Cronologia di Bologna dal 1796 a oggi
Archivio di notizie sulla storia della città e del suo territorio dal 1796 ad oggi. Con riferimenti bibliografici, link, immagini.
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18 giugno 1796Le avanguardie dei Francesi entrano a BolognaLe truppe francesi del generale Augerau, lasciato il blocco di Mantova, attraversano il confine dello Stato Pontificio. La sera del 18 giugno, provenendo dalla strada di Crevalcore entra a Bologna un'avanguardia. L'Aiutante Generale Verdier incontra il gonfaloniere marchese Filippo Hercolani (Ercolani, 1736-1810) al quale notifica, a nome di Napoleone, l'arrivo di un corpo di spedizione con intenzioni amichevoli e deciso a rispettare "la religione, le persone e la proprietà" dei cittadini bolognesi. Pretende per il giorno successivo 7.000 razioni di pane, 14 buoi e 8 carri di fieno. La richiesta, poi accordata, è ripetuta al cardinal Legato. In seguito la brigata francese si sposta nel prato della proprietà Marsigli, dove riceve vitto e foraggio, mentre l'ufficiale è ospitato nel palazzo del senatore.dettagli
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19 giugno 1796Arriva Napoleone!Arriva a Bologna la divisione francese del generale Augereau: da Porta San Felice entra una moltitudine di soldati - in testa "un corpo di cavalleria di 1500 uomini con sciabole nude, e carabine al punto" (Guidicini) - seguita da carri e qualche pezzo di artiglieria. Tra le ali del popolo convenuto per la festa degli Addobbi nella contrada degli Orefici, la truppa attraversa la città a bandiere spiegate e accompagnata da musica militare, uscendo poi da porta Maggiore e accampandosi ai Crociali, prima del ponte della Savena Vecchia. L'incontro dei Francesi con i Bolognesi impegnati negli Addobbi è raccontato con arguzia da Alessandro Cervellati. I soldati stranieri trovano via Orefici tutta illuminata e decorata sfarzosamente, con fontanelle eleganti e prodigiose, perchè da esse sgorga vino bianco e nero: I bravi sans-culottes credettero quel magnifico spettacolo esibito in loro onore - e ci si guardò bene dal chiarire la faccenda - per cui essi attaccarono i rubinetti al grido di "Allons enfants de la Patrie", seguiti da volonterosi cittadini gridanti "a mez" (facciamo a metà), tra un pò di scompiglio perché le belle donne s'involarono, temendo un secondo "Allons enfants" a loro riguardo. Circa mille soldati francesi si impossessano di piazza Maggiore, mettendo sentinelle in più punti e piazzando un cannone. Carlo Caprara, che ha raggiunto i Francesi a Crevalcore, si incarica di fare da mediatore con il Senato. Gli ufficiali vengono distribuiti nelle case di nobili e borghesi. Gli alloggi degli alti gradi sono presidiati da guardie armate. Il generale Augerau si affretta a ordinare, per diritto di guerra, la confisca di tutti i valori contenuti nella casse pubbliche, compreso il Monte di Pietà. Napoleone arriva in città poco dopo mezzanotte e prende alloggio con il suo stato maggiore a palazzo Pepoli Nuovo, mentre il Commissario della Repubblica Christophe (Cristoforo) Saliceti è ospitato a palazzo Gnudi.dettagli
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20 giugno 1796Sigillate le casse pubbliche, requisiti armi e cavalliI commissari francesi visitano le casse pubbliche e a tutte mettono i sigilli. Sono quelle “del reggimento, della dogana, della ferma, dell'appalto del tabacco, delle moline, della tassa delle tornature”. Nel Monte di Pietà e nei quattro monti subalterni sono sigillate anche le stanze che custodiscono i pegni. Lo stesso giorno il comandante francese di piazza Yann ordina che tutte le armi da fuoco presenti in città siano consegnate e depositate nei locali delle scuole pubbliche (Archiginnasio). Il 22 giugno sono requisiti, "a comodo dei Francesi", tutti i cavalli "da sella, da bilancino e da sediolo" presenti a Bologna. L'ordine sarà replicato nei giorni successivi. Anche dopo la consegna dei cavalli, i proprietari saranno obbligati a "tener al servigio" i cocchieri e i mozzi.dettagli
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20 giugno 1796Napoleone dichiara decaduto il governo pontificioNapoleone fa convocare il Legato cardinale Ippolito Vincenzi. Dopo averlo rimproverato per la morte di Giovanni Battista De Rolandis, impiccato pochi mesi prima "per tentata ribellione", gli comunica che il suo governo è decaduto e gli intima di lasciare la città entro tre ore. L'Arcivescovo è incaricato di avvertire i preti a non immischiarsi nelle faccende secolari. In mattinata si fa ricevere dal Senato nella Sala Farnese del Palazzo Pubblico e ad esso consegna il governo della nuova repubblica di Bologna, aumentata del territorio di Castelbolognese. Fa costituire un Direttorio Esecutivo. Bonaparte fa leva sull'orgoglio municipale, sulla tradizione autonomistica dell'aristocrazia bolognese. Dichiara di voler ripristinare le prerogative comunali, lese in passato dai vari pontefici, a patto che il Senato giuri fedeltà alla repubblica francese. La notizia del riconoscimento degli antichi privilegi di Bologna corre “come una freccia” e suscita entusiasmo tra i senatori stupiti e lusingati. Ma Napoleone aggiunge anche che "essendo la città conquistata", deve attendersi varie requisizioni. I suoi commissari devono avere dal Senato "il comodo di osservare e raccogliere gli oggetti delle Belle arti". In giornata vengono "levate le armi pontificie", soppresso il tribunale dell'Inquisizione tenuto dai Padri Domenicani, licenziati i funzionari e le guardie svizzere. Il presidio militare, comandato dal conte Camillo Malvezzi, è fatto prigioniero. I soldati pontifici di guardia a Forte Urbano (Castelfranco Emilia - MO) vengono condotti in città come prigionieri di guerra e rinchiusi nel monastero di S. Martino. I Francesi occupano con sollecitudine i posti di guardia e le carceri, si impadroniscono dell'armeria comunale custodita nel Palazzo pubblico - costituita di "trenta pezzi di cannone, molte palle e altri attrezzi da guerra" - mentre le quattro bandiere del presidio papale sono condotte nell'alloggio del generale. Sul portone del palazzo è fissata a destra l'arma della Repubblica Francese, a sinistra quella della Repubblica di Bologna. Grande protagonista di questa delicata fase di transizione è il conte Carlo Montecuccoli Caprara (1755-1816), che presiede le adunanze del Senato e per esso media con Napoleone e con l'Arcivescovo. Uomo intraprendente e ambizioso, ha già ricoperto più volte la carica di Gonfaloniere. E' tra coloro che accolgono con più entusiasmo l'arrivo dei Francesi e i cambiamenti da essi apportati. Durante il periodo napoleonico ricoprirà varie cariche e riceverà titoli e onorificenze quali la Corona di Ferro e la Legion d'Onore.dettagli
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21 giugno 1796I Francesi spogliano i Monti di PietàTre ufficiali francesi si recano al Monte dei pegni di S. Francesco: controllano i libri contabili e sigillano la cassa. Poi compiono le stesse operazioni presso i Monti di S. Domenico, San Petronio, Santa Caterina e San Pietro. I presidenti dei Monti assistono "con attonita, e forse incredula, passività": si rendono conto della gravità dei provvedimenti, che preludono alla requisizione "dè contanti e pegni". Lo spoglio a favore della Nazione Francese comincia pochi giorni dopo, "non senza ingordigia" (Camurri). Napoleone con una mano ha fatto al Senato il dono della sovranità sulla città, con l'altra ruba dalle sue casse tutte le rendite "privandolo in tal guisa perfino dei mezzi più indispensabili a provvedere alle spese della sua giornaliera amministrazione". Tra il 24 e il 30 giugno è presa "a titolo di conquista" tutta la seta e la canapa impegnata nei monti. Sono inoltre requisiti denari e pegni preziosi per circa due milioni di lire. I commissari ordinano invece la restituzione gratuita dei pegni di valore inferiore alle duecento lire, assieme agli altri pegni "di biancheria, rame, ferro, ottone, vestiario". Lo scopo di quest'ultimo provvedimento è la ricerca della simpatia popolare, il desiderio di presentare l'Armata francese come liberatrice. La restituzione dei pegni durerà tutta l'estate. Nei primi giorni di grande affluenza avverrà sotto la protezione di guardie armate. Alla fine gli oggetti non reclamati saranno donati ai poveri, oppure, se preziosi, portati alla zecca. Il valore dei pegni asportati dai Francesi dalle casse dei Monti assommerà a circa due milioni e mezzo di lire.dettagli
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21 giugno 1796Il Senato giura fedeltà alla Repubblica FranceseLa sera del 21 giugno il Senato si raduna nella Sala d'Ercole del Palazzo comunale, alla presenza del generale Vignol, rappresentante del generale Bonaparte. Il Segretario Maggiore legge ai senatori in piedi la formula del giuramento. Poi essi vengono chiamati uno alla volta e, toccando con mano i Vangeli, giurano di non fare cosa contraria agli interessi della Repubblica Francese. "Eserciterete l'Uffizio vostro come buoni Cittadini, rimosso qualunque odio e furore, e tanto gioverete alla vostra patria". Il giuramento avviene in pubblico, alla presenza di "buon numero di persone". Una volta compiuto, il generale Vignol conferma al Senato, in nome di Bonaparte, "che il Culto e la Religione, le persone e le proprietà” verranno rigorosamente rispettate. Il giuramento sarà confermato la sera stessa da tutti i magistrati civili e giudiziari e il giorno seguente da "tutti gli altri Corpi o Istituti cittadini".dettagli
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22 giugno 1796I Francesi a ImolaDa Bologna il 22 giugno le truppe francesi occupano Imola. All’arrivo dei soldati il vescovo Gregorio Barnaba Chiaromonti (1742-1823) cerca di placare una dimostrazione di donne. Nei giorni successivi si prodigherà per abbassare le tensioni tra le truppe straniere e la popolazione. Il 23 giugno andrà al Piratello a incontrare il generale Hulin, deciso a compiere rappresaglie. Il vescovado diventerà il punto di incontro delle autorità religiose, civili e francesi. Nel palazzo saranno ospitati i generali transalpini e, almeno una volta, lo stesso Bonaparte. Tornata quasi subito allo stato pontificio, la cittadina verrà ripresa dai francesi il 1° febbraio 1797 e assegnata da Napoleone al Dipartimento del Reno, facente parte della Repubblica Cispadana. Vi sarà poi l’esperienza di pochi mesi come capoluogo del Dipartimento del Santerno. Il 2 ottobre 1798 Imola tornerà sotto Bologna, incorporata nel Dipartimento del Reno della Repubblica Cisalpina. L’estenuante opera di mediazione di Chiaramonti terminerà alla morte di papa Pio VI. Il 10 ottobre 1799 il vescovo partirà per Roma, quindi andrà a Venezia per il Conclave. Il 14 marzo 1800, in modo inatteso, verrà eletto Papa con il nome di Pio VII.dettagli
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23 giugno 1796L'armistizio di BolognaIn seguito alla rapida occupazione da parte dell'armata francese delle Legazioni di Bologna e di Romagna, il 23 giugno papa Pio VI è costretto ad accettare un oneroso armistizio, che viene firmato a Bologna, conquistata militarmente. La Santa Sede si impegna a versare alla Francia 21 milioni di scudi, accetta la cessione dei territori di Bologna, Ferrara, Forlì, Ravenna e della Marca di Ancona. Lo stesso giorno a Bologna comincia la requisizione di opere d'arte e la spoliazione delle casse pubbliche. "Fu allora che si videro alcuni dei nostri porgersi guide spontanee allo straniero, ed insegnargli quanto di meglio via avea in ori, argenti, in tavole, in tele, in codici e altre preziosità" (S. Muzzi) E’ compito del Senato fissare le modalità delle pesanti imposizioni volute da Napoleone.dettagli
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23 giugno 1796Requisizione delle opere d'arteGià il 20 giugno, nel discorso al Senato, Napoleone chiede sia data assistenza ai commissari che devono recarsi nelle chiese e nei conventi per scegliere opere d'arte da requisire. Il sequestro inizia il 23 giugno. I commissari sono accompagnati da vari personaggi bolognesi, "guide spontanee allo straniero", che saranno definiti "bastardi italiani", disponibili "a spogliare la patria del loro miglior vanto: quello delle arti" (Muzzi). Le pitture di pregio vengono "rapite" e portate a Milano o a Parigi. Bologna è privata di ogni ricchezza d'arte: appare molto grave, in particolare, la sottrazione di 32 capolavori scelti nelle chiese soppresse dai commissari Ghinete e Barthelemy e inviati a Parigi come "doloroso trofeo di guerra". Sono opere di Raffaello, Perugino, Garofalo, e dei protagonisti della scuola locale di pittura: i Carracci, Reni, Domenichino, Albani, Guercino e molti altri. Il 7 luglio i commissari francesi compiono pesanti requisizioni presso le grandi biblioteche conventuali di San Salvatore – dove sono i rari codici raccolti dal "dottissimo" Padre Trombelli - e di San Domenico, mentre buona parte degli oggetti di alto artigianato e oreficeria delle chiese viene confiscata, compresa l'argenteria del Legato Vincenzi. Anche l'Istituto delle Scienze non è risparmiato dalle requisizioni: qui il 5 luglio sono prelevati strumenti scientifici e "diversi pezzi di storia naturale, d'antichità, manoscritti, libri", compresi i manoscritti di Ulisse Aldrovandi e il suo Erbario in 16 volumi. Questa operazione desta particolare rammarico, perché viene colpita una istituzione civica che i bolognesi considerano un vanto della città. Sempre il 7 luglio i commissari si spostano a Cento, dove prelevano nove quadri di Guercino dalle chiese della cittadina. Dopo un lungo e travagliato viaggio, le opere trafugate a Bologna arriveranno a Parigi l'8 novembre 1796: solo però i codici, gli oggetti e i quadri più piccoli e meno preziosi. Le opere più famose saranno trasportate via mare da Genova al porto francese di Tolone e arriveranno al Louvre solo il 31 luglio 1797.dettagli
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23 giugno 1796Napoleone visita l’Istituto delle ScienzeIl generale Bonaparte, assieme al commissario Saliceti e ad altri ufficiali francesi, visita “le rarità del paese” in Palazzo Poggi, sede dell’Istituto delle Scienze, fondato nel 1711 dal generale Luigi Ferdinando Marsili. Assiste agli esperimenti dell’Accademia Benedettina, composta “dai più celebri uomini di scienza e letteratura” e in passato protetta da papa Lambertini. Subito dopo è accompagnato alle Belle Arti dagli accademici Mauro Gandolfi e Giacomo Rossi e dal segretario Martinelli. L’Accademia Clementina è dedicata all’ “istruzione del nudo in disegno e in plastica, dell’architettura civile, e dell’ornato”. Vi si riuniscono i migliori cultori di queste discipline. Napoleone promette protezione all’Università e manifesta l’intenzione di mantenere ad essa e agli studenti i privilegi concessi in passato. Nella notte lascia Bologna, dirigendosi per la strada di Mantova verso Milano. Alcuni giorni dopo i Commissari francesi saranno al lavoro per fare l’elenco e la scelta dei libri e degli strumenti dell’Istituto da inviare a Parigi per il Gabinetto Nazionale.dettagli
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24 giugno 1796Arriva a Bologna il bottino di guerra dalla RomagnaAlcune città romagnole - Forlì, Cesena, Faenza - tentano di opporsi alle gravose richieste dei Francesi. I vescovi - tra i quali quello di Imola mons. Chiaramonti, futuro papa Pio VII - vincolati dall‘armistizio tra Napoleone e la Santa Sede, intervengono per far cessare l’insorgenza. Il 24 giugno il generale Augerau, al comando di 800 soldati, occupa Faenza, esige un pesante tributo in denaro e fa saccheggiare il Monte di Pietà. Inoltre i cittadini devono consegnare le armi bianche, gli archibugi e i moschetti. Nei giorni seguenti il bottino di guerra conseguito in Romagna è portato a Bologna: giungono in città carri pieni di viveri, argenti, biancheria e le armi requisite.dettagli
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25 giugno 1796Editto sulle contribuzioniIniziano il 21 giugno le requisizioni di vestiario, animali da tiro e da carne, foraggio, grano e tutto quanto necessario al mantenimento e all'equipaggiamento delle truppe francesi di stanza o in transito a Bologna. Il 25 giugno è pubblicato l'editto delle contribuzioni: ai cittadini viene chiesto di partecipare al pagamento di un tributo di quattro milioni di lire tornesi fissato dagli occupanti. Due milioni devono essere in denaro contante o in lingotti d'oro o argento, gli altri due in prodotti quali il grano, la canapa - considerata “excellente pour la Marine” - il bestiame. Non rientrano nei quattro milioni le requisizioni di opere d'arte, armi, attrezzature militari e il sequestro delle casse pubbliche, devolute alla Repubblica francese per diritto di conquista. Il Senato chiede a tutti i cittadini di collaborare, portando ori e argenti al convento di San Salvatore, sede della Giunta di contribuzione e luogo destinato "al disfacimento e colamento" degli oggetti preziosi. Il convento di S. Domenico, per esempio, offre molti oggetti d'oro e d'argento: candelieri, lampadari, croci, turiboli. I metalli, "ridotti in verghe di libbre 25 ciascuna", costituiscono parte del tributo della città e della provincia alle armate francesi. Il Comune si impegna a riconoscere ai crediti un frutto del cinque per cento all'anno. I versamenti spontanei saranno però molto esigui: la Giunta per le contribuzioni dovrà ricorrere al prestito forzoso, al 5% per i privati, infruttifero per le chiese e i luoghi pii. Il 29 giugno una missione del senatore Ludovico Vittorio Savioli e dell'avvocato Antonio Aldini presso il quartier generale di Napoleone in Toscana tenterà di indurre il Generale a ridurre le contribuzioni.dettagli
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26 giugno 1796I soldati francesi acquartierati in cittàL'accampamento francese, che era dal 19 giugno ai Crociali fuori Porta Maggiore, viene trasferito in città. La fanteria occupa il convento di San Giacomo, la cavalleria il prato dell'Annunziata e il convento di San Domenico. La piazza maggiore deve essere lasciata libera per le truppe francesi. Le ortolane e gli altri venditori sono collocati nella strada di fianco a San Petronio. In occasione della fiera dei bozzoli del Pavaglione saranno nuovamente trasferiti in piazza Calderini.dettagli
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28 giugno 1796Rotta del SamoggiaIl 28 giugno l'argine destro del fiume Samoggia rompe “per sifonamento” in località Forcelli, tra San Giovanni in Persiceto e Sala Bolognese, a causa di sormonti e fontanazzi filtranti sul lato a campagna.dettagli
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30 giugno 1796La rivolta e il sacco di LugoLa città di Lugo di Romagna è sottoposta a una pesante contribuzione da parte dei Francesi, che nei giorni precedenti hanno occupato Bologna e Ferrara. Il 24 giugno di fronte a un preciso ordine, gli abitanti consegnano puntualmente tutte le armi da fuoco e da taglio. I magistrati di Lugo intimano di portare le argenterie o somme di denaro nel collegio Trisi. Con l'inizio della contribuzione una parte delle armi viene restituita. Assieme agli altri tesori è portata nel collegio una statua d'argento di San Mauro Abate protettore del territorio di Lugo. Per tutto il giorno 30 giugno molte persone altolocate vengono al collegio a chiedere la restituzione della statua "mostrandosi eglino persuasi di perdere la protezione del Santo colla perdita del poco argento che formava quella". Alla sera una masnada di insorgenti corre a impadronirsi delle armi non ancora ritirate e con quelle alla mano impone la restituzione della statua del Santo. Il collegio Trisi diventa il quartier generale della rivolta. Lo stesso giorno i Commissari di Ferrara vengono a sollecitare la contribuzione, che comprende anche orecchini, anelli e spille da donna. Questa esosa pretesa offre un ulteriore motivo di protesta, "specialmente nel basso Popolo" e i Commissari sono costretti a fuggire "cercati da molti armati". La mattina del 2 luglio gli insorti occupano il paese, fanno innalzare le insegne del Papa, trattengono le armi e chiedono ai benestanti cibo e denaro per sé e per le loro famiglie. Il Priore Montanari rimane in municipio e chiede ai notabili del paese a far opera di persuasione presso i più esagitati. Nei giorni seguenti gli uomini in armi sembrano diminuire, ma i contadini del circondario, pur non avendo armi da fuoco, tengono pronte falci, ronche e forconi. Intanto anche dai paesi limitrofi - Cotignola, Massalombarda, S. Agata - giungono offerte di aiuto per opporsi ai Francesi. Il 3 luglio va a vuoto anche il tentativo di mediazione del barone Cappelletti, in viaggio da Ravenna per Bologna. Viene visto come uno spione, un amico "de' perfidi Francesi" e deve allontanarsi in fretta dal paese. Nei giorni seguenti si ripetono i falsi allarmi, le campane suonano spesso a martello, cresce l'agitazione e molti cittadini terrorizzati lasciano le loro case. Il 5 luglio i Francesi arrivano davvero: sulla strada per Faenza una ottantina di dragoni a cavallo scortano due carrozze con i Commissari transalpini. A tre miglia da Lugo il contingente nemico viene assalito dai contadini di Barbiano. Solo pochi soldati riescono a salvarsi, Tra i morti vi sono anche i due Commissari, ai quali vengono tagliate le teste, portate poi in trionfo a Lugo. Avvisato dell'accaduto il generale Augerau in un primo momento promette perdono e pace a patto che la calma torni a Lugo e che le sue truppe possano entrare indisturbate nel paese. In seguito, mentre sono in corso varie trattative, decide di marciare su Lugo "a far vendetta, ed a mettere a ferro e fuoco il Paese". Il 6 luglio alle Morre, a dodici miglia da Lugo, gli insorti riescono a fermare un contingente francese che proviene da Argenta, infliggendo numerose perdite. Il giorno seguente però il paese viene investito da tre colonne nemiche - circa 2.500 soldati - al comando di Augerau, provenienti dalle strade di Faenza, Bagnara e Cotignola. Dopo un pesante bombardamento di artiglieria, i Francesi entrano a Lugo senza incontrare resistenza: "Datisi al saccheggio", i soldati sfondano "quelle porte delle case che non ritrovano aperte" e rubano le cose più preziose, "imbrattando e rompendo tutto il resto", profanano le chiese e gettano a terra le ostie consacrate, entrano nel monastero e nell'orfanotrofio, rubando e spaventando a morte le suore e le zitelle. Nel collegio Trisi, dove non c'è più alcun uomo armato, prendono l'argento della contribuzione. Altre cose di valore vengono sottratte da alcune case private. I Francesi ripartono da Lugo il giorno seguente con grande bottino. Conducono a Bologna anche 27 ostaggi, che verranno rilasciati una volta giunti in città. I generali Beyrand e Augerau partiranno subito dopo alla volta della piazzaforte di Mantova assediata.dettagli
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luglio 1796L'opera "Ines de Castro" al Teatro ComunaleDopo La Merope del Nasolini, la seconda opera in programma nella stagione di primavera del Teatro Comunale è l'Ines de Castro, un pasticcio musicale di Francesco Bianchi adattato ai mezzi vocali di Elisabeth Weichsel Billington (1768-1818), cantante d'origine tedesca e protagonista delle scene musicali italiane. Con l'arrivo delle truppe francesi l'opera è regolarmente rappresentata. L'impresario è solo costretto a cambiare la dedica del libretto: non più al Legato, ma alle “illustri cittadine”. La Billington sarà ancora acclamata interprete a Bologna della Morte di Cleopatra e soprattutto dell' Alzira, che verrà giudicato un “grandioso spettacolo”, degno della sua fama.dettagli
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luglio 1796Drammatica situazione economicaLe manifatture tessili sono senza materie prime, dopo le requisizioni effettuate dai Francesi. Nuove forniture sono impedite dal blocco dei commerci con gli altri paesi imposto dagli occupanti. Molte fabbriche sono costrette a chiudere. Nel mese di luglio i disoccupati ammontano a oltre 14.000 unità. Un ulteriore peggioramento della situazione si avrà durante l'estate, quando la peste bovina, diffusa in Lombardia e nelle provincie di Modena e Ferrara, impedirà l'effettuazione di fiere e mercati.dettagli
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luglio 1796Progetto di illuminazione pubblicaL'Assunteria di Magistrato incarica in luglio gli architetti Giuseppe Tubertini e Giuseppe Guidicini di redigere un piano per la pubblica illuminazione. Sarà presentato e approvato nel novembre seguente, ma non sarà subito realizzato per sopravvenute difficoltà finanziarie. Una parziale tentativo di illuminazione sarà fatto durante la Reggenza. Gli Austriaci, trovando la città di notte "pienamente buia", per motivi di sicurezza imporranno ai cittadini di rischiarare con propri fanali i portici e le strade davanti alle abitazioni.dettagli
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2 luglio 1796Napoleone rinuncia al diritto di conquista, ma non alla contribuzioneIl generale Bonaparte, tornato a Bologna il 1° luglio, rinuncia al diritto di conquista della provincia, “donandole l'antica libertà”. Descrive al Direttorio la città emiliana come piena di opportunità e "senz'altro matura per un governo indipendente". Pensa ad essa come a "una repubblica aristo-democratica di cruciale valore strategico", governata da ceti moderati (Monti). Per quanto riguarda le requisizioni, il Senato chiede a Bonaparte di consegnare meno buoi e cavalli di quelli richiesti e di ridurre la quantità di tele e panni, limitandosi a "quello che il paese può dare". Il generale concede che "si suplisca con altri articoli, li quali possono essere di uso per la marina francese". La sera del 2 luglio, sotto gli sguardi perplessi della popolazione bolognese, parte verso Mantova una lunga carovana di carri con tutta la seta e la canapa presenti nel Monte di Pietà, assieme al contante e alle verghe d'oro e d'argento consegnati “per contribuzione”.dettagli
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3 luglio 1796L'insorgenza contro i Francesi in RomagnaIl 3 luglio il senatore Giuseppe Maria Malvezzi riceve dal governatore di Castelguelfo la notizia che “vari castelli della Romagna Bassa e del Ferrarese“ - Argenta, Mordano, Bagnara, Solarolo, Cotignola, S.Agata, Fusignano, Massalombarda - si sono ribellati ai Francesi unendosi a Lugo, da alcuni giorni in rivolta. Pur preoccupato del moto, il Senato non asseconda il desiderio della Giunta criminale di impedire l’ingresso a Bologna degli immigrati dalla Romagna. Ritiene che i rei di disordini possono essere fermati dai Francesi e che non è il caso di andare incontro alla "nimicizia de' stessi romagnoli limitrofi con esporsi anche a degli inconvenienti dannosi". Il 7 luglio, dopo dieci giorni di rivolta, le truppe del generale Augerau entreranno a Lugo, “in tutti i tempi fedele e attaccatissima alla Santa Sede” e la saccheggeranno completamente, commettendo varie iniquità. Il giorno seguente se ne andranno con venti carri ricolmi di beni e una ventina di ostaggi. I preziosi e le opere d'arte saccheggiate nella “Vandea di Romagna” saranno venduti in buona parte a Bologna “per vilissimo prezzo”.dettagli
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6 luglio 1796Delegazione bolognese a ParigiSu suggerimento di Napoleone - che dichiara di non avere le prerogative per decidere la sorte istituzionale di Bologna - e grazie alla mediazione del conte Caprara, il Senato invia dei suoi emissari a Parigi presso il Direttorio, per sondarne le intenzioni e caldeggiare uno stato indipendente. La delegazione è formata dall'avvocato Antonio Aldini, da poco nominato da Bonaparte segretario del governo della provincia, dal medico Gaetano Conti (1773-1834) e dal senatore Ludovico Vittorio Savioli. Questi esprimono al governo francese i loro timori per la supremazia di Milano e per l' "olonismo" (la tendenza ad accentrare i poteri) dei lombardi. Propugnano invece una repubblica dotata di larghe autonomie, in cui il ruolo di Bologna è quello di capitale della Cispadana, eventualmente federata alla Transpadana lombarda. La delegazione ottiene a Parigi l'assicurazione che un eventuale ritorno di Bologna al Papa avverrebbe solo con il ripristino degli antichi privilegi e prerogative della repubblica senatoria.dettagli
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6 luglio 1796Va a vuoto il tentativo di formare la Guardia NazionaleQuasi tutte le truppe francesi comandate del generale Augerau partono da Bologna dirette all‘assedio di Mantova. In città rimane solo una guarnigione di circa 200 soldati sotto la responsabilità del generale Manneville. Il Senato esorta i cittadini a iscriversi alla Guardia Nazionale “graziosamente concessa dai francesi“, una milizia civile per la difesa interna e la “custodia della città” di circa 400 uomini. La chiamata della “truppa civica” non ha grande effetto. Mancano all'appello “i più terribili e scioperati della città”. La descrizione imprecisa degli obblighi e degli impegni tiene lontani anche i “buoni cittadini”. Bologna e il Forte Urbano saranno provvisoriamente custoditi da alcune compagnie della Milizia Urbana del conte Luigi Marsigli, richiamate in servizio il 12 luglio. Sarà proposta anche la coercizione di uomini tra i 18 e i 40 anni, per un totale di circa 1.800. Per facilitare l’arruolamento i membri della Guardia i “miliziotti“ saranno esentati dalle requisizioni e da ogni altro servizio. Il progetto della guardia civica di volontari sarà ripreso in ottobre.dettagli
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12 luglio 1796La "Gazzetta di Bologna" riprende le pubblicazioniLa “Gazzetta di Bologna”, sospesa il 18 giugno, riprende il 12 luglio le pubblicazioni. Alle tradizionali notizie senza commento e agli atti del Senato aggiunge i proclami dei generali francesi. Nel primo numero non manca di tributare onori "alla generosa Nazione Francese" e attraverso di essa a Bonaparte, definito "invitto Supremo Comandante" del suo esercito. Dal gennaio 1797 la "Gazzetta" diventerà "Osservatore politico", con il cauto programma di pubblicare "come in un Quadro le varie vicende e i decreti che emanano dal nuovo Governo" e con la promessa "di rispettare sempre la Religione". Prima di confluire (1809) nel "Redattore del Reno", lo storico foglio - pubblicato con continuità dal 1643 - si chiamerà l' "Imparziale Bolognese", poi "Gazzetta nazionale di Bologna". In seguito ricomparirà come "Giornale del Dipartimento del Reno".dettagli
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14 luglio 1796Requisiti gli antichi codici del monastero di San SalvatoreI commissari francesi prelevano 921 manoscritti dalla biblioteca del monastero di San Salvatore, creata nel 1522 e enormemente arricchita nel corso del Settecento per opera dell'abate G. Grisostomo Trombelli. 506 di essi sono trasportati a Parigi e 373 depositati nella biblioteca dell'Istituto delle Scienze di Bologna. Nel 1815 i preziosi codici torneranno a Bologna, tranne 19 rimasti in Francia, e saranno sistemati nella biblioteca Universitaria. Dalla biblioteca dei Canonici Renani vengono prelevati anche 85 incunaboli, tra i quali una bibbia di Magonza del 1462 e varie edizioni di Cicerone. Gran parte di essi non torneranno più a Bologna.dettagli
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25 luglio 1796Assalti di "malviventi" nelle campagneMentre a Bologna il Senato ordina l'espulsione di tutti i vagabondi e i questuanti forestieri, le campagne, dove imperversa l'epidemia dei bovini, sono infestate da “malviventi attruppati”, che compiono assalti notturni nelle case taglieggiando gli abitanti. Solo il 25 luglio sono ben quindici le denunce da parte di gente aggredita. I contadini sono esortati a fermare "con buona grazia" i gruppi dei malviventi e ad evitare di radunarsi al suono delle campane a martello.dettagli
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29 luglio 1796Le feste senza l'ArcivescovoLa mattina del 27 luglio l'Assunteria di Magistrati invia Ludovico Savioli dall'Arcivescovo per chiedergli di non intervenire alla festa di S. Pietro. La sua presenza può essere causa di disordini. Mons. Gioannetti rifiuta e la sera stessa il senatore Segni tenta nuovamente di convincerlo a rinunciare all'idea "di stare sotto il trono per la funzione di S. Pietro". Alla fine l'Arcivescovo acconsente alla richiesta del Senato e la cerimonia si svolge senza il suo intervento e senza la consueta esposizione del ritratto del Papa. Il timore che la presenza della massima autorità religiosa alle pubbliche funzioni possa provocare contestazioni e disordini - e insieme il timore del Senato di essere accusato di troppa indulgenza verso il Gioannetti - crescerà sempre più. Anche per l'annuale distribuzione dei premi dell'Istituto delle Scienze e per le feste di S. Domenico l'Arcivescovo non sarà invitato.dettagli
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2 agosto 1796Il "Monitore Bolognese"A cura dei librai francesi Bouchard, con stamperia sotto il portico delle Scuole, esce il 2 agosto il “Monitore Bolognese”, bisettimanale (poi trisettimanale) stampato in quattro grandi pagine. Promette di dare ragguaglio dei cambiamenti politici in atto e del ritorno di Bologna all'antico statuto di libera repubblica. “Si darà continuamente una ben ragguagliata istoria, autenticata da' migliori documenti, estratti da sicurissima fonte, del pacifico rivolgimento del nostro Governo”. All’inizio è una sorta di organo ufficiale del Senato e in particolare di quella parte, facente capo al senatore Angelelli, che aspira alla "restituzione delle antiche forme di libertà e di repubblica senatoria benché temperate da opportune concessioni ai tempi nuovi". Per l'epoca risulta comunque un giornale ben fatto, impaginato a dovere e ricco di notizie, tanto da essere spesso copiato da altri fogli simili. Dal luglio 1797 il "Monitore" sarà stampato dai Sassi, prima editori della "Gazzetta", ed erediterà alcuni tra i migliori compilatori del vecchio foglio. Si spegnerà il 21 dicembre 1798 dopo essersi affermato come il più diffuso e autorevole giornale bolognese del triennio giacobino.dettagli
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12 agosto 1796Arriva a Bologna la moglie di NapoleoneLa sera del 12 agosto giunge a Bologna, proveniente da Siena, Giuseppina Beauharnais (1763-1814), moglie di Napoleone. E' accompagnata da vari ufficiali francesi, che prendono alloggio alla locanda detta la Villa Reale. Madame Bonaparte è accolta da “diverse dame e cavalieri” e dal cardinale arcivescovo. Il 14 agosto visita assieme alla moglie del senatore Bentivoglio l'Istituto delle Scienze ed è quindi invitata a pranzo dal Senato in Palazzo pubblico. La sera parte per Verona dove raggiungerà il marito.dettagli
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dal 16 ago al 30 set 1796La "dolce calma" sta finendoIl “Monitore bolognese” testimonia, in un articolo del 16 agosto, di un certo fermento, che sta scuotendo la “dolce calma”, che ha regnato finora in città: “Le novità svegliano anche gli spiriti più addormentati e inerti, e così cominciò a serpere un bisbiglio misto de' nomi di aristocrazia e democrazia”. Un cittadino preoccupato denuncia al Senato che un gruppo di giovani percorre di notte le vie, attirando con sé un seguito di gente "pacifica sì, ma che potrebbe cessare di esserlo per la più piccola combinazione non preveduta" e potrebbe provocare un improvviso incendio rivoluzionario. Il Senato ha da tempo avvertito l'influente senatore Caprara della presenza di giovani "in ismania di piantare l'Albero della Libertà" e di un popolo esasperato per le contribuzioni e assediato dalla povertà. La posizione di Napoleone è d'altra parte molto chiara: il generale appoggia i proprietari terrieri e i ricchi privati e non vuole saperne del "partito della pura democrazia, composto di giovani, di scrittori", di esaltati interessati solo a cambiare governo e che "non amano la libertà se non per fare la rivoluzione".dettagli
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19 agosto 1796Un nuovo modo di contare le oreSu invito del generale Manneville, comandante di piazza, il Senato ordina di regolare gli orologi al sistema francese. È abbandonata l’usanza italiana di far cominciare il giorno dall’Ave Maria, mezz’ora dopo il tramonto, momento che varia a seconda delle stagioni. Il modo francese parte invece da due punti invariabili, il mezzogiorno e la mezzanotte. Gli orologi pubblici verranno adattati il 25 settembre. Il provvedimento non piacerà a tutti e vi saranno proteste e lagnanze. Saranno comunque mantenuti suoni diversi delle campane per l’Ave Maria e per la prima ora di notte, come riferimento per le funzioni religiose.dettagli
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24 agosto 1796Ultima Festa della PorchettaUltima celebrazione della tradizionale Festa della Porchetta, che si tiene da almeno duecento anni il giorno di San Bertolomeo. Un contingente militare francese entra il Piazza Maggiore a tamburo battente. Assieme a un corpo di truppa Urbana va a presidiare le strade che sboccano sulla piazza e le porte della città. Sulla ringhiera degli Anziani prendono posto il Gonfaloniere “in abito di collare” e buona parte dello Stato Maggiore francese. La festa comincia con il lancio di tre pavoni, poi sono gettati “alla plebaglia” il pollame e quattro castrati. E' la volta degli Anziani, che lanciano il denaro e quindi la borsa. Un tempo questa “mossa” era riservata al Legato. Il cancelliere della piazza difende “coi birri” il fortunato che ha preso la borsa, affinché non venga “massacrato dall'altra canaglia”. Infine è gettata la porchetta e la festa finisce tra suoni di trombe e timballi. Il resto della giornata si svolge in modo sobrio: il rinfresco, senza dame, viene ridotto e non si tiene il solito veglione nel salone degli Anziani.dettagli
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26 agosto 1796Liberi i "delinquenti" della sommossa di BolognaVengono liberati dai luoghi di custodia i “delinquenti” della tentata sommossa di Bologna del 1794, che ha portato alla morte di Luigi Zamboni e Giovanni Battista De Rolandis: i fratelli Succi, Pietro Gavasetti e altri. Sono studenti universitari e giovani laureati accomunati dall'avversione per il governo assolutista dello Stato Pontificio. A loro si erano uniti anche alcuni “individui della peggior specie e già condannati per delitti comuni”, come il Galli e il Tomesani. Per la sua liberazione dal forte di San Leo, Gavasetti fa pubblicare un sonetto in lode alla Repubblica di Bologna. All’apoteosi del tentativo di Zamboni si arriverà solo nel 1798, quando - anche per motivi politici contingenti - ne sarà rinnovata la memoria presso il popolo.dettagli
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2 settembre 1796I "Baccanali di Roma" per il commissario SalicetiNel pomeriggio del 2 settembre arriva a Bologna il commissario del Direttorio Antoine Christophe Saliceti (1757-1810), stretto collaboratore di Napoleone. In un incontro con il senatore Caprara porta “ottime nuove” sul futuro governo della città: assicura che essa non ritornerà sotto il Papa e che rimarrà libera. Alla sera al Teatro comunale - nonostante sia venerdì, giorno di vigilia - viene rappresentata in suo onore la commedia I Baccanali di Roma di Giovanni Pindemonte (1751-1812). Saliceti prende posto con il suo seguito nel palco principale, prima riservato al Legato. Dal pubblico si grida “Democrazia, Costituzione, Guardia Civica” e si applaudono i Francesi. All'uscita è circondato da una “grande unione di cittadini” non nobili, con alla testa il pittore Mauro Gandolfi (1764-1834). Il mattino dopo il commissario da’ udienza nella sua anticamera a Palazzo Gnudi. Si intrattiene su diversi argomenti con i senatori Segni, Marescalchi e Marsigli. Durante la breve visita in città visita anche alcuni filatoi e un negozio di veli, mostrandosi molto interessato e promettendo di impegnarsi presso il Direttorio per la protezione di queste manifatture.dettagli
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10 settembre 1796La Compagnia della Morte assiste un condannato per l’ultima voltaSu un grande palco in Piazza Maggiore viene ghigliottinato Domenico Benedetti, omicida su commissione. È l’ultimo condannato assistito dalla Compagnia della Morte, associazione laicale nata nel 1336 con il compito di confortare spiritualmente i rei destinati al patibolo. Ogni volta che a Bologna doveva essere eseguita una sentenza capitale - di solito alla ringhiera del Palazzo del Podestà - due confortatori designati tra i Battuti della Morte, vestiti con un saio bianco e un cappuccio con una croce rossa, entravano nella prigione e seguivano il condannato fino al supplizio. La Compagnia aveva chiesa, ospedale e spezieria nel vicolo della Morte, nel pieno centro cittadino. Sarà soppressa il 9 luglio 1798 e i suoi beni aggregati a quelli dell’Ospedale della Vita.dettagli
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17 settembre 1796Impazienze democraticheUna notificazione "sopra le coadunazioni di persone con armi e senz'armi" rivela le preoccupazioni del Senato - che intende il passaggio a un nuovo regime con molta calma e gradualità - nei confronti di "pochi nemici dell'ordine e della subordinazione alla legge" che usano ogni mezzo "per intorbidare l'attuale Governo". Ci sono cittadini impazienti a cui pare “che il provvisorio duri troppo” e sospettano che il Senato voglia salvare se stesso e perpetuarsi come governo aristocratico di Bologna. Ritengono costoro che il processo verso la Libertà sia troppo lento. Da un pò di tempo i democratici "scuotono" il freno e il comandante di piazza francese Manneville li favorisce. Egli si è lasciato andare coi patrioti democratici a concessioni e incoraggiamenti che rischiano di turbare la quiete pubblica. Vengono stampate canzonette con parole allusive alla Libertà. In teatro si cantano inni francesi. Si parla di volere innalzare anche a Bologna l'Albero della Libertà "che suppone attualità di democrazia". Ciò che spaventa il Governo è che "posto il popolo nell'entusiasmo che suol prodursi con tale innalzamento, potrebbe forse anelare sul momento quella libertà, di cui ne ha inalberato il vessillo". Sarebbe breve allora il passo "all'animosità, al fermento, alle stragi, al massacro". Per fugare i sospetti sul proprio operato il Senato decide di diminuire la truppa al soldo e di istituire una Guardia Civica di volontari, "che guardi le Porte e pattugli alla notte". Intanto riceve assicurazioni e appoggio dai comandanti e dai commissari francesi. D'altra parte gli "impazienti patriotti democratici" fanno rumore, ma sono pochi e il trionfo delle loro idee sembra essere ancora lontano.dettagli
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20 settembre 1796I "rigadini" in San ProcoloLe truppe urbane, un corpo militare di circa quattrocento uomini detti “miliziotti” o “rigadini” perché formato in buona parte da campagnoli vestiti con casacche di canapa grezza a righe, si trasferiscono dal convento di San Francesco a quello di San Procolo, trasformato in gran parte caserma. Solo il primo chiostro è lasciato a disposizione dei pochi religiosi che officiano la chiesa. Gli altri monaci benedettini hanno occupato il convento di San Bernardo per ordine del Senato e gli Olivetani di San Bernardo quello delle Acque. Un distaccamento di “rigadini” è mandato di guardia a Castel Bolognese e un altro più grosso a custodia dei carcerati nel Forte Urbano di Castelfranco. Il resto della truppa ha il compito di custodire il palazzo pubblico e le porte cittadine e di fare la ronda in città durante la notte. I “rigadini” (rigadén) saranno sospesi nell'agosto 1797 e accorpati alla IV e V Legione del nuovo esercito cisalpino. Nel 1798 il convento di San Procolo passerà in proprietà all'Ospedale degli Esposti, fino ad allora situato in un edificio di fronte. Un deputato dell'opera pia riuscirà a scambiare con questi locali quelli - in un primo tempo ad essa destinati - del collegio di Sant'Ignazio in Borgo della Paglia. I governatori dell'Ospedale otterranno poi da Pio VII una conferma del possesso dello stabile, utilizzato fino alla fine del secolo per le esposte adulte e per gli uffici di amministrazione. Del periodo di utilizzo come caserma rimane, sul timpano del portone accanto alla chiesa di S. Procolo, una figura di donna con fascio littorio e berretto frigio, che sostituì lo stemma del monastero. Nei pressi di questo accesso sarà installata la ruota dei "Bastardini".dettagli
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23 settembre 1796L'ospedale militare della CaritàIl complesso monastico che fu dei Terziari Francescani è impiegato dal 23 settembre 1796 come ospedale militare. I religiosi sono trasferiti in San Giovanni Battista dei Celestini e poi in San Benedetto di Galliera, fino alla soppressione definitiva l'11 dicembre 1798. Anche la grande chiesa di fianco al canale di Reno, risalente al XVII secolo, è occupata da file di letti per i soldati ammalati, compresa la sacrestia e gli altri spazi annessi. Nel gennaio 1797 l'Accademia Clementina presenterà una memoria all'Assunteria dell'Istituto delle Scienze perché sia impedita la dispersione dei quadri contenuti nella chiesa, chiedendo di esporre le tele che “più servir non dovessero” in un altro luogo “a pubblica utilità”. La parrocchia di Santa Maria della Carità sarà affidata al clero regolare e dal 30 dicembre 1797 la sede verrà trasportata nella piccola chiesa della Confraternita della Misericordia, situata poco distante. Dal 30 agosto 1799 l'ospedale militare sarà trasferito in quello della Vita e il convento sarà trasformato in caserma e carcere. E' qui che nel 1849 gli Austriaci rinchiuderanno padre Ugo Bassi, prima di portarlo al comando di Villa Spada e poi al Meloncello, dove sarà fucilato. Dopo la chiusura dell'ospedale, la chiesa della Carità sarà di nuovo destinata al culto. I parrocchiani si daranno da fare "a ripulire e a rimettere la chiesa al suo primiero uso". Nel 1806 la giurisdizione parrocchiale verrà ingrandita con i territori di alcune parrocchie soppresse. Durante la seconda guerra mondiale l'edificio religioso subirà danni gravissimi e sarà in parte ricostruito nel 1949. Ospiterà da allora alcuni preziosi dipinti provenienti dalla vicina chiesa di San Nicolò, anch'essa sfigurata dalle bombe. Secondo la tradizione, nei pressi del ponte della Carità - dove la via Emilia entra nel cuore della città - le acque del canale di Reno sono più pulite e quindi utilizzate per il lavoro delle lavandaie e i bagni pubblici.dettagli
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28 settembre 1796Approvato il Piano di CostituzioneIl 28 settembre la Giunta incaricata di stendere una nuova costituzione repubblicana ne approva il testo, suddiviso in 14 capitoli. Subito dopo si decide di procedere alla convocazione dei Comizi elettorali.dettagli
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ottobre 1796Piano per un Teatro NazionaleE' elaborato un Piano per l'istituzione di un Teatro Nazionale gestito dalla Società dei Patrioti, un gruppo di cittadini disposti a recitare senza compenso e a destinare il ricavato degli spettacoli ai poveri. Alla stesura del progetto partecipa il commediografo sen. Francesco Albergati Capacelli (1728-1804). Vi echeggia lo spirito filantropico vagheggiato dal nobile mecenate Carlo Filippo Aldrovandi Marescotti (1763-1823), che ha larga diffusione in questo periodo sulle pagine del “Repubblicano”. Nella iniziativa bolognese, in realtà, c'è poco di rivoluzionario, se si esclude la lettura dei catechismi giacobini e il canto di inni patriottici. I testi ricalcano quelli degli accademici dilettanti del secolo trascorso. Nel nuovo clima politico creato dopo l'arrivo dei Francesi le rappresentazioni teatrali assumono una funzione educativa per il popolo e necessitano di nuove sedi. La creazione di nuovi capienti teatri come il Corso, il Contavalli e l'Arena del Sole, sarà favorita dalla disponibilità delle aree, dei materiali da costruzione e dei beni mobili di alcuni conventi soppressi.dettagli
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11 ottobre 1796Il pensiero dei patrioti bolognesi sul governoUn articolo anonimo pubblicato sul giornale “Il Monitore” esprime con chiarezza, in tre punti fondamentali, il pensiero dei patrioti bolognesi sul governo d'Italia. Essi sono: che l'Italia “sia vera nazione e concorde”, che sia “democratica in uguaglianza”, che non sia ostile alla religione. In questo periodo Bologna diviene un “vivo focolare di nazionalità” (Natali). Molti rappresentanti della borghesia, oltre che la parte riformatrice della nobiltà e del clero, sono attratti dalle istituzioni napoleoniche e apprezzano i potenziali esiti del nuovo ordine in campo economico e sociale.dettagli
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13 ottobre 1796Le città padane si riuniscono a ModenaSu ordine del Generale Bonaparte i governi provvisori delle città cispadane - Bologna, Ferrara, Modena e Reggio - sono invitati a mandare il 13 ottobre a Modena due dei loro membri per una riunione dedicata agli affari comuni. Per Bologna partecipano Ferdinando Marescalchi e Filippo Aldovandi. Viene deciso di convocare a Modena il 16 ottobre un congresso di cento deputati, dei quali 36 da Bologna. Per rendere più solenne il convegno, molti “fanatici” giacobini accorrono a piedi dal capoluogo felsineo. Nella ex capitale estense prende forma una Confederazione cispadana, con una Giunta di difesa preposta alla formazione di una Legione unitaria, da impiegare soprattutto contro le “insorgenze“ interne. La Confederazione è quindi concepita da Napoleone come un organismo con funzione prettamente militare “in difesa delle comuni libertà”.dettagli
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14 ottobre 1796Il giornale "Il Repubblicano"Il 14 ottobre esce il primo numero de “Il Repubblicano”, terzo giornale apparso a Bologna, dopo la “Gazzetta” e il “Monitore”, dall'ingresso delle truppe francesi. Stampato dalla tipografia Marsigli in otto piccole pagine, è una iniziativa di Francesco Tognetti (1767-1849), che realizza una sorta di “catechismo della libertà”. Il giornale accoglie le idee democratiche più avanzate, pur non condividendo la pratica dei giacobini radicali. Uscirà per soli undici numeri, chiudendo entro l’anno. Uomo politico, letterato e bibliofilo, Tognetti sarà professore all'Università e segretario dell'Accademia di Belle Arti.dettagli
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16 ottobre 1796La Federazione CispadanaI rappresentanti di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio si riuniscono in convegno a Modena dal 16 al 18 ottobre, sotto la presidenza di Antonio Aldini. La delegazione bolognese è composta da 36 membri: oltre all’Aldini vi sono 6 senatori, i 4 membri della Giunta per la Costituzione - già noti ai commissari francesi - e altri 25 cittadini in rappresentanza di vari ordini, esclusi gli ecclesiastici. Viene votata l‘associazione nella Confederazione Cispadana, una lega militare che opera accanto ai Francesi nella difesa dei territori da essi occupati. Nelle intenzioni di Bonaparte, il convegno deve apparire come un atto di volontà delle città emiliane: “ce la produirat un gran effet et serait un base de mefiance et d'alarme pour les potentats de l'Europe. Il est indispensable que nous ne negligions aucun moyen pour répondre au fanatisme de Rome, pour nous faire des amis, pour assurer nos derrières et nos fiancs”. La riunione modenese è anche la prima avvisaglia della Repubblica Cispadana, che verrà istituita a Reggio il 27 dicembre successivo. Per alcuni storici essa sarà quella forma di governo aristo-democratico, senza “rivoluzioni e delitti”, che Napoleone vedrà come “il regime da lui sognato” (Monti).dettagli
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18 ottobre 1796L’Albero della LibertàLa sera del 18 ottobre alcuni cittadini democratici, tra i quali Giuseppe Gioannetti, i fratelli Ceschi e Giacomo Greppi, piantano in mezzo a Piazza Maggiore l’Albero della Libertà. La cerimonia avviene a distanza di quattro mesi dall’occupazione francese. I promotori hanno dovuto superare l’ostilità del Senato, che teme l’entusiasmo popolare e ritiene “breve il passo all’animosità, al fermento, alle stragi, al massacro”. L’albero è un lungo abete ornato di frasche e cartelli inneggianti contro la monarchia. Ha il tronco fasciato di tela bianca, rossa e turchina e in cima esibisce una berretta rossa, il berretto frigio della “plebe infima”, diventato simbolo repubblicano. A metà del tronco sono appese due bandiere, due fasci e altri emblemi repubblicani. È stato fabbricato nel palazzo degli Aldrovandi in via Galliera. Carlo Filippo Aldrovandi è stato il primo nobile a indossare la coccarda tricolore dopo l’arrivo dei Francesi. Viene innalzato al suono del tamburo tra gli evviva e i canti patriottici. Gioannetti intona in a solo l’inno propiziatorio: “Ecco il segnal benefico / della più dolce dea ...”. Poco dopo ai primi patrioti si uniscono molti popolani. A una “provocazione” del cancelliere di piazza, il “popolaccio entusiasmato” risponde assaltando la caserma dei “birri” - i gendarmi - sotto il portico del Podestà e appiccando fuoco alla porta. Il bargello Pietro Ferri è accompagnato fuori dall’edificio assieme alla moglie e mostrato sulla pubblica piazza alla luce delle fiaccole. La plebe comincia a devastare e bruciare tutto quanto trova. Per fortuna viene fatta uscire in tempo una certa quantità di polvere da sparo presente nel camerino del bargello, evitando uno scoppio, che avrebbe potuto far saltare una parte dello storico palazzo. Durante la notte la plebaglia si presenta in molte case, conventi e botteghe, “esigendo pane, vino e altro”. La sommossa dura fino al giorno successivo. Per mantenere la quiete pubblica i Massari delle arti vengono incaricati di formare un corpo di Guardia Civica di seicento uomini, poi distribuiti nei quattro quartieri cittadini. Da ognuno dei conventi utilizzati come caserme partono durante la notte squadre formate di “persone di buona condizione” per controllare le strade, mentre cittadini e soldati francesi fanno la guardia all’Albero della Libertà. Intanto molti degli autori dei saccheggi della notte precedente vengono catturati e incarcerati. Bonaparte, di passaggio a Bologna tra il 18 e il 19 ottobre, deplorerà l’accaduto e pretenderà l’arresto dei colpevoli della sedizione e la condanna a morte di uno dei capi dei saccheggiatori. La sentenza sarà però “commutata nella galera”, su insistenza di molti.dettagli
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20 ottobre 1796La statua di Gregorio XIII trasformata in San PetronioL'Accademia Clementina presenta il 20 ottobre una memoria al Senato per la salvaguardia della statua in bronzo di papa Gregorio XIII sul portale del Palazzo pubblico. Essa fu gettata nel 1580 dallo scultore bolognese Alessandro Menganti (1531-1594), chiamato dai Carracci “il Michelangelo incognito”. In questo periodo i manufatti in bronzo come le statue e le campane sono requisiti dai Francesi per essere fusi e ricavarne piombo da cannoni. Il 26 ottobre l'Assunteria di Magistrati ordina che la statua del Pontefice sia trasformata in quella di San Petronio, patrono di Bologna, con l'aggiunta della mitra, del pastorale e dell'iscrizione "Divo Petronio Civitatis Patrono". Si decide inoltre di modificare le decorazioni attorno al monumento e di levare il baldacchino di bronzo. L'operazione è affidata a Petronio Tadolini (1727-1813), accademico clementino e fratello dell'architetto Francesco Tadolini (1723-1805). Dal coperto del poggiolo degli Anziani viene rimossa la statua in rame di Bonifacio VIII, ivi presente dal 1301. Altri interventi sono forse opera di Giovanni Bassani, in occasione delle sistemazioni del Palazzo pubblico come sede del Direttorio della Repubblica Cispadana. La “nuova” statua di San Petronio sarà scoperta il 15 aprile 1797. La mitra e il pastorale, opera dell'orefice Giuseppe Gardini, saranno levate solo nel 1895, quando verrà ripristinato l'aspetto originario dell'opera di Menganti. Rimarrà invece la nuova nicchia di Giacomo Dotti.dettagli
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22 ottobre 1796Forti scosse di terremotoIl 21 ottobre, alle cinque ora italiana, è avvertita in città una forte scossa di terremoto, “orribilmente” replicata il giorno successivo alle 11 del mattino. Il sisma, avvertito anche a Padova, Verona, Vicenza, è preceduto da un rombo. Cadono dai tetti diversi camini. L'epicentro del sisma è a nord-ovest dell'abitato di Portonovo (FE), dove si registrano diversi crolli. In provincia di Bologna anche Medicina subisce danni.dettagli
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23 ottobre 1796Il problema degli alloggi militariSi moltiplicano in questo periodo i passaggi di truppe francesi. La città è costretta a procurare vitto e alloggio per soldati e ufficiali. Il 23 ottobre viene creata una giunta per gli alloggi per trovare nuovi spazi. Le requisizioni di vestiti e scarpe per le truppe continueranno anche nei primi mesi del 1797. La città dovrà inoltre provvedere al mantenimento di un ospedale militare francese.dettagli
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30 ottobre 1796Una giunta costituenteLa giunta incaricata il 1° luglio dal gonfaloniere Grassi di ideare una nuova forma di governo - simile a quella del libero comune che precedette la dominazione pontificia - presenta il 30 ottobre un Piano di Costituzione, introdotto da una "dichiarazione dei diritti e dei doveri". Il nuovo sistema elettorale è di triplo grado, con comizi generali parrocchiali, comizi decurionali e comizi elettorali, in cui conta il censo. Ne deriva un corpo legislativo con due camere, una di 300 membri e una di 60, più un esecutivo di nove consoli. La Costituzione bolognese è approvata da Bonaparte.dettagli
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5 novembre 1796Aboliti i titoli nobiliariVengono aboliti i titoli nobiliari, distrutte le armi gentilizie e le “livree a trina”, tolta “ogni balza, ogni spalletta, ogni segno” alle livree. Ai titoli è sostituito il termine “cittadino”. E' obbligatorio mettere la coccarda con i colori della Repubblica francese o con quelli nazionali. Viene contestata l'elezione di 42 senatori aggiunti, provenienti dalle file dell'aristocrazia. Intanto si usa il teatro per estirpare la tradizionale reverenza. Si mettono in scena commedie nelle quali la nobiltà decaduta è dileggiata dalla servitù. Gli intermezzi sono sempre più spesso interrotti da canti patriottici.dettagli
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6 novembre 1796I giacobini contestano l'elezione di nuovi senatoriSi tiene il 6 novembre nei quattro quartieri cittadini la riunione dei Decurioni delle Parrocchie per l'elezione di venti delegati, che dovranno nominare 42 senatori aggiunti. Gli elettori dei quartieri, assieme ad altri 28 del contado, assolvono il loro compito il giorno seguente nella Galleria degli Anziani del Palazzo comunale. Queste elezioni sono contestate dai giacobini, per i quali la nomina di "religionari, papalini e imbecilli" non fa che aumentare l'aristocrazia, invece che diminuirla.dettagli
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15 novembre 1796Le caserme della Guardia CivicaSono formati cinque battaglioni di Guardia Civica, con otto compagnie ciascuno. La Giunta militare stabilisce che sia loro assegnata una caserma in ognuno dei quattro quartieri cittadini. Vengono scelti i conventi di S. Giacomo, S. Domenico, S. Biagio e S. Francesco. In quest'ultimo è collocato il quartier generale per il comando e l'addestramento della Guardia. Viene adattato a caserma il convento degli Agostiniani di San Giacomo, tranne la sala della libreria e parte del dormitorio, che vengono assegnati all'Accademia Filarmonica per ospitare la collezione musicale di Padre Giovanni Battista Martini. Il grande complesso di San Domenico viene smembrato: la chiesa, la sala dell'Inquisizione e l'orto sono assegnati al nuovo parroco. Il chiostro grande diventa caserma, mentre nell'antica biblioteca e nel chiostro dei morti è installata la biblioteca pubblica comunale, nella quale convergono i libri delle congregazioni religiose soppresse. Una parte dei fabbricati del convento sono venduti per abitazioni civili. Nel 1801, dopo che la Guardia sarà trasferita ai Servi in strada Maggiore, il convento agostiniano di San Biagio, situato ai "Garganelli" - nell'area all'angolo tra via Santo Stefano e via Cartoleria Nuova (poi via Guerrazzi) - sarà venduto con la chiesa al conte Benedetti. I Serviti recupereranno il loro convento con la Restaurazione, ma dovranno cederne di nuovo la maggior parte allo Stato italiano dopo l'Unità per farne caserma dei bersaglieri e poi comando dei carabinieri. San Francesco sarà caserma e quartier generale della Guardia Nazionale fino al 1800. Il convento verrà diviso in tre parti, così che la guardia, la truppa e i religiosi rimasti potranno coabitare "senza reciproco incomodo". Nel 1800 una buona parte del convento e la chiesa saranno destinati alla Finanza e il 19 giugno 1801 vi si insedierà la nuova Dogana. La magnifica chiesa gotica diventerà un deposito di merci, la sacrestia l'esattoria dei dazi, il chiostro dei morti ospiterà gli uffici della Dogana, la biblioteca l'Ufficio Cassa e contabilità. La tipografia e gli appartamenti degli addetti alla Finanza saranno ricavati in una parte del chiostro maggiore, mentre il grande dormitorio sarà occupato dalla Direzione di Finanza. Tra il 1798 e il 1802 alcune porzioni del convento di San Francesco tra via S. Isaia e il prato antistante la chiesa saranno vendute a privati.dettagli
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24 novembre 1796I giacobini allo scoperto: grande “eccitazione” per le strade e nei teatriCresce il numero dei “fanatici” giacobini, aumentano per le strade i tumulti e gli assembramenti. Gruppi di persone percorrono le vie centrali soprattutto di notte, cantando ad alta voce gli inni repubblicani, si affollano attorno all’albero della libertà “con orribili suoni”, impediscono il transito delle carrozze, turbano “la pubblica tranquilità e pace”. Nei teatri, durante gli intermezzi, si cantano la Marsigliese e altri inni patriottici. Un proclama senatorio del 28 novembre permetterà un solo inno per intervallo, proibendo però anche ogni segno di riprovazione. Giacomo Greppi, uno dei giacobini più in vista, descrive con chiarezza gli scopi della sua parte politica: “Avanti di formare l’uguaglianza della Legge, è necessario il fondare l’uguaglianza della Società: perano (sic.) dunque le fasce, le chiavi d’oro, le contee, i marchesati, le baronie, tutti i titoli infine e la virtù sola distingua, quella virtù, che in addietro fu perseguitata, scherita ed oppressa. Possa una volta il Povero stare alla presenza del Ricco senza essere deriso, possa una volta il plebeo parlare con chi sognava grandezze e superiorità senza avvilire lo stesso carattere d’uomo, possa una volta l’operaio chiedere la mercede dei suoi sudori senza essere cacciato con insulti e prepotentemente minacciato. Ecco quell’uguaglianza che alcuni bravi cittadini bolognesi unita a quella della legge ripetono, ed hanno tutto il diritto di pretendere, da quella libertà che loro è stata provvidamente concessa dalle Armate Francesi”.dettagli
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27 novembre 1796Giuseppe Gioannetti capopopoloLa mattina del 27 novembre Giuseppe Gioannetti (1768-1843), nipote del cardinale Arcivescovo, legge in piazza Maggiore un catechismo al popolo a favore della Costituzione. La polizia lascia fare, ma tiene il soggetto sotto controllo. L'8 dicembre il focoso conte sarà preso a sassate durante un comizio antireligioso e per questo fatto saranno arrestate ingiustamente due persone da lui accusate. Il 1° gennaio 1797 sarà a sua volta arrestato con l'accusa di disordini e “sussurri” e tradotto in carcere a Reggio Emilia. Per tutto il triennio giacobino, Gioannetti sarà il leader più in vista dei democratici: oltre che per la Costituzione e l'albero della libertà, si batterà contro il mantenimento del Senato e per la fondazione di istituzioni di assistenza e beneficenza. Sarà tra i promotori della Guardia Nazionale, della quale diverrà membro effettivo. Sarà inoltre a capo delle lotte popolari contro il rincaro del pane, le speculazioni bancarie legate alla "moneta erosa" e l'aumento degli affitti. Egli riterrà come principale obiettivo del governo la liberazione "della numerosa classe degli indigenti dalle penose incertezze della propria sussistenza".dettagli
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4 dicembre 1796La Costituzione della Repubblica di BolognaIl 4 dicembre, fino dalla mattina presto, i bolognesi gremiscono il centro. Il Senato ha disposto la chiusura delle porte minori della città e ha rinforzato la guardia a quelle più importanti. I reparti della Guardia Nazionale sono stati concentrati attorno a San Francesco. Viene sgomberata pacificamente piazza Maggiore: dal lato del Pavaglione staziona un distaccamento di cavalleria, di fronte a San Petronio sta un drappello di fanteria con la banda, mentre la Guardia presidia il Palazzo pubblico. I rappresentanti dei cittadini, riuniti nella basilica di San Petronio, votano la nuova Costituzione della Repubblica bolognese, che viene approvata con 454 voti a favore e 30 contrari. Subito dopo si leva il Te Deum di ringraziamento e le campane della basilica annunciano l'approvazione alla città. Trionfanti marce militari coprono le ovazioni popolari attorno all'Albero della Libertà. Il giorno seguente i deputati si riuniscono per eleggere i 36 delegati al convegno della Cispadana, in programma a Reggio Emilia il 27 dicembre. La Costituzione di Bologna - la prima in Italia ispirata agli ideali della Rivoluzione francese - accolta come il simbolo di una Bologna “rigenerata” senza spargimento di sangue, non entrerà mai in vigore. Verrà sospesa il 3 gennaio 1797 durante il secondo Congresso Cispadano e poi soppiantata dalla creazione della Repubblica Cisalpina, che metterà fine al secolare potere del Senato e ai sogni di ripristino dell'autonomia comunale.dettagli
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14 dicembre 1796Disordini antigiacobiniIl 14 dicembre Bologna è coinvolta in disordini. Si protesta contro gli eccessi dei giacobini più fanatici. La gente si ribella ai furti dei francesi e agli ordini sempre più vessatori dei vincitori: dall'obbligo di portare la coccarda tricolore al divieto delle insegne gentilizie.dettagli
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15 dicembre 1796La Legione Cispadana in LombardiaNell'intento di annullare il localismo, Napoleone ordina la "fraternizzazione" della Legione lombarda e di quella cispadana faticosamente composta nelle città emiliane. Lo scambio delle due guarnigioni risulta controproducente. Durante la marcia di trasferimento in Lombardia le coorti cispadane sono decimate dalle diserzioni: i soldati, arruolati con la promessa di rimanere entro i confini, si sono sentiti traditi. In Lombardia arrivano solo 800 uomini - dei quali 560 bolognesi - "ancora privi di scarpe e cappotti e per metà disarmati" (Ilari). La coorte bolognese, comandata da Agostino Piella, si spinge quasi fino a Milano, ma deve poi retrocedere e lasciare i suoi uomini in vari centri lombardi, tra Pizzighettone, Lecco e Como. Nel capoluogo lombardo starà dalla fine di dicembre al marzo successivo, accresciuta da 156 reclute da Bologna e da un centinaio di prigionieri di guerra pontifici. Il 14 marzo le unità raggiungeranno Mantova. Una centuria, destinata a rientrare in patria, perderà quasi la metà dei suoi effettivi per diserzione durante il viaggio.dettagli
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16 dicembre 1796“Te Deum” per la CostituzioneNella mattinata del 16 dicembre un solenne Te Deum in San Petronio celebra l’approvazione della nuova Costituzione bolognese. Vi assiste gran parte della Guardia Civica in uniforme, giunta in parata dalla sua caserma in San Francesco. La sera la piazza è tutta illuminata. I canti e balli sotto l’albero della libertà proseguono fino alle tre di notte, al suono di due orchestre: una formazione “di violini, bassi e contrabbassi” e la grande banda della Guardia Civica.dettagli
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27 dicembre 1796Votata a Reggio Emilia la Repubblica CispadanaDurante una seduta notturna, tra il 27 e il 28 dicembre, i 110 deputati riuniti nel secondo congresso delle quattro città confederate di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio deliberano l'istituzione della Repubblica Cispadana “una e indivisibile”. Essa nasce come tentativo di “sopire secolari ostilità e spiriti autonomisti in una prima superficiale fusione di interssi e aspirazioni” (Natali). Sono superate le riserve dei bolognesi, che non vedevano di buon occhio la formazione di uno stato unitario nella pianura Padana a sud del Po. Viene creato un governo provvisorio, mentre una giunta di otto membri è incaricata di preparare la nuova costituzione. E' respinta la proposta di alcuni senatori di estendere, almeno provvisoriamente la costituzione votata a Bologna alla confederazione cispadana.dettagli
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27 dicembre 1796Soppressione di conventi e sequestro dei beni ecclesiasticiPer far fronte alla drammatica situazione delle casse pubbliche, praticamente vuote, si decide il sequestro dei beni ecclesiastici. L'Assunteria di Magistrati affronta la questione nella seduta del 24 ottobre, ottenendo da Napoleone un editto, pubblicato il 27 dicembre, che sopprime tutti i conventi con meno di 15 religiosi e stabilisce che nel territorio bolognese non possa esserci più di un convento per ogni ordine. I religiosi forestieri hanno tre giorni di tempo per lasciare la città e, al fine di sorvegliare l'applicazione di questo provvedimento, viene eletta un'apposita giunta. All'interno delle mura cittadine ci sono circa 70 conventi, che, con le loro proprietà, coprono circa un sesto del suolo urbano (85 ettari su 540). Si tratta di un patrimonio ricchissimo, che frutta un reddito modesto. I beni dei monasteri saranno in generale trasferiti allo Stato e venduti. La possibilità di acquistare beni nazionalizzati con le cedole del debito pubblico, emesse in cambio delle requisizioni, farà sì che molti di essi saranno venduti a prezzi inferiori al loro valore, avvantaggiando gli speculatori. Fino al 1799 gli acquirenti dei beni nazionali saranno circa settecento: tra essi figureranno nobili, borghesi e anche sacerdoti. Tra i principali compratori vi saranno i tre fratelli Aldini - Antonio, Giovanni e Luigi Camillo - l'avvocato Luigi Piana, il banchiere Pietro de Lucca e l'avvocato Giuseppe Cacciari. Le vendite all'asta dei beni ecclesiastici causeranno “un vero terremoto” (Camurri) nella proprietà edilizia e nell'assetto urbanistico della città. Dopo la prima fase militare, in cui saranno usati soprattutto come caserme per le truppe in transito - i complessi più grandi e centrali di San Domenico, San Francesco, San Procolo, San Martino, San Giacomo - gli ex conventi saranno recuperati ad usi civili e burocratici: per le municipalità, i magazzini di ammasso, le carceri, i tribunali. Verranno spesso effettuati interventi di frazionamento e ricomposizione degli spazi interni, come a San Giovanni Battista dei Celestini, San Giovanni in Monte, San Michele in Bosco. Una parte di chiese e conventi saranno in tutto o in parte distrutti e rientreranno nell'attività speculativa dei ceti emergenti, soprattutto dopo la legge del 15 Messidoro anno VI (3 luglio 1798), che ne amplierà i possibili utilizzi, anche se le vendite verranno in parte bloccate per eccesso di ribasso e quindi riguarderanno solo gli edifici di minore importanza e in numero limitato (Scannavini). Nel 1815, al termine del periodo napoleonico, 49 degli 80 conventi della città e del suburbio risulteranno alienati ai privati e gli altri verranno largamente utilizzati per uffici e servizi pubblici. Nei conventi venduti ai privati saranno ricavati spazi commerciali e residenze signorili. Alcuni saranno frazionati in modesti appartamenti da affittare, oppure demoliti in tutto o in parte per lucrare sulla vendita dei materiali da costruzione.dettagli
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28 dicembre 1796I tre partiti della CispadanaIn una lettera al Direttorio il generale Bonaparte descrive e formula giudizi sui partiti politici della Repubblica Cispadana. Si dice ostile agli amici dell’antico governo e desideroso di “comprimerli”.Sostiene invece i partigiani “di una costituzione indipendente, ma un pò aristocratica“: è il partito dei ricchi proprietari e dei preti. Secondo lui essi sono capaci di trascinare con sé il popolo, che è essenziale “raccogliere intorno al partito francese”.L’ultimo partito è quello di coloro che credono nella pura democrazia. Sono giovani e intellettuali, come in Francia interessati alla libertà solo per fare la rivoluzione. Dovranno essere controllati e contenuti.dettagli