più nulla. Poco dopo la macchina di Piana prende terra fortunosamente nei pressi del Ponte della Carità di S. Felice e alla sera il coraggioso aviatore raccoglie gli applausi del pubblico al Teatro del Corso. Durante l'esperimento di Piana, per iniziativa di Padre Gavazzi, la Guardia Civica promuove una raccolta di offerte a favore di Venezia, impegnata nell'eroica difesa contro l'Austria. In più occasioni il barnabita arringa la folla in Piazza Maggiore, parla delle imprese dei volontari bolognesi impegnati con la Serenissima, sostiene la necessità di resistere e proseguire la guerra per l'indipendenza, chiede aiuti e offerte di denaro per la causa italiana.dettagli
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31 ottobre 1848Il Commissario straordinario cessa le sue funzioniIl 31 ottobre, con l'elezione del Commissariato Supremo di Stato, cessano le funzioni del Commissario straordinario. Il cardinale Luigi Amat (1796-1878) riprende la carica di Legato di Bologna, per lasciarla subito dopo per motivi di salute. E‘ ritenuto, tra l‘altro, “troppo corrivo coll‘elemento popolare”. In sua vece è nominato pro-Legato il conte Alessandro Spada. Il 28 novembre, dopo la fuga del Papa a Gaeta e il rafforzamento dei presidi austriaci sul confine, il nuovo legato assocerà nel governo della provincia il generale Carlo Zucchi (1777-1863) e il senatore Gaetano Zucchini (1806-1882), "per tutelare l'ordine pubblico e serbare i grandi principi di libertà e nazionalità".dettagli
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2 novembre 1848Onorata la memoria di Rolandino de' PasseggeriNel giorno dei Defunti si vuole onorare la memoria di Rolandino de' Passeggeri (1215 ca-1300), considerato il primo istitutore della Guardia Civica. Sul suo monumento, presente al centro di Piazza San Domenico, sono appese bandiere nazionali, corone di fiori ed epigrafi. Intorno sono disposte torce, mentre la Guardia bolognese presta servizio d'onore. Nel pomeriggio, davanti a una grande folla, è cantato un Requiem solenne in onore dell'illustre concittadino.dettagli
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8 novembre 1848Il generale Zucchi a BolognaNella notte tra l'8 e il 9 novembre giunge da Roma il ministro delle Armi barone Carlo Zucchi (1777-1863), inviato a Bologna da Pellegrino Rossi a tutela dell'ordine. Nei giorni seguenti, il generale manda le guardie svizzere, i carabinieri e i civici a perquisire il Borgo San Pietro, il Pratello e il Torleone, quartieri abitati “da gentaccia dedita al delitto ed al furto”, alla ricerca delle armi sottratte dalle caserme della Guardia Civica nelle giornate seguite alla sommossa dell'8 agosto. Vengono sequestrati tromboni, pistole e fucili in gran quantità e alcuni popolani, ritenuti tra i più facinorosi, sono tradotti in carcere. Il “disarmo del basso popolo” è approvato dai soci del Circolo Felsineo (ora Circolo Nazionale Bolognese), che nei giorni precedenti avevano inviato al Prolegato un indirizzo per “la definitiva riparazione a' troppo frequenti disordini”, che turbano la quiete della città. Il 16 novembre Zucchi fa fare alla Montagnola una grande parata di tutte le forze armate, compresa la Guardia Civica e il Battaglione della Speranza. Più che una festa militare, è una dimostrazione politica, che serve a dare prova di fermezza nei confronti del “popolo tumultuante e corrotto” e fiducia ai cittadini in un ritorno, tra breve, alla normalità. Gli atteggiamenti autoritari e filo papali del generale Zucchi non tarderanno, però, ad alienargli il consenso dei democratici.dettagli
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9 novembre 1848Circoli politiciIn novembre apre il Circolo Nazionale Bolognese, che aderisce al progetto di costituente proposto in Toscana da Giuseppe Montanelli (1813-1862). Ne fanno parte alcuni membri democratici del Circolo Felsineo, club liberale derivato dalla Conferenza economico-morale. Accanto al Circolo Nazionale, il 9 novembre nasce il Circolo Popolare Bolognese. I due circoli vanno a rappresentare le due tendenze - “moderata ed esaltata” - in cui ormai si divide la vita politica italiana (Natali). La riunione fondativa del Circolo Popolare, nell'atrio del teatro Contavalli, è conclusa da un discorso di Agamennone Zappoli (1811-1853), che si assegna il merito di aver avvicinato per primo il popolo dopo l'8 agosto e di averne tentato l'educazione. Presieduto dal medico e patriota modenese Tito Savelli (1805-1862), il Circolo Popolare propone posizioni più radicali e democratiche del Circolo Nazionale e si fa banditore del programma mazziniano per una Costituente italiana. Lo stesso Mazzini esorta con forza i sodali Filippo De Boni (1816-1870) e Giuseppe Lamberti (1801-1851), entrambi presenti a Bologna in questo periodo, a promuovervi il suo concetto - popolare e unitario - di Costituente e a favorire la sua Associazione Nazionale. Il Circolo Popolare professa finalità educative e si batte per il benessere sociale. Vuole “contribuire alla educazione civile e morale della classe degli artigiani”, con l'apertura di scuole serali per adulti, società di mutuo soccorso, patronati. Ne fanno parte uomini di varie tendenze e di diversa estrazione, accomunati dal desiderio di affratellare “civici” e popolani. Con la crisi del governo pontificio, che culminerà con l'assassinio di Pellegrino Rossi, i democratici acquisteranno a Bologna una predominanza politica.dettagli
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10 novembre 1848"Arriva Garibaldi!"Il governo toscano dà a Garibaldi il permesso di passare il confine con i suoi uomini, che il ministro dell'Interno Guerrazzi ha descritto come “un diluvio di cavallette, una piaga d'Egitto”. Il governo pontificio manda a Firenzuola quattrocento svizzeri e un contingente di dragoni per fermare quei "mantovani" scalcinati, "vestiti di tela e stracci", decisi a liberare l'Italia. Una manifestazione popolare, guidata dal padre barnabita Gavazzi, convince il Legato a concedere il passaggio al generale, che può raggiungere da solo Bologna il 10 novembre, passando per Monghidoro e Loiano, mentre le sue truppe rimangono accampate a Pianoro. La città riceve con entusiasmo l'eroe dei Due Mondi e di Montevideo, desideratissimo fra noi, accompagnato dall'aureola de' generosi, che non curando fatiche e pericoli, volle correre alle native contrade per soccorrere, se non con la mente, certo col braccio la causa d'Italia. Una gran folla va ad accoglierlo fuori porta Santo Stefano e accompagna la sua carrozza fino alla barriera della città. Il generale prosegue quindi fino al palazzo pubblico assieme al comandante delle truppe pontificie Dufour (o Latour), minacciato dalla folla mentre è al balcone del suo palazzo (“O i nostri fratelli qui, o voi giù da quel balcone”). Dopo l'incontro con il cardinale Amat, Garibaldi prende alloggio alla "locanda svizzera" (poi Albergo Brun) e dal balcone ringrazia la cittadinanza per l'accoglienza affettuosa. Nelle sue memorie ricorderà: “Io giungevo a Bologna tra le acclamazioni di quel generoso popolo, ch'ero obbligato a calmare perché deciso a disfarsi da stranieri e retrogadi”. Il 14 novembre la colonna dei volontari si dirige in Romagna e ad essa si uniscono centinaia di giovani bolognesi. Garibaldi va prima a Ravenna, dove incontra Nino Bixio e Goffredo Mameli, poi muove verso Venezia. Il generale Zucchi manovra per costringerlo a imbarcarsi, liberando in questo modo dalla sua “ciurma” i territori pontifici.dettagli
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15 novembre 1848Assassinio di Pellegrino Rossi. Fuga del Papa a GaetaIl 15 novembre, mentre si reca senza scorta al Palazzo della Cancelleria, sede del parlamento romano, il primo ministro pontificio Pellegrino Rossi (1787-1848) è assalito dalla folla e ucciso da mano ignota. Il 16 novembre avvengono scontri davanti alla sede papale del Quirinale. Il Papa accorda un nuovo ministero con Giuseppe Galletti agli Interni e Terenzio Mamiani agli Esteri. Il 24 novembre Pio IX fugge a Gaeta sulla carrozza dell'ambasciatore di Baviera e si rifugia sotto la protezione del Re di Napoli. Nei giorni successivi la Francia decide un intervento militare a suo favore. La morte di Pellegrino Rossi desta scalpore a Bologna, dove lo statista ha studiato e insegnato, dichiarandosi sempre molto legato alla città, che lo ammise “agli onori del Foro”. Emigrato a Ginevra e poi in Francia dopo la caduta di Napoleone, dal 1845 al 1848 fu ambasciatore di Luigi Filippo presso la Santa Sede. Per protestare contro la scarsa energia nel perseguire gli assassini dello statista di Carrara, Marco Minghetti si dimette dal governo romano e fa ritorno a Bologna, assieme agli altri deputati bolognesi Banzi e Bevilacqua. Qui guiderà una fazione liberale ostile alla Assemblea Costituente.dettagli
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17 novembre 1848Proposto lo stato d'accusa per il generale ZucchiNella stessa direzione del disarmo dei popolani, avvenuto nella notte del 13 novembre, quella cioè di far cessare gli “infami maneggi” dei repubblicani contro il Governo, vanno altri provvedimenti del generale Zucchi nei giorni successivi. Ad esempio l'arresto di padre Gavazzi, avvenuto il 17 novembre, l'espulsione di Nicola Fabrizi, inviato della Repubblica di Venezia, le manovre contro Angelo Masini. Un distaccamento di Svizzeri e Dragoni pontifici viene mobilitato, con l'ordine di far fuoco, per impedire a Masini e ai suoi cinquanta lancieri di congiungersi a Garibaldi. Contro queste iniziative insorge il Circolo Popolare da poco costituito. L'avvocato Federico Venturini propone che il Commissario pontificio venga posto in stato d'accusa per comportamento incostituzionale e arbitrario. Il Circolo lo incarica di redigere un indirizzo da presentare al Parlamento, ma i gravi avvenimenti romani dei giorni seguenti impediranno la realizzazione del proposito.dettagli
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24 novembre 1848Il Papa lascia RomaIl Papa lascia Roma il 24 novembre. La fuga a Gaeta avviene con grande segretezza ed è resa pubblica solo il giorno successivo. Il ministro Terenzio Mamiani presenta alla Camera un progetto di legge per la Costituzione italiana, che viene approvato dal Consiglio dei Deputati. Da Bologna Marco Minghetti, Carlo Bevilacqua e Annibale Bazzi, che si sono dimessi dopo l‘assassinio di Pellegrino Rossi, pubblicano un manifesto di protesta contro il delitto e “contro l‘agitazione rivoluzionaria” che impedisce il libero svolgimento dei lavori delle Camere.dettagli
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25 novembre 1848Il giornale "La Costituente"Dal 25 novembre esce per pochi numeri il giornale politico “La Costituente”, che auspica, appunto, la convocazione nella capitale di un'assemblea destinata a formulare e approvare una nuova costituzione liberale. E' redatto dal patriota bolognese Agamennone Zappoli, già autore, nel 1833, degli “Annali Teatrali”, foglio di notizie sui teatri cittadini. Nello stesso periodo de “La Costituente”, tra il 2 e il 19 ottobre 1848, è pubblicato anche il settimanale “Bollettino del popolo bolognese”.dettagli
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27 novembre 1848Richiamati i volontari pontificiIl 27 novembre, dopo la fuga di Pio IX a Gaeta e la proclamazione della Repubblica romana, il nuovo governo richiama le truppe e i volontari dell'ex stato pontificio impegnati a Venezia. Il 17 dicembre questi lasciano la città lagunare per accorrere alla difesa del loro paese. Il Governo Provvisorio veneto ringrazia i bolognesi e concede al colonnello Carlo Bignami una sciabola d'onore. Tra i corpi richiamati c'è il battaglione dell'Alto Reno comandato da Livio Zambeccari. Approfittando della fretta con cui si era formato il corpo prima della partenza per il Veneto, alcuni “individui indegni” si sono insinuati tra le fila del battaglione, procurando ad esso una cattiva reputazione. All'arrivo a Bologna, i volontari dell'Alto Reno non vengono fatti entrare in città e sono trattenuti nel convento dell'Annunziata, fuori porta San Mamolo. In seguito sono ospitati in Borgo Paglia (poi via Belle Arti) nel palazzo Bianconcini. Una epurazione del battaglione dai “facinorosi” sarà portata avanti, dopo la partenza di Zambeccari per Roma, dal giovane capitano Pietro Inviti (1821-1907), il solo, secondo il suo superiore Felice Orsini, “capace di farsi ammazzare” pur di portare a termine questa delicata e rischiosa operazione. Ben altra accoglienza avrà al suo ritorno a Bologna, nel pomeriggio del 23 dicembre, la Legione Bolognese comandata dal colonnello Bignami. I “generosi giovani” della Milizia, assieme ai ragazzi del Battaglione della Speranza, saranno accolti con entusiasmo dalla gente e ricevuti con tutti gli onori dal comandante della Guardia Civica generale Latour e dagli ufficiali superiori di ogni arma.dettagli
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dicembre 1848Domina l'influenza catarrosaTra la fine di dicembre 1848 e l'inizio di gennaio 1849 si diffonde "largamente" a Bologna l'influenza catarrosa. Viene colpito "quasi contemporaneamente un quinto e forse più della popolazione".dettagli
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10 dicembre 1848Il memoriale BevilacquaIl generale Carlo Zucchi (1777-1863) e il marchese Carlo Bevilacqua (1803-1875), nominati entrambi commissari governativi, partono il 10 dicembre da Bologna per Gaeta, “onde tentare di conciliare il principato costituzionale coll'elemento democratico”. A colloquio con il cardinale Antonelli, presentano un memoriale in cui denunciano come l'assenza dalla capitale del Pontefice sia "la calamità politica più deplorevole" e illustrano il pericolo incombente sullo stato "per l'allontanamento che ne deriva fra principe e sudditi". Chiedono inoltre che Pio IX dia garanzie per la conservazione delle franchigie costituzionali e aderisca al progetto della lega doganale e della federazione politica. Il tentativo di conoscere le intenzioni di Pio IX risulterà però vano. Il memoriale Bevilacqua rimarrà lettera morta per l'incalzare degli eventi.dettagli
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14 dicembre 1848Proposta di CostituenteA Forlì, sotto la presidenza di Aurelio Saffi (1819-1890), una trentina di rappresentanti dei Circoli Popolari di Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna, Pesaro e di altre quindici città delle Romagne e delle Marche si riuniscono per la formulazione di un programma di emergenza comune. I rappresentanti bolognesi Quirico Filopanti (1812-1894) e Ulisse Cassarini vengono salutati da vivi applausi, a smentire l'accusa - diffusa nei giornali democratici - che Bologna voglia opporsi alla rivoluzione democratica in atto a Roma e voglia invece costituirsi come centro ligio al Papa, anche per la presenza in città di Luigi Mastai, fratello di Pio IX. Il piccolo parlamento emiliano propone, con un indirizzo redatto dal bolognese Filopanti, una Costituente italiana, composta da delegati eletti nelle province a suffragio universale. Il voto dell'Assemblea forlivese sarà portato a Roma da Saffi, che in seguito diventerà amico e seguace di Mazzini e farà parte del triumvirato di governo della Repubblica Romana.dettagli
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29 dicembre 1848Il Municipio contro la Costituente. I circoli liberali protestanoIl 29 dicembre a Roma la Giunta Suprema di Stato scioglie il Parlamento e convoca l'Assemblea Costituente. Per il 20 gennaio successivo sono indetti i comizi elettorali. A livello politico a Bologna prevale lo spirito moderato. Il 30 dicembre il Municipio, sotto la guida del conte Zucchini e l'ispirazione del Minghetti, dichiara il proprio dissenso dal governo romano e riafferma la propria lealtà a Pio IX. All'indirizzo del consiglio comunale si oppone quello dei liberali dei club politici cittadini - il Circolo Nazionale e il Circolo Popolare - riuniti il 31 dicembre in un'assemblea congiunta presieduta da Quirico Filopanti: "Voi non eletti dal suffragio del popolo, e la più parte reliquie di un regime che per generosità vorremmo dimenticato, ieri osaste protestare, a nome del popolo contro il progetto di legge che convoca l’assemblea generale dello stato; il popolo offeso nei suoi diritti, nella sua dignità, oggi calmo, imponente, protesta contro il vostro atto, contro di voi". La protesta dei circoli bolognesi, che di fatto esautora il Municipio, ottiene l'appoggio entusiastico di molti circoli romagnoli, fra cui quelli di Forlì, Russi, Meldola, Faenza. La pubblicazione del manifesto di convocazione della Costituente romana, il 1° gennaio successivo, contribuirà comunque a placare “gli spiriti turbati”.dettagli