Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi
Archivio di notizie sulla storia della città e del suo territorio dal 1796 ad oggi. Con riferimenti bibliografici, link, immagini.
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1815L'Accademia Nazionale diventa PontificiaDopo la caduta del governo napoleonico e la restaurazione di quello papale, l'Accademia Nazionale diventa Pontificia Accademia di Belle Arti. Come Presidente è confermato il conte Carlo Filippo Aldrovandi Marescotti (1763-1823), fondatore della Manifattura Aldrovandi e principale protettore delle arti a Bologna, mentre è allontanato il letterato piacentino Pietro Giordani (1774-1848), sostituito nella carica di segretario da Leandro Marconi (1763-1837). L'epurazione colpisce anche l'architetto Giovanni Antonio Antolini (1753-1841), autore del grandioso progetto del Foro Bonaparte a Milano, che viene sostituito sulla cattedra di architettura da Ercole Gasperini (1771-1829). Lo statuto, approvato in epoca repubblicana, è mantenuto inalterato in attesa di un nuovo ordinamento.dettagli
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1815Chiude il gabinetto di lettura TognettiChiude i battenti il gabinetto di lettura promosso nel 1814 da Francesco Tognetti, giornalista, letterato e funzionario governativo. Voleva essere “un istituto che agevoli e presti pubblico comodo d'istruirsi specialmente sulle vicende politiche e letterarie" ... "dove a buon mercato e piacevolmente possono acquistarsi lumi e cognizioni non volgari“. Luogo dunque di informazione e di circolazione delle idee, con vari giornali, bollettini e gazzette messi a disposizione in cambio di una modesta sottoscrizione. Aveva sede nel palazzo di via Santo Stefano attiguo al Teatro del Corso, in un'ala inizialmente destinata agli "appartamenti di società", un esclusivo club per il gioco. Era prossimo ad alcuni ritrovi delle classi elevate, come il Casino dei Nobili, il Caffè delle Scienze e il Caffè dell'Isola d'Elba, luogo d'incontro abituale dei reduci napoleonici. Ingiustamente inserito nella categoria economica dei librai - dovendo quindi subire oneri e tassazioni relative quando la sua finalità era filantropica e non commerciale - Tognetti è costretto dall'autorità restaurata a terminare una delle iniziative culturali più valide e nuove di questo periodo. Lo spazio messo a disposizione del "gabinetto letterario" sarà rilevato, in un secondo tempo, dal Negozio di Musica Cipriani e C., dotato di pregevoli litografie musicali e un'ampia scelta di strumenti musicali.dettagli
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1815Gaetano Donizetti al Liceo MusicaleIl bergamasco Gaetano Donizetti (1797-1848) frequenta a Bologna il Liceo Musicale. Allievo, come Rossini, di padre Stanislao Mattei, rimarrà in città fino al 1817, grazie a una borsa di studio. L'apprendistato con l'erede di padre Martini è caratterizzato da esercitazioni estenuanti nell'arte del contrappunto e della fuga. Il duro lavoro lo perfezionerà nella tecnica dei concertati, per i quali sarà famoso. Nel 1824 debutterà al Teatro Comunale, con il dramma burlesco Il Falegname di Livonia. Al periodo bolognese risalgono anche l'Olimpiade e L'ira di Achille su testi di Metastasio - mai rappresentate - e la composizione teatrale Pigmalione, che debutterà a Bergamo molti anni dopo la sua stesura. Nel 1842 Donizetti dirigerà all'Archiginnasio lo Stabat Mater di Rossini. Dopo il grande successo di questo evento musicale gli verrà offerta la direzione del Conservatorio Musicale, ma le trattative non andranno in porto.dettagli
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gennaio 1815Spettacolo pittoresco meccanico al Teatro FeliciniDal gennaio all'agosto 1815 il Teatro Felicini ospita uno spettacolo di figure musicali e teatro pittoresco meccanico con gran burrasca di mare, promosso dal signor Sachatzeck, professore di meccanica a Vienna. Il “trattenimento” è diviso in quattro parti con accompagnamento della banda militare. Sono presentati: un “tamburino artificiale” che suona con l'orchestra, una ragazza che balla ed esegue difficili movimenti su una corda, il ponte di Torino sul Po e il porto di Napoli, con movimenti di carrozze e bastimenti, spari di cannone. Nel mese di febbraio si tiene anche la rappresentazione del teatro meccanico dei fratelli Valmagini, che il 3 e il 4 tengono anche una dimostrazione di una macchina meccanica ottica di loro invenzione.dettagli
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1 gennaio 1815Le tombe della Certosa agli artistiL'incisore Francesco Rosaspina (1762–1841) segnala ai membri dell'Accademia di Belle Arti, riuniti in seduta ordinaria il 1° gennaio, l'esigenza di porre rimedio a un grande disordine e disonore per la città: nel cimitero della Certosa, frequentato dagli ospiti stranieri, non si vedono che "goffissime opere d'inettissimi artisti". Il cimitero sta diventando un luogo notevole, visitato dai forestieri, analogamente alle quadrerie e alle collezioni d'arte. L'Accademia non può rimanere estranea a quanto è prodotto in Certosa. È necessario, secondo Rosaspina, che i nuovi monumenti vengano commissionati ad artisti abili e che siano sottoposti all'esame dei maestri dell'Accademia. Questa opinione è condivisa dai membri dell'istituto, in particolare dal protosegretario Pietro Giordani e dal presidente Carlo Filippo Aldrovandi Marescotti, che, per il "luogo illustre" della Certosa, richiedono l'opera di artisti "noti e reputati". La proposta di collaborazione è girata alla Municipalità, che l'accoglie con molto favore. La valutazione della commissione accademica avverrà in due fasi: l'analisi del disegno e il collaudo dell'opera finita. I monumenti dipinti dovranno imitare quelli scolpiti, rinunciando alla prospettiva e usando i colori dei rilievi, e le due tipologie andranno alternate secondo un ritmo armonioso. Il nuovo regolamento sarà operativo dall'estate 1815. Il rapporto di consulenza dell'Accademia con il Municipio proseguirà, tra alti e bassi, per tutta la prima metà dell'800 e consentirà l'opera dei migliori artisti del periodo, quali Pelagio Palagi, Antonio Basoli, Pietro Fancelli, Giacomo De Maria, Giovanni Putti.dettagli
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8 febbraio 1815Rifacimento del portico della Gabella NuovaL'architetto Angelo Venturoli (1749-1821) è autore del rifacimento del portico nel palazzo della Gabella (o della Dogana). L'edificio fu iniziato nel 1574 su progetto dell'arch. Domenico Tibaldi (1541-1583), per volere dei sindaci della Gabella Grossa, che ritenevano la sede di via Castiglione ormai inadatta. Benché incompiuto, nel 1575 cominciò ad essere utilizzato come deposito e l'anno seguente i gabellieri ne presero possesso. All'interno vi era una cappella dedicata a S. Maria della Presentazione, che fu profanata nel 1798 e ridotta a magazzino del sale. Accanto al palazzo vi erano magazzini per il deposito del fieno, con grandi bilancioni (o stadere) per la pesatura del foraggio. Nel 1801 la Dogana venne traslocata nel convento di S. Francesco e nel 1806 i locali servirono per un certo tempo come quartier generale della Guardia Nazionale, costretta a lasciare il convento dei Servi. L'8 febbraio 1815 il nuovo proprietario del palazzo, signor Mattei, inizia il restauro verso occidente e in seguito fa trasformare in bottega una parte del loggiato d'ingresso alla Dogana. Nel 1824-1825 il vasto portico, dotato di ventidue archi, verrà "uniformemente ridotto", sgomberando le precarie baracche delle botteghe affacciate sulla strada.dettagli
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2 marzo 1815Napoleone salpa dall'Elba. Gli Austriaci mettono i cannoni davanti al Palazzo comunaleIl 2 marzo giunge la notizia che Napoleone ha lasciato l'Isola d'Elba, salpando da Portoferraio con sette navi alla volta della Francia, accompagnato dai generali Bertrandt e Drouot e dalla sua guardia personale. Anche a Bologna si rianimano le speranze dei suoi partigiani, soprattutto gli ex soldati ormai in congedo. Gli Austriaci si affrettano a correre ai ripari, “mandando truppe, e divisando difese”. Due cannoni vengono collocati il 17 marzo davanti al portone del Palazzo comunale ed altri sono apprestati nel loro parco di artiglieria a Porta San Mamolo.dettagli
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15 marzo 1815Felice Radicati direttore delle orchestre bolognesiIl 15 marzo è nominato primo violino e direttore della Cappella di San Petronio e delle altre orchestre di Bologna il famoso maestro torinese Felice Radicati, giunto pochi giorni prima in città assieme alla moglie, la cantante Teresa Bertinotti. E' inoltre nominato insegnante di violino e viola al Liceo Filarmonico. Il 26 marzo presenta al Casino il suo Concertone a sei strumenti obbligati, eseguito da lui stesso e da alcuni dei migliori maestri locali, quali Giovanni Buratti, Ignazio Parisini, Giacomo Coppi e altri. Il Casino lo scrittura immediatamente, senza concorso, per chiara fama. Radicati porta con sé una consolidata esperienza internazionale: ha suonato a Vienna, Londra, Dublino, ha conosciuto Haydn, Salieri, Beethoven. Il 26 novembre 1815 suonerà al Casino, assieme ad ottimi strumentisti, un quintetto per archi di Beethoven, prima presenza documentata a Bologna della musica del maestro di Bonn. Nel 1817, dopo le dimissioni di Sampieri, formerà al Casino una nuova direzione artistica di larghe vedute, aperta anche alla musica tedesca, con Massimiliano Angelelli e il neo-direttore Tommaso Marchesi, pianista e maestro di canto, già Principe dell'Accademia Filarmonica e fondatore nel 1807 dell'Accademia dei Concordi. L'esperienza di Radicati a Bologna sarà interrotta nel 1820 dalla sua morte improvvisa. Il suo posto come primo violino al Casino sarà preso dal milanese Antonio Rolla. La moglie rimarrà in città, aprendo una scuola di canto.dettagli
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24 marzo 1815Elisa Bonaparte lascia BolognaElisa Bonaparte (1777-1820), sorella di Napoleone, lascia precipitosamente Bologna il 24 marzo, accompagnata sotto scorta austriaca a Ferrara. Verrà trasferita a Brunn in Moravia, dove rimarrà, praticamente prigioniera, fino alla fine dei "cento giorni". L'ex Principessa di Lucca e Piombino e Granduchessa di Toscana si è stabilita a Bologna nel 1814, dopo la caduta di Napoleone, assieme al consorte Felice Baciocchi (1762-1841). Il suo palazzo, frequentato da elementi sospetti, era assiduamente sorvegliato dagli Austriaci. Dopo la sua morte a Villa Vicentina nel 1820, il Principe Baciocchi tornerà a risiedere a Bologna. Nel 1826 acquisterà palazzo Ranuzzi e condurrà una brillante vita mondana fino alla morte del figlio Federico, nel 1833. Il monumento funerario per Elisa, affidato nel 1820 allo scultore toscano Lorenzo Bartolini (1777-1850), non sarà completato per alcune imperfezioni presenti nel grande blocco di marmo ad esso destinato. La statua principale - Magnanimità di Elisa - sarà venduta al marchese Massimiliano Malvezzi Angelelli, che la metterà, con il titolo di Pallade e il Genio della Gloria, sulla tomba di famiglia alla Certosa. Il monumento funebre ad Elisa Bonaparte e al principe consorte, opera di Cincinnato Baruzzi (1796-1878), sarà composto nel 1845 nella cappella Baciocchi in San Petronio, utilizzando parti di quello originario rifiutato. Gli scultori Carlo ed Emanuele Franzoni realizzeranno in seguito la tomba dei figli, posta di fronte.dettagli
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27 marzo 1815Visite di reIl 27 marzo il re di Spagna Carlo IV è in visita a Bologna con la moglie e il figlio. Alloggia a palazzo Aldrovandi, in via Galliera. Il giorno precedente è arrivato anche il Granduca di Toscana, ospite all'Albergo Reale in palazzo Ghisilardi (poi Grand Hotel Brun).dettagli
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30 marzo 1815Il sale a metà prezzoAl fine di raccogliere denaro rapidamente, il governo cittadino fa mettere in vendita per tre giorni il sale a metà prezzo. Davanti allo spaccio di San Francesco si forma un grande assembramento e nella calca alcune persone rimangono ferite.dettagli
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30 marzo 1815Il proclama di RiminiAlla testa di un esercito di 30mila uomini, Gioacchino Murat attraversa lo Stato Pontificio e, da Rimini, lancia un proclama agli Italiani, offrendosi di liberare e unificare la penisola. Scritto da Pellegrino Rossi (1787-1848), toscano di nascita, ma laureato e residente a Bologna, il proclama recita così: “L’ora è venuta che debbono compiersi gli alti vostri destini. La Provvidenza vi chiama infine ad essere una nazione indipendente. Dall’Alpi allo stretto di Scilla odasi un grido solo: L’indipendenza d’Italia!”. L'avvocato Rossi sarà anche l'ispiratore dell'Inno all'Indipendenza composto da Gian Battista Giusti, un ingegnere idraulico con estro poetico, dopo l'ingresso di Murat a Bologna. Esso sarà musicato da Gioachino Rossini, giovane precettore dell'ex granduchessa di Toscana Elisa Bonaparte, e da lui diretto al Teatro Contavalli il 15 aprile: Sorgi Italia, venuta è già l'oraL'alto fato compir si dovràDallo stretto di Scilla alla DoraUn sol regno l'Italia sarà (...) Una malevola diceria lo accuserà più tardi di aver offerto lo stesso inno, con parole cambiate, ai nuovi padroni austriaci dopo la Restaurazione. Comunque la polizia pontificia registrerà il compositore pesarese come "fortemente infetto di rivoluzionari principii". Il 31 marzo Murat è accolto trionfalmente a Forlì.dettagli
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2 aprile 1815Le truppe napoletane di Murat in cittàNella notte del 1° aprile le truppe austriache si ritirano verso Modena. Il 2 aprile il re di Napoli Gioacchino Murat e Girolamo Bonaparte arrivano a Bologna con le loro truppe, accolti calorosamente dal popolo: “Fanciulli, uomini maturi, vegliardi, donne d'ogni età, d'ogni condizione, da' balconi, dalle finestre, da dentro i portici, più non potendo con la voce, agitavano i fazzoletti in segno d'approvazione e di amore”. Al comando del generale Guglielmo Pepe, 4.000 soldati napoletani entrano in città da Porta Maggiore, seguiti dalla loro artiglieria, la attraversano e si incamminano fuori Porta San Felice. Ai muri viene affisso il Proclama di Rimini, mentre gli ultimi soldati austriaci sono ancora in città. I cittadini sono invitati ad appuntare sui loro abiti la coccarda verde e amaranto. Alla sera Murat saluta la cittadinanza al teatro del Corso e, prima di ripartire per Modena, ha un colloquio con alcuni eminenti soci del Casino: l'avvocato Pellegrino Rossi, nominato poi - a soli 28 anni - Commissario civile per le Romagne, il principe Astorre Hercolani, scelto come suo Consigliere, il conte Cesare Bianchetti, Alessandro Agucchi, designato Prefetto del Dipartimento del Reno con a fianco Giovanni Contri e Giuseppe Venturoli. Nei giorni successivi arrivano altre truppe, tra le quali un contingente di 2.000 corazzieri, che scorta la famiglia reale. Viene instaurato un Governo Italiano, che unisce i dipartimenti del Reno, del Rubicone e del Basso Po, con a capo Pellegrino Rossi (1787-1848) come Commissario generale. E' ordinata la ricostituzione della Guardia Nazionale. Il 5 aprile un gruppo di alti ufficiali dell'Armata d'Italia invita i congedati ad accorrere alla caserma del Corpus Domini, "comune albergo dei difensori della Nazione", dove è in corso anche la raccolta di tutte le armi. Il Podestà Giuseppe Eugenio Pozzi chiama i giovani a serrarsi sotto "lo stendardo del liberatore", Gambari e Masi incitano gli studenti, il bibliotecario Scevola si mette alla testa di cento scolari, pronto a combattere "fino al momento che il suolo italico sarà purgato dal lezzo degli stranieri". Il conte Agucchi esorta la gioventù a unirsi ai prodi che combattono "per la causa più bella: la cacciata degli Austriaci". Nonostante l'entusiasmo di alcuni intellettuali e di pochi militari nostalgici, solo qualche centinaia di giovani romagnoli e bolognesi sono disposti ad arruolarsi come volontari: tra essi c'è anche il quattordicenne Ugo Bassi, che sarà però scartato per il fisico gracile. L'armata napoletana di Pepe tenterà di passare il Po a Occhiobello (FE), ma verrà respinta dagli Imperiali e dovrà ripiegare in fretta su Bologna. Insieme ad essa è un battaglione di ufficiali, denominato "battaglione sacro", raccolto dal capitano Costante Ferrari con avanzi dell'esercito del Regno italico. Un reggimento di circa mille volontari, destinato a sollevare la Toscana, non andrà oltre Loiano. La campagna di Murat per l'indipendenza d'Italia durerà solo due settimane, tra il 30 marzo e il 13 aprile. Le truppe napoletane saranno sconfitte il 10 aprile sul Po e sul Panaro, il 13 avranno la peggio intorno a Ferrara. Il cronista Majani, non senza ironia, descriverà così le tre domeniche del Re di Napoli: la prima di indipendenza, la seconda di pendenza, la terza di partenza.dettagli
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5 aprile 1815Inni e proclami per l'Indipendenza d'ItaliaIl Commissario civile Pellegrino Rossi celebra la vittoria di Murat sul Panaro pubblicando il 5 aprile “un commosso proclama agli Italiani”. Il 3 aprile al ponte di sant’Ambrogio il generale Carlo Filangieri, al comando dell’attacco, è stato mortalmente ferito, ma Murat ha scacciato e poi incalzato gli Austriaci guidati dal Feldmaresciallo Bianchi, costretti a ritirarsi. Preoccupato di far arrivare al re “una grande quantità di soccorsi di forza armata” nel minore tempo possibile, Rossi sollecita il reclutamento di volontari e la raccolta di armi e di mezzi. Bologna si riempie di proclami, circolari, inni, appelli. In poche ore numerosi volontari si presentano al centro di raccolta presso l'ex convento della Santa, “bollenti del vivo desiderio di cimentarsi”. L'8 aprile un altro proclama di Rossi esorta gli ex militari ad accorrere in difesa della patria. Si calcola che i volontari pronti a partire sono circa 12.000. Per essi la Commissione per la guerra italiana, insediata in Palazzo Marescalchi, chiede “vestiari, scarpe ed altri effetti militari”. Il poeta Paolo Costa, intanto, compone un Inno Nazionale, che, messo in musica dal maestro Sampieri, viene suonato alla sera per le strade dalla Banda Nazionale alla luce delle torce e con l'accompagnamento della voce popolare. Tra gli inni fioriti in città in questi giorni c'è anche quello di una donna, la marchesa Orintia Romagnoli Sacrati, in passato brillante protagonista dell'Arcadia romana. I più entusiasti a mettersi al servizio di re Gioacchino sono gli studenti dell'Università, che in cento si fanno incontro alle truppe napoletane del generale Lechi, chiedendo di arruolarsi.dettagli
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7 aprile 1815Breve e sfortunata campagna di Murat in EmiliaIl 7 aprile le truppe napoletane di Murat attaccano gli Austriaci sul Po a Occhiobello, ma non riescono a spingersi oltre la testata del ponte. I combattimenti nella zona riprendono per tutto il giorno seguente, con esito sfavorvole per i Napoletani. Il contrattacco mirante ad accerchiare l'esercito napoletano fallisce grazie all'azione del reparto del colonnello Guglielmo Pepe, che riesce a bloccare gli Austriaci nei pressi di Carpi. Il 10 aprile la battaglia sul fiume Secchia. Al termine, i Napoletani cominciano a ritirarsi. L’11 gli Austriaci rioccupano Modena. Il duca Francesco IV vi rientra per poche ore. Il 13 aprile a Bologna Murat, vista la situazione sfavorevole, convoca un consiglio di guerra. Viene deciso il ritiro del corpo napoletano in Toscana e l'invio ad Ancona di tutto il materiale dell'esercito. Sono intanto rinforzate le fortificazioni a Malalbergo e a Cento e aumentati i presidi di Argenta, San Prospero e Spilamberto.dettagli
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15 aprile 1815I Napoletani battuti sul Po. Terrore in cittàIl contingente militare napoletano è battuto dagli Austriaci sul Po, nel ferrarese e nel modenese. Il generale Pepe, occupato Spilamberto, ha tentato invano di impedire l'accesso degli Imperiali a Modena. Dopo il ripiegamento verso Bologna, Murat ordina di preparare la ritirata dai territori emiliani. Le truppe napoletane - e con esse quanti ritengono convenga alla loro sicurezza - si mettono in marcia in direzione di Forlì, mentre è lasciato un presidio al ponte di San Felice per ostacolare le avanguardie austriache. La mattina del 15 aprile la città offre uno spettacolo "terribile e commovente": La gente teme di dover subire "la furia disperata" di chi fugge e la rabbia di chi insegue. A mezzogiorno tutti sono chiusi in casa. A fatica la Prefettura cerca di riportare la calma e di far riaprire almeno i negozi di alimentari. Tra le cinque del pomeriggio e le ore serali vi sono scambi di fucileria tra Tirolesi e Napoletani, con cinque morti. Poi più nulla. La notte passa tranquilla e al sorgere del giorno successivo il silenzio regna dovunque. Il 16 aprile la città è occupata dagli Austriaci del generale Stefanini. Rimarrà sotto il loro controllo fino al 18 luglio.dettagli
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16 aprile 1815Tornano gli AustriaciLe porte fatte aprire dal Podestà consentono agli Austriaci, al comando del conte di Starhemberg, di occupare la città. Le truppe napoletane hanno cominciato a ritirarsi la sera precedente, dopo una scaramuccia con lievi perdite a Porta San Felice. Alle 10 è partito Gioacchino Murat con lo stato maggiore dirigendosi verso la Romagna. Lo hanno seguito alcuni notabili bolognesi: il principe Astorre Hercolani, l'avvocato Giuseppe Gambari, il marchese Matteo Conti Castelli, il professor Paolo Costa, l'avvocato Pellegrino Rossi. Il generale austriaco Stefanini fa arrestare Alessandro Agocchia (Agucchi), nominato dal re di Napoli Prefetto del Reno e rimasto fino all'ultimo a Bologna. Per il “Giornale del Dipartimento del Reno” è la fine di “un breve delirio, che tentava di portare lo sconvolgimento nell'ordine civile e sociale”. Fino al 18 luglio la città è governata dall'autorità militare austriaca. Le truppe bivaccano sotto i portici di Strada Maggiore e dei Mendicanti e nei campi della periferia.dettagli
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maggio 1815Aldini e Berni degli Antoni chiedono autonomia per le LegazioniNel maggio 1815, durante il Congresso di Vienna, alcuni notabili bolognesi, tra i quali gli avvocati Antonio Aldini (1755-1826) e Vincenzo Berni degli Antoni, presentano al cancelliere austriaco Metternich progetti di governo autonomo per le Legazioni. Essi saranno contrastati dal cardinale Segretario di stato Ercole Consalvi (1757-1824), impegnato ad ottenere la ricostituzione dello Stato pontificio nei confini precedenti al periodo napoleonico. I legittimisti bolognesi mirano ad una soluzione municipalistica, che garantisca la restituzione delle prerogative del Senato bolognese e l'autonomia di governo, già prevista nei patti di papa Niccolò V del 1447. A questo proposito uomini come Alamanno Isolani, Giuseppe Malvasia, Antonio Bovio, superstiti dell'antica assemblea senatoria, inviano memoriali al pontefice e alle potenze europee. Vincenzo Berni degli Antoni (1747-1828), consulente di legati pontifici e professore di diritto civile all'Università di Bologna, fedele al vecchio regime, è tra i pubblici funzionari che hanno rifiutato di giurare fedeltà alla Repubblica. Su posizioni meno intransigenti, ha invece accettato diverse cariche pubbliche nel Regno d'Italia. La sua proposta è presentata con un memoriale dal titolo Voto politico-legale per la città di Bologna, che rimarrà inedito fino al 1831. Secondo Stendhal, che durante il suo soggiorno bolognese è in rapporti di amicizia con lui, il memoriale ha fatto perdere la testa a tutta Bologna, ma è considerato dal Consalvi "della noiosa carta straccia". L'avvocato Aldini si esprime invece per una soluzione "austriaca", che prevede l'inserimento delle Legazioni nei domini asburgici del Lombardo-Veneto. Un regno italiano sotto la sovranità degli Asburgo gli appare preferibile rispetto al ritorno sotto il governo pontificio.dettagli
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9 maggio 1815Aperto il mercato del pesceIl Comune acquista il locale al n. 65 del Mercato di Mezzo, che riceve le acque dal condotto del Savena sottostante, per concentrarvi le attività dei pescivendoli. La vendita del pesce è aperta il 9 maggio.dettagli
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12 maggio 1815Carestia e grande povertàIl 12 maggio quattro locali in città sono prescelti per la distribuzione, “a modicissimo prezzo”, di zuppe per i poveri: sono l'Ospedale della Vita, l'Ospizio degli Esposti, il Ricovero dei Vecchi di San Giuseppe e una sala in vicolo Borchetta, nei pressi della chiesa di Santa Caterina di Strada Maggiore. Intanto il governatore Stefanini proibisce la fabbricazione di paste di lusso, onde risparmiare farina “per il pane dello sfammo della Popolazione”. La “somma indigenza” di larga parte del popolo bolognese sarà aggravata nei mesi seguenti dalla carestia, provocata anche da un pessimo clima. In giugno piogge intense provocheranno estesi allagamenti nelle campagne, mentre in luglio un anomalo abbassamento della temperatura costringerà gli uomini a vestire il “tabarro” invernale. In ottobre, dovendosi distribuire 7.000 lire raccolte da persone caritatevoli, si conteranno fino a 45.000 poveri richiedenti. La crisi agraria perdurerà negli anni successivi, provocando la necessità di importare grano a basso prezzo dalla Russia. Questo causerà la rovina di proprietari terrieri e affittuari e notevoli danni al commercio e all'artigianato, con l'aumento del pauperismo.dettagli
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27 maggio 1815"Castore e Polluce" di Radicati al Teatro del CorsoIn prima assoluta al Teatro del Corso, ha grande successo il melodramma serio in due atti Castore e Polluce del maestro Felice Radicati (1775-1820), direttore delle orchestre bolognesi. “Immensi applausi” ottengono le esibizioni di Teresa Bertinotti Radicati (1776-1854), del tenore Domenico Donzelli (1790-1873) e del basso Giuseppe Placci. “Meravigliosa e perfetta cantante”, Teresa Bertinotti è all’apice di una carriera che l’ha portata nei migliori teatri d’Europa. Ha voce robusta, “una frase di canto squisita, un trillo mordente ch’empie il teatro, un’economia di abbellimenti invidiabile”. Donzelli è un giovane tenore "bello della persona e di grato aspetto", in grado di competere con i cantanti più abili e apprezzati. Ha una voce di petto "veramente maschile" e "cotanto estesa che sa unire ad una rara dolcezza la vibrazione più energica". Per il critico della “Gazzetta di Parma” “è lungo tempo che a Bologna non si è avuto un simile spettacolo”.dettagli
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9 giugno 1815Il Congresso di Vienna. Le Legazioni tornano al PapaIl Congresso di Vienna stabilisce la nuova divisione politica dell'Italia. La Lombardia e Venezia sono annesse all'Impero austro-ungarico e costituiscono il Regno Lombardo-Veneto, con capitale Milano. Modena cade sotto l'influenza degli Asburgo e ne diviene principe Francesco IV (1779-1846), imparentato con l'imperatore. Parma, Piacenza e Guastalla sono assegnate a Maria Luisa d'Austria (1791-1847), seconda moglie di Napoleone. Il Regno di Sardegna, sotto Vittorio Emanuele I di Savoia (1759-1824), annette la Liguria e Genova. La Toscana è affidata al fratello dell'imperatore, Ferdinando III (1769-1824). Il Segretario di Stato pontificio cardinale Ercole Consalvi (1757-1824) ottiene la restituzione al Papa delle Legazioni, nonostante l'opposizione del cancelliere austriaco Klemens von Metternich (1773-1859), che, vittorioso sui Francesi, si appella al Trattato di Tolentino. E' scongiurato il tentativo dei liberali di mantenere i secolari privilegi del governo cittadino (il cosiddetto “governo misto”) e il proposito di fare di Bologna la capitale di un piccolo stato indipendente delle Romagne. L'Austria mantiene presidi militari al di qua del Po, a Ferrara e Comacchio. Al governo pontificio vengono imposte tre gravi condizioni: dare alle Legazioni una speciale costituzione, concedere una larga amnistia ai seguaci di Napoleone e accettare le alienazioni dei beni ecclesiastici compiute durante il periodo napoleonico. Di ritorno da Vienna, il cardinale Consalvi giunge a Bologna il 27 giugno. A Palazzo Lepri gli rendono omaggio i notabili cittadini: i Pallavicini, i Malvezzi, i Bentivoglio. Il giorno successivo prosegue per Roma. L'abile diplomatico cercherà di portare avanti una politica di moderazione e tolleranza con i popoli delle Legazioni, consapevole della difficoltà di imporvi nuovamente il dominio papale, dopo venti anni di governo laico. Ancora a Vienna aveva scritto che "se è stato tanto difficile il riavere quello che si è avuto, più difficile è il conservarlo". I giovani, in particolare, hanno un'idea del nuovo governo "corrottissima e pessima" e si vergognano "d'essere sudditi dei preti".dettagli
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9 giugno 1815La zecca nell'ex convento delle ConvertiteLa raffineria della zecca è trasferita in una parte dell'ex convento delle Convertite dei SS. Filippo e Giacomo, in via delle Lame. Le officine occupano invece l'ex chiesa di San Lorenzo di Porta Stiera, alla confluenza tra via delle Lame e via San Felice. In precedenza la zecca ha avuto sede nel palazzo appositamente costruito in via dei Vetturini dal Terribilia (sec. XVI), con una fronte monumentale che sarà invertita nel 1926 durante l'allargamento di via Ugo Bassi. Il privilegio di battere moneta propria fu concessa alla città nel 1191 dall'imperatore Enrico VI. Da allora l'attività non fu più interrotta. Dopo l'istituzione del Regno d'Italia, la zecca di Bologna fu confermata da Napoleone assieme a quella di Venezia e di Milano. Poteva coniare però solo monete d'argento e di rame, poiché la battitura dell'oro era riservata a quella milanese. Con la restaurazione appaiono sulle monete bolognesi nuovi tipi ripresi dalle monete romane, come San Pietro seduto sulle nubi o la Chiesa velata. Dal 1824, con la definitiva unificazione sancita da papa Leone XII, si avranno le legende "quattrino romano" e "mezzo baiocco romano". Durante la sede vacante del 1830-1831 sarà caratteristico lo Spirito Santo come colomba in un cerchio di raggi.dettagli
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luglio 1815Epurazioni all'UniversitàIl attesa di una riforma generale del sistema scolastico, nel luglio 1815 il cardinale Consalvi affida a mons. Giacomo Giustiniani il compito di sistemare l'Università di Bologna. Il Delegato si preoccupa soprattutto di effettuare una larga epurazione degli insegnanti, anche in base ai suggerimenti dei cardinali zelanti. La lista compilata dal Giustiniani, con l'Arcivescovo Oppizzoni, comprende quindici docenti, dei quali sette preti. Tra gli otto laici, vi sono il professore di Disegno Giovanni Antonio Antolini e il prof. Masi di Procedura civile. Non sono compresi nella lista, perché già fuggiti da Bologna con Murat, gli insegnanti più invisi dal nuovo regime, Giuseppe Gambari e Pellegrino Rossi. Il Consalvi si opporrà duramente all'epurazione di persone colpite da accuse generiche e di difficile sostituzione. Illustri docenti, quali Salvigni, Termanini, Romagnoli, saranno allora depennati dall'elenco. Oltre all'epurazione, Giustiniani procederà a sistemare la Facoltà di Teologia, allargandola a sette cattedre. Non abolirà, invece, gli insegnamenti aggregati, senza finalità professionali, alla Facoltà legale: quello di Lingua greca e Lingue orientali tenuto da mons. Mezzofanti, celebre poliglotta e bibliotecario, e quello di Antiquaria e Numismatica tenuto dallo Schiassi, valente archeologo e direttore del Gabinetto di Antichità.dettagli
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luglio 1815Il problema dei reduciDopo l'epilogo di Waterloo, tornano a Bologna molti ex ufficiali napoleonici. Quelli non provvisti di beni propri versano in condizioni molto precarie. Sia il governo austriaco che quello pontificio non riconoscono loro alcuna mercede e li trattano come ribelli. Solo alcuni di essi ricevono misere pensioni. Si vedono in città anche ex ufficiali superiori costretti a svolgere umili lavori.dettagli
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9 luglio 1815Termina il periodo napoleonicoIl 9 luglio i cittadini bolognesi apprendono dal barone Stefanini, governatore austriaco, le decisioni del Congresso di Vienna sul futuro delle Legazioni. Il 5 luglio la città è tornata definitivamente allo Stato Pontificio. Il nuovo potere è teocratico e non ammette separazioni “tra governo civile e magistero spirituale” (Varni). Il Motu Proprio del 6 luglio non prevede, infatti, alcuna forma di partecipazione laica agli organismi di governo, presenza che costituiva la principale conquista politica della classe media nel periodo napoleonico. Nel provvedimento papale non mancano tuttavia alcune sagge disposizioni, in parte suggerite dal cardinale Consalvi: il riconoscimento dei diritti di proprietà acquisiti, la diminuzione delle imposte, una finanza pubblica più razionale. Il 16 luglio un solenne Te Deum di ringraziamento in San Petronio celebra la sconfitta definitiva di Bonaparte e l'inizio del nuovo corso.dettagli
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11 luglio 1815Lavori di sterro per i disoccupati della setaStante la grave crisi dell'industria della seta, il governo decide di utilizzare i tanti gargiolari disoccupati per lavori di sterro ai terrapieni delle mura, soprattutto nel tratto tra Porta San Mamolo e Porta Saragozza. La paga è di una lira a testa.dettagli
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18 luglio 1815Rinasce la "Gazzetta di Bologna"Sulle ceneri del “Giornale del Dipartimento del Reno”, pubblicato per tre volte alla settimana dal 1812 al 15 luglio 1815, risorge la “Gazzetta di Bologna”, uno dei soli tre giornali pubblicati nello Stato Pontificio (Gli altri sono il “Diario di Roma” e le “Notizie del giorno”, sempre della capitale). Nel primo articolo dopo il cambiamento del titolo si legge l’inno "alla gioia sincera che ovunque trabocca per la generosità dell'augusto Imperatore Francesco I, il quale mosso dalla sua somma affezione verso la Santa Sede si è formato un oggetto di gloria col restituire al Grande, all'imperturbabile Pio VII queste già sue ubertose provincie". La “Gazzetta“ è compilata da Francesco Tognetti (1767-1849), professore universitario di eloquenza, letterato ed erudito - lo stesso che aveva redatto il precedente “Giornale” - divenuto da filo-francese a papalino. E' stampata sempre dalla Tipografia Sassi, che presto sarà Governativa, e riprende tutte le caratteristiche che aveva prima del periodo francese e giacobino, a parte limitati aggiornamenti nel formato e nei caratteri di stampa. Dal 1823 pubblicherà, come supplemento, il “Corriere degli Spettacoli italiani”.dettagli
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18 luglio 1815Nuovo governo pontificioIl 18 luglio se ne va il Governatore Civile e Militare austriaco, barone Joseph Stefanini. Con un proclama annuncia il passaggio di poteri a un'amministrazione provvisoria pontificia. Gli Austriaci si ritirano verso il Lombardo-Veneto, mantenendo presidi a sud del Po, a Ferrara e a Comacchio. La cittadinanza è in festa: Bologna è tutta illuminata e si odono campane a distesa e colpi di cannone. Il nuovo governo provvisorio è guidato da mons. Giacomo Giustiniani (1769-1843), già protonotario apostolico e vice legato a Ravenna, mentre Luigi Salina è nominato Commissario pontificio. Detenuto per qualche tempo durante la repubblica romana, dopo la caduta dell'impero, Giustiniani ha fatto parte della delegazione che a Imola è andata incontro a Pio VII di ritorno dall'esilio in Francia. In tale occasione il Papa lo ha nominato canonico della basilica Vaticana e gli ha dato l'incarico di riprendere possesso della Legazione di Bologna, restituita allo stato della Chiesa dopo il Congresso di Vienna. Nell'occasione del ritorno del cardinale Legato vengono decretati in città quindici giorni di festeggiamenti: si tengono molte funzioni religiose, sono cantati Te Deum e inni di ringraziamento, sono indette accademie di poesia. Il centro cittadino è decorato con luci e busti dei vescovi di Bologna, che appaiono “in trasparenti alle finestre” assieme a strofette anacreontiche.dettagli
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20 luglio 1815Abolito il Codice NapoleonicoUna notifica, promulgata dal cardinale Giustiniani il 20 luglio, abolisce i codici civile e militare e le relative procedure. E' conservato solo il codice del Commercio, a riprova delle difficoltà della Santa Sede ad affrontare la nuova realtà economico sociale servendosi di strumenti legislativi ormai inadeguati.dettagli
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23 luglio 1815"Te Deum" per la restituzione di Bologna al PapaIl ritorno di Bologna sotto il governo pontificio è celebrato il 23 luglio con un solenne Te Deum in San Petronio e in tutte le chiese cittadine. La funzione è accompagnata da spari di cannone e dal suono delle campane. Il governatore Giustiniani riceve a pranzo il generale Stefanini e gli ufficiali superiori austriaci. Il 28 luglio ritorna in città, “con universale compiacenza”, il cardinale Arcivescovo Oppizzoni.dettagli
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25 luglio 1815Assalto ai forniIl popolo affamato assale il forno della Carità in via San Felice e porta via “farina, pasta e quattrini”. Il padrone risponde al saccheggio a colpi d'archibugio e allora la gente inferocita irrompe in casa e getta i mobili nel canale. Non riescono a prendere l'uomo, che scampa così a un probabile linciaggio. I soldati intervenuti per sedare il tumulto vengono accolti a sassate e alcuni di essi rimangono feriti. Il quartiere del fornaio è tutto devastato.dettagli
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1 agosto 1815Guardie pontificie a Palazzo250 soldati pontifici giungono a Bologna il 1° agosto. E' loro compito sorvegliare il palazzo comunale e le porte cittadine.dettagli
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3 agosto 1815Straripa il torrente AposaAbbondanti precipitazioni causano lo straripamento del torrente Aposa, che allaga e danneggia numerose cantine e abitazioni tra Porta Castiglione e Porta San Mamolo. La casa di fronte alla Grada dell'Aposa rimane completamente distrutta. I torrenti Lavino e Ravone sono in piena come mai a memoria d'uomo. Nelle campagne del bolognese i danni per il maltempo sono gravissimi.dettagli
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3 settembre 1815L'amministrazione delle Scuole Pie torna all'ArcivescovoIl cardinale Oppizzoni rivendica a sé l'amministrazione e la direzione delle Scuole Pie, attribuite dai Francesi alla Municipalità. Il Delegato Apostolico mons. Giustiniani dispone immediatamente la consegna all'Arcivescovo dei beni delle scuole. Per la gestione viene ricostruita l'antica Congregazione laica, ridotta a 12 membri. E' inoltre concesso un sussidio di 2.000 scudi. A ogni scuola è ridato il nome di un santo protettore ed è ripristinata la celebrazione della Messa dopo le lezioni mattutine. Sono tuttavia conservati gli insegnamenti della storia e della geografia, mentre è riconosciuta l'importanza dell'apprendimento della lingua italiana. I maestri continueranno ad essere soprattutto laici e assunti con pubblico concorso, prassi che diventerà obbligatoria nel 1824, con la bolla papale Quod Divina Sapientia. Il 30 novembre Oppizzoni si recherà in Archiginnasio a ricevere la professione di fede dei maestri e a prendere ufficialmente possesso dell'edificio, ponendo nel cortile una lapide commemorativa.dettagli
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14 settembre 1815Vietati l'impianto di nuove risaie e l'importazione del risoUna notificazione del Governo diffida chiunque dall'impiantare risaie e valli artificiali. Esse sono considerate molto dannose per la salute degli uomini “per il cattivo aere che causano”. Si proibisce anche l'importazione di riso, permettendo di introdurne, anche senza il pagamento di dazi, solo a chi ha intenzione di importare anche frumento. Subito parte la speculazione di alcuni commercianti, che promettono di importare, entro l'aprile-maggio successivo, 30mila corbe di grano, assieme a sei milioni di libbre di riso.dettagli
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2 novembre 1815Le opere d'arte "tornano ad illustrare l'Italia"Sono pronte a rientrare in Italia le opere d'arte e i codici del regno sabaudo, del regno austro-veneto, della Toscana e degli stati pontifici requisiti dagli emissari di Napoleone. Il recupero è avvenuto per opera dello scultore Antonio Canova (1757-1822). Il convoglio verso gli stati italiani è composto da 41 carri trainati da 200 cavalli, scortati fino a Milano da soldati prussiani, per poi dividersi verso le ultime destinazioni. La missione di Canova ha vasta eco in Italia. A Roma lo scultore è insignito dal Papa del titolo di marchese d'Ischia e dotato di una rendita annua di 3.000 scudi. Le prime casse di manoscritti e di libri recuperati arriveranno a Bologna l'8 dicembre. Torneranno i volumi dell'Aldrovandi e quasi tutti gli incunaboli. Purtroppo alcuni di essi, tra i quali la preziosa Bibbia di Magonza, risulteranno mutilati.dettagli
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2 novembre 1815La morte di MuratGiunge a Bologna la notizia della fucilazione di Gioacchino Murat, avvenuta a Pizzo Calabro il 13 ottobre. Nonostante la caduta definitiva di Napoleone, l'ex re di Napoli aveva tentato di recuperare il suo regno con uno sbarco sulle coste della Calabria, ma presto era stato intercettato e catturato dalla gendarmeria borbonica. Dopo l'esecuzione, nel cortile del piccolo castello di Pizzo Calabro, i suoi resti saranno dispersi e non saranno mai più trovati.dettagli
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16 novembre 1815Riapre l'UniversitàL'ateneo bolognese riapre il 16 novembre con il nome di Università Pontificia. Ai professori sono assegnati 400 scudi romani, ma i “forestieri” arrivano a guadagnarne anche 1.000. Il prof. Giuseppe Venturoli (1768-1846), Reggente Magnifico della nuova Università, fa professione di fede nelle mani del cardinale Arcivescovo Oppizzoni. Ingegnere di formazione, insegnante di matematiche applicate e membro dell'Accademia delle Scienze, ha già guidato l'Alma Mater nel 1808-1809 ed è stato Vice Reggente nel 1809-1810.dettagli
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10 dicembre 1815Nuovo altare maggiore a San LucaIl 10 dicembre l'Arcivescovo Oppizzoni consacra il nuovo altare della cappella maggiore della basilica di San Luca, progettato da Angelo Venturoli (1749-1821) ed eseguito dai fratelli Rasori con marmi preziosi. E' ornato dai candelieri in bronzo dell'orafo Filippo Sertori, che nel 1799 hanno sostituito quelli in argento, sequestrati nel 1796 dai Francesi, e da quattro grandi lampade, sempre in bronzo dorato, eseguite da Gaetano Negroni. Il santuario diverrà arcivescovile nel 1824 e sarà affidato a sacerdoti secolari. La cappella maggiore sarà ancora rinnovata nel 1869, con l'uso di marmi preziosi donati da papa Pio IX. Nel 1874 la chiesa sarà dichiarata monumento nazionale.dettagli
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27 dicembre 1815Il governo pontificio è la "favola delle conversazioni"In una lettera del 27 dicembre il cardinale Severoli testimonia lo sfavore di cui gode a Bologna il governo pontificio da poco ripristinato. Esso comincia ad essere “la favola delle conversazioni”. Nei salotti si parla di un progetto di costituzione e si commemorano i “detenuti di Sant'Elena”. Particolarmente rimpianto è il codice napoleonico, molto più efficace e al passo con i tempi della legislazione pontificia, fatta di "quattordici e più mila leggi fra loro spesso contradicenti".dettagli
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27 dicembre 1815La famiglia del cardinale entra gratis a teatroIl 27 dicembre è trasmesso un elenco degli addetti del cardinale Oppizzoni, che non pagano a teatro e per qualunque altro spettacolo. Ben 23 persone entrano “a scappellotto”. Tra essi: “il vicario generale, provicario generale, cancelliere, vice cancelliere, uditore, maestro di camera, sindaco, notaro, archivista, agente generale, ragioniere, sotto ragioniere, ingegnere e perito, gentiluomo d'onore, segretari, caudatario, crocifero, cameriere di camera, cameriere d'anticamera, credenziere, canevaro, cuoco”.dettagli
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28 dicembre 1815Rientrano dalla Francia le opere d'arte "involate"Il 28 dicembre rientrano dalla Francia numerosi dipinti di scuola bolognese, a suo tempo “involati per prezzo di libertà”. Il 30 ottobre, all'apertura delle casse custodite nella chiesa soppressa dello Spirito Santo, sono presenti lo scultore Antonio Canova (1757-1822), che si è particolarmente impegnato nel recupero, il Commissario di Governo Luigi Salina (1763-1845) e il Custode della Pinacoteca Tambroni. Canova è stato incaricato all'inizio del 1815 dal cardinale Consalvi di recarsi a Parigi, con il rango di ambasciatore, per recuperare le opere d'arte sottratte da Napoleone dopo il trattato di Tolentino. Fra mille difficoltà è riuscito a riaverne una parte, dovendo rinunciare a quelle conservate nel palazzo reale e nelle chiese parigine. Le pitture tornate in patria, tra le quali la celebre Santa Cecilia di Raffaello, risultano ben conservate, ripulite “e da opportuna vernice accuratamente difese”. Nei giorni successivi il locale dello Spirito Santo dei Chierici Minori sarà aperto al pubblico e un “affollato popolo” accorrerà a vedere le “opere sorprendenti dei più illustri pennelli”. Delle 23 tele restituite grazie alla missione di Canova a Parigi, sette appartengono alla cittadina di Cento. 20 quadri rimarranno per sempre aldilà delle Alpi e nove di essi risulteranno perduti. Tre finiranno per errore a Roma: la Pala di Santa Margherita di Parmigianino e una grande tela di Guercino torneranno a Bologna solo nel 1818, mentre la Natività della Vergine dell'Albani, un tempo nell'Oratorio si S.M. del Piombo, rimarrà nei Musei Capitolini su richiesta del governo papale. Grazie alle premure di Canova e del conte Salina rientrano dalla Francia anche la maggior parte degli oggetti preziosi e dei manoscritti appartenuti alle cessate corporazioni religiose. In alcuni dei manoscritti sono state "tagliate le miniature con pregiudizio del testo".dettagli