Una "foresta marciante"
Dal 10 al 19 marzo transita per Bologna il grosso delle truppe imperiali dirette a Napoli. E' un esercito composto di molte etnie: Tedeschi, Croati, Magiari, Rumeni. I bolognesi li chiamano “slapazoch” e “zimson”.
Le cronache del tempo ricordano, oltre al “nauseante tanfo di sego” che li accompagna, i canti melanconici dei soldati Boemi e dei Tedeschi.
La canzone di Andreas Hofer Hoch das Vaterland! e quella del Principe Eugenio di Savoia, vincitore dei Turchi: Prinz Eugen, der edle Ritter!.
Testimoniano delle “bankheraus” (bancate), cioè i 25-50 colpi di bastone inflitti ai soldati che compiono furti nelle campagne, ma anche l'eccessivo consumo di legna non pagata degli ufficiali austriaci e l'ospitalità forzata ai soldati nelle case private, appena più accetta per gli Ungheresi e i Tirolesi, che simpatizzano per la causa italiana.
Ma soprattutto rimarrà impressa la suggestiva “Feldzeichen”, una usanza di battaglia, che consiste nell'ornare i copricapi dei soldati di ramoscelli di bosso, di mirto o di quercia.
Il transito dell'esercito imperiale appare, così, ai bolognesi come lo "spettacolo magico" di una "foresta marciante" (Rossi).
- Sandro Alfonso, Il passaggio delle truppe Austriache per Bologna nel 1821, in: "L'Archiginnasio", 1-2 (1924), pp. 182-187
- Marco Caroli, Bologna caput mundi, Bologna, Centro Grafico Cooperativo, 1977, vol. 1., p. 168 (La Banckeraus)
- Giulio Cavazza, Bologna dall'età napoleonica al primo Novecento, in: Storia di Bologna, a cura di Antonio Ferri, Giancarlo Roversi, Bologna, Bononia University Press, 2005, p. 283
- Giovanni Natali, La restaurazione a Bologna e nelle legazioni (1815-1831), in: Il 1859-'60 a Bologna, Bologna, Calderini, 1961, p. 22
- Gida Rossi, Bologna nella storia nell'arte e nel costume, Sala Bolognese, Forni, 1980, pp. 533-534